Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 79
dicembre 1979 - gennaio 1980


Rivista Anarchica Online

Il diritto ai sentimenti

Cara Fausta,
avevo letto con molto interesse il tuo articolo "Ruba compagno ruba" ("A" 75) ma sono state le lettere pubblicate a questo proposito su "A" 77 che mi hanno spinto a scrivere la mia opinione in merito.
I compagni di Como sono scandalizzati dalla tua presa di posizione "piccolo-borghese". Gerardo L., anche se in tutto il corso della sua lettera si distanzia molto dai primi, parla anche dei limiti e dell'insufficienza di posizioni "moraliste" e "moralizzatrici". Su questo punto, quindi, ecco un consenso largamente presente negli ambienti anarchici attuali che tende a rigettare, senza discussione, tutto ciò che riguarda la "morale", qualificata come piccolo-borghese o con altri termini altrettanto qualificanti.
Io non posso più tacere il mio disaccordo sempre più profondo con questa maniera di vedere le cose. Non ci si rende conto che, avendo proclamato il marxismo come una "concezione del mondo" sbagliata e dannosa, si fa in questo modo una corretta applicazione del suo metodo di comprensione della società in cui viviamo?
L'anarchismo, che dice di partire dall'individuo concreto e di avere come scopo lo stesso individuo, può praticare lo stesso metodo interpretativo di una dottrina che è innanzitutto una lettura oggettiva della storia? Per parte mia, io penso che ciò che può distinguere l'anarchismo e gli anarchici è, tra l'altro, un atteggiamento diverso, lo spazio accordato al soggettivo, all'individuo concreto (e non alle astrazioni che portano il suo nome) e quindi anche ai sentimenti ed ai valori. Se si proclama che i sentimenti e i valori non sono che manifestazioni dell'"ideologia dominante", allora non vale più la pena parlare di liberazione totale, di emancipazione, di disalienazione: si sceglierebbe "il partito più adatto a raggiungere gli scopi storicamente stabiliti" e... l'anarchismo potrebbe essere gettato alle ortiche!
"L'oggettivismo di molti compagni mi fa anche paura per un'altra ragione. Io temo che molte espressioni che noi utilizziamo siano, per loro, solo nozioni astratte: classe, potere, sfruttamento, violenza, libertà. Io sono sempre più convinto che i rapporti autoritari sono da un lato i rapporti necessari tra le istituzioni e gli individui e dall'altro i rapporti tra individui indotti dai primi. Per questo si può parlare di potere in seno alla famiglia patriarcale e all'interno della scuola, e non soltanto del potere del giudice o del poliziotto.
E ancora, cosa si intende per "sfruttamento"? Chi sfrutta chi? Si trova soddisfacente la spiegazione dell'economia politica marxista del valore-lavoro e del plusvalore? E il "piccolo padrone" che fallisce? E il "grande salariato" che prende le decisioni più importanti in seno alle istituzioni o alle multinazionali? E i rapporti tra paesi "ricchi" e quelli "poveri"? E il "compagno" che ruba ai compagni?
Io penso che tutto questo non ha molto senso se non si è degli individui liberati non soltanto dai pregiudizi che ci vengono trasmessi dai codici sociali, ma anche delle persone che hanno acquisito una coscienza morale derivata dalle concezioni più positive dell'utopia anarchica: la libertà, la diversità, la felicità, il mutuo appoggio.
Se noi non crediamo ad altri "mondi" che quello in cui viviamo, come si può essere così imprudenti rispetto a tante "certezze" che ritornano costantemente nei nostri discorsi militanti? Come "credere" talmente all'"anarchia", al "comunismo libertario", alla "società liberata dallo stato e senza classi", ecc. - tutti concetti astratti e forse concretizzabili nell'avvenire - ed essere, nello stesso tempo, così estranei tra noi e oggi? Così insensibili all'infelicità della gente concreta, così incapaci di stabilire dei rapporti umani di un'altra qualità? Ci crediamo così diversi e superiori al "militante onesto" che vota PC o all'operaio perso nella sua sete consumista?
Cara Fausta, scusami per questa lettera, non molto politica, ma del genere di quelle che "vengono dal cuore". Io sono di quelli che si sforzano continuamente di cercare di comprendere il mondo che ci circonda. Ma sono persuaso che ciò che dà la vera misura dell'importanza dell'anarchismo della società è la qualità dei rapporti stabiliti tra le persone, senza gli alibi del "domani glorioso". Il tuo articolo non solo è al "suo posto" in una rivista anarchica ma è anche necessario.
L'anarchia non è soltanto un'idea meravigliosa per il domani, è anche la nostra vita di oggi. Ne esiste forse un'altra?

Julio Figueiras (Lisbona)