Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 74
maggio 1979


Rivista Anarchica Online

Il grande fratello si veste di rosa
di Fausta B.

Roma, 4 aprile 1979. Berlinguer arrossisce sino alla punta delle orecchie, Cossutta si precipita a telefonare agitatissimo a Breznev, Napolitano e Barca si consultano per trovare la possibilità di modificare il "modello di sviluppo". Il palcoscenico è, ovviamente, il XV Congresso del P.C.I.. È avvenuto un fatto a dir poco sconvolgente: la sessualità è entrata nel partito più puritano, sessuofobico e integralista d'Italia.

Che il P.C.I. abbia scoperto proprio ora l'importanza del femminismo come movimento e di tutte le sue tematiche e che Berlinguer in persona abbia fatto dichiarazioni del tipo "occorre superare conservatorismi ancora consistenti... persino tra i nostri stessi compagni... il processo della rivoluzione sociale e quello della liberazione della donna devono procedere di pari passo e sostenersi l'uno con l'altro", non ci stupisce più di tanto. Ci troviamo in un periodo pre-elettorale e il tentativo è ovviamente da un lato di costruirsi una immagine pubblica "à la page", l'immagine di un partito aperto, duttile, sempre disponibile a recepire istanze di rinnovamento, e dall'altro, più concretamente, quello di accaparrarsi i voti di una parte considerevole delle donne italiane, quelle cioè che in modo più o meno approfondito hanno fatto proprie le tematiche femministe.

Dicevamo che tutto questo non ci stupisce. Da sempre il P.C.I. ha dato prova di una capacità di camaleontismo veramente notevole. Quella che invece non finisce di stupirci, in ogni occasione, è l'imbecillità dei commentatori politici, soprattutto di sinistra, che hanno subito gridato "al miracolo" spacciando il fatto come "grande svolta" o "inizio di un processo di revisione teorica".

Per parte nostra crediamo che l'entrata, con tutti gli onori, delle tematiche femministe nel P.C.I. abbia sancito la morte del femminismo come movimento rivoluzionario. Perché se è vero che le idee, le problematiche femministe si sono diffuse in questi ultimi anni in larghi strati della popolazione femminile italiana, è altrettanto vero, almeno per noi, che questo ha significato un annacquamento dei suoi contenuti dirompenti ed eversivi. Il fatto stesso che sia riuscito a condizionare un partito come il P.C.I. può certamente essere considerato come una vittoria ma può anche essere considerato una sconfitta o un funerale poiché, volenti o nolenti, si è dimostrato che il femminismo può rientrare anche nelle categorie di un partito autoritario e gerarchico.

Il fenomeno è, comunque, preoccupante. Il P.C.I. ha sempre dimostrato, nelle esperienze storiche di altri paesi (U.R.S.S., Cina, Cuba, ecc.)come in Italia, seppure in misura minore non avendo mai potuto gestire il potere in prima persona, una grandissima capacità e volontà di organizzare e controllare la società: basti pensare al controllo sindacale nei luoghi di lavoro, ai comitati di quartiere, ai consultori, all'ARCI e agli altri organismi per l'organizzazione del tempo libero dei lavoratori. Ci mancherebbe solo che ora si metta a controllare anche i rapporti personali e la sessualità!

Non si può fare a meno di pensare a quello splendido libro che è "1984" di George Orwell e alla società totalitaria e totalizzante in esso descritta dove il controllo non è solo formale ma scende nella profondità di ogni individuo indirizzando i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue relazioni sociali.

In questi ultimi dieci anni si sono verificati anche nel campo del "privato" mutamenti radicali e abbiamo assistito a un graduale ma inesorabile ribaltamento dei valori-base della società italiana. Tutta la sfera del "privato" (rapporti interpersonali, rapporti sessuali, i desideri, il corpo) non solo è stata riportata progressivamente alla luce, ma ha assunto sempre più una importanza fondamentale nella vita degli individui fino a diventare il problema più sentito, più "vissuto".

La sperimentazione di una nuova sessualità e la ricerca della libertà nei rapporti sessuali/amorosi è un fatto in atto già da tempo, almeno nell'ambito della sinistra, ma questo fenomeno, di per sé positivo, non si è purtroppo accompagnato a un parallelo impegno in campo sociale per distruggere il potere in tutte le sue forme. Anzi, si ha quasi la sensazione che la realtà esterna venga rimossa coscientemente o inconsciamente, che tutto quello che si desidera sia "lo stare bene" coi propri partners, coi propri amici, l'instaurare cioè dei rapporti senza potere fra le quattro mura di casa. E fuori?

Noi finora abbiamo sempre pensato che una sessualità libera fosse antitetica con il concetto stesso di potere, abbiamo creduto che la libertà derivante da rapporti interpersonali "liberi" da schemi e da norme fosse irrecuperabile da parte di qualsiasi potere proprio perché dovrebbe produrre individui non incasellabili e controllabili. Abbiamo cioè sempre pensato che la libertà sessuale fosse, di per sé, rivoluzionaria. Ci sembra ora venuto il momento di rimettere in discussione questa certezza, di cominciare a chiedersi se il consenso alle istituzioni può passare, oltre che attraverso la repressione sessuale, anche attraverso la libertà sessuale. Se così fosse, cadrebbe uno dei capisaldi reichiani e di tutta la propaganda libertaria. Ma, per nostra fortuna, noi non abbiamo miti da difendere a tutti i costi.