Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 74
maggio 1979


Rivista Anarchica Online

Le elezioni e noi
di P. F.

Ancora una volta, ci ritroviamo da soli. Mentre tutti i partiti e partitini sono impegnati nella campagna elettorale, uniti nello sforzo di convincere la gente che comunque bisogna andare a votare, gli anarchici ripropongono ancora una volta le ragioni del loro astensionismo. In verità, come in altri appuntamenti elettorali, vi sono alcune altre formazioni minori che invitano all'astensione, ma si tratta pur sempre di un rifiuto tattico della scheda, di un'opposizione a queste elezioni, non di una scelta di fondo come è invece la nostra.

Il nostro astensionismo oggi si collega naturalmente al tradizionale astensionismo che gli anarchici hanno sempre opposto alle chiamate alle urne da parte dello Stato. Esso nasce innanzitutto dal rifiuto della delega di potere che lo Stato pretende dai suoi sudditi per legittimare il suo ruolo e la sua stessa esistenza. Da sempre, infatti, vediamo nel momento elettorale una sostanziale truffa, dal momento che i cittadini vengono chiamati a "scegliere i loro rappresentanti" - e di conseguenza i loro governanti - in una struttura comunque di potere, cioè di netta e invalicabile separazione tra chi comanda e chi ubbidisce, tra chi sfrutta e chi viene sfruttato. In altri termini, le elezioni vengono sempre presentate come il massimo momento di libertà decisionale da parte del popolo, mentre è evidente che in ogni caso niente di essenziale può essere modificato dal responso delle urne. Tutta l'esperienza storica dei regimi democratici ne è inconfutabile testimonianza: cent'anni fa i nostri avversari potevano ancora accusarci, sperando di essere creduti, di non voler comprendere le potenzialità insite nella partecipazione popolare alle elezioni e di sostenere un astensionismo "aprioristico" frutto di settarismo ecc. ecc.. Oggi, dopo decine di elezioni sempre più democratiche, tutte le volte presentate da destra e da manca come decisive per il nostro futuro, nessuno potrebbe in buona fede negare l'evidenza, cioè che niente di sostanziale le elezioni hanno mai modificato.

Non è vero, come amano far credere i nostri avversari, che il nostro astensionismo sia dovuto ad una sclerotica e paralizzante coerenza con i "sacri principi". Certo, le ragioni di fondo che anche un secolo fa stavano alla base della scelta astensionista fatta dai primi nuclei della Prima Internazionale sono ancora valide - e tali resteranno sempre in regime statale. Ma noi non siamo astensionisti per tradizione, anche se di fatto con il ripetersi ad ogni appuntamento elettorale della nostra scelta astensionista "proseguiamo" una tradizione. Siamo astensionisti per convinzione, per una scelta che consegue anche dall'analisi della situazione attuale e dei metodi di lotta più efficaci per combattere oggi lo Stato.

Si pensi per esempio, al tanto deprecato "esautoramento del parlamento" - sul quale convengono grossomodo tutti i politologi. Oggi, più ancora che in passato, in parlamento non si decide niente che già non sia stato deciso prima e altrove: nelle sedi dei partiti politici, dei sindacati, della Confindustria, nelle ambasciate delle grandi potenze, ecc.. Il parlamento - quello che i cittadini sono chiamati a rinnovare il 3-4 giugno - non è altro che la cassa di risonanza ed al massimo la sede in cui vengono ratificate leggi, disposizioni, manovre politiche decise in altre sedi: esso è svuotato di qualsiasi potere reale. I radicali se ne disperano e fanno finta di credere che si potrebbe/dovrebbe farne il fulcro della vita politica. Noi anarchici, invece, nemici di qualsiasi potere (democratico, totalitario o comunque mascherato), ci limitiamo a constatare questo sempre più accentuato esautoramento del parlamento, sottolineando come questo processo non faccia che rendere sempre più lampante la validità e l'attualità della nostra scelta astensionista.

Vi è un altro aspetto della questione che ci preme mettere in rilievo e che sembra sfuggire anche a molti gruppi rivoluzionari. Ci riferiamo all'uso che il regime fa della campagna elettorale e delle elezioni stesse per "mobilitare le masse" e per accentuarne il consenso alle istituzioni. Nel momento in cui lo Stato si trova a dover affrontare sempre più acuti problemi sociali e si sforza di estendere sempre più capillarmente la sua capacità di controllo su tutta la società, il consenso attivo delle masse diventa sempre più importante. Tutto si cerca di usare a tal fine, dalla campagna contro il terrorismo alla crisi energetica. Quale occasione migliore di quella periodicamente offerta dalle elezioni per far sentire le masse partecipi o addirittura protagoniste della gestione del potere? In questo contesto, lo Stato ha necessità che la gente voti per questo o quel partito poco importa, l'importante è che partecipi al rito collettivo delle elezioni.

Di fronte a questa mobilitazione che, comunque vadano le elezioni non può che rafforzare lo Stato ed il sistema di oppressione e di sfruttamento che esso incarna, il nostro rifiuto assume un preciso significato positivo. Il nostro NO alle elezioni è al tempo stesso un SI' all'azione diretta, alla lotta fuori e contro le istituzioni del potere. Il nostro astensionismo è una scelta obbligata per chi non voglia farsi complice dell'attuale assetto politico-sociale e non rinunci alla prospettiva rivoluzionaria in cambio di un piattino di deputati-lenticchie utili solo per avallare l'immagine di uno Stato tollerante e "aperto". Lo spettacolo che stanno dando di sé i partitini marxisti-leninisti "alla sinistra del P.C.I.", con le loro squallide memorie di piccolo cabotaggio pre-elettorale, dimostra ancora una volta il ruolo di "copertura a sinistra" e di sostanziale recupero istituzionale che i vari D.P., P.d.U.P., P.R., M.L.S., ecc. svolgono a tutto vantaggio della sinistra riformista e dello Stato.

Unica novità di questo appuntamento elettorale il voto del 10 giugno: per la prima volta si tratta di eleggere i rappresentanti al parlamento europeo. Un parlamento - lo sanno tutti - ancora meno decisionale di quello italiano, ancora più "di facciata", ma che appunto perché "nuovo" viene usato come ulteriore specchietto per le allodole nella mobilitazione psicologica delle masse. L'assillante campagna, in corso già da qualche mese alla RAI-TV e su tutta la stampa (anche Lotta Continua ha accettato la pubblicità con il matitone europeo e gli slogan plurilingui per il voto), testimonia l'importanza che il potere annette a questo nuovo tipo di consultazione.

Niente di nuovo sotto il sole europeo, comunque. Anzi, una ragione in più per riaffermare con l'astensione la nostra estraneità e il nostro rifiuto di farci in qualche modo complici di questo sistema che lottiamo per abbattere.