Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 71
gennaio 1979


Rivista Anarchica Online

Gli animatori del consenso
di Raffaele F.

La maestra: "Bambini! Comincia l'ora di animazione." i bambini, guardandosi negli occhi: "Boh!". Cosa sarà mai questa "animazione" di cui spesso gli "addetti ai lavori" si riempiono la bocca?

Per tentare di chiarire, se possibile, il concetto lasciamo la parola a chi l'animazione la fa per mestiere.

Mi chiamo Mauro Ramerio e sono del Gruppo Teatro Voce della Cooperativa Assemblea Teatro di Torino. Questo gruppo opera in Lombardia, in Piemonte e in Toscana. Facciamo interventi di animazione teatrale nella scuola materna, elementare, media inferiore e superiore: li chiamiamo "giochi-spettacolo". Questi "giochi-spettacolo" coinvolgono in animazione scenica i bambini usando attori, burattini, pupazzi, ecc.. Facciamo anche seminari di animazione teatrale rivolti agli insegnanti, finalizzati alla formazione di animatori teatrali. Teniamo infine seminari di teatro per gruppi teatrali e musicali di base. Abbiamo iniziato una ricerca sui metodi di espressione e di comunicazione del teatro popolare e da ciò è nato un primo spettacolo sulla vita di Sante Caserio per il quale utilizziamo canzoni popolari, ballate, burattini, moduli espressivi tipici del teatro popolare.

Fanno parte del nostro gruppo attori di prosa, animatori teatrali, una cantante di musica popolare e collaborano con noi un operatore psico-sociale, uno psicologo e una pedagogista. La presenza di questi tre specialisti garantisce carattere di scientificità al nostro lavoro con i bambini.

Per quanto riguarda l'animazione, che impostazione politica, culturale e professionale dovrebbe avere?

Questa domanda implica una definizione di "animazione" e qui sorge la difficoltà, perché dal '68 in avanti si sta cercando questa definizione. C'è stato negli ultimi tre/quattro anni un proliferare di gruppi di animazione: tutti fanno "piri-piri" ai bambini e con ciò credono di aver fatto animazione. Per noi del Teatro Voce significa tentare per quanto è possibile di rompere il vecchio rapporto tra produttore e fruitore di cultura che è il rapporto borghese. Il nostro è un tentativo di dare alla gente gli strumenti per poter far da sé la cultura. Cioè se cultura non è soltanto il libro, lo spettacolo teatrale, il brano di musica, ma è soprattutto una maniera di stare insieme, vivere insieme dei valori, è il lavoro, i rapporti interpersonali, l'amore, le cose di tutti i giorni, ecco allora cultura la possono fare tutti.

Arriviamo quindi alla definizione di animatore.

Animatore non è soltanto quello che organizza feste popolari, che fa muovere i burattini, che fa ridere la gente. Nel momento in cui io parlo e sto in mezzo alla gente, perché la gente esprima se stessa, i propri problemi, la propria condizione di vita, questo mio intervento diventa un fatto politico perché la gente riempie i moduli di comunicazione di contenuti di vita sociale e politica. Noi cerchiamo di intervenire in una realtà ed agire politicamente su di essa.

... e lasciare qualcosa...

Certamente! Per noi altro discorso importante è proprio quello di lasciare una situazione di autonomia. È giusto e corretto secondo noi dare agli insegnanti le tecniche perché essi possano fare animazione nelle loro classi tutti i giorni e non solo nell'ora di animazione. È importante lasciare a questa gente i mezzi: mezzi tecnici, mezzi metodologici e anche stimoli politici perché possano continuare l'attività di cui noi abbiamo posto le fondamenta.

È evidente che abbiate dei bisogni economici per svolgere la vostra attività, quali sono i vostri finanziamenti?

Il nostro è un gruppo di professionisti, facciamo animazione a tempo pieno, viviamo di questo lavoro. La nostra cooperativa ha delle sovvenzioni dal Ministero dello Spettacolo; altri proventi vengono dalla vendita degli spettacoli.

Quali rapporti ha l'animazione con il teatro?

Noi usiamo tecniche teatrali nel nostro fare animazione, perché all'interno di tali tecniche ritrovi una serie di formule e di moduli espressivi vastissima. Con i bambini usiamo tecniche di espressione corporea non solo mimiche. tendiamo inoltre a sviluppare un tipo di animazione fantastica dell'oggetto, cioè un rapporto creativo con i vari oggetti.

Tu hai detto che lavorate spesso nelle scuole. Come vi ponete come animatori nella scuola?

Facciamo cose molto semplici: si arriva e ci si presenta con un "gioco-spettacolo". In questo modo spieghiamo chi siamo, cosa facciamo e che tipo di rapporto vogliamo instaurare. A questo punto sperimentiamo giocando le tecniche di espressione corporea, di animazione musicale, di animazione di un oggetto, di costruzione ed uso di maschere, burattini, pupazzi, ecc.. Identifichiamo un centro di interesse e su questo centro di interesse si raccontano delle fiabe, si hanno dei momenti di espressione corporea e di improvvisazione teatrale. Tutto questo materiale viene registrato e riordinato in un nuovo gioco-spettacolo.

Questa intervista mi è servita per illustrare l'attività di un gruppo di animazione fra i meno-peggio, da un punto di vista politico-sociale; ciò nonostante risulta abbastanza chiaro quanto sia fumosa la figura dell'animatore. La stessa denominazione è superficiale ed equivoca. Quindi più che indicare che cosa l'animatore sia si tenta di individuare come operano coloro i quali si muovono sul terreno dell'animazione. Si vedrà subito che sotto questo aspetto i discorsi sono numerosi e discordi; volendo forzarmi a fornire una definizione plausibile (almeno a mio parere) direi che la figura dell'animatore coincide, o è molto vicina, a quella del politico che non indottrina ma apre le strade a un discorso di partecipazione.

L'animazione, per un tempo abbastanza lungo, è stata considerata uno strumento di nuova pedagogia, di didattica alternativa, di responsabilizzazione sociale e politica, raggiungendo talvolta la funzione di terapia psicosociale di gruppo (azioni nelle case di salute per malati mentali, nelle carceri minorili). Ora queste motivazioni sollevano numerose perplessità soprattutto perché al momento operativo, spesso molto generoso, non fa riscontro la fase teorica, che è pur sempre necessaria, anche lasciando alla operatività, come in effetti è, il compito di struttura principale.

Il fatto che non si possieda la ricetta utile per guarire la nevrosi sociale che colpisce certi strati di cittadini più gravemente di altri, non significa naturalmente che si debba soprassedere a qualsiasi tipo di intervento. Ma è opportuno chiedersi fino a che punto l'attività di certi gruppi di "professionisti" dell'animazione sia un reale contributo all'emancipazione del bambino della scuola elementare, del ragazzo del centro sociale, degli abitanti di un paesino, o se gli "animatori" non siano una versione aggiornata e decentrata degli "operatori del consenso".