Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 70
novembre 1978 - dicembre 1978


Rivista Anarchica Online

Autorità e libertà nel processo educativo
di A. A.

A qualsiasi esperienza pedagogica "alternativa" (sia nel senso di estranea all'assetto istituzionale sia, all'interno di questo, condotta con metodologie didattiche diversificate da quelle tradizionali, in ambedue i casi caratterizzata da una netta opposizione ideologica e politica nei confronti del sistema scolastico vigente), viene spesso affibbiata, quando non è proclamata tale dagli autori dell'esperienza stessa, indiscriminatamente l'etichetta di "antiautoritaria".

Il concetto di antiautoritarismo e la sua applicazione richiederebbero una seria e approfondita analisi per il percorso sia teorico che scientifico e pratico finora da quello compiuto e il termine dovrebbe essere usato in modo più attento e preciso. Ciò per non ingenerare e mantenere equivoci e per non distorcere la percezione di situazioni educative trascorse o in atto.

Uno di questi equivoci nasce dalla trasposizione tout-court di quella che è a livello politico una giusta e corretta uguaglianza (antiautoritarismo = opposizione a una autorità imposta) nel campo della problematica e della pratica educativa e psicologica dove quella uguaglianza ha un senso relativo e/o di sfondo. Vediamo perché.

Il concetto di autoritarismo, semplificando al massimo, descrive la conservazione a tutti i costi, attraverso mezzi coercitivi, ideologici, di potere, violenti, di un'autorità funzionale e legale (1), inizialmente approvata e riconosciuta da una parte e da tutta la collettività. Una forma di antiautoritarismo è perciò quella che si oppone alla cultura borghese, la quale riconosce come naturale e immutabile la soggezione, l'obbedienza del singolo all'autorità secolare dello stato.

In campo psicologico e pedagogico il significato del termine autorità, che può assumere anche l'aspetto ora accennato di autoritarismo, ne acquista altri di senso del tutto opposto, se riferito ad alcuni meccanismi relativi al rapporto educativo, interpersonale, sociale.

Si parli di processo di identificazione, di apprendimento imitativo, di adeguamento a un modello, a seconda che si usi il linguaggio psicoanalitico, comportamentistico o altro, sta di fatto che la formazione della personalità e degli atteggiamenti, durante il periodo dell'età evolutiva in forma più accentuata (2), ma per tutto l'arco della nostra esistenza, è regolata in modo preponderante da un meccanismo che non può non essere riferito a un principio di autorità. Dove per autorità si intende l'accettazione senza costrizioni, a volte inconsapevole, della superiorità altrui, l'obbedienza indotta senza il ricorso a qualsivoglia forma di violenza o di potere.

Di due forme di autorità scrive con chiarezza E. Fromm nel '41, nel suo Escape from freedom (3), dove distingue nel rapporto superiorità-inferiorità fra autorità razionale e autorità inibitoria. Esemplificando l'autore sostiene che "il rapporto tra insegnante e studente, e quello tra proprietario e schiavo, si fondano entrambi sulla superiorità dei primi sui secondi. Gli interessi dell'insegnante e dell'allievo sono orientati nella stessa direzione. L'insegnante è soddisfatto se riesce a far progredire l'allievo; se non riesce, l'insuccesso è tanto dell'allievo quanto suo. Il proprietario, invece, vuole sfruttare lo schiavo il più possibile; più ne ottiene, e più si sente soddisfatto. Nello stesso tempo lo schiavo cerca di difendere come meglio può le sue aspirazioni a un minimo di felicità. Questi interessi sono chiaramente antagonistici, perché quello che reca vantaggio a uno, è dannoso all'altro. Nei due casi la superiorità ha una funzione diversa: nel primo, è la condizione per aiutare la persona soggetta all'autorità; nel secondo è la condizione per il suo sfruttamento.

Anche la dinamica dell'autorità è diversa nei due casi: più lo studente impara, e più si accorcia la distanza tra lui e l'insegnante. Diventa sempre più come l'insegnante. In altre parole, il rapporto di autorità tende a dissolversi. Ma quando la superiorità serve come base dello sfruttamento, la distanza si accresce col passare del tempo.

La situazione psicologica è anch'essa diversa in queste due situazioni. Nella prima prevalgono i sentimenti di amore, di ammirazione e di gratitudine. L'autorità è anche un esempio con cui ci si vuole identificare parzialmente o totalmente. Nella seconda situazione sorgeranno risentimento o ostilità contro lo sfruttatore, la subordinazione al quale è contraria al proprio interesse. Ma spesso, come avviene nel caso dello schiavo, questo odio porterebbe solo a conflitti che farebbero subire allo schiavo sofferenze maggiori, senza alcuna possibilità di uscirne. Perciò di solito si manifesterà la tendenza a reprimere il sentimento di odio e talvolta persino a sostituirvi un sentimento di cieca ammirazione. Quest'ultimo ha due funzioni: primo, quello di rimuovere il penoso e pericoloso sentimento di odio; secondo, quella di attenuare il sentimento di umiliazione. Se la persona che mi domina è così meravigliosa e perfetta, allora non debbo vergognarmi di obbedirle. Non posso essere un suo eguale, perché è tanto più forte, saggia, migliore di me. Di conseguenza, nel tipo di autorità inibitoria l'elemento dell'odio o della sopravvalutazione e ammirazione irrazionali dell'autorità tenderà ad aumentare. Nel tipo razionale di autorità, tenderà a diminuire nella misura in cui la persona soggetta all'autorità diventa più forte e quindi più simile all'autorità" (4).

Naturalmente fra questi due tipi estremi di autorità - in realtà il più delle volte compresenti in un medesimo rapporto - si trova una innumerevole serie di gradazioni. Quel che a noi interessa è che in ogni caso fra i due concetti, autorità (autorità razionale) e autoritarismo (autorità inibitoria), vi sia la possibilità di una differenziazione nettamente caratterizzata.

Anche Freud e la teoria psicoanalitica hanno attribuito al rapporto autoritario una importanza fondamentale nella costituzione della personalità dell'individuo imputando, attraverso il processo di identificazione, all'autorità parentale la genesi del Super-Io, cioè di quella componente psichica a cui è demandata la formazione e il controllo dei nostri valori morali, etici, politici, ideologici....

Chi fra i primi, assieme a Bernfeld, Reich e altri, ha fatto propria questa consapevolezza teorica per tentare di rigettare il principio di autorità, inteso in senso psicoanalitico, è Alexander Neill, di cui accenno non tanto per la sua nota esperienza pedagogica - questa sì! - antiautoritaria, quanto per la sua posizione nei confronti del concetto stesso. Neill contribuisce, infatti, a chiarire un altro equivoco e a rinforzare quanto detto finora: che l'antiautoritarismo non sia affatto sinonimo di permissivismo, e che non significhi nemmeno assenza o rifiuto di autorità nel senso psicologico e educativo del termine. E una sua opera intitolata appunto Freedom, not License!, sostenendovi questa concezione.

Questo ultimo termine, permissivismo, richiama, nell'ambito della ricerca psicologica, il bisogno di chiarire un ulteriore... malinteso che si aggancia alla sfera politica.

Negli USA degli anni 40, Lewing e due suoi collaboratori fecero degli esperimenti che servirono - e fanno testo tutt'oggi - a determinare gli "stili" di conduzione di un gruppo da parte di un leader. Nel caso della prima esperienza, a cui sono seguite molte altre, vi erano tre gruppi formati da ragazzi di dieci anni guidati da un adulto che proponeva periodicamente attività ricreative indirizzate alla realizzazione di lavori in comune. Le medesime attività venivano proposte e condotte con tre comportamenti diversi: autoritario, democratico, permissivo.

L'atmosfera di lavoro più producente e con minor presenza di aggressività risultava dall'atteggiamento del leader definito democratico, confermando, manco a dirlo, indirettamente l'efficacia e la validità del regime "democratico" statunitense, che era in procinto, a quell'epoca, di esportare in Europa e ovunque ce ne fosse stato bisogno i valori di quel regime.

Non si può negare che quel tipo di ricerche - indipendentemente dalla strumentalizzazione politica - sia illuminante rispetto alla precisazione teorica e pratica, da un punto di vista psicopedagogico, del meccanismo regolato dal principio d'autorità. Quello che non può essere accettato è che l'atteggiamento permissivo, individuato nelle ricerche citate, sia identificato, mantenendo la prospettiva politica, con l'apposizione anarchica. È questo un equivoco che va chiarito e, quando non proposto in buona fede, smascherato.

Innumerevoli esperienze pedagogiche di impronta anarchica, libertaria, antiautoritaria e altresì studiosi e ricercatori più o meno illustri hanno fornito ormai da tempo un bagaglio di teorizzazioni e di verifiche così ampio sul corretto e più appropriato modo non solo di intendere ma anche di applicare il concetto di autorità e quindi di antiautoritarismo, che non dovrebbero esserci grosse difficoltà a usarne adeguatamente per proseguire anche in ambito educativo nella realizzazione della libertà dell'individuo.

1) Vedi per la specificazione di questi due aspetti, come di altre possibili connotazioni sociologiche del termine, la voce AUTORITÀ in L. Gallino, Dizionario di Sociologia, UTET, Torino, 1978, pp. 60-65.

2) cioè durante il periodo dell'educazione familiare e scolastica.

3) E. Fromm, Fuga dalla libertà, Comunità, Milano, 1973.

4) ibidem., p. 146.