Rivista Anarchica Online
La strega Biancaneve...
a cura della Redazione
In un numero della rivista che si occupa soprattutto della cura dei bambini, una redazione
anarchica doveva necessariamente lasciare spazio diretto alle voci dei bambini. Sono 12 bambini,
intervistati in una grande confusione, con una tecnica particolare: quella del gioco suggerito. È
stato spiegato loro che ci interessa sapere le loro opinioni sulla scuola, sui maestri, sui genitori,
sugli educatori, insomma, ma che riteniamo più facile far emergere queste idee da giochi che
simulino la scuola, la famiglia, piuttosto che raccoglierle mentre loro sono seduti: parlare per
rispondere all'intervistatore potrebbe falsare il loro pensiero. Sono subito d'accordo, non sappiamo
se per amore della verità o per la voglia di giocare. Riascoltando la registrazione, abbiamo
ordinato le loro frasi per argomento, cercando di non alterarne il senso: e così raggruppate le
proponiamo ai lettori, sperando che li facciano riflettere: ce n'è motivo.
La scuola
Per i bambini (dai 5 ai 10 anni, di cui otto scolarizzati e quattro con qualche esperienza di scuola
materna) la scuola è soprattutto un posto dove imparare senza troppa fatica: tutti i discorsi
sull'"educazione" e la "socializzazione" fatti dai maestri moderni e anche dai nostri programmi,
sembra non li sfiorino lontanamente. Ecco le frasi:
(Stanno giocando alla "maestra", con una bambina-maestra).
- Tu! Guarda la lavagna! Guarda la lavagna ho detto! Adesso dimmi cosa c'è scritto!
- (sbagliando) fagiolini.
- Noo! Sbagliato! Dimmelo tu che cosa c'è scritto
- (sbagliando) pisellini (ride)
- C'è poco da ridere! State attenti che vi spiego! C'è scritto fagioli: fa-gio-li. State attenti e
imparate questa parola qui, se no a scuola che cosa ci venite a fare?
In questa scena la "maestra" è piuttosto autoritaria, almeno alla prima impressione: si osservi però
che non umilia, si limita ad osservare che è "sbagliato". La sua convinzione ferma è che i bambini
vengano a scuola per imparare a leggere, che l'utilità esclusiva della scuola sia nell'insegnare a
leggere. I bambini che fanno gli scolari ci danno del resto l'immagine del bambino che deve
imparare, che non sa, tanto è vero che sbaglia la lettura: trovano quindi logico che qualcuno
insegni. In un'immagine di questo genere è stata del tutto soppressa la creatività e il gusto della
scoperta che potrebbero essere presenti nella funzione dell'imparare. Perché questa soppressione?
È riservata al fuori scuola? O è stata soffocata nella mente dei bambini?
Gli insegnanti
(I bambini hanno simulato una malattia della maestra precedente ed ora aspettano una nuova
maestra)
- Speriamo che sia giovane e carina.
- Sorridente
- Che ci dia i compiti. Però pochi. Non tanti. Un po' di compiti.
- Io la voglio scherzosa. E una donna. Non un uomo.
- Gli uomini gridano. Speriamo che non gridi. E che ci faccia giocare.
- Che ci faccia giocare e che non gridi e che ci insegni. Chiaro però. Che ci insegni bello facile e
chiaro. Chiaro anche le cose difficili.
- Io mica la voglio la maestra. Io non capisco perché c'è la maestra. È cattiva. Sono tutte vecchie,
brutte e cattive.
- No, non è vero, sono anche giovani, e carine, e brave, e portano in cortile a giocare.
- Per andare a giocare in cortile, allora sto a casa.
- Ma io non dicevo tanto... un po'.
- Però io preferisco che non venga nessuno.
- Ma che cosa fai a scuola senza nessuno?
In questa scena i bambini sembrano delegare alla maestra il compito di decidere le attività
scolastiche, di soddisfare i loro bisogni estetici ed affettivi, divenendo una specie di saggia
Biancaneve nei confronti di loro nanetti (che altro può esser una maestra carina, sorridente,
scherzosa, giovane, che insegna bello chiaro e poi fa un po' giocare, che dà i compiti, ma pochi?).
Il timore è che Biancaneve si trasformi in strega (brutta vecchia e cattiva) o in orco urlante (un
uomo che grida). L'ipotesi di una scuola senza Biancaneve però spaventa: che cosa ci si andrebbe
a fare? Questa delega è già scattata a 5 anni. Come speriamo poi di rimuoverla? E voi, compagne
che insegnate, siete proprio sicure che il ruolo di Biancaneve vi dispiaccia?
La famiglia
(Due bambine fanno le mamme: chiaccherano sedute davanti a tazzine di caffè, lavorando a
qualcosa con le mani. Due maschietti sono i papà, relegati fuori perché "lavorano". Gli altri otto
sono i bambini. All'inizio della scena le "mamme" li chiamano per fare i compiti)
- Va bene! (sbuffa e fa finta di sedersi al tavolo).
- Senti, invece di fare i compiti, perché non leggiamo i giornaletti?
- Dai, sì, sì, dai!
- Ma mamma, li ho già fatti a scuola!
- Su, vieni!
- Ma li ho già fatti!
- Ma non fare storie!
- Uffa, ma mamma, se ti dico che li ho fatti li ho fatti!
- Va bene, te la vedrai con tuo padre!
(il gioco prosegue per un po' su questo tono, mentre le "madri" parlano tra loro esclusivamente
del carattere e della salute dei figli. Infine i bambini, stanchi di studiare, riprendono a giocare fra i
vari richiami delle "mamme" e l'"intervista" finisce in una zuffa collettiva.
In questa scena va osservata l'assoluta assenza dei padri (evocato, senza grande affetto, come
possibile punitore) e la totale indifferenza delle madri, che pure parlano di figli per tutto il tempo,
di fronte ai bisogni reali dei loro bambini. Gli adulti non si mescolano con i bambini, né viceversa:
una separazione assoluta dei ruoli relega le due "donne" al tavolino e i "piccoli", in parte
subordinati ma in modo incoerente ed ambiguo, stanno in gruppo fra loro. Gli scambi sono in base
ad ordini, contestazioni e trasgressioni di ordini. È un quadro agghiacciante; fa pensare. Fino a
che punto il bambino è considerato persona? Fino a che punto, prima ed indipendentemente
dall'educare, l'adulto cerca con il bambino un rapporto autentico, utile e piacevole per entrambi?
Perché le madri, che parlano sui figli, non parlano con i figli? I bambini sembrano rassegnati a
questo mondo: è quello in cui sono cresciuti e non li turba. Noi però ci chiediamo se e come
questi bambini riusciranno a costruire un mondo nuovo, prigionieri come sono di un'infanzia senza
sogni.
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