Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 70
novembre 1978 - dicembre 1978


Rivista Anarchica Online

Agitare prima dell'USI
di P. F.

Il secondo attivo di base dei lavoratori per l'U.S.I. (Genova, 25-26 novembre), al quale hanno preso parte circa 250 compagni, ha costituito un momento di riflessione generale sull'attuale situazione della presenza libertaria nelle lotte dei lavoratori, sulla sua incidenza, sulle sue potenzialità. A sette mesi dal primo attivo di base, che a Roma (22-23 aprile) aveva raccolto un numero maggiore di compagni in una atmosfera di ben maggiore ottimismo, si è innanzitutto sottoposto a verifica il bilancio del lavoro organizzativo di cui appunto a Roma erano state gettate le basi: le due direttrici organizzative allora individuate - quella "territoriale" è quella "categoriale" - sono state in varia misura percorse, soprattutto in alcune regioni e da alcune categorie. Assemblee di lavoratori, incontri regionali, riunioni di settore si sono tenute numerose in questi ultimi mesi, con una frequenza ed una capillarità sconosciute - in campo libertario - da almeno 20/25 anni. In genere, però, la partecipazione è stata scarsa, nettamente inferiore alle attese dei promotori, e soprattutto in minima parte estesa al di là degli immediati "dintorni" nel movimento anarchico.

A Genova si è avuta una conferma delle grandi difficoltà che ostacolano non solo il progetto di ricostituzione dell'U.S.I., quanto soprattutto il radicarsi di una presenza consistente, costante ed incisiva di gruppi di lavoratori libertari (e ancor più di singoli compagni) nei loro stessi posti di lavoro. Parliamoci chiaro, compagni - ha detto un insegnante toscano dalla tribuna - è assurdo pensare di rilanciare l'U.S.I. mentre non esistono ancora realtà locali che abbiano davvero una loro consistenza. E sullo stesso tasto hanno insistito molti degli intervenuti.

Vi è stato però anche chi ha praticamente ribaltato la questione, sostenendo che sono proprio i ritardi nel processo ricostitutivo del sindacato di massa libertario ad essere di impaccio ad un diffuso rilancio della prassi anarcosindacalista. È questa una tesi che, seppure presentata - come è avvenuto a Genova - in una forma ben più elaborata e articolata, non può nascondere la sua inconsistenza ed anche, al limite, la sua pericolosità. Nessuno sostiene che sia necessario attendere che gran parte del proletariato abbracci la causa anarcosindacalista prima di gettare le fondamenta di un'organizzazione di massa libertaria: ciò significherebbe semplicemente "mettersi a ruota" degli avvenimenti, rinunciando ad essere protagonisti attivi della lotta rivoluzionaria. Ma non è neppure rifiutando di guardare la realtà per quello che essa realmente è che si può pensare di fare passi in avanti.

E la realtà non lascia, non può lasciare spazio a soverchie illusioni. Gran parte della tradizionale classe operaia si è fatta stato, e non da oggi, grazie ai partiti di sinistra, alle organizzazioni sindacali ed anche ai partitini neo-riformisti all'immediata sinistra del P.C.I.. Più in generale, quasi tutto l'ambiente delle lotte sociali e sindacali è reso praticamente "inagibile" per i rivoluzionari, che normalmente si trovano isolati, calunniati, "criminalizzati" appena la loro azione inizia a minacciare il monopolio della triplice confederale. Nemmeno le ricorrenti smagliature in questo "tessuto del consenso" garantito in prima persona da C.G.I.L.-C.I.S.L.-U.I.L. e da P.C.I. e P.S.I. (uniti nella lotta anti-rivoluzionaria,... nonostante la risibile diatriba ideologica!) autorizzano ottimismi eccessivi: certo, non tutto è tranquillo e "normalizzato": dalla recente lotta nazionale autonoma degli ospedalieri giù giù fino a singole situazioni di reparto vi è un costante pullulare di malcontento, di protesta ed anche di lotta contro le disuguaglianze, le ingiustizie sociali, i privilegi di classe. All'attivo di base di Genova se n'è avuta eco, così come si è discussa la presenza libertaria nelle lotte in corso ed in quelle previste a breve scadenza per le categorie interessate ai rinnovi contrattuali.

Contro i sindacati riformisti oppure solo contro la gestione delle lotte (contrattuali e non) da parte dei vertici confederali? Anche su questo "dilemma" sono emerse posizioni contrastanti tra i convenuti: accanto a chi considera i sindacati confederali pienamente integrati nelle strutture statali e quindi "nemici di classe" a tutti gli effetti, vi è stato anche chi ha operato un distinguo tra quei sindacati (o meglio, tra la loro base sindacale) ed i loro "vertici", giudicando possibile ed anche utile una "opposizione sindacale" al loro interno.

Nel complesso, dunque, molta vivacità ma anche non poca confusione. Tra gli stessi lavoratori presenti vi era chi nutriva dubbi sull'opportunità di definire e di strutturare come "sindacato" il processo riorganizzativo in corso. Se solo osassi proporre ai miei compagni di lotta di aderire ad un "altro" sindacato, sia pure l'U.S.I., mi caccerebbero via - mi ha detto una compagna di Napoli impegnata nelle lotte degli ospedalieri. Non si tratta certo di una testimonianza isolata, ché la possibilità stessa di organizzare efficacemente (in senso rivoluzionario) un sindacato libertario, alla luce delle esperienze storiche degli ultimi decenni, è tutta da verificare. La profonda trasformazione della "base sociale" del sindacalismo, il carattere sempre più integrato delle società contemporanee (con la progressiva scomparsa dell'esasperato antagonismo, anche "culturale", tra sfruttati e sfruttatori) grazie soprattutto al ruolo della sinistra riformista e dei mass-media, la notevole capacità di recupero delle conquiste salariali ed anche normative strappate dai lavoratori, sono alcune delle ragioni della crisi d'identità del sindacalismo rivoluzionario. Le drammatiche vicende di involuzione burocratica e riformista vissute anche dalle più recenti esperienze anarcosindacaliste (pensiamo alla "riformista" S.A.C. svedese, ma anche - soprattutto per l'aspetto burocratico - alla storia passata ed anche recente della C.N.T. spagnola) debbono far riflettere. Il che non può comunque trasformarsi in un alibi per "disertare" le lotte.