Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 70
novembre 1978 - dicembre 1978


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a cura della Redazione

Autunno sindacale

L'unico, vero momento di tensione lo si registra davanti alla Camera del Lavoro di Milano, con le porte sbarrate e presidiate all'interno da picchetti di attivisti sindacali. Gli slogans si fanno più duri "il sindacato non ci ascolta più; Luciano Lama l'autonomo sei tu", i pugni si alzano minacciosi in direzione delle finestre alle quali si affacciano, con espressioni tra l'inebetito e l'incazzato, i trinariciuti funzionari della C.G.I.L., viene improvvisato un girotondo che assomiglia ad una danza di guerra. La rabbia antisindacale è palpabile.

È la mattina di giovedì 16 novembre a Milano: la manifestazione indetta dagli ospedalieri in lotta si è svolta sinora tranquillamente, facendo registrare una notevole adesione di lavoratori e di studenti. La sera prima, all'assemblea dell'opposizione operaia indetta dai comitati di lotta sorti in alcune fabbriche milanesi sul tema dell'organizzazione e della gestione autonoma delle lotte per il rinnovo dei contratti (metalmeccanici, edili, chimici, ecc.), gli ospedalieri avevano chiesto la concreta solidarietà dei lavoratori milanesi. E questo giovedì mattina, davanti alla Camera del Lavoro, oltre a loro sfilano nutrite rappresentanze delle più varie realtà lavorative: dagli operai della Sit Siemens, della Azienda Elettrica Milanese, ai lavoratori del pubblico impiego, agli insegnanti precari della scuola di Milano e provincia. Ci dice un impiegato della Azienda Elettrica Milanese: "lottare per il Meridione (nella stessa mattinata il sindacato ha indetto un'ora di sciopero con assemblee in appoggio allo sciopero di 4 ore che si svolge nel meridione, parte dei lavoratori AEMhanno invece deciso di uscire in corteo con gli ospedalieri rifiutando le indicazioni sindacali - n.d.r.) non è sufficiente, perché esiste un meridione in ogni città, e sono proprio gli ospedali. Oggi gli ospedali sono in lotta, isolarli in questo momento significa aprire la strada al recupero delle lotte contrattuali. Cominciano con gli ospedalieri, poi piano piano arriveranno anche a noi". E da questo discorso, come da tutti gli altri ascoltati nel corso della manifestazione, appare chiaro che il sindacato viene identificato come una controparte dei lavoratori.

È una manifestazione di attacco, quella che si sta svolgendo questa mattina: la parola d'ordine non è la difesa del posto di lavoro, tema unico delle lotte sindacali degli ultimi anni, ma la volontà di avere peso, di essere soggetto e non oggetto, di essere forza cosciente e non massa di manovra utilizzata dalle burocrazie sindacali strumentalmente per giochi politici sempre più incomprensibili.

Ci parlano due lavoratori dell'ospedale di Tradate: "Il problema è di sfiducia nei confronti di quegli organismi che sono diventati l'appendice burocratica del sindacato in fabbrica. Quando le strutture (consigli di fabbrica, consigli di delegati) rispondono alle esigenze dei lavoratori in fabbrica esse non godono di sfiducia... ma quando si fa una proposta di contratto il consiglio dei delegati ha poca voce in capitolo, perché le decisioni vengono prese a livello di quadri sindacali che non hanno niente a che vedere con i consigli dei delegati. Il movimento degli ospedalieri è nato avendo come obiettivo non soltanto miglioramenti contrattuali (recupero salariale, nuova normativa, ecc.) ma anche l'inizio di un discorso di nuova democrazia all'interno delle strutture sindacali, perché deve essere sostituito in modo di portare avanti le cose attraverso le strutture che ci sono oggi. Quello che si vuole è che il consiglio dei delegati porti avanti ciò che scaturisce dalle assemblee generali. In tutte le federazioni sindacali c'è la tendenza, da parte dei vertici sindacali, a farsi le loro consultazioni con i gruppi politici e con il governo e a fare il contratto a seconda delle compatibilità per poi farlo accettare dai lavoratori. Ecco, tutto questo non è più possibile accettarlo".

Che questi siano effettivamente alcuni dei temi sui quali si sviluppa la nuova opposizione operaia e che si stia sviluppando una nuova prassi di lotta, ce lo conferma un lavoratore della Sit Siemens: "Il consiglio di fabbrica si allontana sempre più dalle reali esigenze dei lavoratori e quindi di fatto non rispecchia i risultati delle votazioni nelle assemblee generali. La tendenza del sindacato è quella di restringere la rappresentatività dei consigli dei delegati. La tendenza attuale dei lavoratori è quella di privilegiare il momento assembleare. È l'assemblea che assume nella maggior parte dei casi la direzione effettiva e costituisce i suoi comitati. Di fatto, alla Sit Siemens l'assemblea è più avanzata del consiglio. Con l'andare del tempo, nel corso dei contratti, si accentuerà, in opposizione alla linea sindacale di accettazione della politica dei sacrifici, la tendenza all'autogestione delle lotte".

Aggiunge un lavoratore della Azienda Elettrica Milanese: "Credo di poter affermare che in molte realtà lavorative si sta sviluppando una diffusa volontà di rifiuto nei confronti della delega. I lavoratori si rendono conto che nelle strutture sindacali il loro peso è insignificante: il sindacato coinvolge chi vuole per far passare decisioni già prese. C'è quindi sfiducia e contemporaneamente si sta sviluppando la volontà di contare, la volontà di ribaltare le decisioni delle strutture sindacali. Se iniziative, se lotte devono esserci, i lavoratori non intendono più aspettare le decisioni prese dall'alto".

A questo punto abbiamo posto ai nostri interlocutori la stessa domanda: nel corso delle lotte ci sarà una reale autogestione delle stesse oppure i lavoratori daranno vita a nuovi organismi strutturati in modo più o meno rigido, a cui verrà di nuovo conferita la delega?

Considerando poco esauriente, anche se interessante, la risposta dataci da un insegnante precario di una scuola di Parabiago "... a questo punto, visto che le strutture sindacali sono per il padrone e contro di noi, noi le eliminiamo...", la risposta che praticamente sintetizza le opinioni espresse ci viene data da un lavoratore della Sit Siemens: "In generale la tendenza manifestatasi ultimamente nelle varie situazioni è che il fulcro di tutto è l'assemblea, nel senso che senza il consenso dei lavoratori la forza di mobilitazione dell'opposizione non sarebbe una forza effettiva. Accanto alla assemblea c'è comunque la necessità di un comitato che risponda alle necessità dell'assemblea. Quindi mi sembra che si debba camminare su due gambe: una è la democrazia generale espressa dall'assemblea, l'altra il comitato che rifletta l'autogestione di massa delle lotte attraverso una delega sempre revocabile, delega data su un programma, su una lotta, su delle condizioni precise che, in quanto chiaramente determinate, sono anche più chiaramente verificabili di volta in volta. Se c'è la verifica c'è anche la possibilità della revoca. Nei rapporti con gli attuali consigli, al contrario, manca sempre la verifica. Ognuno fa quello che vuole, una volta avuto il mandato...".

La mattinata di giovedì può essere considerata contemporaneamente punto di arrivo e punto di partenza: punto di arrivo della lunga e fino ad ora solitaria marcia degli ospedalieri che sfidando sindacati, forze politiche, opinione pubblica sono riusciti senza cedere alla logica dei "pochi, maledetti e subito" a sviluppare obiettivi non solo di pura rivendicazione economica e a dare inizio ad un processo di trasformazione della sfiducia, dell'assenteismo politico diffusi nelle fabbriche in una rabbia e nuova volontà di lotta autogestita che, è sperabile, coinvolgeranno fasce sempre più consistenti di lavoratori. Questo è il punto di partenza. A fronte di tutto ciò è però già avvertibile un grosso pericolo, i cui sintomi cominciavano ad evidenziarsi nel corso di una riunione del coordinamento degli ospedalieri venerdì sera: la stanchezza di oltre un mese di lotta senza risultati concreti incomincia a farsi sentire, nel fronte di lotta si stanno aprendo delle crepe, e il sindacato, accantonando, con uno dei giochetti trasformistici che gli sono abituali, la politica dei sacrifici e delle compatibilità tra richieste e possibilità di spesa, ha iniziato la rincorsa dei lavoratori che gli stanno sfuggendo di mano e cerca di infilarsi in queste crepe.