Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 69
ottobre 1978


Rivista Anarchica Online

Gli indiani
di Franco Melandri

Storie, costumi e tradizioni degli indiani d'America

Parlare degli indiani d'America (intendendo con questo termine indicare le popolazioni che, fin dall'antichità, abitavano nei territori che vanno dal Messico settentrionale al Canada centro-meridionale) è sempre un compito abbastanza arduo.

Tutti abbiamo negli occhi i cavalieri piumati che ci hanno accompagnato nelle fantasie infantili. Questi cavalieri ci erano presentati dal cinema hollywoodiano e da una letteratura di quint'ordine come bestie feroci, pronte a scalpare chiunque gli capitasse a tiro, o nel migliore dei casi, come dei poveracci tenacemente attaccati ad un mondo assurdo fatto di caccie e di stranezze, destinati a lasciare "finalmente" posto alla civiltà. In questi ultimi anni l'eco delle lotte indiane ed una letteratura abbastanza seria hanno distrutto, fortunatamente, il mito dell'indiano cattivo ma hanno contribuito a far nascere, sulle ceneri del precedente, il mito di rousseauviana memoria dell'indiano buono, pacifico e in fondo anche un po' giuggiolone. Nonostante il cambiamento di segno, quindi, il mito rimane e spesso impedisce che degli indiani si conoscano più approfonditamente le diversità culturali ed etniche, il diverso atteggiamento tenuto nei confronti dei bianchi, le radici e le richieste delle loro lotte.

Al di là dei miti, quindi, chi furono i pellerossa?

Prima di tracciare un sommario profilo delle più importanti culture indiane è necessario chiarire che gli indiani (generalmente, anche se non sempre giustamente, ascritti alla razza gialla) appartenevano a diverse etnie traendo origine dalle diverse ondate migratorie che, provenienti in gran parte dalla Siberia, cominciarono circa 30.000 anni fa a popolare il continente americano in un susseguirsi di migrazioni che durò per circa 15.000 anni. Queste popolazioni, in tempi e modi diversi, si installarono in tutto il continente e dettero origine a culture diversissime per struttura sociale, religione, conoscenze. Bisogna tener presente che ogni divisione netta fra le varie culture indiane è sempre un po' arbitraria sia perché esistevano influenze reciproche, anche se di diversa intensità, sia perché non sempre tutte le tribù di un dato gruppo etnico e linguistico appartenevano allo stesso gruppo culturale. Le varie culture infine non arrivarono contemporaneamente a "maturazione" ma ebbero - sia per le diverse epoche di arrivo in America sia per motivi che vedremo poi - tempi di sviluppo diversi.

I popoli del sud-est

Procedendo da sud verso nord e da est verso ovest il primo grande gruppo culturale (1), assai influenzato dalla cultura Azteca soprattutto per quel che riguarda la struttura sociale e la religione, è quello dei popoli del sud-est (Creek, Cherokee, Choctaw, Chickasaw, Natchez, Seminole, Timucua), dediti all'agricoltura e abitanti in villaggi stabili costituiti da capanne di legno e terra. Fisicamente erano assai diversi dallo stereotipo dell'indiano. Gli uomini, al contrario delle donne, non portavano i capelli lunghi ma solo un ciuffo di capelli posto in mezzo alla testa rasata (detto "ciuffo dello scalp"). Uomini e donne usavano tatuarsi tutto il corpo, andavano quasi sempre nudi o con un piccolo perizoma, non usavano i famosi caschi di penne ma cappelli rotondi o turbanti a volte decorati con piume. In ogni tribù vi erano veri clan (2) e la discendenza era matrilineare: alle donne appartenevano i campi ed i raccolti, anche se durante la semina ed il raccolto vi lavoravano anche gli uomini. Erano tribù molto bellicose, usavano torturare i prigionieri con raffinata efferatezza ed anche fare sacrifici umani. Gli uomini erano essenzialmente guerrieri ed ogni tribù, pur riconoscendo dei legami fra i vari gruppi della stessa lingua, era sempre impegnata in scorrerie a danno delle tribù vicine, non tanto per distruggerle quanto per il piacere di uccidere, per procurarsi prigionieri da torturare e per dare occasione ai guerrieri di mostrarsi valorosi. L'organizzazione sociale dei popoli del sud-est era molto autoritaria: ogni tribù (con l'unica eccezione dei Seminole) era divisa in classi- i Soli, cioè i regnanti, i Nobili ed il popolo - ed i capi, generalmente nobili che si erano dimostrati atti al comando, avevano grande autorità: spesso venivano trasportati in lettighe e vestivano abiti particolari.

Esisteva anche una casta di sacerdoti che, come presso gli Aztechi, aveva cura di una religione teistica con la conseguente influenza in tutti gli affari della tribù. Le tribù del sud-est, come la maggioranza delle tribù indiane, accettava la poligamia anche se, poiché il marito viveva presso la famiglia della moglie, nella pratica non era molto diffusa ed era spesso limitata ai capi ed ai guerrieri più in vista.

Con l'arrivo dei bianchi l'organizzazione sociale di alcune di queste tribù, soprattutto dei Creek, mutò ed alcuni capi furono uccisi dalla loro gente perché avevano ceduto delle terre tribali senza prima aver sentito il parere della tribù stessa. Queste fratture interne furono talmente profonde che una parte dei Creek si staccò e dette vita alla tribù Seminole (in lingua Creek, "Seminole" significa "selvaggio" "vagabondo". I Seminole, pur conservando molti usi della tribù d'origine, abolirono al loro interno la divisione in classi, abbandonarono quasi totalmente la pratica della tortura e trasformarono i capi in semplici portavoce della volontà della tribù dando inoltre rifugio a molti schiavi negri fuggiti dalle piantagioni.

I Pueblo

Già da circa 20.000 anni fa nel sud-ovest degli Usa e nel nord-ovest del Messico si sviluppò un'altra cultura strettamente imparentata con gli Aztechi, anch'essa stabile ed agricola: la cultura Pueblo - che prende il nome dalle caratteristiche abitazioni d'argilla, poste una sull'altra a ridosso delle montagne. A differenza dei popoli del sud-est i Pueblo (Mohave, Pima, Papago, Hopi, Zuni) erano pacifici anche se all'occorrenza seppero dimostrarsi abili guerrieri, non praticavano né la tortura né i sacrifici umani e dedicavano tutti i loro sforzi a strappare terre coltivabili al deserto. Gli uomini si dedicavano al lavoro nei campi mentre le donne tessevano o costruivano canestri e terracotte. Anche gli uomini e le donne Pueblo usavano tatuarsi abbondantemente, andavano spesso nudi, mentre quando vestivano, usavano camice, gonne e perizomi di cotone. Uomini e donne portavano i capelli abbastanza lunghi, spesso fermati da una fascia e solo durante alcune cerimonie venivano indossate corone di penne. L'organizzazione sociale variava da tribù a tribù cosicché presso alcune tribù esistevano i clan, con a capo una donna, mentre presso altre erano ignorati; in alcune tribù la discendenza era matrilineare in altre patrilineare, in alcuni villaggi i campi erano di proprietà degli uomini, in altri appartenevano alle donne. Presso tutti i Pueblo - che erano monogami e consentivano il divorzio - i "capi" civili (in genere era una carica ereditaria) non avevano alcun potere effettivo ma solo un'autorità morale; chi invece godeva di maggior potere era la casta dei "preti" che si occupava della religione (in parte teista, in parte animista), della conservazione dei complessi riti propiziatori dei cicli stagionali e della interpretazione dei sogni. I Pueblo, che erano molto religiosi, consultavano questi preti (3) prima di ogni lavoro, spedizione di caccia o altro, e la loro indicazione diventava, di fatto, legge poiché nessuno si sarebbe mai sognato di contestare l'indicazione del sacerdote. Ciònonostante l'organizzazione sociale dei Pueblo era abbastanza libera e si adattava talmente bene al carattere di queste genti che senza cambiamenti notevoli la mantengono in vita ancora oggi.

Navajo e Apache

Circa 1.000 anni fa giunsero nei territori dei Pueblo dei popoli artici di lingua athabasca: i Navajo e gli Apache. Questi popoli (il cui aspetto fisico è famoso grazie alle molte foto esistenti) erano essenzialmente guerrieri e predoni e, arrivati a contatto coi Pueblo, cominciarono ad assalirne i villaggi a scopo di razzia. In questo modo subirono, soprattutto i Navajo, moltissimo della cultura Pueblo. Così, contrariamente a quanto si legge nei fumetti di Tex Willer, i Navajo divennero agricoltori (famosi erano i loro pescheti), abbandonarono il nomadismo e divennero stanziali, sviluppando contemporaneamente la pastorizia. Corollario di queste attività rimasero, comunque, le razzie a danno dei Pueblo. Gli Apache, invece, nonostante qualche tribù si dedicasse per qualche tempo all'agricoltura, rimasero soprattutto cacciatori e predoni, dividendosi in molte tribù (Mescaleros, Coyoteros, Lipan, Jicarilla, Aravaipa, Mimbreño) e allargando il loro raggio d'azione dal Messico del nord e dal sud-ovest degli Usa sia a comprendere parte del Grande Bacino e delle grandi praterie centrali. Nonostante questa diversa evoluzione, gran parte dei Navajo e degli Apache conservarono moltissimi caratteri comuni: dal tipo di abitazione (l'hogan, costituito da un'intelaiatura di pali a tronco di cono o a cupola ricoperta di frasche o di terra), alla religione, che mirava, tramite complessi riti ed una mitologia delicatamente poetica, a conciliare l'individuo con l'universo (4), alla scarsa attitudine per il nomadismo.

Presso gli Apache ed i Navajo quasi completamente sconosciuti erano i clan e l'organizzazione sociale era, soprattutto presso gli Apache, improntata ad uno spirito libertario: non vi era alcuna divisione sociale tra i membri della tribù ed i "capi" erano individui che, per il loro valore o per la loro saggezza, erano prescelti dal gruppo come portavoce e come rappresentanti della tribù ma non avevano alcun genere di autorità, al di fuori di quella morale che veniva loro dal rispetto generale di cui godevano (5).

Presso i Navajo questa organizzazione sociale a volte si stemperò e degenerò in forme venate di autoritarismo, ma nella maggioranza dei casi riuscì a conservare moltissime delle caratteristiche libertarie originali.

Gli Irochesi e la "Grande pace"

Nel nord-est degli Stati Uniti e nel sud-est del Canada due erano le culture dominanti: gli Irochesi ed i cacciatori dei boschi Algonkini. Gli Irochesi (Onondaga, Seneca, Cayuga, Oneida, Mohawk, Tuscarora, Uroni, Wyandot) erano popolazioni del sud-est che si erano spinte nel nord-est scacciando da alcuni di quei territori gli originali abitanti Algonkini (Irochese è una parola algonkina che significa "serpente") ed alcune tribù Dakota. Per quanto tecnicamente meno progrediti dei loro cugini del sud-est, gli Irochesi si dedicarono soprattutto all'agricoltura, anche se una parte importante del loro tempo era dedicata alla caccia ed alla pesca, e rimasero popoli stanziali. I loro villaggi, spesso cintati da palizzate, erano costituiti da lunghe costruzioni di legno e di corteccia col tetto tondeggiante o a spigolo, dette "case lunghe", in ognuna delle quali risiedevano varie famiglie appartenenti allo stesso clan. Le case, i campi ed i raccolti erano di proprietà delle donne (che svolgevano collettivamente tutti i lavori dei campi) mentre la caccia e la pesca, anch'esse praticate collettivamente, erano riservate agli uomini. Col tempo gli uomini e le donne irochesi si diversificarono molto nell'aspetto fisico dai popoli del sud-est: spesso portavano i capelli lunghi (non erano rari tuttavia, gli uomini che si rasavano il cranio lasciando solo il "ciuffo dello scalp") e, a causa dei rigidi inverni, presero l'abitudine di confezionarsi abiti di pelle di cervo finemente lavorati e decorati. Non usavano tatuarsi abbondantemente e solo in rare occasioni indossavano piccole corone di penne. Una caratteristica degli Irochesi (copiata in seguito anche dagli Algonkini e da alcune tribù Dakota) era l'uso del wampum, cioè di una striscia di fibra o di pelle decorata con motivi geometrici che poteva avere vari significati, soprattutto il ricordo di avvenimenti accaduti alla tribù, cosicché il wampum diventava, in pratica, un libro di storia. In ogni tribù irochese c'era il "lettore" di wampum;; figura che spesso coincideva con quella dello sciamano che guariva i malati e leggeva i sogni.

Presso gli Irochesi, come del resto presso tutti gli altri popoli indiani, i sogni avevano grande importanza poiché da essi dipendeva l'"orenda" (cioè una forza spirituale totalmente spersonalizzata) che poteva essere "usata" da singoli individui a favore di tutta la tribù (ad es.: chi sognava molto, accumulando perciò molta "orenda" diventava sciamano, dispensando in tal modo la sua "orenda" a tutta la tribù). Oltre allo sciamano esistevano due tipi di "preti": alcuni erano delegati ad un continuo contatto con il loro dio (il "Signore della Vita" in continua lotta col fratello "Creatore del Male") mentre gli altri sovrintendevano solo ai riti e al contatto con degli dei minori e con gli spiriti dei morti.

L'organizzazione sociale degli Irochesi, fortemente caratterizzata dal matriarcato, era assai complessa e la si potrebbe definire una "monarchia costituzionale". Per quanto, a differenza dei popoli del sud-est, le tribù Irochesi non fossero nettamente divise in classi, all'interno dei clan (governati dalla donna più anziana) vi erano delle linee di discendenza considerate nobili e da esse, in genere, venivano i sakem (altra parola algonkina che serviva a designare i capi irochesi). Il sakem era designato dalla matrona della linea nobile da cui proveniva il sakem precedente, previa consultazione con le matrone degli altri clan. Nel caso che il sakem, che aveva molta autorità, non fosse ligio ai sui doveri verso la tribù, la matrona del suo clan lo avvertiva tre volte e, se a nulla servivano gli avvertimenti, lo deponeva designando un altro capo che, in questo caso, poteva appartenere alla "linea nobile" di un altro clan. Le matrone inoltre, pur senza alcun potere esecutivo specifico, proponevano al consiglio della tribù (composto dai membri più in vista dei vari clan) degli argomenti di discussione che venivano sempre accettati. Gli Irochesi erano molto bellicosi e, pur senza giungere al livello delle tribù del sud-est per cui uccidere un nemico era quasi un divertimento, bastava un nonnulla per scatenare delle lunghe e feroci guerre fra le varie tribù Irochesi sia contro gli Algonkini, che premevano per riconquistare i loro territori; corollario di queste guerre erano la tortura rituale ed il cannibalismo, soprattutto nei confronti dei nemici che si erano mostrati coraggiosi.

A porre in parte fine alle guerre fra le tribù Irochesi giunse, circa 500 anni fa, la costituzione della Lega Irochese (denominata "La Grande Pace"). La Lega, la cui idea partì dal profeta Deganawida, riunì dapprima cinque tribù (Onondaga, Senega, Cayuga, Oneida, Mohawk) cui si aggiunsero, nel 1600, i Tuscarora e, più tardi su un piano di asservimento, la tribù algonkina dei Delaware. La struttura della Lega (da cui fu tratta, fra l'altro, l'ispirazione per la costituzione degli USA) era federalista ed ogni tribù rimaneva sovrana salvo per quanto riguardava la "politica estera". Per questo tipo di decisioni era il consiglio della Lega - formato dai sakem delle varie tribù - che dopo ampio dibattito prendeva le decisioni.

Ogni tribù aveva diritto ad un solo voto e le decisioni erano operative e vincolanti solo quando era stata raggiunta l'unanimità. La Lega Irochese, le cui determinanti posizioni nei confronti dei bianchi vedremo in seguito, servì a pacificare fra di loro le tribù aderenti mentre condusse una politica di sterminio e asservimento nei confronti delle tribù Irochesi non aderenti e degli Algonkini. Per questo motivo gli Irochesi Uroni furono distrutti mentre, ad es., i Delaware, rimasti isolati dalle altre tribù algonkine, preferirono assoggettarsi. Con tutti i lati negativi sopraesposti, tuttavia, la Lega Irochese fu la prima grande alleanza indiana dettata non da motivi contingenti ma dalla volontà di costruire e gestire un territorio indiano autonomo, compito che, pur fra mille difficoltà, svolge tuttora.

Gli Algonkini

L'altro grande gruppo culturale del nord-est era quello degli Algonkini, che, oltre ad essere stati fra i primi colonizzatori del nord-America (come testimoniano resti Algonkini databili oltre 20.000 anni fa), erano numerosi e potenti: i loro territori confinavano a sud con quelli delle tribù del sud-est e a nord coi territori degli eschimesi.

Le tribù algonkine del nord-est (Micmac, Abnaki, Passamquoddy, Ottawa, Mohicani, Pequot, Cree, Delaware, Wampanoag, Penobscot, Narraganset; cui si aggiunsero, sino praticamente a fondersi i Chippewa) vivevano frazionate in piccole bande di cacciatori e pescatori spesso in movimento, soprattutto nella stagione estiva, per seguire le migrazioni della selvaggina: si riunivano in particolari occasioni (i pow-wow) per celebrare cerimonie e scambiarsi i proventi della caccia.

La cultura algonkina, data la vastità dei territori occupati, subì spesso molteplici influenze cosicché, ad es., alcune tribù a contatto con le genti del sud-est svilupparono forme abbastanza evolute di agricoltura mentre altre si spinsero fino alle pianure centrali diventando parte integrante del gruppo degli agricoltori-cacciatori dell'ovest che vedremo poi. Ciononostante, molti dei caratteri distintivi propri degli Algonkini rimasero: innanzitutto il tipo di abitazione (il wigwam, una capanna unifamiliare costituita da un telaio di rame ricoperto di scorza di betulla), la canoa, (pure di legno e di scorza di betulla) e la religione animista (6) che non prevedeva alcuna influenza divina nella vita quotidiana, per cui non abbisognava di preti.

L'organizzazione sociale, in cui parte importante era riservata ai clan, era improntata, come presso gli Apache, ad uno spirito libertario e non vi erano capi ma solo portavoce ed individui particolarmente ascoltati per la loro saggezza o il loro valore. L'eccezione a questo tipo di organizzazione furono, fra gli Algonkini, alcune tribù meridionali aderenti alla "Lega di Powatan" e i Delaware in cui, senza giungere alla ferrea divisione in classi delle tribù del sud-est, i capi avevano un'autorità quasi dispotica.

In seguito alle continue guerre difensive contro le tribù del sud-est e contro gli Irochesi anche gli Algonkini, che erano guerrieri temibili ma tendenzialmente pacifici, adottarono la pratica della tortura dei nemici, ma non giunsero quasi mai alla studiata efferatezza degli Irochesi o dei Creek. Gli Algonkini del nord-est erano molto attaccati ai loro territori di caccia e quando vi furono scacciati dagli Irochesi, e soprattutto dai bianchi, spinsero verso l'ovest molte tribù algonkine occidentali contribuendo così a rafforzare un altro grande gruppo culturale: gli agricoltori-cacciatori dell'ovest.

Gli agricoltori-cacciatori dell'ovest

Gli agricoltori-cacciatori dell'ovest, che abitavano nella parte orientale delle grandi praterie dell'ovest, erano un vero e proprio caleidoscopio di razze e di culture. Vi erano tribù di origine algonkina (Cheyenne, i Sauk e le Volpi - riuniti in un'unica tribù - Kickapoo, Shawnee, Miami, alcuni gruppi di Delaware) che provenivano in gran parte dal nord-est; tribù Dakota, più famosi col nome di Sioux, Mandan, Hidatsa, Osage, Santee, Omaha, Sisseton, Mdewkanton) alcune delle quali erano state tribù di cacciatori dei boschi mentre altre provenivano dalle propaggini occidentali del sud-est; tribù Caddo (Wichita, Pawnee, Arickara) provenienti anch'essi da zone ai margini del sud-est e dedite all'agricoltura. Tutti questi popoli si aggiunsero ai gruppi originari della parte orientale della prateria (Ponca, Oto, Missouri, Iowa, Kansa) in un crogiolo di varie esperienze, lingue, strutture sociali che, nonostante la guerriglia perpetua fra molte di queste tribù, tese sempre più ad omogeneizzarsi. Quando sul finire del secolo diciottesimo, questa cultura raggiunse l'apice (i bianchi non erano ancora arrivati in quei territori), vari erano i caratteri comuni. In primo luogo il tipo di economia basato, nei mesi estivi, sull'agricoltura (mais, fagioli, zucche) praticata dalle donne mentre in primavera ed in autunno i villaggi stanziali venivano abbandonati per seguire gli uomini che andavano nelle praterie a caccia di cervi e bisonti; altra caratteristica abbastanza comune erano le abitazioni dei villaggi stanziali (una grande struttura di pali ricoperta di terra o di erba a volte talmente robusta da poter portare sul tetto alcuni uomini) e per la caccia (il tepee: alcuni pali disposti a cono ricoperti di pelli). Anche l'organizzazione sociale aveva caratteristiche comuni: tutte le tribù di cacciatori-agricoltori dell'ovest erano divise in clan e le donne godevano di grande considerazione.

A parte queste caratteristiche comuni molte erano le differenze: alcune tribù avevano discendenza patrilineare, altre matrilineare; le religioni erano assai diversificate ed alcuni popoli avevano religioni quasi teistiche con tanto di preti mentre altre (Dakota, Cheyenne) erano animisti e non avevano preti (anche se lo stregone, oltre che guaritore, era anche depositario di riti tramite i quali l'individuo entrava in contatto con "lo spirito che pervade tutto"). Quasi tutte queste popolazioni, comunque, svilupparono il "culto del calumet" (la pipa sacra), che rappresentava simbolicamente lo spirito della tribù e l'uso dell'autotortura rituale così ben rappresentata nel film "Un uomo chiamato cavallo". Anche l'organizzazione sociale differiva da tribù a tribù cosicché alcune, pur senza essere divise in classi avevano capi civili e capi militari con molta autorità (i Pawnee) mentre altre (Dakota, Cheyenne) non avevano capi e le decisioni erano prese dalla tribù nel suo complesso (uomini e donne) dopo aver sentito e valutato il parere degli anziani. Presso altre tribù, infine, i capi esistevano ma con poca autorità è sempre sottoposti alla sorveglianza della tribù.

Le tribù dell'ovest, che fisicamente corrispondevano in genere agli indiani "del cinema" (abiti di pelle sfrangiati e riccamente decorati, caschi di penne, capelli lunghi divisi in trecce, uso delle pitture di guerra, ecc.), ebbero una rivoluzione nel modo di vita quando arrivarono nelle praterie le grandi mandrie di cavalli selvaggi, originate dai pochi cavalli scappati agli spagnoli nel Messico.

Cavalli e bisonti

Con l'arrivo dei cavalli gran parte dei cacciatori-agricoltori dell'ovest abbandonarono gradatamente l'agricoltura e, spingendosi nel cuore delle grandi praterie dell'ovest, diedero origine alla cultura nomade dei cacciatori delle praterie. Ai popoli provenienti dalle propaggini orientali delle praterie se ne aggiunsero ben presto altri che, come i Corvi, i Cree, i Sangue, i Piedi Neri, i Piegan, i Sarsee, abbandonarono i boschi per cacciare il bisonte. Lo stesso fecero sia i popoli di cacciatori e predoni di lingua affine al Pueblo (Kiowa, Comanche) che vivevano nel Texas nord-occidentale e nel Montana, sia alcune tribù di cacciatori del Grande Bacino (Ute, Shoshone, Nez Percè, Cayuse, Teste Piatte) sia alcune tribù Apache (Paducah, Jicarilla). Tutti questi popoli, influenzandosi vicendevolmente, diedero vita alla cultura indiana senza dubbio più conosciuta. Quando, nella prima metà del 1800, la cultura dei cacciatori di bisonti giunse al massimo splendore, erano molte le tribù potenti: dai Dakota (Hunkpapa, Minneconju, Oglala, Brulé, Santee) ai Cheyenne agli Arapaho (7) dai Kiowa ai Comanche ai Corvi agli Shoshone ai Pawnee.

Tutte le tribù della prateria adottarono il tepee (l'unica abitazione che, difendendo dai rigori dell'inverno e dalle calure estive poteva essere smontata e trasportata facilmente), gli abiti di pelle e molti dei costumi peculiari dei cacciatori-agricoltori dell'ovest o dei cacciatori dei boschi. L'abbondanza di cacciagione, l'uso del cavallo, la necessità di seguire le sterminate mandrie di bisonti, la vastità dei territori favorirono un ulteriore decentramento delle tribù che, anche nell'organizzazione sociale, assunsero sempre più le caratteristiche libertarie delle società Dakota o Algonkine. Nonostante che alcune tribù, come i Pawnee, conservassero alcune strutture autoritarie, la stragrande maggioranza dei popoli delle pianure non ebbe capi e favorì la libertà dei singoli individui, con l'unica relativa restrizione delle ferree regole di caccia. Presso molte tribù della prateria, infatti, ogni caccia al bisonte iniziata individualmente, senza cioè aver prima consultato il gruppo, era severamente punita, perché poteva spaventare le mandrie e quindi affamare la tribù (8).

Anche le religioni, benché spesso conservassero caratteristiche della cultura d'origine, furono influenzate dal tipo di vita e tesero sempre più all'animismo o ad un vago panteismo (famoso è il termine "Wakan-Tanka" usato dai Dakota per indicare "lo spirito che soffia nell'universo"), tutte inoltre conservarono o adottarono la "cultura del calumet" precedentemente nota solo ai cacciatori agricoltori dell'ovest.

I vasti spazi e la facilità nel procurarsi da vivere favorirono lo sviluppo della creatività e dello sviluppo ludico di queste genti che giunsero a praticare una quantità incredibile di giochi e di sport. Anche la concezione della guerra mutò col mutare dello stile di vita e quasi tutte le tribù abbandonarono l'uso di pratiche crudeli ed acquisirono la visione della guerra tipica dei Dakota e dei cacciatori-agricoltori dell'ovest. Una pratica invece che rimase e si potenziò fu quella dell'autotortura rituale al fine di rafforzare fisicamente e spiritualmente i guerrieri.

Una caratteristica tipica dei cacciatori delle praterie era il "dovere" di essere generosi. Contrariamente a quanto mostrato nel film "Un uomo chiamato cavallo", le famiglie a cui moriva il cacciatore non venivano abbandonate a se stesse ma, grazie alla generosità degli altri membri della tribù, potevano continuare a vivere abbastanza tranquillamente. Questa forma di generosità veniva insegnata fin da piccoli ai membri delle tribù di cacciatori delle praterie e dimostrarsi generosi, fin quasi a ridursi alla miseria, era quasi un dovere.

Nel Gran Bacino

Una cultura indiana che, contrariamente a quelle viste fin'ora, raggiunse raramente periodi di splendore fu quella degli indiani del Grande Bacino, cioè dei territori semidesertici che formano a sud-ovest il versante occidentale delle Montagne Rocciose, mentre a nord-ovest fan parte del versante orientale di queste montagne, confinante con le grandi pianure.

I popoli, quasi tutti di stirpe Uto-Azteca, che abitavano in quelle regioni (Pomo, Pah, Ute, Modoc, Yakima, Walla-Walla) furono generalmente popolazioni miserabili di raccoglitori, che vivevano in rifugi di frasche, sempre in movimento alla ricerca di radici e tuberi da raccogliere e di piccoli animali da cacciare e raramente svilupparono caratteristiche proprie. Sconosciuto era il clan ed ogni tribù era divisa in gruppi unifamiliari che molto raramente si ritrovavano.

L'ultimo gruppo culturale indiano, forse il meno conosciuto, è quello dei pescatori del nord-ovest. Queste tribù (Tlingit, Kwakiutl, Haida, Chinook, Chilkat, Nootka, Bella, Coola, Salish) che abitavano nella sottile striscia di terra, stretta fra le Montagne Rocciose ed il mare, che va dalla California del nord all'Alaska, non subirono alcuna influenza dagli altri popoli indiani e si svilupparono in maniera completamente autonoma (9).

Per concludere questa lunga, ma non certo esauriente (non si è parlato ad es. né delle maschere rituali, né delle danze, né di tante altre cose che avevano molta importanza), panoramica delle varie culture indiane vi sono alcune caratteristiche comuni a gran parte di esse degne di essere messi in luce. Innanzitutto l'atteggiamento verso le donne: presso quasi tutti i popoli indiani le donne avevano di fatto lo stesso peso sociale degli uomini, erano assai considerate e spesso fatte oggetto di particolari attenzioni (10). Anche l'uso della "compra", assai comune, serviva solo a dimostrare alla famiglia quanto fosse apprezzata la giovane chiesta in sposa ed i doni portati dal marito ai genitori servivano a compensare la perdita di un membro così importante. In ogni caso la donna poteva sempre rifiutare il pretendente. Anche per i vecchi, su cui gravava l'educazione civile, economica e religiosa dei giovani, vale il discorso fatto per le donne, con l'aggiunta del generale rispetto di cui godevano per la loro saggezza.

I "pazzi", che venivano ritenuti vicini al grande spirito, erano rispettati e nutriti da tutta la tribù.

I bambini, poi, erano vezzeggiati e coccolati da tutti ed anche l'uso di sottoporli a dure prove di resistenza aveva come unico scopo quello di allevare uomini e donne atti a non soccombere di fronte alle mille difficoltà di quelle terre selvagge.

Anche i costumi sessuali erano, generalmente, abbastanza liberi, le unioni completamente volontarie ed il divorzio consentito. Presso quasi tutte le tribù vigeva la poligamia ma, come si è già detto, nella pratica non era molto diffusa. Per quanto non si abbia notizia che l'omosessualità fosse molto diffusa, gli omosessuali non erano generalmente discriminati e vivevano tranquillamente all'interno delle tribù.

L'ultima caratteristica, comune in questo caso proprio a tutti gli indiani, - forse quella che ha più colpito i giovani bianchi contemporanei americani ed europei - era il grande amore per la natura che tutti gli indiani nutrivano. Contrariamente alla cultura bianca, essi concepivano l'uomo come parte integrante della natura a cui occorreva adattarsi rispettandone cicli ed equilibri. Questa coscienza ecologica permise agli indiani di adattarsi facilmente ai climi e territori diversi, conducendo una vita che, salvo le rare eccezioni summenzionate, era felice, libera, ricca di poesia e di amore per tutto quanto di naturale, vivo, spontaneo li circondava.

Contrariamente a quanto sostenuto da Engels ("L'origine della proprietà privata della famiglia e dello stato") e da Marx non sempre, come abbiamo visto, i popoli che producevano o cacciavano più di quanto consumassero si strutturarono gerarchicamente. Molti anzi, come gli Apache, gli algonkini e le tribù delle praterie, dettero vita a forme sociali ispirate a sentimenti genuinamente libertari che, come tutto ciò che è libero e vitale, non potevano che scontrarsi mortalmente con la cultura gerarchica e sfruttatrice dei bianchi conquistatori.

Note

1) Le tribù nominate tra parentesi rappresentano, per ogni gruppo culturale, le tribù più importanti o più famose.

2) Clan: gruppo di famiglie imparentate fra di loro che si riconosce discendente di un comune antenato, solitamente mitico. Ogni clan, presso i pellerossa, aveva particolari usanze, abiti, cerimonie.

3) Solitamente i preti Pueblo erano nominati, scegliendo fra i propri membri, delle società maschili che sovrintendevano ai riti più importanti.

4) Sia presso i Navajo che presso gli Apache non esisteva una casta di preti, anche se "l'uomo della medicina", che diventava tale per attitudine personale, era contemporaneamente sciamano e depositario di alcuni riti.

5) Per meglio comprendere questo fatto vedere l'articolo di Pierre Clastres "Il problema del potere nelle società primitive" tradotto in italiano sul n.4 del 1977 della rivista anarchica Volontà.

6) La famosa parola "Manitù" o "Manito", che viene in genere tradotta con "dio" era invece usata dagli Algonkini per indicare "il tutto" o "l'armonia dell'universo". Alla lingua algonkina appartenevano anche altre parole che, come Manitù, sono state arbitrariamente attribuite dai bianchi a tutti gli indiani. Fra queste le più famose sono squaw (donna), papoose (bambino), tomahawk (ascia da combattimento), yankee (uomo bianco).

7) Le tribù appartenenti a queste tre nazioni, tradizionalmente alleate, spesso si fusero anche se ogni gruppo conservò cerimonie ed usanze particolari.

8) Presso i Cheyenne esisteva addirittura una specie di "polizia" - i "guerrieri cani" - che aveva come compito specifico, oltre che difendere il villaggio da eventuali aggressioni nemiche, quello di vigilare che nessuno iniziasse, durante le prime caccie primaverili ed autunnali, a cacciare per conto suo. La pena, nei casi di infrazione, era la confisca dei beni - distribuiti poi fra tutti i membri della tribù - e l'allontanamento dal gruppo, a volte anche la morte.

9) L'unica caratteristica nota di questi popoli sono i "pali del totem", cioè dei pali scolpiti con figure umane e animali, pitturati con grande finezza e gusto artistico. Questi pali vengono spesso attribuiti anche ad altre culture indiane che, in realtà, li ignoravano totalmente.

10) A parte il particolare matriarcato irochese di cui si è già detto, può sorprendere sapere che fra i Dakota la prima cosa che il guerriero faceva al mattino era pettinare ed aiutare la moglie nel "maquillage".