Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 67
giugno 1978


Rivista Anarchica Online

Antimilitarismo
a cura di Carla Morrone

Tavola rotonda tra obiettori in servizio civile

Per approfondire l'analisi del servizio civile, iniziata sullo scorso numero, abbiamo organizzato una tavola-rotonda. Vi hanno partecipato sei "obiettori in servizio civile": Oliviero (Brescia - vicino alle posizioni del PDUP), Agostino (Milano - si definisce un "cane sciolto"), Alberto (Milano - socialista nonviolento), Dario e Paolo (Milano - entrambi anarchici) e Maurizio Tonetto (Torino - anarchico), che insieme con la compagna Carla Morrone ha curato la trascrizione e la sistemazione del dibattito.

Dario. Avevamo iniziato, con lo scorso numero della rivista, il discorso del servizio civile, con le opinioni, riportate da alcuni compagni e si era pensato di continuare a sviluppare il dibattito sull'obiezione di coscienza legale, soprattutto per confrontare criticamente alcune esperienze, dando così nuovi elementi di valutazione.

Oliviero. Svolgo il servizio civile al MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione) di Brescia, che è un movimento di opposizione alla guerra sorto all'inizio del secolo e diffuso in diversi paesi tra cui il nostro dove ha numerose sedi. Ha indirizzo religioso e fin da quando fu approvata la legge sull'obiezione di coscienza si occupa di organizzare il s.c.. L'attività che svolgo consiste appunto nella preparazione di corsi di formazione degli obiettori nel primo mese di s.c., che sono autogestiti fin dall'inizio, o dovrebbero esserlo, ma a cui diamo un contributo nel momento dell'impostazione grazie all'esperienza accumulata dopo diversi mesi di lavoro personale. Inoltre coordiniamo le attività dei collettivi in s.c. che operano in zona, città e provincia, gruppi che si occupano, tra l'altro, di propaganda antinucleare e alimentazione alternativa, ecc.. Ancora, c'è un lavoro di pubblicizzazione dell'opportunità data dal servizio civile, attraverso volantinaggi davanti al Distretto Militare, manifestazioni pubbliche, tavole rotonde, assemblee, incontri informativi con coloro che desiderano svolgere il s.c.. L'attività della sede di Brescia, nella sua autonomia locale rispetto all'organizzazione nel suo complesso, ci porta ad organizzare, quasi ogni anno, manifestazioni a carattere antimilitarista in collaborazione con altri gruppi, ad esempio l'ICI, sul tema della giustizia militare e della lotta a favore dei soldati detenuti nel lager di Peschiera del Garda.

Agostino. Io, invece, sono in servizio civile a Milano, presso l'Unione Italiana per la Lotta alla Distrofia Muscolare, ente solo in parte assistenziale in quanto non compie sempre prestazioni dirette ai malati miodistrofici che raccoglie, perché solo in alcune città amministra come associazione privata un servizio pubblico, quale può essere ad esempio il recupero degli ammalati attraverso esercizi di fisioterapia, mentre in altre fornisce esclusivamente un servizio informativo e di collegamento sui problemi attinenti la malattia ai genitori dei malati e ai miodistrofici stessi. Lavorano con me altri sei compagni con i quali non ho tuttavia rapporti di collettivo, il che comporta l'insufficienza di collaborazione e di confronto sui problemi che nascono durante la nostra attività. Distaccati in altre sedi italiane della UILDM operano una decina di obiettori, che praticamente fanno dei servizi sostitutivi che arrivano addirittura ad un impiego come autisti non solo per conto dell'associazione ma di un Consorzio sanitario di zona!, cosa che è ancora più smaccatamente negativa dal mio punto di vista. Noi di Milano vogliamo solo in parte servizi assistenziali che sono, in sostanza, residui della passata attività di questa associazione, quando al suo interno era presente una massiccia componente di volontari, spinti a questo impegno da motivazioni di carattere religioso-umanistico-politico. Oggi, venuta meno questa presenza, noi obiettori, che ci riconosciamo nella linea di fondo dell'associazione quando afferma essere nell'attuale assetto sociale la causa prima dell'emarginazione dell'handicappato, ci troviamo a costituire, di fatto, il nucleo che tiene in piedi l'organizzazione dell'ente pur non avendo al nostro interno le credenziali per esserlo, cosa che del resto la stessa UILDM comincia a chiederci. Da qui nasce, per noi, il problema di un servizio civile gestito interamente dagli obiettori oppure svolto presso realtà già esistenti all'esterno del movimento degli odc, e il rapporto da tenere con l'ente. Io ho accettato questa seconda soluzione, rinunciando coscientemente all'autogestione ma, nello stesso tempo, non accettando passivamente le direttive dell'associazione e rivendicando anzi una presenza attiva nei momenti decisionali, importante soprattutto quando, come nel nostro caso, si è, per necessità, gli elementi essenziali per la continuazione dell'attività. Nella pratica, teniamo contatti, attraverso un bollettino, tra i miodistrofici e le loro famiglie facendo opera di aggiornamento dei metodi preventivi e di cura della malattia, e facciamo pressione presso gli enti pubblici affinché vengano soddisfatte le particolari esigenze del malato distrofico. È chiaro che come obiettori, pur non rifiutandoci di prestare a titolo personale la nostra collaborazione, non vogliamo accettare e subire la situazione particolare di cui dicevo prima e se continuiamo ad operare all'interno dell'ente è solo perché la sua attività evidenzia delle contraddizioni sociali chiarendo che le stesse non possono essere superate dentro la logica del sistema; questo in linea con il precedente rifiuto di un'istituzione dello stato, cioè l'esercito. Prima di concludere, voglio aggiungere che considero, in ultima analisi, quanto sto facendo come sostituzione di un lavoro, anche se non è riconosciuto come tale, ruolo contraddittorio che tollero fintantoché risulterà realisticamente possibile il riconoscimento delle mansioni svolte come "lavoro" e la conseguente assunzione di lavoratori.

Paolo. Presto il servizio civile "ufficialmente" presso Comunità Nova, in realtà faccio un servizio di copertura presso il Centro sociale del Sempione. Comunità Nova è un'associazione cattolica di recente costituzione che si dedica al recupero e al reinserimento "critico e maturo", come afferma il suo responsabile, dei tossicomani nella società. Il compito degli obiettori è perciò quello di favorire questo inserimento, che a me pare ambiguo come operazione; la mia impressione è che o gli odc riescono ad integrarsi nella linea dell'ente oppure ne vengono emarginati. In un primo tempo lavoravo con i tossicomani in un laboratorio di pelletteria al Beccaria, dove costruivamo borse e altri oggetti in cuoio; avremmo dovuto anche assumere un ruolo di mediatori tra questi ragazzi ospiti della comunità per impedire i frequenti contrasti violenti nel loro reciproco rapportarsi, cosa che non era facile! Dal Beccaria sono passato ad un altro ghetto, a Baggio, cioè: qui i rapporti con i tossicomani erano positivi sotto un profilo umano ma non avendo questi individui una benché minima coscienza politica mi è stato impossibile stabilire un confronto centrato sul problema che vivevano come soggetti. Ne sono venuto fuori perché mi sentivo estraneo a ciò che l'ente richiedeva da me; ora presso il Centro sociale lavoro insieme ad altri per costituire una biblioteca popolare che ancora non esisteva. Riguardo il s.c. ho sempre ritenuto opportuno una riduzione in termini di tempo, perché ritengo i venti mesi della sua durata una punizione di classe.

Maurizio. Sono in servizio civile a Torino presso l'Amministrazione comunale, insieme ad una trentina di altri obiettori. Nei primi mesi l'attività del gruppo, allora il più consistente numericamente, si è risolta in qualche iniziativa isolata di propaganda antimilitarista che ha coinvolto però solo una frazione del collettivo, impropriamente possiamo definirlo così perché nella realtà non esiste alcuna forma di confronto o di intesa comune e i rapporti si svolgono sul solo piano personale. Inizialmente ci fu una notevole conflittualità, esclusiva, per i continui ritardi nei rimborsi, etc.; il nostro impiego era previsto all'interno di strutture, i "Centri d'incontro", che dovevano ancora nascere concretamente nel momento in cui iniziammo il s.c. ma che già erano contemplate nella delibera comunale nota sotto il nome di "progetto Giovani", che prevedeva l'intervento della Giunta nel settore della disoccupazione giovanile, dell'associazionismo sportivo di base e nel campo dell'animazione culturale. Quest'ultima attività avrebbe dovuto ruotare intorno al Centro d'incontro di ogni singolo quartiere che si sarebbe così venuto a qualificare quasi come un polo culturale di riferimento per la gioventù, soprattutto, e le altre componenti del quartiere. Ad animare l'attività del Centro avrebbe dovuto essere un'equipe di animatori professionisti, affiancata da due obiettori e da un funzionario comunale con incarichi amministrativi; molti Centri che si aprirono in maniera disordinata e caotica, nell'arco di parecchi mesi, il carico di lavoro grava essenzialmente sugli obiettori che vengono così ad essere elementi indispensabili al funzionamento della struttura, avendo dimostrato spesso di possedere maggiori capacità creative nel gestire il fatto animativo e l'iniziativa culturale che non i professionisti. Attività che, fino ad oggi, si sono limitate però a forme e contenuti che ricordano troppo l'animazione degli oratori di parrocchia, con qualche revisione critica qua e là, e comunque tutta la cultura di consumo guidata sempre dai soliti intellettuali, magari bravi e coscienziosi, ma senza grossi stimoli o tentativi di farla nascere come momento collettivo della gente che frequenta il Centro, a parte due notevoli tentativi di animazione teatrale e ricerca musicale. Io mi sono scontrato fin dall'inizio con queste limitazioni di fatto quando mi sono reso conto che con molti giovani non mi era possibile parlare direttamente con un linguaggio politico che non era il loro, eppure avendo fatto capire che rifiutavo istintivamente il ruolo impostomi di "animatore" ero stato accettato senza difficoltà; il contrasto sorto in seguito con l'Amministrazione non mi ha permesso di continuare questo confronto, oggi sono, infatti, in attesa di un trasferimento. Termino dicendo che il messaggio portato attraverso la forma "animata" richiede tempi molto più lunghi per coinvolgere gli interlocutori che non nel caso lo si riesca a presentare alla forma diretta, politica cioè; proprio per questo l'Amministrazione non avrebbe tollerato un impegno in questa direzione dell'obiettore del Centro, sapendo, al contrario, che nei pochi mesi di s.c. è solo possibile iniziare un discorso di sensibilizzazione diversa attraverso l'uso esclusivo dell'animazione.

Dario. Io faccio parte del MIR milanese e il mio compito dovrebbe essere quello di pubblicizzare il s.c. e sviluppare le tematiche antimilitariste perché l'agitazione in questo senso a Milano è insufficiente. In realtà, dovendo anche scontare una precedente assenza quasi totale di organizzazione - infatti il MIR milanese è ancora in via di riconoscimento da parte del Ministero della Difesa - mi vedo costretto a ricoprire il ruolo di "impiegato" della LOC, che consiste nel dare tutte quelle informazioni utili su come e dove si deve svolgere il s.c. a quanti le richiedono, arrivando al massimo, entro certi limiti, a trovare loro un posto in un luogo ed ente che più soddisfi le loro esigenze ed interessi personali. Inizialmente ho, com'è logico, cercato il maggior numero di contatti con studenti ed obiettori già in servizio civile a Milano, ma lo ripeto, passo gran parte del mio tempo ad informare chi viene da me per chiarimenti.

Agostino. Senti, la condizione in cui ti trovi è tale perché il movimento degli odc è incapace di autogestirsi organizzativamente; io sono convinto che ci possano essere gli impiegati del movimento, non però nei termini in cui sei costretto ad esserlo tu, che in pratica dai la "pappa pronta" agli obiettori che vogliono fare il s.c.. Deve finire questa tendenza a delegare l'amministrazione del s.c. che, secondo me, sta alla base di questa situazione.

Dario. Vorrei riallacciarmi al discorso del servizio civile all'interno di un'istituzione, perché nella LOC e nel movimento ci si sta muovendo in questa direzione con la richiesta di una nuova legge, avendo ritenuto già superata la proposta di legge esistente e non ancora discussa in Parlamento, e in sostanza si chiede la regionalizzazione del s.c. e la sua smilitarizzazione, con l'allacciamento di nuovi rapporti con enti istituzionali come la regione, la provincia, il comune. Discutendone con i compagni lombardi abbiamo rilevato notevoli resistenze in chi vedeva nella proposta di regionalizzazione una mossa delle istituzioni pubbliche per aggirare i limiti del decreto Stammati che blocca le assunzioni e risolvere così la carenza di personale immettendo gli obiettori, che ricoprono pertanto posti di lavoro che spetterebbero di diritto ad altre persone. C'è anche da dire che il Ministero della Difesa è, per noi obiettori, una controparte più immediata è scoperta contro cui lottare che non la regione.

Alberto. Sono da pochi giorni in s.c. presso il MIR di Milano. Intervengo per fare due osservazioni; in riferimento alla situazione che vive ora Dario, io credo che ogni obiettore debba cercarsi un proprio spazio, soprattutto nella LOC e nel MIR di Milano, dove essendo ancora agli inizi c'è tutto un lavoro politico da svolgere. Voglio aggiungere poi che non sono d'accordo con la proposta di Paolo di ridurre i mesi della durata del s.c. perché verrebbero in tal modo ingrossate le fila, correndo il rischio di una dequalificazione del s.c.. Noi abbiamo bisogno di persone che, scegliendo di prestare il servizio sostitutivo di leva, siano coscienti di obbiettare al servizio militare e sappiano che non è sufficiente questa scelta come lotta alla società perché si combatte così una sola istituzione dello stato e non tutto il sistema. È indispensabile qualificare il s.c. perché qualunque sia il tipo di ente in cui presterà la sua opera, l'obiettore dovrà saper incidere dimostrando un adeguato grado di professionalità conseguita attraverso il corso di formazione che ritengo indispensabile per chi inizi il s.c., evitando naturalmente di occupare posti di lavoro ed eventualmente crearne di nuovi.

Se il s.c. venisse ridotto a dodici mesi sarebbero molti quelli che lo preferirebbero al servizio militare per una propria comodità dovuta ad un controllo meno rigido che in caserma. Il numero preponderante degli imboscati farebbe perdere credibilità a quegli obiettori che sinceramente hanno scelto il s.c. come momento di lotta per cambiare questo sistema. Mi sembra un fatto positivo anche il riconoscimento del servizio prestato dagli obiettori di coscienza come un lavoro, questo perché si può dimostrare all'opinione pubblica che si è capaci di creare qualcosa di alternativo. Sarà poi compito dell'odc mantenere una certa autonomia nei confronti del programma dell'ente; la realtà è quella che è e noi dobbiamo lottare all'interno di queste strutture anche se non affini alla nostra ideologia, perché solo così si può ottenere il cambiamento delle attuali istituzioni.

Agostino. Molte delle cose che dice Alberto non le condivido. Non credo che una prospettiva di sviluppo del movimento degli odc, o meglio del servizio civile, dipenda da un aumento, attraverso la maggiore qualificazione, dell'incidenza nella società di questa prestazione ed è rischioso vedere la questione in questi termini in quanto significa accettare che un'imposizione da parte dello stato, che è quella di "prestare servizio", militare o civile che sia, venga interpretata, senza mediazioni, come possibilità di fare un lavoro alternativo. Io vivo schizofrenicamente questa situazione perché sento il s.c., nello stesso tempo, come imposizione e realizzazione di me stesso. Costrizione in quanto non avrei certo assunto questo impegno se non mi fosse arrivata la cartolina-precetto, realizzazione di me stesso perché alla base dell'attività che sto svolgendo ci sono motivazioni personali e politiche.

Paolo. Rispondo ad Alberto sulla storia della qualificazione. Purché l'obiettore svolga un lavoro politico in una prospettiva di classe, non mi dispiace se anche non rispetta i termini dell'accordo programmatico dell'ente, in parte o del tutto, dal momento che la sua non è stata una libera scelta, fin dall'inizio, ma originata dall'imposizione statale. Lavoro politico tanto più indispensabile per contrastare le tendenze interclassiste presenti nella LOC e nel movimento degli odc, che non ha mai cercato un confronto con il movimento più generale di opposizione, e come movimento specifico ha ridotto al minimo l'intervento antimilitarista.

Maurizio. Non esiste oggi, se mai è esistita in passato, la possibilità di fare un discorso unitario che trovi sostanzialmente d'accordo tutti gli obiettori, e questo per via delle notevoli differenze ideologiche in cui si riconoscono gli addetti in s.c.. Se proprio vogliamo trovare un comun denominatore questo è la generica scelta di opposizione alla violenza dell'istituzione militare che motiva l'obiezione comune; pertanto, ridurre la propria pratica antimilitarista alla dichiarazione di principio contenuta nella domanda non è per niente sufficiente!, troppi dimenticano il legame inscindibile che subordina il servizio civile alla questione militare; la mia lotta sarà dunque non per un servizio civile di massa, obbligatorio, ma nella prospettiva di una eliminazione di entrambe le forme di tassazione che lo Stato chiede. La proposta di regionalizzazione mi trova su posizioni estremamente critiche non solo per quella che è stata l'esperienza di un anno di s.c. ma pure per il pericolo che ci vedo di un'ulteriore limitazione della libertà d'azione conquistabile, dall'obiettore, all'interno dell'ente. Il progetto discusso dalla LOC piemontese di recente è in questo senso significativo; invece di affermare con la determinazione di un rifiuto costante e di una pratica sovversiva la non accettazione di norme e regolamenti punitivi, si arriva addirittura a chiederne o approvarne altri!

Paolo. Credo anch'io, come Maurizio, che questa iniziativa sia un'ulteriore strumento di controllo da parte delle gerarchie civili e militari. La considero, né più né meno, come lo Statuto dei lavoratori che è servito a bloccare le lotte che scavalcavano le decisioni del sindacato e come i Decreti Delegati che hanno avuto la medesima funzione nel mondo della scuola. Perciò sento il bisogno di ostacolarla e lottarci contro.

Oliviero. Riconosco la validità di un servizio civile qualificato all'interno delle istituzioni locali perché ci porta a contatto con la realtà sociale e politica del paese come forza di cambiamento e d'innovazione. Fuori da questa ottica, mi sembra, si cade nello spontaneismo che, personalmente, non accetto; ritengo perciò che la legge sulla regionalizzazione del s.c. sia un notevole passo avanti rispetto all'attuale legislazione, perché se passa come la intendiamo noi s'inserisce in un discorso di pianificazione, in cui anche la LOC imporrà la sua concezione di s.c.. La pianificazione avrà come conseguenza anche la soluzione dei contrasti tra enti ed obiettori, che oggi sono così frequenti; senz'altro andrà perso in parte il discorso dell'autogestione, anche se continueranno ad operare enti del tipo MIR che lasciano maggior spazio ed autonomia. Negli enti istituzionali, dove non esiste neppure una pari libertà, ci sarebbe la possibilità di conquistare, con tappe successive, spazi sempre maggiori in accordo con il sindacato e le forze politiche. Ancora, e rispondo ad Agostino, senza dubbio portiamo via posti di lavoro con il fatto di fare il s.c, però o lo interrompiamo oppure accettiamo questa contraddizione che è parziale nel senso che, Decreto Stammati a parte, i settori nei quali si va ad operare sono tranquillamente trascurati dalle amministrazioni comunali e simili. Entrando in queste situazioni e lavorandoci, creiamo nella gente l'esigenza del servizio e la spingeremo, più di quanto faccia oggi, al termine del nostro servizio civile a premere sull'amministrazione comunale affinché provveda a sostituire gli obiettori con personale adeguato. Ritengo positiva una eventuale riduzione del periodo dei venti mesi, evitando la dequalificazione con altri sistemi, perché eliminerebbe l'influenza delle difficoltà personali che impediscono a molti di scegliere il s.c. mentre sono contrario alle situazioni di imboscamento che diventeranno comunque più difficili quando passerà la regionalizzazione, e di conseguenza, la pianificazione.

Agostino. Secondo me, stanno venendo fuori due punti di vista diversi, quello della possibile efficacia del s.c. in termini di funzionamento e quello dell'autonomia dell'attività rispetto alle istituzioni. O ci si riconosce in un movimento di tipo libertario e autogestionario, che non legittima questo stato come forma di organizzazione sociale la migliore possibilità e in tal caso non si può correre il rischio, racchiuso in questa legge, che il s.c. diventi una riforma del servizio militare e nello stesso tempo una collaborazione con le strutture statali oppure si punta alla migliore qualificazione di servizio in collaborazione con le istituzioni rischiando però di perdere la propria autonomia dalle istituzioni e, secondo me, il significato dell'esistenza del movimento degli obiettori. La discriminante rimane la non-accettazione di questo stato, perciò pur essendo disposto a lavorare in un'istituzione non voglio che il mio impegno, il mio tempo, servano a perpetuare questo stato di cose, ma serva a metterlo in crisi. Ritengo sbagliati anche i discorsi che sulla base di un principio portano ad un rifiuto totale di contatti o rapporti con le istituzioni...

Paolo. ... mi va benissimo che ci siano dei compagni che lavorano nelle istituzioni, così come ci sono dei compagni che lavorano politicamente nelle caserme.

Agostino. Preferisco che il movimento degli obiettori muoia perché non ci sono più spazi praticabili piuttosto che scompaia come movimento di lavoratori al servizio dello stato. In ogni caso, verrà il momento che anche il s.c. scomparirà perché pur esso istituzione, perché sarà cambiata l'organizzazione sociale.