Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 67
giugno 1978


Rivista Anarchica Online

AL CINEMA
a cura di Rozac

Una donna tutta sola

Il cinema americano scopre la donna ed inonda il mercato di pellicole nelle quali l'eterno femminino ci viene propinato in tutti i modi e sotto tutti i punti di vista: non si allontana da questo concetto che vuole unire l'impegno alle necessità commerciali neanche questo "Una donna tutta sola" che, nonostante tutti i difetti che gli si possono ascrivere, rimane una pellicola godibile e, per certi aspetti, sopra la media di certa cinematografia d'oltreoceano. Coadiuvato da una splendida attrice che risponde al nome di Jll Clayburg, Mazursky ci fornisce il quadro di una donna della media borghesia americana dinanzi al trauma del tradimento confessatole dal marito e dei suoi tentativi per ricreare intorno a sé un'atmosfera vivibile a tutti i livelli. Bene vengono individuate e filmate le nevrosi che sorgono al momento del distacco, bene viene anche ricreato il clima di cicaleccio sessualmondano di certi collettivi femministi formati da donne che tutto sono meno che femministe, bene viene evidenziato il cambiamento che viene a crearsi nei rapporti madre-figlia, meno bene viene trattato il sorgere di nuovi rapporti ove la nostra Jll fa parte di colei che cerca di dimenticare solo e soltanto con l'ausilio di un pene la fine di un rapporto di amore protrattosi per lungo tempo. Emerge un semplicismo che non si addice al tono della pellicola e che, a volte, ricorda l'estrema sciatteria di "In cerca di Mr Goodbar", orribile pellicola che non a caso ha fruttato l'Oscar alla sua protagonista. Qui si è dinanzi ad una donna che cerca di fare fronte con tutti i suoi-deboli-mezzi ad una situazione più grande di lei e mostrarcela alle prese con il virilone di turno, sinceramente appare un poco stupido e messo lì tanto per impressionare metri di pellicola. Nonostante questo, tutta la pellicola è pervasa da una tristezza ostile che rare volte viene a mancare e che la rende struggente senza essere lacrimevole: merito anche della Clayburg che, scrollatasi di dosso la nequizia di un suo rapporto personale dominato dalla personalità di Al Pacino, mette tutta se stessa - e la sua storia personale - nel film elevandolo di molto dalla media alla quale purtroppo da molto tempo siamo abituati. Intendiamoci, non è un capolavoro, è solo un modo onesto di vivere il cinema ed un prezioso appuntamento con un regista da noi troppo misconosciuto ed una attrice che si conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, come una delle più interessanti d'America.

Una moglie

Dopo tanti anni di anticamera in salette off semivuote, anche John Cassavates si presenta al grande pubblico con una delle sue ultime opere e mostra finalmente il volto di chi il cinema in America sa farlo in economia, al di fuori dei canoni della grande industria e con risultati eccellenti, perché questo "Una moglie" è veramente un bel film, come è dato raramente vedere da molto tempo a questa parte in Italia. Splendidamente diretto ed ancor meglio interpretato da una coppia di attori sempre bistrattati dalla critica, Peter Falk e Gena Rowlands, il film non è che la cronaca nuda e cruda di un rapporto di coppia tra due americani del ceto medio, invischiati sino al collo nella spirale del benessere a tutti costi, tanto da non accorgersi che ne sta andando della loro stessa salute psichica.

I tic, le litigate, le scene d'amore, i rapporti con la parentela vengono filmati con una precisione esemplare tale da mettere a disagio lo spettatore che difficilmente riesce a capacitarsi della durezza che intercorre tra due persone che si vogliono bene e che vivono assieme - anche perché distolto da una interpretazione magistrale. Esemplare la scena della spaghettata, nella quale esplodono tutte le nevrosi di un rapporto che si sta esaurendo e che solo una buona dose di coraggio riuscirà - impetuosamente ed impietosamente - a mantenere in vita e rinsaldare. Dispiace dover ammettere che per anni non è stato possibile vedere le opere di un autore così interessante anche perché il pubblico sarebbe cresciuto al cospetto di simili opere che, mai venendo meno ad un rigore tipico di Cassavates, sono andate migliorando in un crescendo tanto da poter essere identificate come la miglior produzione che un autore moderno abbia dato al cinema in questi ultimi venti anni.

Occorre dire tutto ciò per premiare il coraggio che Cassavates ebbe nell'abbandonare Hollywood e nel mettersi a produrre films interpretati da lui stesso, dalla moglie Gena Rowlands e da amici e parenti suoi e della moglie. Rigoroso, distaccato, legato ad un uso nel contempo tradizionale e moderno della macchina da presa, Cassavates ha precorso mode culturali dedicando ai grandi temi del nostro tempo - la nevrosi, la coppia, la famiglia, la solitudine - film che sono opere amare perché profondamente veri e senza veli che obnubilino le coscienze degli spettatori. Regista metropolitano per antonomasia, Cassavates è il poeta della solitudine e dei cervelli che vanno marcendo: unica eccezione, il suo e quello degli attori che lo assecondano sempre perfettamente e senza sbavature. Non è poco, credete, anche perché - essendo Altman canadese - è l'unico, vero autore cinematografico statunitense.