Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 67
giugno 1978


Rivista Anarchica Online

Il ghetto nella città
di Cristina e Riccardo

Intervista a un Christianita

Fra le mete delle comitive di turisti in visita a Copenaghen, il "quartiere dei capelloni" Christiania è tra le preferite. Un migliaio di abitanti (di cui una certa percentuale stranieri), un intero mini-quartiere occupato, alcune attività economiche indipendenti: questi i dati essenziali di Christiania, su cui pubblichiamo in queste pagine un'intervista ad un christianita curata da due compagni di Cremona ed una cronistoria essenziale di quest'esperienza, dal '71 ad oggi.
Se un bilancio si può tentare, questo è sicuramente un bilancio negativo. Christiania, presunta "isola felice" nel cuore di Copenhagen, si presenta innanzitutto come un comodo "rifugio" per gli emarginati, che si vedono così sancire il loro status da parte dello Stato, il quale, poi, dalla collettività di Christiania riscuote le tasse, che regolarmente vengono pagate. Recentemente, a sancire la loro integrazione nello Stato i christianiti hanno eletto un loro rappresentante in consiglio comunale.
Anche per quanto riguarda la vita "interna" - come ci hanno confermato dei compagni tornati proprio in questi giorni da Christiania - la situazione presenta aspetti preoccupanti (violenza diffusa, disorganizzazione, scarsa partecipazione, ecc.). Un quadro non certo entusiasmante questo di Christiania, che varrà la pena di approfondire appena avremo altri elementi da esaminare.

"Christiania": una proposta di maggior libertà nell'organizzazione dell'ambiente, della vita quotidiana, dell'habitat, dell'alimentazione, del controllo dell'inquinamento, della possibilità di pensare, di lavorare, di amare e mettere al mondo figli secondo la volontà di ciascuno".

Poche parole queste, per definire un'esperienza sociale che diede vita nel 1971 alla città libera di Christiania, nata per iniziativa di un gruppo di persone che avevano occupato un quartiere centrale di Copenhagen, abbandonato dal Ministero della Difesa.

In questi anni Christiania non solo è sopravvissuta a se stessa, ma si è allargata e arricchita raccogliendo nel suo interno nuovi aderenti, e utilizzando e rinnovando le strutture preesistenti. E soprattutto ha avuto modo di svilupparsi una vita basata sulla solidarietà reciproca, sull'autogestione e sulla non violenza.

Chi vive a Christiania, in fondo, è convinto di mettere in pratica quello che per altri rimane ancora una teoria o una speranza e di avere eliminato i valori imposti da una società repressiva, realizzando una vita conforme alle proprie idee.

800-1000 gli abitanti di Christiania; 1000 altre persone vi soggiornano nei mesi estivi: ma chi sono in realtà i componenti di questa comune, come vivono, cosa fanno, come si amministrano, che rapporti hanno con il mondo esterno?

Per saperne di più ci siamo rivolti a Jens, un compagno di Christiania.

- Pensando ad una comune si è di solito portati ad immaginarla come formata da un gruppo di giovani che si fermano più o meno a lungo, per andarsene quando poi l'esperienza ha perso le sue attrattive o quando si è trovato qualcosa di "meglio" da fare. Christiania è qualcosa di simile?

J. - Non esistono dati statistici precisi o perlomeno recenti sulla composizione della popolazione di Christiania, per cui non mi è possibile rispondere con esattezza. A Christiania ci sono persone di tutte le età, anche se effettivamente la maggior parte è costituita da giovani sotto i quarant'anni. C'è chi resta a lungo e chi se ne va dopo una breve permanenza. Rimangono comunque attualmente circa duecento dei "fondatori" della comune.

Bambini, ragazzi e giovani che si rifugiano a Christiania dopo essere fuggiti dalla famiglia o da istituzioni repressive sono aiutati, se lo desiderano, a reinserirsi all'esterno.

- Come vivono gli abitanti di Christiania in un territorio urbano in fondo piuttosto limitato?

J. - Nel 1971, quando la comune è nata, la Danimarca stava attraversando un periodo di espansione economica, il che facilitava l'inserimento dei più nel mercato del lavoro dove trovare un'occupazione saltuaria non era molto difficile. In questo modo, lavorando qua e là, molti riuscivano a racimolare i soldi sufficienti per vivere poi a Christiania senza preoccupazioni per un certo periodo di tempo. Ora la situazione è cambiata. La crisi occupazionale è veramente drammatica: i disoccupati costituiscono attualmente il 20% circa della popolazione danese. Molti giovani tirano avanti con il sussidio governativo. Credo anzi che la maggior parte dei christianiti viva di questo sussidio.

- Che genere di lavoro è possibile fare a Christiania?

J. - Le attività svolte da chi abita nella comune sono le più disparate. Abbiamo ricostruito a grandi linee la vita di una piccola città con i suoi modi di fare e di essere, con le strutture indispensabili per far sì che funzioni. Ci sono negozi, ristoranti, caffè, birrerie e bagni pubblici. C'è chi si occupa di artigianato (cuoio, tessuti, mobili, lavorazione dell'argento, ecc.), chi ripara automobili e biciclette, chi si preoccupa di stampare giornali.

Largo spazio è dedicato pure ad attività di svago e divertimento (cinema teatro e discoteche). Alcuni compagni gestiscono infine i vari servizi di informazione, sanità e istruzione. Ma non c'è lavoro retribuito per tutti, solo 200-300 persone vengono regolarmente retribuite.

- Le attività di cui si è parlato sono comunque tutte gestite da compagni o viene lasciato spazio anche agli investimenti privati?

J. - Ci sono imprese artigianali strutturate su base prevalentemente cooperativistica e dotate di cassa comune. Altre imprese invece sono finanziate dal capitale privato che ha trovato modo di investire a Christiania. Sono queste le uniche che devono versare una tassa alla comune.

- Tra le varie attività della città libera ce ne sono alcune che potrebbero essere definite "istituzioni sociali". Come funzionano?

J. - La scuola esistente a Christiania non ha riscosso finora gran interesse tra i bambini poiché la maggior parte di loro preferisce frequentare la scuola pubblica che si trova appena fuori dalla comune.

L'assistenza sanitaria funziona invece molto bene. Ci lavorano quindici o venti persone che curano le malattie meno gravi con le erbe e la medicina tradizionale. Per i casi più complessi si provvede a trasportare i malati all'esterno, in ospedali più attrezzati. Tra le altre attività svolte da chi lavora alla "Casa della Salute" è previsto un servizio di informazione sulla prevenzione delle malattie più comuni e su come vivere nel modo più sano. Le prestazioni sono completamente gratuite.

Esistono inoltre altri servizi messi a disposizione di coloro che abitano a Christiania, tra cui il "Centro di scambio degli alloggi" (che fornisce le informazioni necessarie a chi cerca una nuova sistemazione), e il "Tribunale di pace" (al quale è possibile rivolgersi in caso di controversie). Contrariamente a quanto accade nei tribunali comuni non vengono emesse sentenze coercitive o repressive, ma vengono semplicemente dati dei consigli.

C'è anche un punto di ritrovo per i ragazzi scappati di casa, che ha sede in un edificio all'interno della città libera, in cui è possibile vivere in comune nell'attesa di integrarsi nella vita di Christiania o di reinserirsi all'esterno.

Per quanto riguarda poi il problema del recupero dei drogati, un gruppo di attivisti si preoccupa, senza ricorrere ai mezzi repressivi comunemente usati, di farli partecipare ad una vita collettiva che li renda autonomi e sempre meno dipendenti da quelle sostanze di cui prima erano schiavi.

Il recupero dei marginali e dei piccoli malviventi che trovano rifugio a Christiania avviene semplicemente sollecitando un loro inserimento tra gli altri compagni.

Vivere a Christiania insomma significa partecipare in prima persona alle decisioni collettive ed alla vita di tutti i giorni, in un processo che non privilegia la "realtà di massa", ma che ha come protagonisti gli individui e le loro scelte.

E tutto ciò non è altro che il risultato dell'autogestione e del potere decisionale affidato alle assemblee, che nei primi tempi avevano una frequenza settimanale. Ora le cose sono cambiate: per evitare l'istituzionalizzazione di tali strutture, esse vengono convocate esclusivamente per discutere e decidere su problemi di interesse comune. Per evitare i rischi della burocratizzazione e della manipolazione le decisioni sono prese adesso da undici assemblee di quartiere, coadiuvate da gruppi di lavoro formati da chiunque sia interessato a collaborare. Le assemblee generali, alle quali fanno capo tutte le decisioni prese nei quartieri, sono precedute dalla diffusione di un ordine del giorno, e seguite dalla distribuzione di un rapporto sul loro svolgimento.

- Al di là però di questi aspetti puramente "politici" che danno a Christiania un'impronta tipicamente libertaria, come sono impostati i rapporti familiari ed affettivi?

J. - A Christiania questi rapporti sono più liberi, dato che ci si basa sui principi della tolleranza e dell'accettazione di ogni tipo di comportamento, tranne naturalmente quelli violenti e pericolosi.

- Qual è la condizione della donna?

J. - Le donne sono libere come gli uomini, forse però non ancora al cento per cento. Non esistono discriminazioni tra i sessi; non sempre, cioè, si ripetono gli schemi tradizionali che affidano a uomini e donne dei ruoli ben precisi. Capita spesso, ad esempio, che alcune donne lavorino nelle fognature e che ci siano uomini che lavorino nel giardino d'infanzia.

- Tutto ciò fa pensare all'esistenza di una specie di ideologia ufficiale....

J. - In effetti esiste un'ideologia, che non potremmo definire ufficiale, ma che è basata su principi generalmente accettati da tutti come la non-violenza, la comprensione, la solidarietà, l'aiuto reciproco e la piena libertà individuale.

- Ammettiamo comunque che possano esserci opinioni diverse tra quanti partecipano ad un'assemblea. Come vengono risolti in questo caso i conflitti tra maggioranza e minoranza?

J. - Per la soluzione dei conflitti non ci sono grossi problemi. Il mezzo più usato per arrivare ad un accordo comune è la persuasione. Altre volte si discute invece sulle cause da cui traggono origine i pareri discordi.

I conflitti possono anche diventare molto duri, ma si trova sempre una soluzione. L'unità di Christiania alla fine ha sempre prevalso.

Proprio ora, ad esempio, sono sorti contrasti profondi tra "attivisti" e "drogati". A questi ultimi viene infatti rimproverato lo scarso interesse mostrato nei confronti dei lavori delle assemblee.

- Finora abbiamo discusso della vita interna della comune. Ma un'esperienza di questo tipo è indubbiamente destinata a fallire se non cerca e non trova rapporti con l'esterno, con altre realtà simili nell'ideologia e nella pratica, con la gente che vive e lavora intorno ad essa, con le istituzioni. Non è da sottovalutare infatti il rischio che si possa creare un'"isola felice", un rifugio per dissidenti, che si autoescludono dalla realtà che li circonda. Tutto ciò ovviamente a vantaggio del potere.

Ma andiamo con ordine: quali sono i rapporti di Christiania con le altre comuni?

J. - Le comuni esistenti in Danimarca sono parecchie centinaia, con circa 30.000 abitanti complessivamente. Ce ne sono di tutti i tipi (urbane e rurali). Intratteniamo con esse rapporti politici, commerciali e personali.

- Oltre ai successi di mobilitazione, che hanno visto fino a 30.000 persone manifestare contro un'eventuale chiusura della comune, quali sono i rapporti di Christiania con gli altri abitanti di Copenaghen?

J. - La gente viene a Christiania per far compere, per andare a teatro, sentire della musica, trovarsi e parlare. Le iniziative sociali, culturali e politiche della comune sono aperte a tutti.

- Che rapporti ci sono tra partiti politici e comune?

J. - Molto labili. Abitano a Christiania alcuni aderenti ai vari partiti, ma non svolgono una vera e propria attività politica: si limitano a fare riunioni tra amici.

- C'è stato qualche tentativo di strumentalizzare quest'esperienza da parte delle forze politiche?

J. - Nessun gruppo politico ha strumentalizzato Christiania, tranne le destre che hanno tentato spesso di utilizzarla come capro espiatorio. Può darsi che ci sia la tendenza da parte dei socialdemocratici a lasciar fare o perlomeno a tollerare l'esistenza della comune, ma non dobbiamo dimenticare che proprio per l'atteggiamento assunto nei confronti di Christiania essi hanno perso i voti della destra del partito.

- Di fronte al potere la scelta della comune è sempre stata quella della trattativa e della discussione. Preferendo quindi sfruttare tutti gli spazi possibili per inserire esperimenti di autogestione, Christiania ha messo le autorità davanti al fatto compiuto. Le alternative rimaste al governo a questo punto non erano molte: lasciar fare o gettare la maschera, agendo con durezza.

Una cosa invece che desta maggiori perplessità è il motivo che vi ha spinti, nel marzo di quest'anno, a partecipare alle elezioni municipali.

J. - Ci siamo presentati per conquistarci uno spazio, per parlare e per aver modo di discutere la politica del consiglio comunale. Il nostro rappresentante, Thorkild, è stato eletto. Thorkild sta cercando di mantenere l'unione delle sinistre in municipio, appoggiando la partecipazione ad un blocco formato da socialisti e comunisti. Il suo impegno è principalmente di carattere politico. Egli è anche un "attore" e un "tribuno del popolo". Il ricorso alla mobilitazione popolare gli sembra la strada migliore per risolvere le situazioni critiche.

- Per concludere, vorremmo sapere qualcosa sull'ecologia della comune.

J. - Discorsi ecologici sono già stati fatti, ma c'è ancora molto da fare. Per ora cerchiamo di riciclare oggetti o materiali riutilizzabili e di ricavare tutto ciò che può ancora servire dai rifiuti. Ci sono indubbiamente diverse carenze: la pulizia delle strade, ad esempio, lascia ancora molto a desiderare. Da sottolineare poi come fatto positivo: a Christiania le automobili non possono circolare. Parte non indifferente del fabbisogno alimentare è coperta dai prodotti della città libera.

Sono stati rivalutati, infine, i problemi energetici. La costruzione di mulini a vento aveva avuto in passato uno scopo più che altro simbolico; da poco invece un gruppo di compagni ha iniziato a produrne in maggior quantità per utilizzarli a fini energetici.