Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 67
giugno 1978


Rivista Anarchica Online

Militanti perché
di P. F.

Tempi difficili, i nostri. Difficili ed anche un po' strani. Dopo la vampata del '68, che ha in varia misura alimentato le lotte sociali e fatto crescere i movimenti di estrema sinistra, è subentrata da tempo la disillusione. Non solo la Rivoluzione non s'è vista, nemmeno da lontano, ma anche la sensazione (se non proprio la certezza) di esserci vicini è progressivamente venuta meno. La Vittoria con la "v" maiuscola si dimostra ogni giorno più lontana, tanto lontana che molti di quelli che ci credevano non riescono più nemmeno ad intravederla.

La disillusione è stata così forte, per molti anche così repentina, da trasformarsi amaramente in derisione: quanti compagni, disposti qualche anno fa ad alzarsi alle cinque del mattino per andare a volantinare agli operai del primo turno, ricordano oggi quelle levatacce con vergogna ed ironia, accomunando oggi nel medesimo acre giudizio chi continua a fare ciò che loro facevano ieri.

In questo senso, noi non siamo cambiati: siamo compagni che ancora continuano a credere nella militanza e, oggi come dieci anni fa, cercano di farla al meglio delle loro possibilità. Già sentiamo le critiche, i sorrisini ironici, le stroncature, ecc. di quei compagni - non pochi, purtroppo - che della critica ai militanti/militonti sembrano fare la loro attività preferita. Cerchiamo di spiegarci.

Noi non ci siamo mai fatti soverchie illusioni: la formuletta, ormai stracitata, "il pessimismo della ragione, l'ottimismo della volontà" ci calza a pennello. Sappiamo, anche per quel po' di esperienza che abbiamo accumulato in dieci/quindici anni di esperienza militante, quanto lavoro, quanta dedizione, quanta umile metodicità siano necessari nella vita quotidiana, in campo sociale soprattutto, per ottenere un qualche risultato. Le ventate rivoluzionarie vengono sempre quando meno ce le si aspetta: gonfiano le nostre bandiere nei cortei, galvanizzano la combattività delle masse, sembrano confermare per un momento la facile realizzabilità di tutti i nostri progetti. Poi, però, la marea si ritira e molte delle cose (non tutte) che sembravano ormai assodate, irreversibili, ritornano in discussione; ci si conta è ci si ritrova in meno, molti meno, a volte. Chi ha vissuto, per esempio, le grandi speranze ed anche le grandi illusioni dell'immediato dopoguerra, nel '19/'20 come nel '45/'46, sa quanto tutto ciò sia drammaticamente vero. E poi oggi basta guardarsi attorno, leggere i giornali, le lettere dei compagni e delle compagne, respirare un po' l'aria del "movimento" per vedere quante cose siano cambiate rispetto a solo uno o due anni fa. Cambiate in meglio, forse, ma certo anche in peggio.

E fra il "peggio", al primo posto, mettiamo la sfiducia ed anche il rifiuto generalizzato (non senza eccezioni, per fortuna) dello studio sistematico e dell'azione diretta quali unici strumenti per incidere nella realtà sociale. Noi crediamo invece che solo lo studio sistematico, critico e mai definitivo, insieme con l'operare metodico, quotidiano, umile (ma non per questo rassegnato, anzi) possano contribuire ad avvicinarsi alla realizzazione dei nostri ideali.

I grandi cambiamenti, le grandi rivoluzioni, infatti, sembrano ai più l'effetto unico ed immediato degli avvenimenti precedenti: noi sappiamo che non è solo così. Senza l'operare costante, tenace, spesso silenzioso e sconosciuto di molti compagni, i grandi fenomeni sociali non sarebbero avvenuti, oppure non avrebbero avuto quelle caratteristiche che ce li rendono particolarmente vicini ed interessanti: pensiamo alla Comune di Parigi come alla rivoluzione russa, alla rivoluzione spagnola come al maggio '68.

Se per militanza si intende appunto questa disponibilità a lavorare con gioia, ma anche - se necessario - con spirito di sacrificio, per la realizzazione dei nostri ideali, se per militanza si intende (e per gli anarchici, come potrebbe essere diversamente?) volontà di unire costantemente il "personale" ed il "politico", cercando di vivere già oggi il più coerentemente possibile con i nostri ideali di libertà ed uguaglianza, allora non possiamo che riconfermare - in quest'epoca di diffuso disorientamento, di incertezza ed anche di confusione - la nostra quotidiana scelta militante che sola dà un senso pieno alla nostra vita in questa società.

Altre alternative positive non ne vediamo: le due che oggi sembrano andare per la maggiore - il ripiegarsi sul "personale", nel tentativo di risolvere così i propri problemi da una parte, il lanciarsi in un donchisciottesco attacco armato dall'altra - non possono convincere chi come noi non vuole certo nascondersi le difficoltà del momento storico ma nemmeno è disposto a farsene scudo per giustificare l'abbandono dello scontro sociale.