Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 66
maggio 1978


Rivista Anarchica Online

Una precisazione

Nella tavola rotonda sull'anarcosindacalismo pubblicata sul numero di aprile alcune parti di miei interventi, forse a causa della differenza fra lingua "parlata" e lingua "scritta" o forse a causa della mia scarsa proprietà di espressione, risultano poco chiare col conseguente rischio di essere fraintese.

Innanzitutto voglio chiarire che (come riportato a pag. 19, colonna centrale) sono sì stato eletto nel consiglio di fabbrica, ma mi sono dimesso dopo pochi mesi perché mi era impossibile portare avanti un discorso ed una pratica libertari, tanti e tali erano i condizionamenti e le pressioni che mi venivano fatte dalle burocrazie sindacali. Le motivazioni delle mie dimissioni, pubblicamente espresse, sono state fatte proprie da molti degli operai della mia fabbrica anche se, purtroppo, non hanno portato, come auspicavo, a lotte autonome. Nonostante questo, però, il risveglio critico che hanno innescato mi ha dimostrato che il movimento operaio è ancora, nonostante molti limiti, un "terreno praticabile" per i rivoluzionari. Altro punto a mio avviso poco chiaro è (sempre a pag. 19, terza colonna), laddove accenno al problema del classismo ed alla pratica anarchica nella società. Io intendevo dire che occorre sempre tener presente che, come anarchici, dobbiamo cercare di rivolgerci a tutta la società e non solo a parti, seppure importanti, di essa. Questo non vuol dire che dobbiamo negare l'esistenza delle stratificazioni sociali e delle classi - anzi! - vuole solo significare che non dobbiamo credere che, per il solo fatto che uno sia operaio, debba necessariamente essere anche rivoluzionario. Io credo che la propaganda e la lotta che dobbiamo sempre fare per suscitare la rivolta degli oppressi debbano in ogni caso tenere conto che anche fra gli oppressi si annidano, come in ogni ambito sociale, l'autoritarismo, l'individualismo borghese, o i sentimenti reazionari. Risulta quindi chiaro come non possiamo concordare col classismo marxista che si traduce nell'identificazione della classe operaia come "classe rivoluzionaria".

In parole povere io credo che lo spirito informatore della nostra azione sociale debba essere quello espresso tempo fa da un redattore di "A" laddove, scrivendo del sindacato di polizia, diceva: "Se è infatti vero che la nostra propaganda e la nostra azione sono rivolte verso tutta l'umanità, verso tutti gli uomini indistintamente, è altrettanto vero che solo ad alcune classi o categorie sociali noi possiamo rivolgerci in quanto tali, facendo appello cioè alla loro coscienza di classe oltre che alla comune natura umana. Si tratta evidentemente delle classi sfruttate ed oppresse (operai, contadini, emarginati, ecc.) le quali sole possono (e dovrebbero) essere interessate IN QUANTO TALI all'abbattimento dell'attuale sistema ed alla costruzione di una società comunista anarchica. Rivolgendoci invece ad appartenenti a diverse - e spesso opposte - categorie sociali, noi continueremo a fare appello alla comune natura umana per spingerli ad abbracciare la nostra causa rivoluzionaria. Ma non potremo certo far appello alla loro coscienza ed ai loro interessi di classe, dal momento che tutta la nostra attività è tesa alla sconfitta delle classi e delle categorie di cui obiettivamente sono membri" ("A", n.1 - 1977).

Un altro punto poco chiaro è quello in cui si accenna alla lotta rivendicativa (pag. 19, terza colonna e pag. 20 prima colonna). Intendevo dire che la nostra azione all'interno dei luoghi di lavoro non deve essere impostata solo sul terreno rivendicativo, per quanto giusti possano essere gli obiettivi che portiamo avanti. Io penso che, se ci limitassimo a questo, le nostre lotte sarebbero riformiste e facilmente recuperate ed integrate dal sistema dominante; sono convinto che occorra sempre far rientrare gli obiettivi immediati che proponiamo in un discorso ed in una lotta più generale che, col metodo dell'azione diretta, combatta tutto il sistema oppressivo e disumanizzante che domina la società.

Solo in questa maniera le nostre lotte non potranno essere recuperate e potranno rappresentare un reale passo avanti nella lotta per l'emancipazione umana. I mezzi con cui portare avanti queste lotte possono essere vari ed è su questo tema che è necessario si sviluppi il dibattito.

Franco Melandri (Forlì)