Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 66
maggio 1978


Rivista Anarchica Online

Ecce Bombo
di R. Z.

Ne hanno scritto di tutti i colori, lo hanno paragonato a tutti i grandi del cinema, il film che ha diretto rappresenta l'Italia al festival di Cannes, la critica lo osanna e lo adora: parliamo di Nanni Moretti e del suo film Ecce Bombo, caso cinematografico dell'anno, superpremiato ovunque sia stato presentato e soprattutto ottimo incasso in una annata molto fiacca per il cinema italiano perennemente in crisi. Ma che cosa ha fatto di tanto importante questo Moretti per meritarsi tanti elogi e poi, questi elogi, li merita sul serio o è pura invenzione della critica. No, bisogna concordare con i parrucconi da cineteca, i sotutto della celluloide, Moretti è un grande animale cinematografico e la sua maggiore dote non è l'autoironia bensì il rispetto della verità anche nei suoi aspetti più tristi. Certo chi aveva visto il suo precedente film "Io sono un autarchico" girato in superotto con amici e parenti, costato tre milioni circa e circolato solo nei circuiti d'essai per la sua fattura artigianale, è rimasto deluso pensando che Moretti affrontasse temi a lui inusuali: nulla di tutto questo, la storia sembra ripetersi con maggiore caoticità - almeno apparentemente - ma il taglio è più profondo, più maturo, affonda nella carne dello spettatore con l'arma inarrestabile del riso e dopo la proiezione riaffiora lo stesso riso, divenuto amaro, che inizia a fare pensare sul presente, su come siamo, su cosa vogliamo, soprattutto su chi siamo.

L'operazione, che appare molto facile, è più difficile di quanto sembri ed occorre dire che a Moretti, che ha usato nel cinema la tecnica letteraria cara a William Burroughs - il cup-up - che consiste nel frantumare la storia in tanti piccoli periodi apparentemente slegati tra loro, ma solo apparentemente, tutto ciò è riuscito molto bene anche per una sorta di esame di coscienza generazionale che si è fatto dinnanzi alla macchina da presa mettendosi a nudo e mettendo a nudo il mondo che lo circonda, la gente che lo vive, le idee che lo pervadono, gli ideali che lo spingono. Il quadro non è tra i più edificanti che si possano pensare ma occorre dire - e chi afferma il contrario vive in un altro pianeta - che la realtà morettiana è la realtà quotidiana di moltissima gente, togliendo dal novero, ovviamente, altre fasce giovanili investite da altri problemi: inganni non ve ne sono, tanto meno compiacenze, si è dinanzi ad una realtà, seppur ristretta, ma dipinta con i foschi colori della quotidianità, il che permette agli spettatori di riconoscervisi. Qualcuno non vi si riconoscerà - i giovani dediti alle droghe pesanti, coloro che hanno scelto la via della lotta armata, i seguaci di uno stalinismo mentale che divide il mondo con rigidità e rifiuta tutto ciò che scalfisce tale visione del mondo - ma occorre anche dire che l'operazione cinematografica di Moretti tendeva a vivisezionare un certo mondo da lui vissuto e se questo mondo non ha come abitanti i soggetti citati sopra, di certo non gli si può dargli addosso per questo.

Si è anche parlato di un certo cinismo da parte di Moretti, di una furba operazione commerciale operata per bissare in termini più vantaggiosi il successo di "Io sono un autarchico", ma penso che tutte queste critiche siano una barriera fumogena per nascondere la grande invidia della maggior parte della cinematografia italiana dinnanzi ad un talento nuovo che di questo mondo vuol farne parte a buon diritto senza, però, entrare nel meccanismo viscido della ricerca del successo facile a tutti i costi, giocando con l'intelligenza del pubblico ed ammannendogli prodotti idioti e che non fanno riflettere. Lo hanno paragonato a molta gente ma credo che sia d'obbligo paragonarlo, almeno la sua comicità, ai fratelli Marx, padri e signori di un umorismo cinematografico che si faceva forte della più atroce critica alla società americana, con tic e vizi ed errori sempre beccati in modo eccezionale e senza mai dover ricorrere a scurrilità: e che maschera ha questo Moretti, questo suo naso a tagliavento, questi suoi capelli lunghi da bravo universitario impegnato (sisiperò...), che espressioni ha con questo suo volto perennemente triste e che ci ricorda il broncio di W.C.Field, grande comico americano da noi misconosciuto per ragioni politiche - il fascismo lo vietò - e perché si osannano solo i comici accademici come Chaplin, tra il serio ed il faceto, un volto esprime mille dubbi, gli stessi del suo io pubblico e dei suoi personaggi. A proposito dei personaggi, che dire dei genitori, degli amici, delle donne, di quello splendido esempio di consapevolezza della realtà tragica che viviamo dipinto così perfettamente da Lina Sastri, un'attrice napoletana tanto brava da essere dimenticata dal nostro cinema alla disperata ricerca sempre di natiche sode, di seni invitanti e di vagine lussureggianti, in questo microcosmo di disperazione che siamo noi e che così bene ci descrive, ci fa ridere e ci fa pensare e diventare tristi? No, non è una mera operazione commerciale, questa è la giusta maniera di fare cinema e per chi non crede a quanto dico vada, vada a vederlo e si gusti l'ultima scena, nella quale sembra che Antonioni abbia passato le consegne a Moretti: una stanza nuda, una ragazza dallo sguardo fisso, pareti bianche, una povera luce pende dal soffitto; Michele - Nanni Moretti - in piedi dinanzi alla ragazza e silenzio, tanto silenzio. È il requiem di una generazione nutritasi di musica, di canti, i tantissimi slogans, di interventi in assemblee, di confessioni che hanno lasciato solo il vuoto, il silenzio più profondo nei rapporti interpersonali: Moretti ci ha fatto toccare il silenzio che c'è tra noi, ci ha fatto vedere quanto siamo soli e già per questo è grande. E grande e il suo umorismo, simile a quello di bretoniana memoria, mai intellettuale, sempre quotidiano, come i fatti che racconta, senza mai divenire indagine socio-psicologica, senza mai salire in cattedra: il sessantotto non è passato invano, certo modo di fare cinema è stato abbandonato, Ecce Bombo ne è la prova visiva più eclatante. Peccato che sia anche la documentazione cinematografica della fine di una generazione, di molte generazioni, di molti idealismi, di tanti sogni e tanti discorsi per cambiare un mondo che, mentre discutevamo e urlavamo e cantavamo e scoprivamo l'amore e morivamo nelle piazze, ci ha cambiati a nostra insaputa, ci ha svuotati come zucche. Finirà così? Speriamo che Moretti abbia filmato la fine di un periodo e che il prossimo - dopo tanta confusione - sia migliore di quello passato: me lo auguro, anche se sono affezionato, voglio bene, mi ci ritrovo dentro, non disconosco, sono anch'io un po' Ecce Bombo.