Rivista Anarchica Online
Hong Kong / Nascita e lotte di un gruppo anarchico
a cura della Redazione
Vecchi militanti ancora attivi, praticamente zero. Giornali o case editrici anarchiche,
zero. I compagni più vicini si trovano in Giappone, cioè a quattro ore di volo; e, a parte
quelli, bisogna praticamente andare in Europa o in Nord America per trovare un
movimento anarchico che abbia una seppur piccola consistenza. Questa è la realtà che
abbiamo trovato all'inizio degli anni '70 ad Hong Kong e che tuttora si accompagna
condizionandoci non poco. Alla domanda sulle origini del loro gruppo, Mok, Wong e
Yuen mettono subito in chiaro l'estrema particolarità storica e geografica della loro realtà.
Hong Kong, infatti, è un'immensa metropoli di oltre quattro milioni di abitanti, schiacciata
tra il mare e il confine con la Cina comunista: istituzionalmente è ancora una colonia
inglese, seppure con uno status tutto particolare. In pratica è retta da un governatore
inglese in pieno accordo con le autorità della Cina comunista. È una realtà abnorme,
schiacciata tra i suoi stretti confini politici e geografici, eppure al centro di traffici
internazionali di ogni tipo, da quelli commerciali a quelli spionistici. Ufficialmente è
rivendicata dal governo cinese, che ha tutto l'interesse, però, a mantenere in vita un canale
così importante - seppure contraddittorio - di scambi con il mondo occidentale.
È in questo contesto che nel '70 si sono ritrovati insieme molti giovani accomunati
dall'insoddisfazione per la situazione socio-politica di Hong Kong e dalla volontà di "fare
qualcosa" per migliorarla. All'inizio - ricorda Mok - ci aggregammo su tematiche
estremamente generiche, di carattere democratico ed anche, a volte, patriottico. Fra le
nostre prime battaglie ricordo quelle per ottenere il riconoscimento del cinese quale
seconda lingua ufficiale di Hong Kong (accanto all'inglese) ed una serie di
manifestazioni contro il Giappone che voleva inglobare alcune isole appartenenti alla
Cina. Eravamo allora tutti giovani di sinistra, sensibili alle notizie di rivolta che a
partire dal maggio '68 giungevano dall'Europa e un po' da tutto il mondo: all'interno di
questo movimento ad Hong Kong convivevano parecchie tendenze, dai trotzkysti ai
libertari, dai maoisti ai democratici. Fu una convivenza di breve durata, perché presto
ogni tendenza prese la sua strada. Ci ritrovammo insieme qualche volta alle
manifestazioni, per esempio a quelle contro l'intervento americano nel Vietnam: niente di
più, però.
Nel '71 il gruppo - liberatosi della presenza dei maoisti e di molti "generici" - pubblica già
un giornale, "The '70's" ("Gli anni 70", si potrebbe tradurre in italiano), scritto in cinese.
Ed è tramite questa pubblicazione che cominciano in quei mesi ad avvicinarsi al gruppo
vari giovani (tra i quali Wong) fuggiti dalla Cina in seguito alle repressioni governative
contro i ribelli che rifiutavano il controllo del partito comunista. Questo contatto con le
ex-guardie rosse, i loro racconti, le discussioni con loro, ebbero una grande influenza su
di noi e ci spinsero ad occuparci molto più intensamente delle vicende cinesi - ricorda
Yuen - Le nostre analisi sulla Cina comunista trovarono sostanzialmente d'accordo quei
compagni che la rivoluzione culturale avevano vissuto da protagonisti. Alcuni di loro
entrarono nel nostro gruppo ed ancora oggi sono con noi.
Il loro gruppo non si limita all'analisi "accademica" o alla solidarietà generica, ma si
impegna direttamente in un'opera rischiosa ma essenziale: aiutare i compagni a sfuggire
alla tremenda repressione maoista trovando rifugio ad Hong Kong. Data l'impenetrabilità
del confine di terra, l'unica via praticabile era (e resta) il mare. Molte volte - afferma Yuen
- ci recammo in vario modo a Canton, per concordare con i compagni di là le modalità
della loro fuga via mare. In genere, l'unica possibilità che aveva in sé qualche garanzia
di successo era quella di nuotare da Canton ad Hong Kong, il che significa restare in
acqua consecutivamente almeno otto ore (ma c'è anche chi ne ha impiegate una
ventina!). Per sfuggire alle vedette della polizia costiera bisognava compiere la
traversata di notte, meglio se d'inverno, in modo da poter sfruttare le nebbie frequenti
che rendono quasi inoffensivi i potenti fari di cui sono dotate quelle vedette. In simili
condizioni - ricorda Wong - la maggior parte dei fuggitivi non è mai arrivata in salvo,
ma è morta durante la traversata. Il nostro compito era quello di rifornire
(clandestinamente) di zucchero e di cioccolato i fuggitivi prima del tentativo (erano
questi gli alimenti più comodi da trasportarsi addosso durante la nuotata) e poi di
aspettarli sulla spiaggia, nel punto prestabilito. Quante notti abbiamo trascorso
trepidanti sulla spiaggia, prolungando poi per ore ed ore l'angosciosa attesa! E quante
volte tutto ciò è stato inutile!
Ai compagni cinesi faccio osservare che forse non è molto opportuno parlare e scrivere
pubblicamente di una simile attività, tanto importante quanto rischiosa. Mok scuote la
testa: la mia preoccupazione è purtroppo inutile. Da vari anni i compagni non possono
ormai nemmeno più pensare ad una simile attività di solidarietà. Ormai il loro gruppo è
ben conosciuto ad Hong Kong dalle autorità locali inglesi, dai maoisti e dal regime di
Pechino. Entrare in Cina, o meglio rientrarvi (tutti e tre sono nati in Cina), è per loro un
sogno che solo il crollo del regime maoista potrebbe realizzare.
Eppure - spiega Mok - tutti e tre abbiamo parenti viventi in Cina, per cui formalmente ci
spetta il diritto ad un viaggio periodico per andarli a trovare. Altre persone, altri
compagni hanno arrischiato di servirsi di questo loro diritto, chiedendo e prontamente
ottenendo dalle autorità cinesi il permesso di compiere una visita ai parenti. Giunti a
destinazione, però, il loro biglietto di andata/ritorno si è improvvisamente trasformato in
un biglietto di sola andata. Di molti di loro non si sa più niente; di altri, invece, si sa che
sono stati arrestati o posti agli arresti domiciliari.
Ma torniamo alla storia del loro gruppo. Nello stesso anno durante il quale entrano in
contatto con le ex-guardie rosse, molti di loro si recano all'estero (soprattutto in Francia)
per ragioni di studio o di lavoro: prendono contatto con altre realtà, con molti compagni, e
al rientro arricchiscono la vita del gruppo. L'approfondimento culturale ed ideologico
porta nel '73 alla definitiva separazione dei trotzkysti, che hanno fatto di tutto per
controllare e strumentalizzare ogni attività: da questo momento il gruppo si caratterizza
definitivamente come gruppo libertario e progressivamente come gruppo dichiaratamente
anarchico.
Nonostante la scissione, nonostante questa fosse avvenuta anche per questioni di
incompatibilità personale, i rapporti con i trotzkysti non vengono interrotti, anzi: saranno
sempre loro l'unica forza della sinistra "rivoluzionaria" di Hong Kong con la quale il
gruppo "The '70's" manterrà rapporti pratici di collaborazione. Nei mesi successivi alla
scissione - ricorda Mok - organizzammo parallelamente due intense campagne di
opposizione al governo locale: la nostra parola d'ordine era il rifiuto di pagare l'affitto, i
trasporti pubblici, l'acqua ed il telefono. Nella grave crisi economico-sociale di Hong
Kong, caratterizzata da ampie sacche di estrema povertà e dalla diffusa disoccupazione,
riuscimmo ad inserire la nostra attività di protesta e di rivolta, giungendo ad un
clamoroso sciopero della fame (attuato da vari compagni nostri e da alcuni trotzkysti) e
a violenti scontri con la polizia. Wong ricorda a questo punto un assedio del distretto di
polizia, attuato da centinaia di compagni, rotto alla fine solo dall'intervento in forze della
polizia che si lanciò in una caccia all'uomo in tutta la città.
I numerosi fermi ed arresti, con relativi processi e condanne, che seguono a quell'intensa
fase di lotta provocano - insieme alla contemporanea emigrazione di alcuni tra gli elementi
più attivi del gruppo - il ristagno delle attività. I compagni organizzano un cineforum, che
ha vita stentata e soprattutto non produce quasi nessun risultato positivo. Si fa qualche
manifestazione (Mok ne ricorda una per Puig Antich, il giovane libertario garrotato a
Barcellona, ed altre per il Vietnam) e qualche volantinaggio, e basta.
Una netta ripresa delle attività del gruppo si ha nel '76 in coincidenza con l'inizio di una
vasta campagna in favore di alcuni militanti rivoluzionari vittime della repressione statale
in Cina. Oltre a "The '70's" (che ha raggiunto nel suo periodo migliore le 7.000 copie di
tiratura) il gruppo inizia la pubblicazione di un mensile, questa volta in inglese, il cui titolo
è nel '76 "Minus 8", nel '77 "Minus 7" e quest'anno "Minus 6". "Minus" significa infatti
"meno" ed il numero che lo segue indica gli anni che separano l'anno in corso dal fatidico
1984, inteso - sulla scorta del noto romanzo di George Orwell - come l'anno del definitivo
trionfo dello stato totalitario. Quasi tutte le pagine di "Minus" sono dedicate alla Cina
comunista: vi vengono ripubblicati documenti dell'opposizione clandestina rivoluzionaria,
vi appaiono interviste e tavole-rotonde con profughi (stralci da una discussione tra ex-guardie rosse pubblicati su "Minus" sono stati da noi tradotti e compaiono nelle pagine
seguenti), notizie, informazioni, appelli alla mobilitazione pro-vittime politiche.
Il gruppo non si limita alla difesa delle vittime politiche di cui viene a conoscenza, ma
allarga subito il discorso al terreno dell'analisi della società cinese, dei comportamenti e
delle dichiarazioni dei leaders comunisti, ecc. Nel complesso "Minus" - molte copie del
quale sono inviate a cinesi emigrati in varie parti del mondo - assolve ad un ruolo molto
importante di informazione e di collegamento.
Intorno a "Minus" ed a "The '70's" (secondo quanto affermato dai compagni cinesi anche
questa pubblicazione pubblica materiale di grande interesse, ma in cinese, per cui...) si è
venuta sviluppando una campagna di solidarietà che ha visto manifestazioni pro-sinistra
rivoluzionaria cinese ed anti-maoiste con la partecipazione di quasi duemila persone. Il
che, per Hong Kong, pare una cifra considerevole. Anche queste ultime manifestazioni
sono state organizzate congiuntamente con i trotzkysti, anche se ognuno con i suoi
oratori, le sue bandiere, ecc.
Sull'opportunità o meno di organizzare altre iniziative di qualsiasi tipo insieme con i
trotzkysti - afferma Mok - si è acceso da tempo un vivace dibattito all'interno del nostro
gruppo. Alcuni restano favorevoli a questa pratica, tanto più che sempre abbiamo fatto
in modo da far apparire che si tratta di collaborazione contingente, non di alleanza o
peggio ancora. Ma tanti altri compagni, me compreso, sono arrivati alla conclusione che
se è vero, com'è vero, che fin d'oggi sappiamo che i trotzkysti sono degli autoritari, che
una volta al potere si comporteranno esattamente come tutti gli altri, allora non si
capisce proprio perché dobbiamo essere proprio noi anarchici a dare loro un avallo o
perlomeno della credibilità "libertaria". Non credo che ci saranno in futuro altre
manifestazioni comunemente indette da anarchici e trotzkysti. D'ora in poi, ognuno per
la sua strada.
A marcare la caratterizzazione anarchica del gruppo contribuiscono le edizioni - in cinese
e/o in inglese, a seconda dei testi - di una serie di "classici" dell'anarchismo (Bakunin,
Kropotkin, ecc.") curati dai compagni stessi. Si è tentata una seppur piccola penetrazione
della pubblicistica e dell'editoria anarchica in cinese oltre il confine? Con che risultati?
Wong mi risponde che nulla di preciso si sa in proposito, ma che comunque è molto
probabile che almeno qualcosa sia penetrato in Cina.
Oltre alla "questione Cina" e all'edizione di libri e periodici, il gruppo si interessa della
produzione di filmati: finora ne sono stati fatti due, molto brevi, quasi sperimentali. In
cantiere c'è però già un cartone animato della durata prevista di 30/40 minuti dedicato al
tema "Anarchia". Vogliamo riuscire a concentrare - spiega Mok - in quella durata di
tempo tutte le informazioni essenziali per comprendere che cosa vogliamo noi; e per
farci capire meglio abbiamo scelto la via del cartone animato. Del filmato, se e quando
sarà realizzato, i compagni cinesi ci faranno pervenire una copia. L'unica difficoltà
riguarderà la traduzione: il sonoro, infatti, è in cinese.
Una parte dei compagni e delle compagne del gruppo ha dato vita da qualche mese ad un
collettivo femminista, che si riunisce regolarmente, sempre con una buona partecipazione.
La mia domanda se al collettivo partecipino anche "i maschi" lascia i compagni cinesi
decisamente sorpresi: del "separatismo femminista" - pare - ad Hong Kong non se n'è
ancora sentito parlare.
Come fa il gruppo (composto da una ventina di compagni e da qualche decina di
simpatizzanti che si impegnano saltuariamente) a seguire attentamente tutte queste
attività? Tanto più se si considera che costante resta l'attenzione per le lotte sociali (degli
operai, dei disoccupati, ecc.), con relativa partecipazione a scioperi, manifestazioni, ecc.?
Mok risponde chiarendo innanzitutto le modalità organizzative del gruppo. Più che di un
gruppo nel senso stretto della parola, si tratta di un insieme di nuclei project oriented,
cioè orientati alla realizzazione di singoli progetti. Alcune iniziative raccolgono la
partecipazione di più o meno tutti i compagni, ma la maggior parte dei progetti
("Minus", i film, il collettivo femminista, "The '70's", ecc.) raccolgono alcuni compagni
specifici che si dedicano essenzialmente a quell'attività.
E nelle vostre riunioni generali, di che cosa parlate in genere, oltre alle consuete "questioni
pratiche"? Per farti un esempio concreto - risponde sempre Mok - sappi che nelle ultime
riunioni abbiamo ampiamente ed accesamente dibattuto due questioni: quella della
collaborazione con i trotzkysti - di cui ti ho parlato prima - e quella dell'atteggiamento
che gli anarchici dovrebbero assumere di fronte ai movimenti di liberazione nazionale.
Sono due temi importanti, la discussione sui quali deve ancora concludersi.
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