Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 6 nr. 51
ottobre 1976


Rivista Anarchica Online

Viva la stangata!
di L. L.

Sindacati

"La manifestazione in Piazza Duomo ha dimostrato ancora una volta, attraverso la presenza di massa dei lavoratori, l'unità e la compostezza del movimento sindacale milanese che ha rintuzzato, anche in questa occasione, sporadici e isolati tentativi di disturbo". Così, secondo l'ufficio stampa della CGIL, si è concluso lo sciopero generale nella provincia di Milano il 20 ottobre; nella realtà le cose sono andate diversamente e Agostino Marianetti, segretario nazionale della CGIL-CISL-UIL, ha raccolto una consistente messe di fischi e insulti da parte di larghe fasce di lavoratori, nonostante le intimidazioni e le violente reazioni dei bonzi del servizio d'ordine sindacale. Il malcontento cresce e si sviluppa con modalità sempre meno controllabili dall'establishment sindacale. L'azione di recupero lanciata dai sindacati è fortemente condizionata dalle divisioni interne tra socialisti della CGIL e della UIL e comunisti in disaccordo tra loro e in aspra polemica con la CISL che sembra risentire in modo sensibile delle pressioni della DC perché adotti un atteggiamento di non opposizione al governo Andreotti. Una situazione non certo facile che ha tolto molto vigore ai tentativi della dirigenza sindacale di riprendere saldamente in mano le redini delle lotte in corso. Non solo nelle grandi fabbriche, ma anche in quelle di più modeste dimensioni, la risposta operaia alla stangata di Andreotti ha assunto caratteristiche non solo di condanna verso i sindacati ma, in certi casi, di volontà di superare la logica riformista ormai dilagante. I provvedimenti del governo, con il loro contenuto così dichiaratamente antipopolare, hanno esasperato i lavoratori che vedono i loro già magri salari (erosi da un'inflazione veramente selvaggia) falcidiati dagli aumenti di prezzi decisi dal governo, dal blocco della scala mobile e dal continuo aumento del costo della vita.

Certo la situazione economica è grave, l'inflazione rischia di portarci a livelli da terzo mondo, le riserve valutarie sono pressocché esaurite, la bilancia dei pagamenti con l'estero è in cronico disavanzo: stiamo pagando il costo di una gestione economica impostata sullo spreco, il clientelismo, l'inefficienza e l'incapacità. Oggi, di fronte alle serie difficoltà, la classe dominante sa rispondere con le misure di sempre, cioè togliendo a coloro che già hanno poco, senza la benché minima volontà di riequilibrare una situazione già fortemente sperequata. PCI e sindacati sono ormai così compenetrati nella logica di governo che non riescono nemmeno a proporre soluzioni alternative che potrebbero riscattarli agli occhi della loro base. Le controproposte sindacali non affrontano il problema alla radice e pertanto le soluzioni indicate sono solo dei "ritocchi di sinistra" al programma andreottiano; tutto questo stato di cose accresce enormemente la rabbia degli sfruttati, ma i segni di una nascente autonomia, oltremodo apprezzabili, non devono annebbiare la nostra capacità critica. Gli esempi di lotte autonome denotano una volontà di lotta senza dubbio positiva, ma il nostro intervento deve servire anche a mettere in luce i pericoli di una parcellizzazione delle lotte che darebbe un avallo alle interessate accuse di corporativismo da parte dei sindacati.

La linea da seguire è difficile e non priva di pericoli. L'azione congiunta del governo, dei padroni e dei sindacati, di criminalizzare e screditare le lotte non rientranti nella logica della cogestione e della conflittualità programmata, è un fattore importante e il non tenerlo in considerazione può portare a pericolose sconfitte. Senza una chiara visione d'insieme, le lotte attuali possono venire distorte sia nei contenuti sia di fronte all'opinione pubblica. In questo momento è indispensabile una chiara opera di controinformazione che spiegando i reali termini delle azioni oggi condotte deve fornire agli altri sfruttati la possibilità di comprendere nella sua interezza la portata degli avvenimenti.

La repressione-provocazione è già cominciata, denunce, perquisizioni, calunnie contro i militanti più attivi si susseguono in un crescendo che mostra chiaramente le manovre del potere per colpire chi si sottrae alla sua logica.

Non ci stancheremo mai di ripetere che il metodo di lotta è l'elemento qualificante, gli obiettivi possono svolgere una funzione coagulante, di coinvolgimento, ma noi dobbiamo soprattutto puntare sulle modalità. Queste sono più difficilmente recuperabili e lasciano un segno nella coscienza degli sfruttati perché abituano alla decisionalità, alla riappropriazione dell'intero sviluppo delle vertenze, eliminando gli specialisti e i dirigenti.

I sindacati continuano a temporeggiare, le divisioni interne favoriscono un allentamento del controllo sulla base operaia, gli stessi quadri intermedi sono incapaci di riscuotere l'adesione degli operai, perché hanno ben poco di concreto da offrire. Il PCI nell'ultimo comitato centrale ha riconfermato il proposito di non rompere con i responsabili della crisi e ha rilanciato il governo d'emergenza per avviare un programma di riforme che punti su quattro obiettivi sociali: trasporti, sanità, scuola, abitazioni, operando su due livelli, nel parlamento e nel paese, per promuovere un movimento capace di superare la sua crisi politica e la crisi economica generale.

Ma il progettato coinvolgimento delle masse lavoratrici sta subendo molti insuccessi e la partita è ancora tutta da giocare.