Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 43
novembre 1975 - dicembre 1975


Rivista Anarchica Online

Chi ha paura della Spagna libertaria
di E. Fanelli

Monarchici e comunisti alleati contro la rivoluzione.
I moderati del regime ed i moderati dell'opposizione obiettivamente uniti per impedire al dopo-Franco sbocchi sociali rivoluzionari. Il "fantasma" dell'anarchismo si sta nuovamente trasformando in solida presenza libertaria tra le masse sfruttate.

Tutti i commentatori politici internazionali si affannano a convincere i loro lettori che la morte di Francisco Franco, fu dittatore di Spagna per grazia di Dio e volontà di Hitler e Mussolini, ha segnato la fine d'un periodo della storia iberica e ne inizia un altro. Fatte le debite riserve, possiamo anche concordare. Anche noi, che pure come tanti compagni, nell'esilio e nell'Interior, avremmo preferito per il feroce caudillo una fine più degna del personaggio (qualcosa di simile all'ascensione di Carrero Blanco, per intenderci), anche noi abbiamo appreso con soddisfazione la notizia che l'anima di Franco era andata a raggiungere il suo Dio sanguinario, non solo perché la Terra s'era liberata d'un tiranno (ne rimangono tanti e... tanti aspiranti) ma soprattutto perché effettivamente l'eliminazione (seppur per cause naturali) d'una pedina fondamentale del gioco politico spagnolo può determinare sostanziali mutamenti nel già precario equilibrio del regime ed innescare mutamenti sostanziali. Non perché l'intera struttura del potere in Spagna si fosse retta per trentasei anni sulla figura di Franco - no di certo - ma perché tale struttura già scricchiolante e fratturata negli ultimi anni da gravi contraddizioni interne era tenuta insieme anche dalla personalità carismatica e simbolica del vecchio dittatore e dall'uso unificante che ne faceva il settore più tradizionalista del regime.
Non è una novità per nessuno - ed è stato scritto ripetutamente anche sulle pagine di questa rivista - che i profondi mutamenti socio-economici vissuti dalla Spagna negli ultimi dieci-quindici anni avevano trovato nel rigido regime franchista una camicia di forza man mano più dannosa che utile alla nuova emergente classe dominante di imprenditori e di tecnocrati dinamici, ai suoi interessi, alla "pace sociale". Non è una novità che a partire dalla fine degli anni '60 i gruppi di potere economico e politico, espressione della nuova realtà socio-economica, hanno tentato di fare evolvere le strutture politiche spagnole verso forme di quasi-democrazia e di allacciare un dialogo semiufficiale con i settori più moderati dell'opposizione antifranchista, scontrandosi con i settori più oltranzisti e tradizionalisti del regime- arroccati intorno a Franco -. La Spagna ha così visto negli ultimi anni un alternarsi pendolare di accenni "liberalizzatori" e di ferocia repressiva, espressione degli antagonismi interni al regime ma anche delle obiettive difficoltà di procedere ad una lenta e controllata liberalizzazione del franchismo in presenza di contraddizioni sociali e politiche esplosive, potenzialmente rivoluzionarie.
Nei mesi precedenti l'agonia e la morte di Franco i "falchi" del regime hanno ripreso il sopravvento, probabilmente per l'ultima volta, ed hanno colorato di sangue rivoluzionario questo effimero successo. Ora, viceversa, è indubbio che Juan Carlos appoggerà i settori moderati del regime ed i loro progetti evolutivi. A parte i cripto-messaggi che, secondo i commentatori politici, sarebbero racchiusi in certe frasi o in certe omissioni del neo-re, c'è di certo la promulgazione di un indulto che dovrebbe far uscire dalle galere centinaia di prigionieri politici.
Il dopo-Franco è cioè destinato a divenire post-franchismo. In poche settimane o in molti mesi. Il modo graduale e "pilotato" o in modo tumultuoso e rivoluzionario. Per opera di caute operazioni di potere o per l'entrata in gioco delle masse popolari. Con una decisiva vittoria dell'opposizione moderata e dei suoi compromessi o con una marcata presenza dell'opposizione rivoluzionaria e della sua volontà di trasformare la lotta politica in lotta sociale.
In tutto questo potrà avere un ruolo determinante il movimento libertario, elemento fondamentale dell'opposizione rivoluzionaria. I prossimi mesi daranno forse la misura della presenza reale nelle masse spagnole degli anarchici e degli anarco-sindacalisti e quindi anche la misura delle potenzialità rivoluzionarie del conflitto sociale in Spagna in un futuro più o meno prossimo. In un'intervista concessa al periodico francese "Le Nouvel Observateur" del 27 ottobre scorso, lo scrittore francese André Malraux (già pilota volontario delle Brigate internazionali nella guerra civile) ha dichiarato, in risposta alla domanda - che cosa può succedere domani in Spagna? - "Non si può rispondere categoricamente. I francesi ignorano che la sola realtà di massa organizzata in Spagna è quella degli anarchici"... "In Spagna c'è una realtà operaia non comunista, bensì anarchica, che può chiamarsi F.A.I. (Federacion Anarquista Iberica) o in altro modo. Quello che è certo è che è organizzata sotterraneamente".
Forse Malraux sopravvaluta l'importanza della presenza anarchica attuale tra gli sfruttati spagnoli, ma certo non sbaglia di più in questo senso di quanto sbagliano in senso opposto i commentatori, i giornalisti, i politicanti che ignorano o minimizzano la Spagna libertaria, riducendola a residuo trascurabile di un passato irripetibile. L'anarchismo ha radici ben solide nella storia del proletariato spagnolo e sta di nuovo per dimostrare la sua validità. Dopo il "vuoto" degli anni '60, cui il movimento era giunto dissanguato da un ventennio di generosissime lotte di prima fila, dopo il tumultuoso periodo di risveglio libertario iniziato alla fine degli anni '60 (quando nacquero e si moltiplicarono gruppi di giovani universitari ma ancor più di giovani lavoratori che scoprirono l'anarchismo e l'anarco-sindacalismo nei libri o nelle lotte, in Spagna o nell'emigrazione, con un giornale stampato nell'esilio od un volantino ciclostilato alla macchia...), dopo i primi faticosi sforzi di questa nuova generazione libertaria per crescere in consapevolezza e volontà rivoluzionaria e per stabilire collegamenti tra di loro e con i nuclei organizzativi, nella clandestinità e nell'esilio, della "vecchia" militanza anarchica, è ora di nuovo il momento della crescita di massa.
Oggi, infatti, ci giungono notizie entusiasmanti dalla Spagna che indicano come, pur tra mille difficoltà e sotto i colpi della repressione, si stia ricreando una vera rete organizzativa anarchica in tutta la Spagna. Oggi di nuovo la C.N.T., la Confederacion Nacional del Trabajo, il sindacato libertario clandestino, si sta ricostituendo nelle fabbriche e nei cantieri (all'interno della C.N.T. stanno confluendo anche alcune comisiones obreras disilluse dalla politica compromissoria ed interclassista della coordinadora nacional controllata dal P.C.E.), per raccogliere in un progetto rivoluzionario le lotte proletarie, per non dar tregua al regime e dal suo piano di graduale evoluzione, affinché le libertà riconquistate non significhino solo libertà per i politici di riorganizzare il potere, ma anche e soprattutto libertà per gli sfruttati di organizzare le loro lotte, il loro rifiuto dello sfruttamento, la loro rivoluzione. La rivoluzione sociale libertaria.
Il compito delle forze rivoluzionarie spagnole ed in primo luogo del movimento libertario è immane, perché esso si scontra non solo con il regime ma anche con il fronte dell'opposizione moderata, ricco di mezzi e di appoggi internazionali e il cui programma trova più di un riscontro nell'establishment spagnolo. Dietro alle due alleanze in cui s'articola l'opposizione riformista (la pubblicizzatissima Junta Democratica che comprende il PCE, i monarchici carlisti, i "socialpopolari" di Galvan, i liberali di destra e qualche maoista; e la Plataforma de Convergencia democratica in cui confluiscono i socialisti storici della PSOE, tre o quattro varietà di democristiani, un paio di partiti socialdemocratici ed un paio di partitini marxisti-leninisti) e dietro ai riformisti del regime ci sono praticamente tutte le potenze economiche e politiche mondiali, c'è l'obiettiva convergenza di interessi del tardo-capitalismo occidentale e dello pseudo-socialismo di stato orientale. Ciò che unisce i due grandi "imperi" è il timore che bruschi mutamenti nello status quo aprano in Spagna spazi rivoluzionari e libertari.
Unite di fatto in un accordo contro-rivoluzionario, le grandi potenze sono tuttavia divise sul modo di organizzare il post-franchismo. Non sono la Spagna ha grande importanza strategica (basi americane), ed economica (investimenti americani, tedeschi, francesi, italiani) per il campo tardo-capitalista, ma ha anche un'importanza politica fondamentale nell'equilibrio internazionale. Le vicende spagnole possono infatti influenzare in modo decisivo le vicende portoghesi e, seppure meno direttamente, anche le vicende italiane, francesi e, forse, latino-americane.
Se, tuttavia, è enorme la sproporzione tra le forze in campo ed il compito del movimento libertario spagnolo, altissima è anche la posta in gioco. Non solo per il futuro della Spagna. Bisogna dunque che gli anarchici di ogni paese si mobilitino in un grande sforzo a sostegno dei compagni spagnoli. Non solo per solidarietà morale. Nella penisola iberica, infatti, tra i tanti giochi di potere nazionali ed internazionali, è complessivamente in gioco, forse, anche la possibilità di un'alternativa rivoluzionaria e libertaria in Europa.

E. Fanelli

Numerosi lettori ci hanno scritto chiedendoci indicazioni bibliografiche sulla storia dell'anarchismo iberico ed in particolare sulla rivoluzione del '36. Purtroppo non possiamo fornirne molte. Infatti, mentre in altre lingue esistono testi numerosi di parte anarchica o di storici obiettivi, quello che c'è in italiano è quasi tutto di parte reazionaria o comunista, cioè, in ogni caso, pregiudizialmente anti-anarchico. Possiamo suggerire:

- V. Richards, Insegnamenti della rivoluzione spagnola, ed. R.L., Genova 1957; 2a edizione, Pistoia 1974 (in appendice alla seconda edizione c'è un buon aggiornamento bibliografico ragionato);

- A. Tellez, La guerriglia urbana in Spagna: Sabaté, ed. La Fiaccola, Ragusa 1972;

- H. E. Kaminski, Quelli di Barcellona, Il Saggiatore, Milano 1966;

- G. Orwell, Omaggio alla Catalogna, Il Saggiatore, Milano 1964;

- M. Signorino, Il massacro di Barcellona, Fratelli Fabbri, Milano 1973;

- J. Peirats, Breve storia del sindacalismo libertario spagnolo, ed. R. L., Genova 1962 (purtroppo esaurito come il successivo);

- G. Leval, Né Franco, né Stalin, I. E. I., Milano 1952;

Inoltre:

- D. Guerin, L'anarchismo dalla dottrina all'azione, Samonà e Savelli, Roma 1969, capitolo sulla Spagna;

- N. Choamsky, I nuovi mandarini, Einaudi, Torino 1960, pagg.86-163;

Infine ci risultano in preparazione la prima edizione italiana dell'opera fondamentale di J. Peirats, La C.N.T. en la Revolucion espanola, per le Edizioni Antistato, Rivoluzione e contro-rivoluzione in Catalogna di C. Semprun Maura, sempre per le Edizioni Antistato, e La guerriglia urbana in Spagna: Facerias di A. Tellez, per le edizioni La Fiaccola.

Poiché i libri delle edizioni anarchiche non sono sempre facilmente reperibili in libreria, diamo qui l'indirizzo delle edizioni citate:

Edizioni Antistato, Cas. Post. 3246, Milano

R. L., Cas. Post. 868 Genova

La Fiaccola, via S. Francesco 238, Ragusa.


Nella pagina precedente, in fondo a destra, e qui sotto, Bayonne 1° novembre 1975. Due momenti della manifestazione contro il fascismo spagnolo. La manifestazione, nata per iniziativa di numerosi comitati autonomi di quartiere di Parigi, è stata propagandata a livello nazionale e internazionale dal Comité Espagne Libre. Il numero dei partecipanti, stando alle adesioni pervenute, doveva essere superiore a ventimila. Due giorni prima della manifestazione il ministro degli Interni ha proibito la manifestazione. E il giorno fissato la polizia è intervenuta presso le compagnie di trasporto impedendo la partenza dei pullmans dei manifestanti. Solo a Parigi sono stati bloccati 90 pullmans. Inoltre numerosi posti di blocco situati lungo le strade per Hendaye hanno fermato numerosi convogli di manifestanti costringendoli a rientrare nelle rispettive località. I paesi baschi francesi lungo la frontiera erano letteralmente occupati dalle forze di polizia. La concentrazione ha quindi dovuto avvenire a Tarnos, un paese a sei chilometri da Bayonne. Nonostante tutte queste difficoltà si sono ritrovati circa 15.000 persone, in maggioranza anarchici e libertari (erano presenti anche compagni italiani, soprattutto da Torino e da Genova). La manifestazione si è conclusa a Bayonne dove i manifestanti si sono dovuti arrestare davanti ad un "muro" di poliziotti in assetto di guerra. Da segnalare, all'entrata in Bayonne, un increscioso incidente: numerosi militanti della sinistra maoista e trotskista hanno formato un servizio d'ordine per impedire l'entrata del corteo nella città, invitando i manifestanti a disperdersi. La "provocazione" non è però riuscita e il corteo è sfilato per le vie di Bayonne. La manifestazione quindi, nonostante tutte le difficoltà, può considerarsi ottimamente riuscita per la propaganda che è riuscita a sviluppare.