Rivista Anarchica Online
Chi ha paura della Spagna libertaria
di E. Fanelli
Monarchici e comunisti alleati contro la rivoluzione. I moderati del regime ed i moderati
dell'opposizione obiettivamente uniti per impedire al dopo-Franco sbocchi
sociali rivoluzionari. Il "fantasma" dell'anarchismo si sta nuovamente trasformando in solida presenza
libertaria
tra le masse sfruttate.
Tutti i commentatori politici internazionali si affannano a convincere i loro
lettori che la morte di Francisco
Franco, fu dittatore di Spagna per grazia di Dio e volontà di Hitler e Mussolini, ha segnato la fine
d'un periodo
della storia iberica e ne inizia un altro. Fatte le debite riserve, possiamo anche concordare. Anche noi,
che pure
come tanti compagni, nell'esilio e nell'Interior, avremmo preferito per il feroce caudillo una
fine più degna del
personaggio (qualcosa di simile all'ascensione di Carrero Blanco, per intenderci), anche
noi abbiamo appreso con
soddisfazione la notizia che l'anima di Franco era andata a raggiungere il suo Dio sanguinario, non solo
perché
la Terra s'era liberata d'un tiranno (ne rimangono tanti e... tanti aspiranti) ma soprattutto perché
effettivamente
l'eliminazione (seppur per cause naturali) d'una pedina fondamentale del gioco politico spagnolo
può determinare
sostanziali mutamenti nel già precario equilibrio del regime ed innescare mutamenti sostanziali.
Non perché
l'intera struttura del potere in Spagna si fosse retta per trentasei anni sulla figura di Franco - no di certo
- ma
perché tale struttura già scricchiolante e fratturata negli ultimi anni da gravi contraddizioni
interne era tenuta
insieme anche dalla personalità carismatica e simbolica del vecchio dittatore e
dall'uso unificante che ne faceva
il settore più tradizionalista del regime. Non è una novità per nessuno - ed
è stato scritto ripetutamente anche sulle pagine di questa rivista - che i profondi
mutamenti socio-economici vissuti dalla Spagna negli ultimi dieci-quindici anni avevano trovato nel rigido
regime
franchista una camicia di forza man mano più dannosa che utile alla nuova emergente classe
dominante di
imprenditori e di tecnocrati dinamici, ai suoi interessi, alla "pace sociale". Non è una
novità che a partire dalla
fine degli anni '60 i gruppi di potere economico e politico, espressione della nuova realtà
socio-economica, hanno
tentato di fare evolvere le strutture politiche spagnole verso forme di quasi-democrazia e di allacciare un
dialogo
semiufficiale con i settori più moderati dell'opposizione antifranchista, scontrandosi con i settori
più oltranzisti
e tradizionalisti del regime- arroccati intorno a Franco -. La Spagna ha così visto negli ultimi anni
un alternarsi
pendolare di accenni "liberalizzatori" e di ferocia repressiva, espressione degli antagonismi interni al
regime ma
anche delle obiettive difficoltà di procedere ad una lenta e controllata liberalizzazione del
franchismo in presenza
di contraddizioni sociali e politiche esplosive, potenzialmente rivoluzionarie. Nei mesi precedenti
l'agonia e la morte di Franco i "falchi" del regime hanno ripreso il sopravvento, probabilmente
per l'ultima volta, ed hanno colorato di sangue rivoluzionario questo effimero successo. Ora, viceversa,
è indubbio
che Juan Carlos appoggerà i settori moderati del regime ed i loro progetti evolutivi. A parte i
cripto-messaggi che,
secondo i commentatori politici, sarebbero racchiusi in certe frasi o in certe omissioni del neo-re,
c'è di certo la
promulgazione di un indulto che dovrebbe far uscire dalle galere centinaia di prigionieri politici. Il
dopo-Franco è cioè destinato a divenire post-franchismo. In poche settimane o in molti
mesi. Il modo graduale
e "pilotato" o in modo tumultuoso e rivoluzionario. Per opera di caute operazioni di potere o per l'entrata
in gioco
delle masse popolari. Con una decisiva vittoria dell'opposizione moderata e dei suoi compromessi o con
una
marcata presenza dell'opposizione rivoluzionaria e della sua volontà di trasformare la lotta politica
in lotta
sociale. In tutto questo potrà avere un ruolo determinante il movimento libertario, elemento
fondamentale
dell'opposizione rivoluzionaria. I prossimi mesi daranno forse la misura della presenza reale nelle masse
spagnole
degli anarchici e degli anarco-sindacalisti e quindi anche la misura delle potenzialità rivoluzionarie
del conflitto
sociale in Spagna in un futuro più o meno prossimo. In un'intervista concessa al periodico
francese "Le Nouvel
Observateur" del 27 ottobre scorso, lo scrittore francese André Malraux (già pilota
volontario delle Brigate
internazionali nella guerra civile) ha dichiarato, in risposta alla domanda - che cosa può succedere
domani in
Spagna? - "Non si può rispondere categoricamente. I francesi ignorano che la sola
realtà di massa organizzata
in Spagna è quella degli anarchici"... "In Spagna c'è una realtà operaia
non comunista, bensì anarchica, che può
chiamarsi F.A.I. (Federacion Anarquista Iberica) o in altro modo. Quello che è
certo è che è organizzata
sotterraneamente". Forse Malraux sopravvaluta l'importanza della presenza anarchica attuale tra gli
sfruttati spagnoli, ma certo non
sbaglia di più in questo senso di quanto sbagliano in senso opposto i commentatori, i giornalisti,
i politicanti che
ignorano o minimizzano la Spagna libertaria, riducendola a residuo trascurabile di un
passato irripetibile.
L'anarchismo ha radici ben solide nella storia del proletariato spagnolo e sta di nuovo per dimostrare la
sua
validità. Dopo il "vuoto" degli anni '60, cui il movimento era giunto dissanguato da un ventennio
di generosissime
lotte di prima fila, dopo il tumultuoso periodo di risveglio libertario iniziato alla fine degli anni '60
(quando
nacquero e si moltiplicarono gruppi di giovani universitari ma ancor più di giovani lavoratori che
scoprirono
l'anarchismo e l'anarco-sindacalismo nei libri o nelle lotte, in Spagna o nell'emigrazione, con un giornale
stampato
nell'esilio od un volantino ciclostilato alla macchia...), dopo i primi faticosi sforzi di questa nuova
generazione
libertaria per crescere in consapevolezza e volontà rivoluzionaria e per stabilire collegamenti tra
di loro e con i
nuclei organizzativi, nella clandestinità e nell'esilio, della "vecchia" militanza anarchica, è
ora di nuovo il
momento della crescita di massa. Oggi, infatti, ci giungono notizie entusiasmanti dalla Spagna che
indicano come, pur tra mille difficoltà e sotto
i colpi della repressione, si stia ricreando una vera rete organizzativa anarchica in tutta la Spagna. Oggi
di nuovo
la C.N.T., la Confederacion Nacional del Trabajo, il sindacato libertario clandestino, si sta
ricostituendo nelle
fabbriche e nei cantieri (all'interno della C.N.T. stanno confluendo anche alcune comisiones
obreras disilluse
dalla politica compromissoria ed interclassista della coordinadora nacional controllata dal
P.C.E.), per
raccogliere in un progetto rivoluzionario le lotte proletarie, per non dar tregua al regime e dal suo piano
di
graduale evoluzione, affinché le libertà riconquistate non significhino solo libertà
per i politici di riorganizzare
il potere, ma anche e soprattutto libertà per gli sfruttati di organizzare le loro lotte, il loro rifiuto
dello
sfruttamento, la loro rivoluzione. La rivoluzione sociale libertaria. Il compito delle forze
rivoluzionarie spagnole ed in primo luogo del movimento libertario è immane, perché
esso
si scontra non solo con il regime ma anche con il fronte dell'opposizione moderata, ricco di mezzi e di
appoggi
internazionali e il cui programma trova più di un riscontro nell'establishment
spagnolo. Dietro alle due alleanze
in cui s'articola l'opposizione riformista (la pubblicizzatissima Junta Democratica che
comprende il PCE, i
monarchici carlisti, i "socialpopolari" di Galvan, i liberali di destra e qualche maoista; e la
Plataforma de
Convergencia democratica in cui confluiscono i socialisti storici della PSOE, tre o quattro
varietà di
democristiani, un paio di partiti socialdemocratici ed un paio di partitini marxisti-leninisti) e dietro ai
riformisti
del regime ci sono praticamente tutte le potenze economiche e politiche mondiali, c'è l'obiettiva
convergenza di
interessi del tardo-capitalismo occidentale e dello pseudo-socialismo di stato orientale. Ciò che
unisce i due
grandi "imperi" è il timore che bruschi mutamenti nello status quo aprano in
Spagna spazi rivoluzionari e libertari. Unite di fatto in un accordo contro-rivoluzionario, le grandi
potenze sono tuttavia divise sul modo di organizzare
il post-franchismo. Non sono la Spagna ha grande importanza strategica (basi americane), ed economica
(investimenti americani, tedeschi, francesi, italiani) per il campo tardo-capitalista, ma ha anche
un'importanza
politica fondamentale nell'equilibrio internazionale. Le vicende spagnole possono infatti influenzare in
modo
decisivo le vicende portoghesi e, seppure meno direttamente, anche le vicende italiane, francesi e, forse,
latino-americane. Se, tuttavia, è enorme la sproporzione tra le forze in campo ed il compito
del movimento libertario spagnolo,
altissima è anche la posta in gioco. Non solo per il futuro della Spagna. Bisogna dunque che gli
anarchici di ogni
paese si mobilitino in un grande sforzo a sostegno dei compagni spagnoli. Non solo per
solidarietà morale. Nella
penisola iberica, infatti, tra i tanti giochi di potere nazionali ed internazionali, è complessivamente
in gioco, forse,
anche la possibilità di un'alternativa rivoluzionaria e libertaria in Europa.
E. Fanelli
Numerosi lettori ci hanno scritto chiedendoci indicazioni
bibliografiche sulla storia dell'anarchismo
iberico ed in particolare sulla rivoluzione del '36. Purtroppo non possiamo fornirne molte. Infatti, mentre
in altre lingue esistono testi numerosi di parte anarchica o di storici obiettivi, quello che c'è in
italiano
è quasi tutto di parte reazionaria o comunista, cioè, in ogni caso, pregiudizialmente
anti-anarchico.
Possiamo suggerire:
- V. Richards, Insegnamenti della rivoluzione spagnola, ed. R.L., Genova 1957;
2a edizione, Pistoia 1974
(in appendice alla seconda edizione c'è un buon aggiornamento bibliografico
ragionato);
- A. Tellez, La guerriglia urbana in Spagna: Sabaté, ed. La Fiaccola,
Ragusa 1972;
- H. E. Kaminski, Quelli di Barcellona, Il Saggiatore, Milano 1966;
- G. Orwell, Omaggio alla Catalogna, Il Saggiatore, Milano 1964;
- M. Signorino, Il massacro di Barcellona, Fratelli Fabbri, Milano
1973;
- J. Peirats, Breve storia del sindacalismo libertario spagnolo, ed. R. L., Genova
1962 (purtroppo esaurito
come il successivo);
- G. Leval, Né Franco, né Stalin, I. E. I., Milano
1952;
Inoltre:
- D. Guerin, L'anarchismo dalla dottrina all'azione, Samonà e Savelli,
Roma 1969, capitolo sulla Spagna;
- N. Choamsky, I nuovi mandarini, Einaudi, Torino 1960,
pagg.86-163;
Infine ci risultano in preparazione la prima edizione italiana dell'opera fondamentale di J.
Peirats, La
C.N.T. en la Revolucion espanola, per le Edizioni Antistato, Rivoluzione e
contro-rivoluzione in Catalogna
di C. Semprun Maura, sempre per le Edizioni Antistato, e La guerriglia urbana in
Spagna: Facerias di A.
Tellez, per le edizioni La Fiaccola.
Poiché i libri delle edizioni anarchiche non sono sempre facilmente reperibili in
libreria, diamo qui
l'indirizzo delle edizioni citate:
Edizioni Antistato, Cas. Post. 3246, Milano
R. L., Cas. Post. 868 Genova
La Fiaccola, via S. Francesco 238, Ragusa. |
Nella pagina precedente, in fondo a destra, e qui sotto, Bayonne 1°
novembre 1975. Due momenti della
manifestazione contro il fascismo spagnolo. La manifestazione, nata per iniziativa di numerosi comitati
autonomi di quartiere di Parigi, è stata propagandata a livello nazionale e internazionale dal
Comité Espagne
Libre. Il numero dei partecipanti, stando alle adesioni pervenute, doveva essere superiore a ventimila.
Due
giorni prima della manifestazione il ministro degli Interni ha proibito la manifestazione. E il giorno fissato
la
polizia è intervenuta presso le compagnie di trasporto impedendo la partenza dei pullmans dei
manifestanti.
Solo a Parigi sono stati bloccati 90 pullmans. Inoltre numerosi posti di blocco situati lungo le strade per
Hendaye hanno fermato numerosi convogli di manifestanti costringendoli a rientrare nelle rispettive
località.
I paesi baschi francesi lungo la frontiera erano letteralmente occupati dalle forze di polizia. La
concentrazione
ha quindi dovuto avvenire a Tarnos, un paese a sei chilometri da Bayonne. Nonostante tutte queste
difficoltà
si sono ritrovati circa 15.000 persone, in maggioranza anarchici e libertari (erano presenti anche
compagni
italiani, soprattutto da Torino e da Genova). La manifestazione si è conclusa a Bayonne dove
i manifestanti
si sono dovuti arrestare davanti ad un "muro" di poliziotti in assetto di guerra. Da segnalare, all'entrata
in
Bayonne, un increscioso incidente: numerosi militanti della sinistra maoista e trotskista hanno formato
un
servizio d'ordine per impedire l'entrata del corteo nella città, invitando i manifestanti a disperdersi.
La
"provocazione" non è però riuscita e il corteo è sfilato per le vie di Bayonne. La
manifestazione quindi,
nonostante tutte le difficoltà, può considerarsi ottimamente riuscita per la propaganda
che è riuscita a
sviluppare. |
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