Rivista Anarchica Online
Il materialismo dialettico è davvero alle
corde?
Cari compagni, ho letto con interesse l'articolo di Mirko
Roberti sul "Materialismo dialettico" e sull'intervista politico-filosofica di Lucio Coletti. Mi pare
necessario proseguire ed approfondire l'analisi teoretica sul materialismo
e sulla metodologia della conoscenza in quanto è uno dei campi che più spesso si
presentano alla confusione
ed alla canonizzazione in dogma, in ogni aspetto del pensiero socialista, sia quello marxista sia quella
anarchico. Su quanto ha detto il compagno Roberti, vorrei fare alcune annotazioni che
ritengo doverose per una
maggiore comprensione del problema metodologico materialista. Innanzitutto è doveroso
distinguere la
paternità di certe affermazioni teoretiche, in quanto una vera e propria teorizzazione della
dialettica nel
campo sociale economico e naturale fu propria più che di Marx, di Engels. Non ritengo giusto,
per una
questione di coerenza, coinvolgere nelle teorizzazione engelsiane, posteriori alla morte di Marx, lo stesso
Marx che, a riguardo fu molto più cauto ed assai meno determinista del collega Engels. Il nucleo
centrale del
materialismo marxiano è infatti la teorizzazione della lotta tra le classi e dello sviluppo della storia
come
prodotto di tali lotte. Si potrà discutere sull'idealismo di tipo hegeliano che Marx
conservò nell'attribuire alla
storia una meta definita (il trionfo del proletariato), ma non sì può certo negare la
validità di un metodo
analitico quale quello materialista storico, che parte sempre nelle sue analisi dal punto di vista dei rapporti
tra le classi. Ogni altro metodo, a me pare sconfini nell'idealismo e manchi di una solida base. Né
è un tipico
esempio in campo anarchico Kropotkin, materialista naturalista che faceva parte di quella schiera di
scienziati (Büchner , Vogt) che ritenevano che dall'analisi fisica, naturale, della realtà fosse
possibile
ricavare regole, leggi naturali, sulla base delle quali fosse poi possibile avere una visione del divenire
naturale, inteso appunto come rapporto meccanico dei fenomeni. Tutto questo portò ad un
meccanicismo che
Malatesta definì "assai più paralizzante di quello dei marxisti". Il metodo kropotkiniano,
come d'altra parte
anche quello di Rudolf Rocker che vedeva la volontà di potenza come motore della storia, fu
tipico proprio
di una crisi della dialettica rivoluzionaria, arenatasi dopo la Prima Internazionale. Il problema posto da
Bakunin e Marx sulla prospettiva della lotta tra le classi e sul ruolo dello stato era scomparso ed erano
al
contrario apparse consistenti tracce di evoluzionismo sia in campo libertario con Kropotkin sia in campo
marxista con la seconda Internazionale dei Kautsky e dei Bernstein. Per questo complesso di motivi sono
ben
lungi dal condividere la difesa che Roberti fa del metodo analitico kropotkiniano che a me pare un ritorno
allo scientificismo borghese, frutto di una crisi del pensiero rivoluzionario. Ciò che nell'articolo
di Roberti
mi pare forzato è il tentativo di dimostrare la superiorità di un metodo su un altro quando
invece entrambi
hanno mostrato i loro limiti. Si sfonda una porta aperta quando si dice che il marxismo è in crisi;
lo è nella
misura in cui è in crisi il pensiero rivoluzionario, quello libertario compreso. Sarebbe storicismo
il voler
considerare il passato come un qualcosa di omogeneo e valido, la realtà attuale come
dimostrazione della
bontà di un metodo. È abbastanza assurdo proporre un metodo come quello di
Kropotkin che si adatti
all'analisi di una comunità di formiche, e contemporaneamente ad una società di uomini.
L'uomo è pensante
perché crea i mezzi per soddisfare i propri bisogni; è assurdo voler dimostrare che esiste
il mutuo appoggio
tra le formiche come tra gli uomini se non si parte dal presupposto che nella società umana esiste
la lotta di
classe. Questa è la tipica scienza borghese che vede l'uomo cosmologico, nei confronti della
natura, e non
l'uomo materiale, calato nei rapporti di produzione. Esiste una scienza borghese ed è proprio
quella che vuole
dimenticare che esistono le contraddizioni di classe: questa scienza va combattuta non perché ce
ne sia una
proletaria più buona ma perché è la scienza che parte da interessi materiali,
concreti, di classe e vuole
dimostrare che tali interessi non esistono. La teoria del comunismo anarchico deve orientarsi nel senso
di
distruggere questa convinzione, partendo da un presupposto classista perché è partendo
dal punto di vista
delle contraddizioni di classe che si può comprendere totalmente una società capitalista
e tecnoburocratica.
In questa misura la critica al materialismo dialettico è valida perché riprende il filo del
pensiero
rivoluzionario, un pensiero che è multiforme, articolato e complesso e che ha bisogno del
contributo di tutte
le forze proletarie e rivoluzionarie. Per gli anarchici è doveroso riprendere,
secondo me, le mosse della Prima Internazionale, dal grande e
fecondo dibattito teorico che ne scaturì in modo tale da riprendere nelle nostre mani il patrimonio
teorico
del materialismo rivoluzionario che ebbe in Bakunin uno dei più lucidi assertori, come è
doveroso
ricongiungersi in un dibattito più stretto ed incalzante a tutte quelle forze che sono
anti-dogmatiche e
libertarie, non escluse quelle marxiane. Mi auguro che su questo problema, qui da me sommariamente
accennato, la rivista torni più spesso con il contributo di tutti i compagni. Saluti
fraterni.
Daniele M. (Milano)
Risponde Mirko Roberti
I testi fondamentali dove Engels espone per intero la concezione del materialismo
dialettico, cui faceva riferimento Coletti e quindi indirettamente anch'io, sono: la Dialettica della
Natura
incominciato nel 1873 (1) e l'Antidüring pubblicato nel 1878. Entrambi sono
anteriori alla morte di Marx (1883)
rispettivamente di dieci e cinque anni. Inoltre non solo l'Antidüring fu letto da Engels
per intero a Marx prima
della pubblicazione (come sempre, del resto), ma il capitolo riguardante l'economia politica fu scritto da
Marx
stesso. Non capisco dunque con quali ragioni si possa sostenere che Engels teorizzò il
materialismo dialettico
posteriormente alla morte di Marx: questo è falso. Comunque a parte queste piccole ma
necessarie precisazioni
storiche, rimane pur sempre il fatto che se anche Engels avesse effettivamente scritto queste cose
posteriormente
alla morte di Marx la mia opinione non cambierebbe. A mio avviso infatti (ma è l'opinione dei
massimi studiosi
marxisti e del marxismo, a cominciare da Lenin) il materialismo dialettico è implicito nel
materialismo storico,
perché entrambi hanno a fondamento un'identità logica, cioè la logica
dialettica. Entrambi i soci fondatori
del socialismo "scientifico" ne fecero un gran uso: il Capitale, come tutti sanno, è per
intero costruito con la
logica hegeliana, non solo perché lo conferma uno dei massimi conoscitori di esso (2), ma Marx
stesso (3). Non mi sembra di aver fatto la difesa del metodo analitico kropotkiniano,
ma semplicemente di essermi limitato
a mettere in luce le anticipazioni e le critiche di Kropotkin, oggi ritenute come ultime scoperte teoriche
da alcuni
marxisti eterodossi. Quindi nessun tentativo di voler mostrare la superiorità di un metodo su un
altro, ma più
semplicemente constatare che uno è scientifico, l'altro metafisico. Non condivido pertanto la
definizione di
scientificismo borghese data dal compagno Daniele M., definizione che a mio avviso non vuol dire
assolutamente
nulla. Infatti, o con questa definizione si mette in dubbio le "verità" scientifiche considerate
comunemente tali
("verità" sempre parziali e rivedibili che sono state raggiunte tramite questo metodo), oppure
questa definizione
sta a indicare una valutazione ideologica di carattere emotivo che esula, tanto per dire, dal secondo
principio della
termodinamica o dalla teoria della relatività. In altri termini non mi sembra che Daniele M. abbia
confutato
seriamente la tesi malatestiana della neutralità in sé della scienza disponibile ad
ogni uso ideologico (neutralità
che non va confusa con la sua autonomia). Non condivido inoltre l'opinione, implicita nella sua
lettera, che la teoria di Bakunin sia una teoria dialettica. Ci
mancherebbe altro! Bakunin si liberò progressivamente di questo metodo sin dal 1866 (l'anno
in cui, non a caso,
comincia a delinearsi praticamente il suo anarchismo) e l'equilibrio teorico raggiunto dal suo pensiero fra
storicismo e naturalismo o, meglio, fra l'importanza data alle scienze sociali e a quelle naturali lo
testimonia
ampiamente. (questo equilibrio, come è noto, fu rotto poi dalle due quasi opposte tendenze
teoriche impersonate,
da una parte, dall'esasperato naturalismo di Kropotkin e, dall'altra, dal soggettivismo della prassi di
Malatesta). Su un unico punto concordo invece con il compagno D.M. ed è quello relativo
al "determinismo" kropotkiniano,
determinismo che anch'io ho messo in rilievo a più riprese su questa rivista. Ma questo dovrebbe
ancora una volta
dimostrare l'assoluta superiorità dell'anarchismo sul marxismo. La concezione kropotkiniana,
che non deriva dal
metodo scientifico, ma semplicemente da una particolare concezione filosofica della natura,
sebbene espressa
da un simile esponente, non coinvolge tutto l'anarchismo come tale, che anzi è
irriducibile a questa come ad altre
definitive interpretazioni o tendenze. Il suo valore ideologico supremo, cioè la
libertà, è qui infatti anche metodo
teorico supremo, continuamente aperto e rivedibile (come quello scientifico). Ecco
perché - e qui vengo al succo
della lettera di D.M. - non si potrà conciliare (mai) marxismo e anarchismo: nessuna
possibilità teorica si dà per
le intenzioni ideologiche dei marxisti libertari.
Mirko Roberti
1) Cfr. la prefazione e l'avvertenza di Lucio Lombardo Radice a F. ENGELS, Dialettica della natura,
Roma,
Editori Riuniti, 1971, pp. 5-30.
2) Cfr., per esempio, quanto scrive R. ROSDOLSKY, Genesi e struttura del "Capitale" di
Marx, Bari, Laterza,
1975, vol. I, pp.6-7. Un giudizio sostanzialmente identico esprime anche G. Lukacs, il quale scrive che
tutto il
complesso di categorie logiche decisive dell'opera di Marx deriva "direttamente dalla logica hegeliana":
cfr.
G.LUKACS, Storia e coscienza di classe, Milano, Mondadori, 1973, p.
LXVII.
3) "Del resto, faccio dei bei passi avanti; per esempio, tutta la teoria del profitto, com'era finora, l'ho
buttata
all'aria. Nel metodo di lavoro, mi ha reso un grande servizio il fatto che i by mere accident
(per puro caso) mi ero
risfogliato la "Logica" di Hegel". Lettera di Marx ad Engels, datata 14 gennaio 1858: cfr.
MARX-ENGELS,
Carteggio, Roma, Editori Riuniti, 1972, vol .III, pp.154-155. Cfr. anche il "Poscritto" di
Marx alla 2a edizione
del suo Capitale, dove egli afferma esplicitamente di aver usato il metodo dialettico: cfr.,
a questo proposito, P.
VRANICKI, Storia del marxismo, vol. I, Roma, Editori Riuniti, 1973, p.173.
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