Rivista Anarchica Online
Tra repressione sociale e socialismo militare
di S. Parane
I generali peruviani al potere. Il significato del recente cambio al vertice politico peruviano - Che
cosa rappresentano il SINAMOS ed il
C.A.E.M. - Il ruolo delle forze armate nel "fronte interno"- Perché è fallito il piano di
mobilitazione popolare
predisposto dai militari - Esercito e comunisti contro le lotte dei lavoratori.
Prendiamo in esame innanzitutto la cronaca dei recenti avvenimenti.
Il 5 e il 6 febbraio 1975 la città di Lima è
teatro di sommosse e di saccheggi da parte di folle di sottoproletari venuti dalle barriadas.
Passano alcune ore
prima che la truppa intervenga sparando e riesca a sgombrare il centro della città. Bilancio: un
centinaio di morti. Lo sciopero dei poliziotti aveva lasciato la città scoperta per un breve lasso
di tempo e la sommossa era partita
dalle bidonvilles, detti pueblos jovines- città giovani - nella
fraseologia governativa. Una corsa verso i bei negozi
del centro, le camicerie e i negozi di calzature. Una corsa di poveri contro i ricchi. Ma anche una rivincita
sulla
propaganda di regime un circolo militare viene bruciato e la stessa sorte tocca a un locale del SINAMOS
- Sistema
Nacional de Apoyo a la Movilizacion Social -, la burocrazia votata al bene delle masse. Ovviamente
le autorità non ammetteranno mai che una simile manifestazione popolare sia spontanea, che essa
riveli un sordo malcontento, che illustri lo stato di miseria di gran parte della popolazione, che esprima
i veri
sentimenti della "massa" verso il regime. I comunicati ufficiali denunceranno l'oligarchia, l'A.P.R.A., la
CIA. Il 29 agosto 1975, mentre rappresentanti delle nazioni "non allineate" sono riuniti a Lima, la
notizia scoppia come
un colpo di tuono: il presidente Juan Velasco Alvarado è silurato e sostituito da un altro generale,
Francisco
Morales Bermudes, promosso recentemente Primo Ministro. Immediatamente nascono e si
diffondono le speculazioni e le interpretazioni più contraddittorie. Velasco era
malato, minato dall'arteriosclerosi dopo l'amputazione di una gamba avvenuta nel 1973. Velasco era
divenuto
troppo personalista e non godeva più della fiducia del Consiglio della Rivoluzione, cioè
dei generali suoi pari.
Velasco era troppo a sinistra. Velasco aveva fatto delle concessioni ai nordamericani. Morales era un
moderato.
No, era nella linea di destra della Rivoluzione. Ma era un criollo, e di buona famiglia, suo
nonno era stato
Presidente del Perù dal 1890 al 1894 ed inoltre era diplomato al C.A.E.M., cioè il Centro
di Alti Studi Militari.
Mentre Velasco era un cholo, un meticcio, uscito dalla sua classe sociale e dunque
più vicino al popolo... Indubbiamente queste considerazioni non erano di poca importanza.
Più importante sembrava essere il fatto che
la situazione del paese era difficile, che le prospettive erano oscure, almeno per i prossimi due anni. Ed
anche che
i metodi e il comportamento del governo non avevano dati i risultati voluti, che il Partito del vecchio
leader
Victor Raul Haya de la Torre conservava le sue forze, che la stampa nazionalizzata e affidata ad
intellettuali
rivoluzionari incondizionatamente devoti al regime aveva perso qualsiasi credito, che gli scioperi
scoppiavano
malgrado la natura socialista e progressista dei programmi economici, che il proliferare degli uffici del
SINAMOS
e delle associazioni di sostegno - e sostenute - non arrivavano a provocare l'entusiasmo
popolare. Messo da parte il problema ideologico, alla Giunta Militare era necessario trarre qualche
conclusione da questi
relativi insuccessi, prevedere alcune misure per risolvere i problemi immediati, ristabilire un rapporto
elastico tra
potere e popolazione. I direttori dei sette quotidiani nazionalizzati diedero le dimissioni. Fu annunciata
la
riapertura di diverse pubblicazioni precedentemente vietate. Alcuni militanti esiliati furono autorizzati a
rientrare
nel paese. Così Hugo Blanco, animatore del movimento sindacale dei contadini della Vallata della
Convencion,
uscito di prigione dopo il colpo di stato del 3 ottobre 1968, rifiutò di riunirsi alla Giunta, mentre
la maggior parte
dei leaders rivoluzionari, compresi i vecchi capi della guerriglia, entrarono nei gabinetti o
nelle succursali
ministeriali. Orientazione di destra, tendenze di sinistra, queste parole non significano
granché per dei militari che devono far
fronte a problemi economici, sociali, internazionali e che, per fronteggiarli, manovrano, si adattano,
ammorbidiscono e induriscono il loro pugno, ma sempre escludendo qualsiasi misura che possa mettere
in causa
il loro potere. Quali sono i fattori della presente congiuntura? Il rame - uno dei prodotti di
esportazione del Perù- è in ribasso.
Le ricerche petrolifere, su cui la Giunta aveva puntato, non hanno sinora dato che mediocri risultati. Le
esportazioni di olio e di farina di pesce, una sorgente relativamente recente della ricchezza economica
del paese,
hanno avuto una ripresa, ma dopo una grave crisi degli anni 1972-'73 dovuta sia a un supersfruttamento
dei banchi
marini sia all'apparizione di una corrente costiera calda che provoca l'allontanamento delle
"anchovetas". Le
finanze sono deficitarie e si è dovuti ricorrere a prestiti. Numerose previsioni, buona parte dei
programmi di
pianificazione basati su calcoli ottimistici di sviluppo si trovano limitati, frenati, paralizzati. I grandi
progetti in
via di sviluppo non daranno risultati, cioè non interverranno beneficamente nell'economia
generale, se non tra
qualche anno. Nel frattempo, il costo della vita è aumentato in misura considerevole nel
settore Lima-Callao (la capitale e il suo
porto) che rappresenta un quarto della popolazione (3,5 milioni su 14). Il fenomeno di urbanizzazione
dalle
vallate e dall'altipiano verso la città continua. Folle indiane si installano sempre più
numerose nelle periferie delle
città. Quindi la produzione agricola tende a diminuire mentre lo sviluppo demografico -
più del 3% l'anno - non
si riduce. Il costo della pianificazione, la redditività incerta delle nazionalizzazioni, le
difficoltà di tutti i tipi esigono una
partecipazione volontaria, una acquiescenza almeno tacitata, e se possibile l'entusiasmo dei cittadini. Da
un lato
quelli che decidono, comandano, organizzano. È la Giunta Militare, attorniata da consiglieri civili
tra cui si
ritrovano alla rinfusa tecnici, tecnocrati, peri-para-post-rivoluzionari, che portano il marchio di tutti i
trotskismi,
nazionalismi e gauchismes del brulichio universitario. Dall'altra parte una popolazione
contadina, mineraria,
operaia, marginale, di cui una buona parte era già organizzata o cercava - da parte indiana - la
propria via. Ecco i dati. Due istituzioni riflettono i due poli. O piuttosto la prima, il C.A.E.M.,
esprime la concezione militare
del potere mentre la seconda, il SINAMOS, tenta disperatamente di collegarsi al paese reale, multiplo,
in
movimento, difficile, diffidente. La volontà di intervento delle Forze Armate nella vita
nazionale non è recente. Oltre al diritto di intervento delle
FF.AA. sancito a tutte lettere nella Costituzione degli anni '40, si assiste a diversi sforzi da parte dei
militari per
creare degli organismi, inventare metodi che li faranno partecipare all'orientazione generale del
paese. Innanzitutto l'Azione Civica. Non si tratta più soltanto di difendere le frontiere del
paese e di garantire l'ordine
interno, ma di creare e di sviluppare i mezzi tecnici di organizzazione nazionale. Considerando che "il
fronte
interno" è importante, le Forze Armate stimano (e questo sotto il generale Odria, considerato
come un solido
difensore dell'oligarchia) di non poter trascurare i problemi sociali. La loro missione è di vegliare
affinché la
comunità nazionale divenga una realtà. Miseria, ingiustizie sociali, abbandono dei settori
importanti della
popolazione non possono che indebolire la necessaria unità di difesa. Certo, il vocabolario
oltrepassa le realizzazioni. Il programma di Azione Civica deve essere di educazione e di
promozione. Si tratta essenzialmente - e modestamente - di formare del personale di inquadramento per
i lavori
di interesse collettivo: strade, canali, lavori di risanamento, abitazioni, disboscamento di regioni forestali,
trasporti
di materiali pesanti, ma anche trasporti per cooperative di piccoli proprietari, fabbricazione di attrezzi per
l'equipaggiamento rurale e artigianale. Sono le guarnigioni militari a formare la struttura di questa Azione
Civica,
mentre le reclute forniscono la manodopera dopo un periodo di addestramento e di preparazione. Esse
sono, a
volte, aiutate dai Ministeri - dell'Agricoltura, dei Lavori Pubblici - più tardi da sovvenzioni della
Alleanza per il
Progresso. Un'altra forma di intervento - o di tentativo di intervento - è quella dei Collegi
Militari. Si tratta, all'inizio, di
offrire a tutti gli adolescenti "dotati", qualunque sia la loro origine sociale, la possibilità di far
carriera
nell'apparato militare. I primi risultati, benché i professori siano scelti tra i migliori specialisti
dell'Esercito, della
Marina e dell'Aeronautica, sono piuttosto deludenti. Meno del 10% degli allievi all'uscita di questi Collegi
Militari entrano a far parte dell'Esercito. Ma ciò non ha impedito la continuazione
dell'esperimento, anche se
rivisto e adattato in base ai risultati. Il carattere strettamente militare è stato abbandonato e
numerosi professori
civili sono chiamati a tenere dei corsi nello stesso momento in cui vengono creati dei luoghi di ritrovo
militari-civili in diverse regioni, per favorire la conoscenza e la comprensione del ruolo dell'esercito. La
creazione di nuovi
Collegi Militari è molto significativa: nel nord, e particolarmente a Trujillo, cioè nel
settore privilegiato
dell'A.P.R.A. (partito di tipo socialdemocratico, a base popolare), così come a Arequipa, seconda
città del Perù,
nel sud, dove le agitazioni gauchistes sono notorie. L'A.P.R.A., altro candidato al
potere, comprende molto bene il pericolo e il suo rappresentante parlamentare,
Luis Alberto Sanchez, presenterà un progetto di legge che esclude i Collegi Militari dalle
sovvenzioni fornite dal
Ministero dell'Educazione Nazionale... Il colonnello Grahan dirà nel 1964 che "il Collegio
Militare è un centro
democratico di educazione delle élites in cui la selezione viene fatta sulla base delle
conoscenze e delle capacità,
senza che influiscano l'origine sociale o la situazione economica del candidato. Il Collegio Militare
è una
soluzione economicamente onerosa per uno stato povero, ma è anche la sola in questo periodo
di crisi che
permette la formazione dei dirigenti che saranno necessari domani. Per questo l'investimento in questo
settore
deve essere ben impiegato per la formazione di giovani che in un prossimo futuro saranno in grado di
svolgere le
mansioni fondamentali, tanto nelle organizzazioni private che in quelle statali". Se i principali membri
della Giunta Militare, nata dal colpo di stato del 1968, hanno insegnato nei Collegi
Militari, essi stessi sono, in parte, prodotti dal Centro di Alti Studi Militari (C.A.E.M.). La nascita
del C.A.E.M. è significativa. Con Odria come Presidente della Repubblica si pensa alla
eventualità di
un conflitto con l'Ecuador (1948). Ma le conoscenze strategiche sono piuttosto vaghe, così si
decide di creare un
centro di studi per ufficiali di alto rango. Il colonnello Marin è incaricato della sua
organizzazione, ma ben presto
egli dà al centro un orientamento che travalica largamente gli scopi iniziali. Anche se ridotto a
due piccole stanze
senza comodità, il C.A.E.M. diviene rapidamente il "cervello" delle Forze Armate. Si tratta
sempre di Difesa Nazionale. Ma questa concezione viene allargata: a) una strategia efficiente deve
presupporre l'esistenza di uno stato e di una politica di stato che garantisca la vita nazionale; b) nessuna
politica
che garantisca la sicurezza senza una politica che curi il benessere della popolazione; c) nessuna
società
organizzata senza la garanzia del benessere di ciascun individuo. Lo stato rappresenta la società
organizzata per
la ricerca del benessere dei suoi membri. Lo stato non ha altre risorse oltre al potenziale nazionale,
formato dalle
forze spirituali e materiali della nazione. La pianificazione di questo potenziale moltiplicherà il
suo valore. Il
mezzo per giungere al benessere è la pianificazione dello sviluppo di questo potenziale. Per
una ventina d'anni, gli studi, i corsi, le ricerche del C.A.E.M. saranno orientate verso questi fini. E
logicamente, con la progressiva confusione tra società, stato e Forze Armate. Sono queste
concezioni, queste prospettive, questi uomini che, nel 1968, arrivano al potere. Trascinando, con
l'aiuto della fraseologia una schiera di civili - consiglieri, nuovi arrivati, clienti scaltri o illusi - in cui si
ritrovano
alla rinfusa socialisti, marxisti come Carlos Delgado, superstiti di movimenti guerriglieri come Hector
Bejar,
saggisti di estrema sinistra come Hugo Neira, castristi, ex dirigenti di movimenti studenteschi... Il
problema più importante, oltre a tutte le questioni da risolvere, è quello della
partecipazione di grandi settori
della popolazione. Perché tutto viene fatto in alto: nazionalizzazioni di società
nordamericane ed europee, di
grandi imprese agricole della costa, di miniere del Nord. E anche la riforma agraria, difficile in un paese
diviso,
con sistemi di proprietà multipla, metodi di sfruttamento che vanno dalle immense e moderne
aziende per la
coltivazione e la lavorazione della canna da zucchero e di cotone, alle piccole comunità indiane.
Questi settori
erano in gran parte organizzati da formazioni tradizionalmente in opposizione alle Forze Armate. In
primo luogo
dall'A.P.R.A., con le sue sezioni, i suoi sindacati, le sue cooperative. Per la Giunta, non si tratta di
affrontare queste basi organizzate ma di sostituire ad esse una rete di nuove
organizzazioni. Questa sarà l'opera del SINAMOS. Il decreto legge n. 18896 promulgato nel
giugno 1971 lo dice
esplicitamente: "... al fine del perseguimento della partecipazione attiva e cosciente della popolazione
nazionale
agli impegni che esige lo sviluppo economico e sociale". L'articolo 5 precisa: il SINAMOS dovrà
"favorire la
capacità creativa della popolazione perché questa esprima le sue energie e le sue
potenzialità in vista del suo
sviluppo, con l'appoggio del governo; promuovere l'organizzazione della popolazione in unità
dinamiche,
territoriali o di categoria, di carattere comunale, cooperativo o familiare; provocare e stimolare il dialogo
tra il
governo e la popolazione nazionale per orientare la partecipazione cosciente del popolo nelle sue
decisioni
fondamentali, in funzione della sua realtà, dei suoi interessi e dei suoi obiettivi comuni,
ecc.". La legge generale sulle industrie definisce un quadro delimitato alle imprese private, con
priorità per settori,
regolamentazione dei reinvestimenti, controllo dei capitali stranieri e anche partecipazione dei lavoratori
agli utili.
Costituzione di una comunità industriale la cui progressiva formazione viene costituita con il 15%
degli utili
annuali devoluti a favore di un reinvestimento per la formazione di una proprietà che
verrà assegnata ai futuri
membri di cooperative. Questo insieme di misure, tale da provocare l'entusiasmo di intellettuali -
militari o civili, formati al C.A.E.M. o
nei gruppi di estrema sinistra - apre la via, se si deve credere ad alcuni propagandisti, al socialismo
libertario. Resta il fatto però che il comportamento dei lavoratori non ratifica questo
socialismo concepito nei centri di
riflessione - e di potere - che sono le scuole militari - siano esse superiori - e le università - siano
esse controllate
dall'estrema sinistra. Gli scioperi degli insegnanti come dei minatori sono stati stroncati dal governo
militare con
l'appoggio delle piccole centrali sindacali manipolate dai comunisti (sempre nella scia di un potere che
essi
temono perché potrebbe spazzarli via da un giorno all'altro, e che essi sostengono, perché
esso serve alla strategia
antiyankee) e una stampa monolitica che fa da coro. Resta il fatto che i militari - e
questo sarebbe il significato profondo del recente cambiamento di Presidente -
hanno compreso il fallimento del loro piano particolare di mobilitazione popolare. Cosa possono
inventare
ancora? Altrettanto paradossale, altrettanto inverosimile agli occhi degli osservatori abituati ai giochi
del potere peruviano,
resta l'eventualità di un ritorno dell'A.P.R.A., ma questa volta in accordo con le Forze Armate.
Senza dubbio
l'odio è stato profondo, tenace, sanguinoso, tra i due grandi candidati al potere che furono negli
anni '30, '40, '50
e '60 il partito di Haya della Torre e la macchina militare. Ma l'oligarchia è morta, la borghesia
ridotta a un settore
minimo. Sullo sfondo il vecchio leader aprista ripete: "È il nostro programma
che la Giunta applica". E l'attuale Presidente,
il generale Francisco Morales Bermudes non ha conosciuto le delizie e le spine del regime parlamentare
quando
fu, durante qualche mese, il Ministro delle Finanze di Belaunde, Presidente civile scaricato dai militari?
Non è
forse necessario prendere in considerazione la folle impazienza dei militari apristi, che attendono da anni,
alcuni
da decine d'anni, la partecipazione al potere? All'inizio dell'avventura militare non si vide sorgere una
rivista di
anziani apristi favorevole alla nuova esperienza? Nel caso di un riavvicinamento, di una intesa, di
una spartizione, la Giunta troverebbe infine lo strumento
mobilizzatore dell'opinione pubblica - noi diremmo piuttosto lo strumento di inquadramento - i quadri
dell'A.P.R.A. sarebbero infine utilizzati, e questo sembrerebbe loro una bella rivincita sui loro
confusionari
concorrenti di estrema sinistra. Circa tre anni fa, discorrendo con uno dei più vecchi
"aparatchik" dell'A.P.R.A, al termine di una lunga
conversazione sulla possibilità finale di un'intesa tra FF.AA. e apristi, la risposta, lunga a venire,
penosa,
pressoché disperata, fu: "Ciò dipende dalle circostanze... dai termini e dall'eliminazione
di certi concorrenti".
S. Parane
|