Rivista Anarchica Online
Il materialismo dialettico alle corde
di Mirko Roberti
Settant'anni dopo Kropotkin, il filosofo marxista Lucio Coletti critica il metodo del materialismo dialettico
definendolo superato e non scientifico. La validità del progetto rivoluzionario anarchico basato
sulla sintesi
scientifica ed etica del rapporto tra mezzi e fini.
L'intervista politico-filosofica sotto forma di autocritica che il marxista
(dubbioso) Lucio Coletti ha pubblicato
presso Laterza (1), ci offre lo spunto per una breve recensione che puntualizzi e riconfermi le critiche
e i giudizi
che da un secolo gli anarchici formulano nei confronti della pretesa marxista della scientificità
del metodo
dialettico. L'intervista, infatti, si incentra nel confronto teorico tra la validità del metodo classico
della scienza
(quello basato sulla induzione-deduzione, sulla (non-) contraddittorietà, e quindi sulla coerenza
logica del
discorso) e il metodo del materialismo dialettico proprio del marxismo, poggiante, al contrario, sulla
contraddizione permanente. I due metodi, che per Coletti sono inconciliabili, esprimono evidentemente
due
concezioni opposte della realtà oggettiva. Quello scientifico afferma che la realtà non
è in sé contraddittoria, non
è cioè allo stesso tempo una cosa e tutto il suo contrario, quello dialettico,
invece, concepisce tale realtà come
una perenne contraddizione. Il primo si riassume nella formula "A non-A" per cui un opposto non
può stare senza
l'altro e viceversa, il secondo nella formula "A e B" che esprimono un'opposizione reale basata su due
estremi
positivi che non possono mai mediarsi. Mentre il rapporto "A e B" esprime questa opposizione
concreta, rendendo possibile un discorso formalmente
logico e coerente perché A e B non sono una stessa realtà nello stesso tempo
che si esprime
contraddittoriamente, ma due elementi entrambi positivi e di per sé autosufficienti, il rapporto
"A non-A" designa
non una realtà materiale, concreta, ma un'operazione del pensiero, cioè una fantasia
teorica costruita su una
contraddizione verbale dei concetti puri. Per Coletti l'errore madornale del marxismo-leninismo è
di aver preso
questa costruzione teorica per la realtà effettiva con la conseguenza di aver sovrapposto alle
opposizioni
materiali della realtà (che non si mediano) le contraddizione dialettiche del
pensiero, cioè di aver preso
lucciole per lanterne. "La scienza moderna non conosce e non sa che farsene della dialettica della
materia.
La considera, giustamente, una filosofia romantica della natura. Quando Engels scrive che la luna
è la
"negatività" della terra; oppure che, "come elettricità, magnetismo ecc. si polarizzano,
si muovono
nell'opposizione, così il pensiero"; o, infine, che "un verme, tagliati in due mantiene al polo
positivo l'orifizio
ricettivo e forma all'estremità opposta un nuovo polo positivo con l'orifizio escretorio; ma il
vecchio polo
negativo (l'ano) diventa adesso positivo, diviene bocca, è un nuovo ano (polo negativo) si forma
all'estremità
tagliata. Ecco conversione di positivo in negativo": lo scienziato moderno (ammesso che ancora incappi
in
queste letture) sorride e pensa a Schelling o a Baader" (2). Abbiamo citato questo brano di
Coletti perché esso, dopo settant'anni, ricalca quasi letteralmente il giudizio di
Kropotkin nella valutazione del confronto fra metodo scientifico induttivo-deduttivo e metodo dialettico.
Coletti
che prima aveva definito questo metodo anche con i termini "metafisica scolastica", e
"pasticcio filosofico da
scuola serale", (3) non sa o non immagina cosa scriveva Kropotkin a tale proposito.
"Recentemente, noi abbiamo
sentito parlar molto del metodo dialettico, che i socialdemocratici raccomandano per elaborare l'ideale
socialista. Noi non ammettiamo affatto questo metodo, come non lo riconosce nessuna delle scienze
naturali.
Per il naturalista moderno, questo "metodo dialettico" appare come qualcosa di molto vecchio, di
superato
e di dimenticato da un pezzo, fortunatamente, dalla scienza" (4). Dal momento che tutte le
scoperte della
scienza sono frutto del metodo induttivo-deduttivo, continua Kropotkin, non si capisce perché
bisogna "cercarne
un altro nell'arsenale della metafisica" (5). Dunque il marxista (sempre dubbioso) Coletti
è arrivato, settant'anni dopo, alle stesse conclusioni di Kropotkin.
Ora se il metodo dialettico è impotente a comprendere ed a interpretare la realtà oggettiva
sotto tutti i suoi aspetti,
perché metodo metafisico e non scientifico, ne deriva, evidentemente, che le implicazioni
operative che esso
comporta si ripercuotono nella strategia del movimento operaio che grazie ad esso "è
incapace di fare i conti con
i grandi problemi della scienza moderna" (6). Per risolverli occorre, secondo Coletti, abbandonare
il
materialismo dialettico, cioè la pretesa di costruire grazie ad esso una teoria scientifica di
tutta la realtà, e
utilizzare e conservare solo il materialismo storico, cioè l'analisi storico-sociale delle formazioni
economiche che
costituisce l'unica dimensione scientifica dell'intera opera di Marx. In questo modo per Coletti si
può riprendere il criterio metodologico kantiano che scinde il problema
gnoseologico, cioè quello della conoscenza teorica della realtà oggettiva, da quello etico.
La famosa divisione
operata da Kant fra la Critica della ragion pura e la Critica della ragion
pratica è fatta proprio da Coletti nel
senso che si può benissimo, a suo avviso, riconoscere che la cultura e la civiltà borghesi
sono state capaci di
fondare le scienze naturali, anche se sono state impotenti a formulare quelle etiche e sociali. A meno
"che non
si sia disposti ad accettare il materialismo dialettico e le sue fantasticherie su una biologia o una fisica
"proletarie", non possiamo non riconoscere, nonostante tutto, la validità delle scienze della natura
prodotte
dalla civiltà borghese dal Rinascimento in poi" (7). A questo punto risultano evidenti
due cose. Innanzitutto vi è il riconoscimento implicito da parte di Coletti della
neutralità in sè delle scienze naturali e fisiche, cioè della loro
validità oggettiva (fermo restando il problema della
loro diversa e plurima utilizzazione ideologica). Tale validità si fonda sulla concezione teorica
che vuole A
diverso ed opposto di B, cioè che A non sia mai nello stesso tempo la negazione
di sé stesso (non-A) perché
quest'ultima proposizione, che è quella dialettica, renderebbe impossibile una fondazione
oggettiva, sicura della
scienza a meno che non si intenda, paradossalmente, che la verità di quest'ultima consiste nel non
averne alcuna
(ma questo, come dice giustamente Coletti, è un "pasticcio filosofico da scuola
serale") (8). Ma cosa comporta
il riconoscimento scientifico di questa proposizione? Comporta evidentemente la generalizzazione di
questa
impossibilità materialistica della mediazione fra i due termini, cioè la constatazione che
come A non si media con
B in quanto, essi, elementi distinti e contrapposti, così la logica scientifica ci impedisce di
concepire ogni
dialetizzazione fra estremi per natura strutturalmente diversi ed opposti. Le ricchissime implicazioni
teoriche insite
nella possibile moltiplicazione analogica di tale generalizzazione (che Coletti non porta avanti) devastano
il
campo della scienza politica del marxismo: nessun artificio dialettico fa essere nello stesso tempo (come
vorrebbe
tale teologia) la classe operaia in quanto tale e le masse popolari in quanto tali soggetto e oggetto di guida
politica, come nessuna acrobazia dialettico-verbale rende giustizia alla ragione della contraddizione in
termini
(non mediabili) fra dittatura e proletariato. Come osservava oltre un secolo fa Bakunin, il proletariato,
in quanto
tale, non potrà mai esercitare una dittatura (9), così la dittatura, in quanto tale, non
potrà mai mediarsi con e nella
libertà. Allo stesso modo nessun esoterismo linguistico può dissolvere rapporto
autoritario fra base e vertice, oppure fra
la funzione egemone assegnata alla classe operaia e quella subalterna riservata ai ceti contadini o, ancora,
fra la
costruzione fatalmente accentratrice del processo rivoluzionario e la proclamata "democrazia" popolare
e
proletaria. Nessuna magica dialettica può spostare nemmeno di un millimetro la distanza
gerarchica che passa tra
il presidente Mao e l'ultimo contadino della Cina: se la dialettica è, come ha riconosciuto Coletti,
una metafisica
scolastica e quindi assolutamente fatua e inesistente sul piano del reale, i risultati concreti, che dovrebbero
dipendere dal suo metodo, fanno riferimento evidentemente ad un'altra logica che in questo caso
è quella eterna
del Potere che formalmente si precisa nel rapporto fra i mezzi usati e gli effetti ottenuti (come per un
altro verso
è stato scritto anche recentemente) (10). Ecco perché non può esistere una
dimensione rivoluzionaria della
dialettica. Comunque l'intero arco delle contraddizioni testè accennate non scaturisce solo
dalle velleità operative del
metodo del materialismo dialettico, ma anche da alcune implicazioni del materialismo storico. Tali
implicazioni
infatti trovano il loro terreno di fondazione nella filosofia storicistica del marxismo che, come è
noto, per quanto
filosofia della prassi, è pur sempre una concezione tendente a spiegare ogni mutamento storico
come una necessità
materialistica insita nella logica stessa delle cose (la realizzazione di A avviene attraverso la sua negazione
non-A)
(11). Questa concezione portata alle sue logiche conseguenze implica alla fine la giustificazione di quelle
trasformazioni che comportano, nel tempo, la dilatazione prima e la sostituzione poi, dei fini dell'azione
emancipatrice. Il modello teorico del materialismo storico sostenuto dalla logica del materialismo
dialettico ci
dice infatti che la tesi, nel continuo confronto con l'antitesi, finirà col perdere i suoi caratteri
originari: così, sul
terreno storico concreto, il movimento emancipatore secondo tale strategia dovrebbe abbandonare i suoi
propositi
iniziali di emancipazione integrale per mediarli dialetticamente con una visione "realistica" e "storica"
dell'azione
(12). Si vede dunque, anche brevemente, che materialismo storico e materialismo dialettico sono per
certi versi
inscindibili riassumendo il primo la giustificazione teorico-filosofica della contraddizione generale fra i
fini
proclamati e i mezzi propugnati, il secondo la giustificazione operativa degli effetti realmente ottenuti
applicando
quei mezzi che, come abbiamo visto, rispondono ad un'altra logica. Il tentativo di Coletti di salvare (con
alcuni
dubbi) l'impianto gnoseologico del primo e le implicazioni strategico-politiche del secondo è
più contraddittorio
dell'intera logica marxista! Confermata allora la "neutralità in sé" della scienza e
quindi la validità oggettiva di essa attraverso l'abbandono
del materialismo dialettico, ribadita cioè la consapevolezza malatestiana di cinquanta-ottant'anni
fa, vediamo
adesso la seconda conseguenza (accennata sopra) della divisione kantiana operata da Coletti fra scienza
ed etica,
fra gnoseologia e prassi, cioè del tentativo di rendere autonomo, all'interno del marxismo, il
momento creativo
dell'ideologia da quello neutro dell'analisi. È un tentativo, a nostro avviso, destinato a naufragare
perché mette
in discussione non un aspetto ma il marxismo tout court. È universalmente
noto, infatti, che il marxismo ha costruito la sua "scienza" in base ad alcune analisi che ruotano
sempre, bene o male, attorno ai rapporti borghesia-proletariato, capitale-forza-lavoro, ecc., vale adire
a rapporti
che rientrano sempre in un contesto storico preciso; la realizzazione del socialismo si attua secondo il
marxismo
necessariamente con il superamento del capitalismo: è un contesto storico particolare che si
riferiva e si riferisce
ai Paesi ad alto sviluppo industriale. L'oggetto della "scienza" marxista è l'insieme di questi
rapporti in tutte le loro conosciute e possibili
manifestazioni. Quando questo schema di analisi non può essere applicato perché non
esistono quelle particolari
condizioni storiche (pensiamo alle società di tipo contadino, arcaico-feudale o società
primitive, ecc.), viene a
decadere non solo la sua valenza scientifica ma anche la sua prospettiva creatrice, cioè il suo
progetto
rivoluzionario. Quest'ultimo che costituisce la dimensione positiva e costruttiva del marxismo,
cioè il modo in cui
il marxismo intende la costruzione del processo rivoluzionario verso il socialismo, non ha una propria
autonomia,
perché ricavato direttamente dallo schema di analisi sopra accennato e
precisamente esso si delinea come segno
"negativo" dell'oggetto di essa vale a dire del determinato rapporto storico fra capitale e classe operaia,
ecc. Cioè,
l'oggetto dell'analisi, la società capitalistica, è stato rovesciato ricavandone
automaticamente la prospettiva
socialista, così che l'ideologia marxista risulta essere una ideologia "negativa" o, in altri termini,
il prodotto del
rovesciamento hegeliano dell'ideologia borghese: se A è la società capitalistica, non-A
è il proletariato e
l'ideologia che lo esprime. Ora il tentativo di Coletti consistente nel rendere autonomi i due momenti,
cioè contrapporre ad A (società
capitalistica) non il dialettico non-A, ma il B della scienza logico-formale, trasformare cioè il
progetto
rivoluzionario marxista in un progetto autonomo, positivo, fondato su una contrapposizione reale, mette,
come
si vede, in discussione l'intero impianto teorico marxiano. Egli stesso dice che la filosofia hegeliana, a
differenza
di quella kantiana, si basa su una concezione integrale, totale del mondo. Il marxismo che ne è
figlio legittimo
anche se "contestatore", non si discosta da questa concezione organica. Il marxismo è sempre
il non-A
dell'ideologia borghese, come la classe operaia è sempre il non-A del Capitale (13). La
verifica storica conferma queste asserzioni. Non verificandosi quelle condizioni storiche precise, il
progetto
rivoluzionario marxista ha dimostrato proprio la sua assoluta mancanza di autonomia (14). Infatti esso
ha risposto
non alla sua logica dialettica, ma a quella scientifica (che non può trasformare la dittatura in
libertà,
l'accentramento in federazione, la gerarchia in uguaglianza, ecc.). Abbiamo potuto verificare cioè
le previsioni
anarchiche di cento anni fa, basate sulla sintesi scientifica ed etica del rapporto fra mezzi e fini. Ecco
perché ci
sembra che l'autocritica a metà di Coletti arrivi in ritardo. Molto in ritardo.
Mirko Roberti
Note
1) L. COLETTI, Intervista politico-filosofica, Bari, Laterza, 1974.
2) Ibid., p. 85.
3) Ibid., p. 33.
4) P. KROPOTKIN, La scienza moderna e l'anarchia, Ginevra, Il Risveglio, 1913 p.
51.
5) P. KROPOTKIN, op. cit., p. 52.
6) L. COLETTI, op. cit., p. 33.
7) Ibid., p. 21.
8) Una contrapposizione dal punto di vista anarchico fra metodo dialettico e metodo scientifico
è sviluppata da
G. CORRADINI, Risposta al compagno Claude Faure, in M. BAKUNIN, Lavoro manuale e
lavoro intellettuale,
Ragusa, La Rivolta, 1968, pp.38-45.
9) M BAKUNIN, Stato e anarchia, Milano, Feltrinelli, 1968, p.190.
10) R. AMBROSOLI, I mezzi, in AAVV. Anarchismo '70, Cesena,
L' Antistato, 1973, pp.89-90.
11) Cfr. a questo proposito K. POPPER, Miseria dello storicismo, Milano, Feltrinelli,
1975, pp. 57-58.
12) Cfr. per esempio quanto scrive Lamberto Borghi sulla differenza fra metodo anarchico e
metodo dialettico-marxista rispetto alla politica scolastica in Italia. L. BORGHI, Educazione ed
autorità dell'Italia moderna,
Firenze, La Nuova Italia, 1974, pp.99-100.
13) Riferendosi ad un altro problema lo stesso Coletti ammette che nell'opera marxiano la logica
dialettica è
inseparabile da quella scientifica . Cfr. L. COLETTI, op. cit., p.112.
14) Come riconosce lo stesso Coletti che scrive "In effetti credo che si possano dire cose ben
più gravi a
proposito delle previsioni contenute nel Capitale. Non solo non sì è avuta
una verifica empirica della caduta
del saggio di profitto, ma non si è neanche realizzato ciò che costituisce la verifica
decisiva del Capitale: una
rivoluzione socialista in Occidente" Cfr. L. COLETTI, op. cit., pp. 43-44.
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