Rivista Anarchica Online
Intervento statale e cogestione
Economia svedese
"Prima i vari paesi cercavano di scaricare la disoccupazione e l'inflazione
sulle nazioni che in condizioni normali
che erano i loro partners più importanti.. Adesso ogni nazione dovrà invece
cercare di curare i propri mali
internamente e per poter fare ciò c'è soltanto un mezzo: il dirigismo statale". Sono
parole di Kjell-Olof Feldt, ministro del commercio svedese, e non possono non stupirci se pensiamo che
la socialdemocrazia in Svezia ha sempre preservato in questi quarant'anni l'iniziativa privata, riservando
allo Stato
le funzioni sociali e assistenziali. L'intervento statale nell'economia è ormai un fenomeno che
si sta sviluppando in tutto il mondo industriale
avanzato (i Paesi comunisti e del terzo mondo sono evidentemente un discorso a parte) e che ha subito
una
accelerazione grazie all'attuale crisi inflazionistica e produttiva. La Svezia ha risentito in misura ridotta
del
fenomeno congiunturale tanto che sono stati assunti centomila nuovi dipendenti mentre negli altri Paesi
aumenta
la disoccupazione e il ricorso alla cassa integrazione. Ciononostante il prospettato pericolo di una
recessione economica ha portato gli economisti e i politici svedesi
a preparare una strategia di intervento che vede nella proprietà statale dei mezzi di produzione
il rimedio a questo
male. Cenni premonitori di questa nuova tendenza se ne sono già avuti. Innanzitutto esiste
da diverso tempo una
holding pubblica - la Starfônetag - che possiede o controlla una trentina di aziende
produttrici di minerali di
ferro, carta, macchinari; inoltre è al lavoro da alcuni anni un comitato di esperti che stanno
studiando la
ristrutturazione dell'economia svedese attraverso l'intervento statale e che si sono occupati con particolare
cura
della formula delle partecipazioni attuate nell'IRI. Ma non è solo sull'intervento statale che gli
economisti puntano
per risolvere la crisi che avanza. Nei prossimi mesi il governo cercherà di far approvare una legge
per l'abolizione
di un articolo dello statuto del lavoro, del 1929, che riconosce solo al proprietario il diritto di organizzare
e
dirigere l'azienda. L'intento dei socialdemocratici, sostenuti dai comunisti e dal sindacato L.O., è
quello di inserire
nei consigli di amministrazione delle società rappresentanti sindacali, rappresentanti dei consigli
di fabbrica, ecc. Nonostante la ferma opposizione dichiarata dalla Confindustria svedese, nessuno
dubita che la legge verrà presto
approvata e che diverrà operante. La scomparsa del capitalismo privato in Svezia comunque
avrà tempi lunghi: lo Stato attualmente controlla più
del 5% dell'apparato distributivo-produttivo-finanziario e, nonostante la prossima sterzata statalizzante,
i margini
di azione della proprietà privata sono ancora ampi. Vi è da rilevare, però, che
già oggi il capitalismo svedese è
un qualcosa di ibrido, perché strettamente controllato dallo Stato tramite la programmazione e
la politica fiscale:
un capitalismo sotto la tutela statale a cui si aggiungerà l'ulteriore condizionamento della
cogestione con i
sindacati.
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