Rivista Anarchica Online
Mister Lira se ne va
Banca d'Italia
Guido Carli, governatore della Banca d'Italia, ha dato le dimissioni e si
è ritirato dopo aver retto per quindici anni
le sorti della moneta italiana. Le dimissioni di Carli preannunciano la fine di un periodo che ha visto
nella politica monetaria uno degli
strumenti per la stabilizzazione del sistema economico. Non si tratta quindi di un semplice
avvicendamento alla
carica di Governatore dell'Istituto di Emissione. Oggi gli strumenti monetari non riescono più
a contenere l'inflazione (lo stiamo constatando) e per di più si
sviluppano, parallelamente ad essa, situazioni di stasi produttiva e di caduta degli investimenti: la
cosiddetta
stagflazione. Le recenti misure monetarie anticongiunturali hanno sortito qualche effetto ma "... lo
stesso miglioramento della
situazione della bilancia dei pagamenti è un fatto provvisorio determinato in parte da esportazioni
sottocosto ed
ancor più dal calo delle importazioni conseguente alla stasi produttiva. - deve riconoscere lo
stesso Carli - Appena
quest'ultima dovesse accennare ad allentarsi ci troveremo di nuovo punto e da capo con gli squilibri con
l'estero". Decade quindi per la Banca d'Italia la possibilità di essere il correttore dei cicli
economici e decade altresì la
funzione di mediazione tra capitale pubblico e capitale privato, tra imprese statali e imprese private che
l'ex-governatore Carli cercava di attuare. All'offuscarsi della funzione imprenditoriale fa riscontro una
"corporativizzazione" dell'impresa pubblica, incapace non solo di promuovere nuove linee di sviluppo,
ma anche,
più semplicemente, di gestirsi economicamente. Praticamente nullo è lo spazio di
mediazione tra questi due poli
e Carli abbandona la partita. Questo grand commis dello Stato lascia il suo incarico
sopraffatto dall'evoluzione della moderna società. Una
evoluzione che emargina sempre più le prospettive neoliberali degli uomini come Carli. Le
sue relazioni annuali sono state un punto di riferimento di una strategia economica (enunciata con
chiarezza
e lucidità) improntata ad una visione di compatibilità dei costi sociali (salari, riforme,
ecc.) con il permanere di
ampi margini di profitto aziendale. Una visione neoliberale, appunto. Ma gli equilibri (o meglio
squilibri) su cui si regge la nostra economia hanno
portato nel processo decisionale forze (ad esempio, i sindacati) estranee alla logica dell'ex-governatore
Carli.
Inoltre il profitto non è più ricercato attraverso l'efficienza aziendale e la combinazione
dei fattori produttivi, ma
ottenuto grazie al rapporto clientelare con la classe politica: condizioni privilegiate, tassi agevolati,
esenzioni
fiscali, contributi a fondo perduto, ecc. Questi elementi evidenziano in maniera chiara la putrescenza del
capitalismo privato. Il potere assunto dai sindacati ha indebolito notevolmente la strategia di Carli,
peraltro nota per "l'impazienza
antisindacale" alla quale era improntata. E Carli si ritirò in buon ordine prima di essere
definitivamente sconfitto.
Gli succede Paolo Baffi, un uomo del suo staff, al quale è riservato l'ingrato compito di ingoiare
i rospi che Carli
non ha voluto mandar giù.
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