Rivista Anarchica Online
Riformisti extraparlamentari
di Camillo Levi
La strategia dei radicali. Nati da una scissione a sinistra dei liberali, i radicali sono da anni alla testa
del movimento per i "diritti civili" -
La programmatica fiducia nella democrazia parlamentare e la strategia riformista proprie dei radicali li
differenziano nettamente dall'anarchismo.
Non sì può certo dire che i radicali non si diano da fare.
Il 15 aprile è iniziata a tamburo battente la raccolta di
firme per il referendum abrogativo dell'attuale legislazione repressiva sull'aborto; il 15 maggio, poi,
è stato dato
il via un'altra campagna di raccolta-firme, questa volta per ottenere l'abrogazione di una lunga serie di
leggi
repressive tranquillamente ereditate dal nero ventennio. Dopo un mese dall'inizio della raccolta per
l'aborto, già
erano state raccolte oltre 250.000 firme, cioè più della metà di quelle
strettamente necessarie: e mancavano ancora
due mesi alla scadenza dei 90 giorni previsti come limite per il raggiungimento di quota 500.000. Quando
poi
alcuni segretari comunali hanno sabotato la raccolta di firme, rifiutandosi di conservare i moduli
appositamente
inviati dagli organizzatori del referendum, questi ultimi - cioè i radicali - hanno vivacemente
protestato, giungendo
ad occupare un municipio per protesta. Per protestare contro una disposizione sabotatrice della
raccolta-firme,
poi, Pannella ha chiesto un colloquio con il ministro dell'interno Gui, dopo di che si è rivolto a
Moro, presidente
del consiglio, e dal momento che non riusciva ad avere udienza è andato a "contestare" Moro
durante una sua
lezione all'Università. Alcuni giornali hanno addirittura parlato, con scandalistica esagerazione,
di "sequestro"
di Moro. Insomma, in ogni modo i radicali vogliono portare a termine con successo questa loro nuova
battaglia
democratica. Non staremo a ripetere in questa sede il perché noi ci rifiutiamo di partecipare
alla raccolta di firme ed al
conseguente voto sui referendum. Il nostro astensionismo è già stato chiarito in tutti i suoi
aspetti in occasione
del referendum del 13 maggio 1974 sul divorzio e non intendiamo ripeterci. Vogliamo qui invece
analizzare la
strategia dei radicali, il loro pensiero, i loro obiettivi, i loro metodi di lotta. Innanzitutto: chi sono i radicali
italiani? Diciamo subito che se ciò non fosse parzialmente equivoco a causa dell'esistenza del
partito liberale, si
potrebbe tranquillamente affermare che i radicali sono dei liberali. Ed in effetti lo sono sia per derivazioni
ideologica (il radicalismo è una corrente all'interno del liberalismo), sia per provenienza personale
di molti di loro
(che appunto provengono da una scissione "a sinistra" dal partito liberale negli anni '50), sia infine per
la tematica
politica che agitano. Si pone a questo punto una seconda domanda: che cosa vogliono i radicali? Una
repubblica veramente
costituzionale: ecco il loro obiettivo. Per "repubblica veramente costituzionale" deve intendersi - secondo
la logica
dei radicali - uno Stato democratico, in cui la libertà individuale sia esaltata il più
possibile, sempre in relazione
agli interessi della collettività. L'accento però è posto dai radicali sull'autonomia
individuale e di gruppo. Ecco
pertanto i radicali schierati con le minoranze oppresse, contro i soprusi e le violenze delle
autorità. L'autorità
dello Stato, dunque, va combattuta - secondo loro - ogniqualvolta esorbita dalle sue funzioni e si pone
al servizio
di interessi partitici o corporativi. Da qui la lotta contro il clericalismo, cioè contro il continuo
tentativo (ben
riuscito) da parte della Chiesa di controllare e di condizionare la vita politica ed economica: la
componente anti-clericale, rafforzata anche dalla matrice positivista e razionalista del pensiero radicale,
è un fattore tradizionale
del radicalismo italiano. Come partito, quello radicale è decisamente piccolo, ma l'influenza che
riesce ad
esercitare - anche grazie ad alcuni movimenti ad esso collegati come il F.U.O.R.I. (omosessuali) e il
M.L.D.
(femministe) - è nettamente superiore al prevedibile. Ciò nonostante il PR è fuori
dal gioco elettorale e solo
contingentemente, in occasione di elezioni locali, ha presentato proprie liste: ma fu un fallimento.
Sostanzialmente i radicali si pongono come forza stimolatrice dei grandi partiti riformisti ed in genere di
tutta
l'area laica (cioè dal PCI al PLI), con l'esclusione dunque della DC di cui sono da sempre fieri
avversari. Mentre
i grandi partiti, spesso immobilizzati dalla loro stessa politica di potere, sono in genere insensibili ai grandi
temi
"liberali" (o "radicali", che è lo stesso) della libertà dell'individuo e delle minoranze, il
partito radicale si è
apertamente assunto il compito di vigilare e di combattere affinché lo Stato non oltrepassi certi
limiti nella sua
funzione "regolatrice" della società. E proprio qui sta la differenza di fondo tra noi anarchici
e gli amici radicali. Noi vediamo nello Stato (cioè nella
struttura autoritaria della società) la causa prima del sistema di oppressione e di sfruttamento,
mentre i radicali,
con la loro astratta ed assurda fiducia in uno Stato "buono", "veramente costituzionale", non sanno
né vogliono
uscire dai limiti angusti del riformismo. Eccoli pertanto combattere sempre all'interno del sistema attuale,
per
cercare di ottenere quanti più garanzie di libertà possibile (il che non ci trova certo
discordi), senza però operare
nel frattempo per quella rivoluzione sociale che sola può avviare la costruzione di una
società socialista
libertaria. Abbiamo usato questa qualificazione perché gli amici radicali amano citarla,
mischiandola,
scolorendola e condendola con altre diverse e a volte contraddittorie: è infatti loro costume
proporre come
obiettivo delle loro lotte una società che nel contempo sia liberale, libertaria, democratica, laica,
ecc.. Si tratta,
è evidente, di un grosso equivoco, almeno finché si consideri il termine "libertario"
sinonimo di "antistatale".
Antistatali i radicali non lo sono mai stati, ne lo vogliono essere: con chiarezza hanno sempre riaffermato
la loro
fiducia nel parlamento, del quale anzi denunciano l'inoperosità come un male da combattere.
Parte dell'attività
dei militanti radicali è costituita dall'invio di telegrammi a parlamentari "laici", al presidente della
Camera e del
Senato, ecc., per sollecitarli a discutere ora questa, ora quella legge; e poi da incontri diretti con gli stessi
parlamentari, da denuncie dei compromessi che questi ultimi regolarmente concludono con la DC,
ecc.. In sostanza, la funzione dei radicali è quella di essere la "mosca cocchiera" della sinistra
riformista, nella
prospettiva, più o meno dichiarata, di stimolare la costituzione di una Grande Sinistra che si
ponga come
alternativa al "regime democristiano" - un po' sull'esempio delle recenti esperienze (non certo ben
riuscite)
francesi. Il che, in tempi di compromesso storico, non sembra certo realizzabile. Per concludere,
vogliamo citare due recenti prese di posizione dei radicali su due temi oggi al centro
dell'attenzione. Di fronte alla campagna "M.S.I.-Fuorilegge" hanno assunto un atteggiamento nettamente
contrario, definendo il relativo progetto di legge presentato dai gruppi marxisti extra-parlamentari
"oggettivamente
reazionario e fascista". Questa posizione è stata assunta sulla base di un discorso (che non
è il nostro) di
democrazia integrale e veramente liberale, in opposizione alla concezione autoritario-repressiva dello
Stato
(seppure in funzione "anti-fascista") propugnata dai gruppi suddetti - almeno all'occasione. Mentre sulle
conclusioni di questo discorso (cioè nel rifiuto della campagna MSI-Fuorilegge) non possiamo
che essere
d'accordo, dobbiamo segnalare la presa di posizione ufficiale sul Portogallo (vd. Notizie Radicali, n. 22)
con cui
i radicali si sono di fatto allineati con i militari del M.F.A. (Movimento Forze Armate) e con il partito
comunista,
senza spendere nemmeno una parola per i gravissimi provvedimenti liberticidi (primo fra tutti la legge
per il
sindacato unico, di chiara marca fascista e bolscevica) da quelli proposti. È doveroso constatare
che in questa
occasione la coerenza "liberale" dei radicali è andata a farsi benedire... da Cunhal e da
Gonçalves! Il che, per dei
sedicenti "libertari", è veramente troppo!
Camillo Levi
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