Rivista Anarchica Online
I generali e l'inflazione
di S. Parane
Crisi economica in Cile. Diciotto mesi dopo il colpo di Stato dei generali reazionari, la crisi
economica, che già travagliava il Cile ai tempi
di Allende, si è ulteriormente aggravata - Di fronte alla crescente disoccupazione ed al
malcontento popolare a
niente può servire la dura repressione politica - L'isolamento internazionale della giunta di
Pinochet.
Il progetto dei militari cileni nel momento in cui si installavano al potere
nel settembre del 1973 era semplice:
mettere tutti a lavorare, restituire le imprese ai loro proprietari "legittimi" che le avrebbero fatte
funzionare,
vendere al massimo all'estero, importare il meno possibile, eliminare lo sperpero amministrativo. Una
simile
politica avrebbe permesso di frenare l'inflazione e avrebbe attirato i capitali stranieri. In capo a
diciotto mesi questa politica appare semplicistica e i suoi risultati mediocri. Per ottenere il pieno impiego
è necessario che le fabbriche producano e vendano. Ora, l'indice di produzione stabilito
dall'ufficio di
Congiuntura dell'Università del Cile segnala che c'è stato un ribasso della produzione per
il 1974, in confronto
al periodo 71-73. Tendenza spiegabile, dicono gli economisti di quella università (richiamati
all'ordine), perché
"non ci si può aspettare che l'industria mantenga una produzione che non sarebbe sostenuta da
una domanda
effettiva; non esistono in effetti delle risorse sufficienti per finanziare l'aumento della
produzione". La de-nazionalizzazione delle fabbriche e dei servizi non è sufficiente per
suscitare nella vecchia borghesia
ambizioni, iniziative, spirito imprenditoriale, tutte qualità che le sono tradizionalmente mancate
e la cui assenza
spiega precisamente la nascita e la crescita di un capitalismo di Stato, la cui espressione comune sotto
tutti i
regimi, era ed è la Corporaciòn de Fomento. Il rame, le cui quotazioni
dipendono non dalla natura dei sistemi politici e sociali dei paesi produttori, ma più
banalmente dalle fluttuazioni del mercato mondiale, ha subito una straordinaria avventura. Nel 1973 il
suo prezzo
raddoppia. Continua ad aumentare sino al maggio 1974 e arriva a 1.400 vecchi franchi alla tonnellata.
Poi viene
la caduta, verticale; 600 franchi la tonnellata nel novembre dello stesso anno. A questo fatto, diverse
spiegazioni:
i Paesi compratori, per premunirsi contro un aumento costante, avevano provveduto a costituire notevoli
scorte
di magazzino, che hanno liquidato quando hanno avuto sentore del ribasso, contribuendo così
a far precipitare
il prezzo. È anche il caso del Giappone. Un movimento innescato dal marasma, dalla recessione
dell'espansione
economica mondiale. Il tutto aggravato dal fatto che gli Stati Uniti vendono una parte delle loro riserve
strategiche: una delle conseguenze, quest'ultima, del ritiro americano dal sud-est asiatico. Anche
l'aumento della produzione del minerale non compensa se non minimamente il crollo del prezzo del
rame.
Non più dello sforzo produttivo nelle acciaierie di Concepciòn, né il ritorno alle
esportazioni dei nitrati (in
seguito all'aumento del prezzo dei fertilizzanti chimici, causato dall'aumento del prezzo del petrolio),
né le
migliori quotazioni raggiunte dallo iodio. Elementi di importanza limitata. Nel settore dei prodotti
agricoli, la speranza si limita a un ritorno alla situazione che esisteva nel 1970, e ad
arrivare così a ridurre le importazioni a un volume corrispondente a 350 milioni di dollari. Inoltre
sarà molto
difficile continuare a sottopagare i prodotti agricoli in quanto i prodotti agricoli sono in continuo
aumento. Quanto al riassetto della burocrazia amministrativa, esso si riduce all'estromissione di un
certo numero di
funzionari giudicati attivi nei settori e partiti di sinistra. Vittime che vanno ad aumentare il numero dei
disoccupati
ufficialmente stimato intorno al 10p.c. della manodopera totale. Quali sono i risultati di questa
politica? L'inflazione non ha cessato di galoppare. Ci sono certe tendenze a un suo
rallentamento, per comparazione con le cifre del quarto trimestre del 73 e dei primi mesi del 74, ma tutto
è
relativo. Se nel febbraio del 1974 essa raggiungeva il 380p.c., si passa, nel novembre dello stesso anno,
al 240p.c. Sul piano degli investimenti stranieri e dei crediti esterni, molte illusioni sono cadute. I
capitali migranti cercano
di piazzarsi in luoghi più sicuri di un Cile il cui regime non presenta che deboli garanzie di
stabilità e durata. Le
buone intenzioni proclamate riguardo agli investimenti stranieri non sono sufficienti a controbilanciare
la cattiva
impressione causata da un debito pubblico enorme, di cui il solo costo di interessi equivale a 700 milioni
di
dollari all'anno. L'aiuto degli Stati Uniti, del Brasile, dell'Argentina, delle banche interamericane, non ha
superato
le dimensioni di "gesti". Esso non ha raggiunto il livello dei bisogni del risanamento
economico. Quanto al "Club de Paris", che riunisce i principali creditori, non sembra desideroso di
prestare soccorso a un
governo di cattiva reputazione sul piano politico, che si è creato dei paesi supplementari
indennizzando le società
straniere nazionalizzate sotto il governo Allende, e che si è ancora più indebitato
lanciandosi in un programma
di armamento. Anche gli Stati Uniti, che secondo la loro logica strategica dovrebbero sostenere la Giunta,
non
mostrano alcun entusiasmo. E i rapporti della Banca Mondiale non sono teneri per la "leggerezza"
economica
del Cile in uniforme. Questo isolamento del governo militare sul piano internazionale è reso
più significativo dall'evoluzione dei
principali settori d'opinione nel paese. Oltre alla disoccupazione crescente, la condizione dei salariati, di
Stato
o di settori privati, si è deteriorata. E questo a scapito delle solenni promesse fatte dalla Giunta
per garantire i
vantaggi acquisiti dai lavoratori. Malgrado adeguamenti frequenti - trimestrali - dei salari e delle
retribuzioni,
per raggiungere l'aumento dei prezzi, l'indice del costo della vita (calcolato dai servizi ufficiali, dunque
sensibilmente "migliorate") (1), segnala che prendendo come base la media 100 del 1973 - la più
cattiva -, si
arriva a 94 per il 1974. Le prime cifre pubblicate per il 1975 dimostrano una nuova diminuzione del
potere
d'acquisto. Questa caduta dei salari si può verificare semplicemente osservando la vita
quotidiana molto più eloquente delle
statistiche. Questo stato di cose provoca delle manifestazioni di malcontento nelle categorie sociali
direttamente
interessate dalla capacità d'acquisto dei salari: commercianti di tutte le categorie, artigiani,
trasportatori, industriali
che producono beni di uso comune. Cioè di quegli strati della popolazione, particolarmente
numerosi nei centri
urbani, che avevano applaudito al golpe militare... Vilarin, l'organizzatore dei grandi scioperi dei
camionisti (di cui la maggior parte era proprietaria dei loro camion)
sotto il regime Allende, dichiara che la situazione della sua corporazione è altrettanto grave, nel
gennaio 1975,
di quanto non fosse nel ottobre 1972. I bottegai tentano di resistere ai controlli fiscali e i loro locali
vengono
chiusi in serie (un centinaio a Santiago). Anche i portavoce degli industriali, grandi e medi, criticano la
politica
economica della Giunta. Orlando Saenz, che fu presidente della SOFOFA (Sociedad de Fomente
Fabril), e che dirige una grande
compagnia di birrerie, lamenta amaramente: "Qualsiasi risultato deve essere valutato in funzione del suo
costo.
Per onestà e realismo si deve ammettere che questo costo consiste in un forte aumento della
disoccupazione, in
una partecipazione molto ridotta del settore dei salariati e stipendiati alla rendita nazionale, e in uno
sviluppo
molto limitato dell'economia, dovuto soprattutto alla produzione mineraria e a un migliore prezzo di
vendita nel
1974, in rapporto all'anno precedente. Confrontata con questo costo, mi pare che si possa dichiarare
senza
dubbio, che l'inflazione dell'anno scorso (1974) assume le dimensioni di uno dei più grandi
fallimenti della nostra
storia economica". (Commerciante di birra e di diverse bevande Saenz ha visto le sue vendite diminuire
del
50p.c.). È evidente che fra i sostenitori e ammiratori del golpe e i militari
golpisti, vi è un equivoco e un malinteso. Le
classi medie, professionisti, piccoli e grandi borghesi, volevano tornare al passato. A un certo passato:
quello degli
affari, delle pressioni politiche, di una democrazia di clientele, dei giochi parlamentari; non
necessariamente
opposto allo sviluppo industriale, alla modernizzazione, perfino agli interventi statali, a condizione
però che i
vantaggi fossero immediati e che il progresso si aggiungesse al resto, ma non lo scompigliasse. I
militari, volevano innanzitutto l'ordine, cioè il potere autoritario, il solo capace di "pulire" il paese
dalla
"politica", e immaginavano che la repressione sarebbe stata sufficiente a rimettere in moto la macchina
economica.
Detto altrimenti, l'opposizione alla politica della Giunta si manifesta direttamente proprio tra gli avversari
alla
politica di Allende. Questi, malcontenti dell'intervento statale su tutti i settori finanziari, industriali e
commerciali
- un intervento di stile "socialista" - si scontrano ora con un potere di Stato - di stile "nazionale" - sul
quale essi
non hanno più presa poiché tutto l'apparato politico-parlamentare è stato buttato
via... Doppiamente isolata, all'interno e all'esterno, quale destino può scegliere la Giunta?
Essa può prendere coscienza
della sua incapacità ad amministrare il paese, e cedere tutto o parte del suo potere a dei civili, che
saranno
evidentemente benpensanti, moderati, conservatori, abili economisti. Si aprirebbe così una sorta
di interregno,
un periodo di transizione - senza che si veda molto chiaramente verso cosa -. Una soluzione questa che
otterrebbe
senza alcun dubbio l'appoggio di numerosi settori democristiani e quello della maggior parte dei dirigenti
dell'ex
Unità Popolare. Ma essa può anche restare aggrappata al potere e, abbandonando
le sue illusioni sulla capacità della borghesia
cilena in materia di espansione economica, cercare di stabilire, con l'aiuto della forza, una sorta di
corporativismo
di Stato, la pianificazione dei mezzi e la mobilitazione della manodopera. Perché, come nota un
vecchio senatore
del Partito Democratico Cristiano - Ignacio Palma Videla -: "È nel settore nazionalizzato che si
sono ristabiliti,
con la disciplina, la pianificazione e i controlli - come per il rame - un recupero apprezzabile e
significativo,
almeno in termini di produzione...". Credere che l'una o l'altra di queste possibilità apra la
via al socialismo sarebbe farsi vane illusioni o, cosa più
grave, voler addormentare le loro vittime. Più serio, più difficile è contare solo
su coloro che continuano a fornire
la materia viva del sistema di sfruttamento: i lavoratori delle città e delle campagne. Considerati
dagli uni come
macchine per produrre, dagli altri come macchine per consumare. Mai come padroni del loro
destino.
S. Parane
(1) Così gli indici ufficiali non tengono conto dei costi reali degli alloggi e si basano sulle
cifre stabilite per
decreto, ma in nessun luogo applicate. La stessa cosa vale per l'assistenza medica, i contributi
previdenziali, ecc..
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