Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 39
maggio 1975


Rivista Anarchica Online

Gli anarchici non votano
di A.D.S.

Elezioni del 15 giugno: il solito imbroglio.
La presentazione da parte di A.O. e del P.d.U.P. di una lista congiunta è un ulteriore sintomo del loro progressivo avvicinamento all'area riformista - Le ragioni del nostro coerente astensionismo.

"Per una opposizione rivoluzionaria, vota Democrazia proletaria". Con questo slogan involontariamente umoristico (un'opposizione che si esprime con il voto è rivoluzionaria come un detersivo all'aceto) si presenta la nuova alleanza elettorale tra i due partitini di estrema sinistra Avanguardia Operaia e P.D.U.P.-Manifesto. Il senso dello slogan è chiaramente (?) spiegato in un loro cartello: "Un voto per affermare all'interno delle istituzioni una presenza di lotta del movimento di massa".
Niente di nuovo sotto il sole. Sono le stesse motivazioni con cui, un secolo fa i campioni del trasformismo rivoluzionario-progressista alla Andrea Costa giustificavano il loro passaggio al campo elettorale. La storia ha dimostrato in modo indiscutibile come tutte quelle motivazioni fossero solo la copertura ideologica di una fase di transizione dall'opposizione rivoluzionaria al sistema (cioè alle sue istituzioni) all'opposizione riformista nel sistema (cioè nelle sue istituzioni). Niente di sostanzialmente nuovo, eppure questa è, per quanto vale, una delle poche "novità" della campagna elettorale appena inaugurata ufficialmente (ma in realtà aperta di fatto da diversi mesi). È una "novità", solo la presenza elettorale di Avanguardia Operaia, perché il Manifesto era già presente alle elezioni del '72 (ricordate, ahinoi, la candidatura Valpreda?) così com'erano presenti il P.S.I.U.P. e l'M.P.L. dai cui rimasugli "rivoluzionari" è sorto il P.D.U.P. (son cose di ieri, ma già sembra di fare dell'archeologia). Il loro discorso dunque ha una sua "coerenza" interna. Alle elezioni per i parlamentini studenteschi, del resto, essi erano stati "coerentemente" votaioli. Avanguardia Operaia, invece, aveva sollevato un gran polverone contro i decreti delegati, in difesa della "democrazia diretta" (?). Cosicché l'osservatore superficiale avrebbe potuto ritenere che A.O. fosse contraria all'inserimento nelle istituzioni democratico-rappresentative e potrebbe oggi assistere con grande stupore al "nuovo" discorso sulla lotta all'interno delle istituzioni.
In realtà questo discorso ridimensiona il significato del loro comportamento alle elezioni scolastiche, un comportamento che già allora un osservatore smaliziato (anarchico, per esempio) avrebbe qualificato come furbescamente strumentale. Forti nel "movimento degli studenti" (cioè nella minoranza politicamente attiva) ma deboli nella massa elettorale degli studenti, essi ed altre organizzazioni marxiste-leniniste si vedevano togliere con l'urna la "rappresentanza". Perciò cercavano di contrapporre alla rappresentatività "democratica" una rappresentatività "militante". Il che sembrerebbe indiscutibile da un punto di vista rivoluzionario... se non fosse stato, appunto, un discorso strumentale, già contraddetto a pochi mesi di distanza dalla presenza alle elezioni amministrative. Come la mettiamo con la "democrazia diretta"? Perché non contrapponiamo, nella città e nei paesi, all'amministrazione elettiva, ai "parlamentini" comunali un'organizzazione alternativa di base (fatta di assemblee di caseggiato, di strada, di quartiere, fatta di delegati a rotazione) che eserciti l'unica forma legittima di partecipazione rivoluzionaria alla politica: la contestazione permanente, la lotta continua (senza alcun riferimento all'omonimo partitino)? Perché non lavoriamo, fuori e contro le istituzioni ad estendere l'autogestione della lotta, cioè l'unica forma di democrazia diretta possibile qui ed oggi?
Perché "i tempi non sono maturi", probabilmente, perché non è sufficiente il livello raggiunto dalla "coscienza di classe", probabilmente... così nel frattempo non riuscendo a fare la "politica" rivoluzionaria andiamo a fare la politica del sistema. (Ma non è quello che fa il PCI da trent'anni? Niente di nuovo).
Anche la "novità" di Democrazia Proletaria è dunque solo un ulteriore sintomo del generale e progressivo spostamento "a destra" della sinistra sedicente rivoluzionaria. Uno spostamento che ne fa sempre più una specie di "PCI dei giovani".
È sui giovani, infatti che punta tutte le sue speranze l'alleanza elettorale "rivoluzionaria", su quella fascia di giovani dai diciotto ai ventun'anni che per la prima volta in Italia sono chiamati alle urne. È noto infatti che la base di forza degli "extra-parlamentari" (è da dirsi ormai tra virgolette: chissà che, diciottenni permettendo, non possano diventare mini-parlamentari nel '75) sono le scuole medie superiori. È sugli studenti, sulle centinaia di migliaia di nuovi voti che gli studenti rappresentano, che Democrazia Proletaria fa soprattutto affidamento per raccogliere quel tre percento di voti cui aspira, quel milioncino di croci che le servono per darsi una rispettabilità politica nel sistema.
Quella del voto giovanile è un'altra novità di queste consultazioni. Vedremo come risponderanno i diciottenni a questo tentativo di integrare la loro rivolta, di deviare in canali istituzionali la loro carica di combattività. Vedremo come risponderanno non solo gli studenti medi, ma anche e soprattutto i giovani lavoratori, che sono stati in prima fila in tutte le lotte degli ultimi anni... Vedremo quanti di essi sapranno rispondere con il pernacchio dell'astensione alla lusinga della partecipazione "democratica" alla cogestione del sistema.
Altre novità, per ora almeno, la campagna elettorale non ne presenta. La DC, come previsto, è tutta lanciata sul tema conduttore dell'ordine pubblico. Scrivevamo in proposito, sul numero di marzo della rivista ("La paura strumentalizzata", A 36) che il "senso di sicurezza (e quindi bisogno d'ordine) è particolarmente sviluppato oggi nel ceto medio e raggiunge limiti patologici propri in quella piccola borghesia e piccola burocrazia oggettivamente prossima agli sfruttati e psicologicamente prossima agli sfruttatori"; "meno sensibile ma non insensibile a questo trucco emotivo è la classe operaia"; "particolarmente sensibili le donne". Il trucco dell'ordine pubblico, cioè, funziona per una larga fascia di elettorato, su cui la DC sta lavorando pesantemente, soprattutto attraverso il potente strumento propagandistico della televisione. I risultati di alcuni sondaggi pre-elettorali sembrano indicare che la campagna fanfaniana sta ottenendo qualche successo. L'ossessione dell'ordine pubblico risulta, da questi sondaggi, estesa a quasi metà della popolazione (il 46p.c. degli elettori giudicherebbe la "criminalità comune e politica" come la preoccupazione cui sono più sensibili, mentre solo il 18p.c. ha indicato come problema più grave l'inflazione e la crisi!). L'editorialista politico di Mondo Economico (un settimanale "vicino" alla confindustria lombarda!), Petracca, ha chiamato queste elezioni "il voto della paura", stigmatizzando la forsennata impostazione terroristica della propaganda DC.
Come conseguenza, sempre secondo i sondaggi d'opinione, parrebbe che la prevista emorragia di voti democristiani vada ridimensionandosi (non più del 2-3 percento, forse meno). Così, grazie alle storture psicologiche dell'italiano medio ed alla sua struttura caratteriale malata di insicurezza, il "bisogno d'ordine" premierebbe i principali responsabili del disordine, della violenza, dei furti, degli scandali...
La psicosi dell'"ordine" è talmente diffusa che socialisti e comunisti non hanno voluto giocarsi un po' di voti del ceto medio contrastando sostanzialmente la fanfaniana legge liberticida che è passata in questi giorni in Parlamento, con una resistenza pro-forma dei socialisti (recalcitranti, ma alla fin fine favorevoli) ed una opposizione pro-forma dei comunisti (contrari ma "ragionevoli" e non ostruzionisti).
Se la DC si presenta alle elezioni con un bel programma Law and Order (legge e ordine come dicono gli americani), il PCI si presenta con un bel programma... antifascista e anti-fanfaniano (non anti-democristiano, no! con i democristiani devono - vogliono - fare il compromesso). Il PSI si barcamena come al solito tra governo ed opposizione. Il M.S.I., persa la baldanzosità aggressiva degli anni scorsi, piagnucola sulla difensiva le solite scemenze.
Tutti i partiti si sono sinora bellamente astenuti dal parlare di problemi amministrativi, ma neppure questa è una novità. È piuttosto una caratteristica tradizionale delle elezioni amministrative italiane: esse sono elezioni politiche di seconda classe. Del resto è giusto. Le amministrazioni locali non sono che un aspetto periferico del potere. I consigli regionali, provinciali e comunali non sono che dei parlamentini, le giunte sono mini-governi che controllano mini-sottogoverni di poltrone e mangiatoie in enti locali, imprese pubbliche, eccetera. Politica di seconda classe, appunto.

A.D.S.