Rivista Anarchica Online
Reale peggio di Rocco
di P.F.
Ordine pubblico
Le leggi sull'ordine pubblico, approvate in questi giorni dal
Parlamento, costituiscono un complesso organico
di norme, senza precedenti nella storia della legislazione italiana: possono fondatamente essere
considerate
più fasciste dello stesso codice fascista Rocco. Da una parte, infatti, esse dotano la polizia di
poteri
assolutamente arbitrari, dall'altra si preoccupano di concedere alla polizia stessa il massimo di
impunità.
Così l'avvocato Francesco Piscopo entra subito nel merito del tema: le conseguenze pratiche
dell'avvenuta
approvazione della "legge Reale". Piscopo - che i nostri lettori già conoscono, avendolo noi
intervistato
all'indomani del suo ritorno da Madrid, dove aveva assistito ad un processo contro quattro
anarco-sindacalisti
spagnoli (cfr. "A" 36) - è uno dei legali "di punta" di molti processi che in questi ultimi anni
hanno avuto come
imputati militanti della sinistra rivoluzionaria (fra l'altro è nel collegio di difesa di Marini): il suo
parere di
avvocato-militante, esperto per lunga pratica della repressione poliziesco-giudiziaria, è certamente
utile per
comprendere fin d'ora le conseguenze pratiche conseguenti all'approvazione della "legge
Reale". Lo stesso Reale - prosegue Piscopo - nella sua relazione in Parlamento
ha affermato che vi è l'esigenza di
impedire che gli appartenenti alle forze dell'ordine siano esposti al pericolo, al rischio di processi penali;
e ciò, nonostante che lo stesso Reale d'abbia autorevolmente confermato che i processi finora
svoltisi contro
agenti di PS o carabinieri si sono regolarmente protratti a lungo e soprattutto si sono sempre conclusi a
favore delle forze dell'ordine. D'ora in poi, comunque, simili processi non si dovranno nemmeno
iniziare. Una volta garantita, sempre e comunque, l'impunità delle forze dell'ordine
la "legge Reale" si preoccupa di
sottolineare continuamente l'assoluta discrezionalità del comportamento della polizia, la
quale - sottolinea
Piscopo - è autorizzata ad intervenire non perché abbia prove o fondati indizi che
siano stati commessi dei
reati, ma semplicemente sulla base del sospetto che dei reati siano stati commessi o possano commettersi.
Si
tende non solo ad autorizzare in ogni caso l'intervento del poliziotto, quando lui stesso lo decida, ma
anche
ad evitare che ci sia un controllo preventivo di qualsiasi genere da parte della
magistratura. Prima di passare all'esame di singoli aspetti della legge liberticida, Piscopo ci
tiene a chiarire il suo giudizio
globale: questa normativa - afferma - mira puramente e semplicemente a prevenire
la lotta di classe nei limiti
in cui ciò è possibile. L'obiettivo principale di questa legge è dunque quello di
colpire tutti gli spazi di
agibilità politica che il movimento popolare si è conquistato. La tanto sbandierata
esigenza di "prevenire"
i reati non è che un pretesto propagandistico, dal momento che è noto che la polizia
italiana è quella che
scopre il maggior numero di reati grazie ai confidenti e solo a loro. Passando poi all'esame
delle singole disposizioni di legge, il mio interlocutore rileva come molte siano in stridente
contrasto con il dettato costituzionale: per esempio, la legge autorizza la polizia ad intervenire per
procedere a
perquisizioni sia sulle auto sia sulla persona nel corso di operazioni di polizia e "ove - dice la legge -
ricorrano
condizioni di necessità ed urgenza, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di armi e di
strumenti di
effrazione". Questo tipo di strumentazione, proprio perché basato sul sospetto,
sarà usato contro gli operai,
contro gli studenti, contro i quali si potrà sempre intervenire quando lo si vorrà,
bloccando e provocando
le loro manifestazioni. Prendiamo per esempio il caso dei lavoratori che attuano i picchetti: mentre nelle
grosse fabbriche la classe operaia potrà presumibilmente difendere questo suo importante
strumento di lotta,
in quelle piccole, e comunque dove i rapporti di forza siano a favore delle forze dell'ordine, i lavoratori
potranno subito essere arrestati. Di eccezionale gravità è poi l'autorizzazione
concessa alla polizia di sparare (e quindi di assassinare) nel caso in
cui - si dice - il poliziotto debba impedire il compimento di una serie di reati. Ancora una
volta - sottolinea
Piscopo - è sulla base di un suo personale sospetto che il poliziotto viene autorizzato ad
intervenire anche
con le armi, il che significa che il poliziotto avrà già giudicato, deciso ed eseguito la sua
condanna, al di
fuori di qualsiasi intervento della magistratura. Tra ai reati da impedire a tutti i costi
(per cui viene quindi autorizzato sempre l'uso delle armi) vi sono i
disastri aerei e ferroviari. Evidentemente in questo caso si autorizza la polizia a sparare ogni qual volta
un
gruppo di operai, com'è spesso accaduto, effettui un blocco ferroviario per attirare l'attenzione
sui propri
problemi. Il poliziotto che sparerà contro i dimostranti potrà sempre dire di averlo fatto
per evitare un
disastro ferroviario! Un altro aspetto di questa terrificante legge - prosegue
Piscopo - è l'estensione del fermo giudiziario, che
viene ritenuto possibile anche al di fuori dei casi di flagranza, "quando vi sia fondato sospetto di fuga e
sufficienti indizi di delitto". In pratica, non solo è estesa la possibilità del fermo
giudiziario per un enorme
numero di reati, postoché basta che i reati siano punibili con almeno sei anni di reclusione
(cioè
praticamente tutti i reati che sono di competenza del tribunale), ma soprattutto la possibilità del
fermo è
legata al fatto che il poliziotto abbia fondato sospetto di fuga. Da che cosa potrà essere motivato
tale
sospetto? Da niente: di sospetto si tratta, tale rimane. In realtà al poliziotto viene data la
possibilità di
intervenire come e quando crede. L'abrogazione della cosiddetta "legge Valpreda", che
autorizza la concessione della libertà provvisoria anche per
reati che richiedono il mandato di cattura obbligatorio, si ritorcerà anch'essa contro i lavoratori:
si pensi al reato
di "sequestro di persona", tanto spesso contestato ai lavoratori che, nel corso di cortei interni di protesta,
hanno
obbligato alcuni dirigenti a discutere con loro ed a sentire anche le loro ragioni. Più di una volta
è successo che
tali dirigenti hanno poi sporto denuncia per "sequestro di persona", appunto. Con la "legge Reale" il
lavoratore
cui verrà contestato tale "reato" sarà immediatamente incarcerato e non potrà
nemmeno sperare nella libertà
provvisoria. Vi è poi il divieto di partecipare alle manifestazioni con il casco, che di per se
stesso uno strumento difensivo;
l'estensione delle misure anti-mafia (compreso il confino di polizia) a "chi trama la sovversione contro
gli
ordinamenti democratici". Quest'ultima misura in particolare è stata presentata dalla sinistra
riformista come atta
a colpire i neofascisti, nel contesto più generale dell'intera normativa sull'ordine pubblico, anche
essa definita
antifascista. Si tratta - sostiene Piscopo - di un'evidente mistificazione: al confino
ci andranno molti
compagni e forse qualche fascista. Più in generale, poi, come si concilia l'entusiasmo dei missini
in favore
della "legge Reale" con il preteso carattere antifascista della stessa? Al di là dell'analisi
degli effetti pratici della "legge Reale", il discorso ritorna sulle questioni più generali: ordine
pubblico, legalità borghese, antifascismo di regime, ecc. Piscopo osserva che la definizione di
"ordine pubblico"
data dai giuristi borghesi (interesse generale, bene comune, pace sociale, tranquillità pubblica,
ecc.) sia
chiaramente funzionale al mantenimento dell'attuale sistema di oppressione e di sfruttamento da parte
delle classi
dominanti, poiché è evidente che solo le classi subalterne, nei limiti in cui tendono a
cambiare le cose, "turbano"
l'ordine pubblico. Altrettanto mistificante è la concezione della sinistra riformista, che propone
la salvaguardia
dell'"ordine democratico", come se un'ideologia interclassista potesse di per sé stessa sanare i
motivi che
veramente turbano "l'ordine pubblico": cioè lo sfruttamento generalizzato, la politica delle stragi
pianificate dai
padroni, le migrazione forzata di milioni di lavoratori, le palesi ingiustizie della società
capitalistica. La connivenza della sinistra riformista con la "legge Reale" - conclude
Piscopo - dimostra che non è certo
una svolta in senso fascista quella che sta avvenendo, quanto nella direzione di una "democrazia forte",
per
meglio difendere gli interessi dei padroni contro la crescita di coscienza e le lotte autonome degli
sfruttati.
P.F.
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