Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 39
maggio 1975


Rivista Anarchica Online

Reale peggio di Rocco
di P.F.

Ordine pubblico

Le leggi sull'ordine pubblico, approvate in questi giorni dal Parlamento, costituiscono un complesso organico di norme, senza precedenti nella storia della legislazione italiana: possono fondatamente essere considerate più fasciste dello stesso codice fascista Rocco. Da una parte, infatti, esse dotano la polizia di poteri assolutamente arbitrari, dall'altra si preoccupano di concedere alla polizia stessa il massimo di impunità. Così l'avvocato Francesco Piscopo entra subito nel merito del tema: le conseguenze pratiche dell'avvenuta approvazione della "legge Reale". Piscopo - che i nostri lettori già conoscono, avendolo noi intervistato all'indomani del suo ritorno da Madrid, dove aveva assistito ad un processo contro quattro anarco-sindacalisti spagnoli (cfr. "A" 36) - è uno dei legali "di punta" di molti processi che in questi ultimi anni hanno avuto come imputati militanti della sinistra rivoluzionaria (fra l'altro è nel collegio di difesa di Marini): il suo parere di avvocato-militante, esperto per lunga pratica della repressione poliziesco-giudiziaria, è certamente utile per comprendere fin d'ora le conseguenze pratiche conseguenti all'approvazione della "legge Reale".
Lo stesso Reale - prosegue Piscopo - nella sua relazione in Parlamento ha affermato che vi è l'esigenza di impedire che gli appartenenti alle forze dell'ordine siano esposti al pericolo, al rischio di processi penali; e ciò, nonostante che lo stesso Reale d'abbia autorevolmente confermato che i processi finora svoltisi contro agenti di PS o carabinieri si sono regolarmente protratti a lungo e soprattutto si sono sempre conclusi a favore delle forze dell'ordine. D'ora in poi, comunque, simili processi non si dovranno nemmeno iniziare.
Una volta garantita, sempre e comunque, l'impunità delle forze dell'ordine la "legge Reale" si preoccupa di sottolineare continuamente l'assoluta discrezionalità del comportamento della polizia, la quale - sottolinea Piscopo - è autorizzata ad intervenire non perché abbia prove o fondati indizi che siano stati commessi dei reati, ma semplicemente sulla base del sospetto che dei reati siano stati commessi o possano commettersi. Si tende non solo ad autorizzare in ogni caso l'intervento del poliziotto, quando lui stesso lo decida, ma anche ad evitare che ci sia un controllo preventivo di qualsiasi genere da parte della magistratura.
Prima di passare all'esame di singoli aspetti della legge liberticida, Piscopo ci tiene a chiarire il suo giudizio globale: questa normativa - afferma - mira puramente e semplicemente a prevenire la lotta di classe nei limiti in cui ciò è possibile. L'obiettivo principale di questa legge è dunque quello di colpire tutti gli spazi di agibilità politica che il movimento popolare si è conquistato. La tanto sbandierata esigenza di "prevenire" i reati non è che un pretesto propagandistico, dal momento che è noto che la polizia italiana è quella che scopre il maggior numero di reati grazie ai confidenti e solo a loro.
Passando poi all'esame delle singole disposizioni di legge, il mio interlocutore rileva come molte siano in stridente contrasto con il dettato costituzionale: per esempio, la legge autorizza la polizia ad intervenire per procedere a perquisizioni sia sulle auto sia sulla persona nel corso di operazioni di polizia e "ove - dice la legge - ricorrano condizioni di necessità ed urgenza, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di armi e di strumenti di effrazione". Questo tipo di strumentazione, proprio perché basato sul sospetto, sarà usato contro gli operai, contro gli studenti, contro i quali si potrà sempre intervenire quando lo si vorrà, bloccando e provocando le loro manifestazioni. Prendiamo per esempio il caso dei lavoratori che attuano i picchetti: mentre nelle grosse fabbriche la classe operaia potrà presumibilmente difendere questo suo importante strumento di lotta, in quelle piccole, e comunque dove i rapporti di forza siano a favore delle forze dell'ordine, i lavoratori potranno subito essere arrestati.
Di eccezionale gravità è poi l'autorizzazione concessa alla polizia di sparare (e quindi di assassinare) nel caso in cui - si dice - il poliziotto debba impedire il compimento di una serie di reati. Ancora una volta - sottolinea Piscopo - è sulla base di un suo personale sospetto che il poliziotto viene autorizzato ad intervenire anche con le armi, il che significa che il poliziotto avrà già giudicato, deciso ed eseguito la sua condanna, al di fuori di qualsiasi intervento della magistratura.
Tra ai reati da impedire a tutti i costi (per cui viene quindi autorizzato sempre l'uso delle armi) vi sono i disastri aerei e ferroviari. Evidentemente in questo caso si autorizza la polizia a sparare ogni qual volta un gruppo di operai, com'è spesso accaduto, effettui un blocco ferroviario per attirare l'attenzione sui propri problemi. Il poliziotto che sparerà contro i dimostranti potrà sempre dire di averlo fatto per evitare un disastro ferroviario!
Un altro aspetto di questa terrificante legge - prosegue Piscopo - è l'estensione del fermo giudiziario, che viene ritenuto possibile anche al di fuori dei casi di flagranza, "quando vi sia fondato sospetto di fuga e sufficienti indizi di delitto". In pratica, non solo è estesa la possibilità del fermo giudiziario per un enorme numero di reati, postoché basta che i reati siano punibili con almeno sei anni di reclusione (cioè praticamente tutti i reati che sono di competenza del tribunale), ma soprattutto la possibilità del fermo è legata al fatto che il poliziotto abbia fondato sospetto di fuga. Da che cosa potrà essere motivato tale sospetto? Da niente: di sospetto si tratta, tale rimane. In realtà al poliziotto viene data la possibilità di intervenire come e quando crede.
L'abrogazione della cosiddetta "legge Valpreda", che autorizza la concessione della libertà provvisoria anche per reati che richiedono il mandato di cattura obbligatorio, si ritorcerà anch'essa contro i lavoratori: si pensi al reato di "sequestro di persona", tanto spesso contestato ai lavoratori che, nel corso di cortei interni di protesta, hanno obbligato alcuni dirigenti a discutere con loro ed a sentire anche le loro ragioni. Più di una volta è successo che tali dirigenti hanno poi sporto denuncia per "sequestro di persona", appunto. Con la "legge Reale" il lavoratore cui verrà contestato tale "reato" sarà immediatamente incarcerato e non potrà nemmeno sperare nella libertà provvisoria.
Vi è poi il divieto di partecipare alle manifestazioni con il casco, che di per se stesso uno strumento difensivo; l'estensione delle misure anti-mafia (compreso il confino di polizia) a "chi trama la sovversione contro gli ordinamenti democratici". Quest'ultima misura in particolare è stata presentata dalla sinistra riformista come atta a colpire i neofascisti, nel contesto più generale dell'intera normativa sull'ordine pubblico, anche essa definita antifascista. Si tratta - sostiene Piscopo - di un'evidente mistificazione: al confino ci andranno molti compagni e forse qualche fascista. Più in generale, poi, come si concilia l'entusiasmo dei missini in favore della "legge Reale" con il preteso carattere antifascista della stessa?
Al di là dell'analisi degli effetti pratici della "legge Reale", il discorso ritorna sulle questioni più generali: ordine pubblico, legalità borghese, antifascismo di regime, ecc. Piscopo osserva che la definizione di "ordine pubblico" data dai giuristi borghesi (interesse generale, bene comune, pace sociale, tranquillità pubblica, ecc.) sia chiaramente funzionale al mantenimento dell'attuale sistema di oppressione e di sfruttamento da parte delle classi dominanti, poiché è evidente che solo le classi subalterne, nei limiti in cui tendono a cambiare le cose, "turbano" l'ordine pubblico. Altrettanto mistificante è la concezione della sinistra riformista, che propone la salvaguardia dell'"ordine democratico", come se un'ideologia interclassista potesse di per sé stessa sanare i motivi che veramente turbano "l'ordine pubblico": cioè lo sfruttamento generalizzato, la politica delle stragi pianificate dai padroni, le migrazione forzata di milioni di lavoratori, le palesi ingiustizie della società capitalistica.
La connivenza della sinistra riformista con la "legge Reale" - conclude Piscopo - dimostra che non è certo una svolta in senso fascista quella che sta avvenendo, quanto nella direzione di una "democrazia forte", per meglio difendere gli interessi dei padroni contro la crescita di coscienza e le lotte autonome degli sfruttati.

P.F.