Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 38
aprile 1975


Rivista Anarchica Online

L'anarchismo iberico tra guerra e rivoluzione
di Mirko Roberti

La grande lezione storica del 1936-'39.
Il rapporto fra avanguardia rivoluzionaria e masse popolari, fra movimento specifico e organizzazione sindacale, il problema delle alleanze tattiche e strategiche sia di natura sociale che ideologica, i problemi posti al processo dalle contingenze immediate: questi alcuni dei nodi che il movimento anarchico spagnolo si è trovato a dover affrontare e risolvere nel corso della rivoluzione, stroncata dal franchismo e pugnalata alle spalle dallo stalinismo.

A distanza di quarant'anni l'esperienza storica della Rivoluzione Spagnola non ha ancora trovato, dal punto di vista dell'anarchismo, un discorso critico che riassuma teoricamente tutta la tematica inerente alla ricchezza della sua complessità quantitativa e qualitativa. Sebbene vi sia a questo proposito una grande e varia letteratura, a cominciare dalla monumentale e fondamentale opera di Peirats (1), i problemi posti dalla Rivoluzione Spagnola sono ancora in parte irrisolti salvo alcune risposte soddisfacenti peraltro estremamente critiche (2).
Questa incompiutezza storiografica non trova la sua spiegazione solo nei tanti motivi di carattere tecnico-contingentale - come, per esempio, la mancanza di una completa documentazione sulle collettività (3), oppure l'impossibilità per ora di accedere agli archivi della C.N.T.-F.A.I. depositati all'Istituto di Storia Sociale di Amsterdam - ma anche dal fatto che la ha Rivoluzione Spagnola, portando a compimento alcuni nodi storici di carattere generale, trascende i confini spazio-temporali del suo avvenimento. Essa infatti si pone, a nostro avviso, come quell'esperienza che ha riassunto e concretizzato tutti i maggiori problemi teorici e ideologici, tattici e strategici, posti e maturati dal movimento complessivo degli sfruttati dell'epoca moderna, vale adire quei problemi che trovarono nella Prima Internazionale la loro iniziale formulazione.
Per questo motivo essa rappresenta un modello generale concreto che ha contemporaneamente verificato ed espresso, nella sua drammatica sequenza, da una parte tutta la tensione eroica, passionale e scientifica dell'auto-emancipazione popolare, dall'altra tutte le molteplici ed eterogenee risorse della controrivoluzione segnate dalla comune e universale matrice autoritaria.
Tenendo presenti queste premesse appare evidente la modestia del nostro discorso che è teso qui solo a indicare una traccia metodologica generale che enuclei i temi fondamentali e i loro rapporti con la continuità storica accennata.
Abbiamo detto sopra che alcuni problemi presenti sin dalla Prima Internazionale e maturati nel corso della storia del movimento operaio, hanno trovato la loro completa verifica pratica nella Rivoluzione Spagnola. Essa pertanto ha espresso, nella sua particolare concretizzazione, tutti i nodi problematici propri della lotta generale degli sfruttati: il rapporto fra avanguardia rivoluzionaria e masse popolari, fra movimento specifico e organizzazione sindacale, il problema delle alleanze tattiche e strategiche sia di natura sociale che ideologica, e quindi il confronto inevitabile con il movimento marxista-leninista, i termini imprescindibili posti dalle contingenze immediate (quelli tecnico-militari della guerra) paralleli e dipendenti rispetto a quelli posti dalla Rivoluzione Sociale, le implicazioni e la verifica della reale portata dell'internazionalismo proletario, la dimensione creativa dell'autogestione e i tentativi pluralistici della sua costruzione, questi ed altri temi e problemi sono qui tutti ricondotti al centro unificatore del rapporto generale fra fini e mezzi.
A questi problemi di carattere generale va aggiunto il quadro propriamente particolare della Rivoluzione Spagnola. Non bisogna infatti dimenticare che essa si innesta in un paese dove l'anarchismo è, per un complesso di fattori storici riassunti "istituzionalmente" nella sua organizzazione sindacale (la C.N.T.), un movimento di massa con una tradizione storica profondamente radicata nella vita popolare e quindi partecipe di tutte le sequenze della sua lotta, delle avanzate e degli arretramenti del movimento operaio e contadino, del movimento complessivo cioè delle classi inferiori iberiche (4).
Ora, se assumiamo il punto di vista proprio dell'anarchismo nel senso di riconoscere ed affermare che esso esprime, rappresenta e difende a tutti livelli, più di qualsiasi altro movimento rivoluzionario, le tendenze universalmente emancipatrici delle classi inferiori, si deve dire che qui assistiamo, per la prima volta in modo quasi compiuto nel corso della storia umana, al gigantesco tentativo collettivo di auto-emancipazione popolare. Gigantesco per la convergenza collettiva e obiettivamente constatabile degli sforzi comuni per la prima volta in modo quasi compiuto perché questa tensione era ispirata e orientata ideologicamente e quindi interiorizzata in modo consapevole.
Tale consapevolezza praticata per decenni secondo schemi e valori comunitari (5), difesa e sviluppata sul terreno della lotta quotidiana, costituisce la caratteristica propria dell'anarchismo spagnolo e quindi, di riflesso, la caratteristica propria della rivoluzione iniziata il 19 luglio 1936.
Infatti la versione iberica esprimendo a livelli di massa i caratteri peculiari dell'anarchismo - tramite le sue organizzazioni - ci pone di fronte ad una situazione storica estremamente complessa: contemporaneamente al suo sviluppo quantitativo (diffusione ed estensione della F.A.I.-C.N.T., aumento vertiginoso dei suoi aderenti), assistiamo paradossalmente ad un immiserimento qualitativo dei suoi tratti, delle sue tendenze e delle sue aspirazioni universali (6). In altri termini man mano che le organizzazioni anarchiche crescono e si estendono durante il processo rivoluzionario, si immiseriscono e si restringono - quasi proporzionalmente - i loro rapporti con i valori universali dell'anarchismo sia di natura etica che scientifica: la partecipazione di alcuni "anarchici" al governo o la resa di fronte alle manovre controrivoluzionarie dei comunisti nelle giornate di maggio del '37 a Barcellona (7), non rappresentano che gli esempi più clamorosi, perché più noti, della generale condotta suicida delle organizzazioni F.A.I.-C.N.T. rispetto alle possibilità operative aperte dalla forza storica dell'anarchismo spagnolo (8).
Questo progressivo abbandono del patrimonio teorico-ideologico universalmente accettato, praticato e sviluppato dal movimento anarchico internazionale, fa emergere e spiega la contraddizione fra i due aspetti dell'universalità sopra accennata. Tale contraddizione, quella quantitativa della diffusione ed estensione delle organizzazioni storiche, e quella qualitativa dell'impoverimento del sapere e dei valori rivoluzionari dell'anarchismo, costituisce l'oggetto di una analisi che, per la sua importanza, supera gli ambiti contingenti dell'avvenimento spagnolo.
La sua dimensione è tale da suggerirci alcune interpretazioni che spieghino per esteso il generale rapporto del problema fra fini e mezzi, qui, nella Rivoluzione Spagnola, riassunto e concretizzato globalmente nella falsa scelta strategica fra guerra e rivoluzione, fra fronte popolare e autonomia libertaria, fra antifascismo e antiautoritarismo. L'aver scelto e praticato progressivamente tutti i primi termini di questo dilemma (guerra, fronte popolare, antifascismo) a scapito dei secondi (rivoluzione, autonomia libertaria, antiautoritarismo), l'aver accettato passivamente la realtà storica così come essa contingentemente appariva, e non avere invece praticato quella possibile del progetto anarchico, e quindi non aver compreso che proprio quest'ultima - quella della possibilità rivoluzionaria - appunto perché universalmente tale, comprendeva, spiegava, ricreava la realtà storica secondo i tempi delle scadenze rivoluzionarie, l'aver insomma sostituito all'universalità antistorica perché rivoluzionaria dell'anarchismo, la sfavorevole contingenza storica.
Di contro a riaffermare tutti secondi termini di questa drammatica contrapposizione, a riaffermare cioè tutto il patrimonio teorico-ideologico dell'anarchismo, praticandolo nella realtà storica del momento, rimane la tenace, complessa e articolata collettività anarchica popolare: le decine, le centinaia, le migliaia di anonimi militanti che al fronte come nelle collettività creano, costruiscono e ricostruiscono giorno dopo giorno, fra mille difficoltà tecniche e materiali, fra il sistematico sabotaggio dei controrivoluzionari comunisti, fra l'attacco nazi-fascista il tradimento di buona parte della sinistra legalitaria, circondati da tutte le parti dalle eterogenee forze della contro rivoluzione qui obiettivamente confluenti perché segnate dalla comune e universale matrice autoritaria, creano, costruiscono e ricostruiscono dicevamo, la più grande, tragica e concreta testimonianza del riscatto umano dell'emancipazione integrale: è il momento più alto raggiunto dall'uomo nel corso della sua millenaria lotta per la libertà e l'eguaglianza universale. La creatività autogestionaria della Catalogna, le collettività dell'Aragona e del Levante, il popolo in armi, la guerra rivoluzionaria, la pratica del comunismo libertario, la ricchezza e la pluralità degli esperimenti libertari, la forza contagiosa e straordinaria dell'abnegazione e delle esempio, la realizzazione immediata delle condizioni possibili e quindi il tentativo di forzare il passaggio dai tempi storici ai tempi rivoluzionari: ecco la grandezza del movimento anarchico spagnolo.
La contrapposizione all'interno del movimento anarchico spagnolo dei due momenti, quello dell'accettazione inerte dei tempi storici è quello opposto del tentativo di praticare fino in fondo quelli rivoluzionari, l'obiettiva frattura fra "dirigenze anarchiche" e masse popolari o, in termini più precisi, fra gli ambiti e le strutture organizzative della C.N.T.-F.A.I. e l'autonomia e la creatività libertaria, testimoniano la capacità di quest'ultimo di rappresentare per intero, qui drammaticamente proiettata in una dimensione titanica, l'universalità storica dei problemi rivoluzionari di ogni ordine e grado, vale adire dell'emancipazione integrale dell'uomo: l'anarchismo spagnolo esprimendo il meglio e il peggio dell'anarchismo ha per intero la possibilità di verificare e valutare se stesso tramite questa sua esperienza.

Questo vuol dire che la complessità della Rivoluzione Spagnola può esser interpretata e spiegata per intero, per quel tanto che interessa dal punto di vista dell'anarchismo - vale a dire dal punto di vista dell'emancipazione universale - tramite l'anarchismo stesso.
Questa capacità comprensiva da parte dell'anarchismo va dimostrata storicamente assumendo per intero il suo punto di vista già accennato sopra: il presupposto scontato che esso esprima, rappresenti e difenda a tutti livelli, più di qualsiasi altro movimento rivoluzionario, le tendenze universalmente emancipatrici delle classi inferiori. In questo senso la possibilità analitica e valutativa di verificare se stesso si svolge tramite il confronto con la sua versione, esperienza ed espressione spagnola, che significa qui la facoltà, in sede di riflessione teorica, di scindere i suoi postulati "universali" dalle loro concretizzazione storiche "particolari", la possibilità insomma da parte dell'anarchismo tout court di giudicare quello spagnolo e con esso la rivoluzione del '36-'39.
Ora, il postulato fondamentale dell'anarchismo è dato dalla valutazione che ciò che decide innanzitutto la destinazione storica (nel senso di avvicinamento o di allontanamento verso la libertà e l'uguaglianza) di una classe o di un movimento sociale è l'adozione e la pratica di una serie di mezzi di per se stessi più o meno libertari o autoritari che sono, in un certo senso, indifferenti rispetto al soggetto storico sfruttato che li usa. Quando gli anarchici cent'anni fa prevedevano, per esempio, che lo Stato socialista sarebbe rimasto prima di tutto uno Stato, ovvero che il primo termine era strutturalmente indipendente rispetto alla sovrapposizione storica del secondo e che quindi in ultima analisi ogni autorità è tale ed esiste (se sussistono certe strutture) autonomamente dal soggetto storico che l'ha impersona, dicevano e dimostravano l'impossibilità di superare e distruggere le disuguaglianze e lo sfruttamento da parte di qualsiasi classe sociale o movimento ideologico, se questi ultimi usavano mezzi autoritari.
Gli anarchici al governo in Spagna hanno dimostrato questo: neppure loro, gli anarchici, con il loro programma ideologico possono cambiare la natura del governo; la militarizzazione in Spagna ha dimostrato questo: neppure la presenza e la partecipazione degli anarchici a tale irreggimentazione possono fermare la pietrificazione autoritaria di questo processo; la pratica in Spagna del fronte popolare al posto della lotta antiautoritaria ha dimostrato questo: che le forze reazionarie e controrivoluzionarie non si valutano per la loro ispirazione ideologica o per la loro espressione sociale, ma dall'universale matrice autoritaria che le segna irrimediabilmente oltre le loro particolari vicende storiche (che differenza c'era fra un attacco fascista o un attacco comunista alle collettività e alla soppressione fisica dei suoi membri?); la scelta in Spagna della guerra al posto della rivoluzione ha dimostrato questo: che ogni guerra anche se combattuta da anarchici è prima di tutto un fatto oggettivamente autoritario (e la guerra infatti fu persa appunto perché non si fece fino in fondo la rivoluzione); l'organizzazione parapartitica di ispirazione arscinovista adottata dalla F.A.I. dopo il '37 in Spagna ha dimostrato questo: che un'organizzazione tendenzialmente autoritaria o equivocamente libertaria anche se fatta e praticata da anarchici rimane anzi tutto un'organizzazione non anarchica e che pertanto nessuna crescita quantitativa può compensare la perdita qualitativa dell'autentica forza rivoluzionaria; l'abbandono parziale e progressivo delle elementari verità anarchiche sul rapporto mezzi-fine ha dimostrato infine proprio questo: che neppure gli anarchici possono travisare la scienza della libertà da loro stessi costruita.

Mirko Roberti

NOTE

(1) Cfr. J.PEIRATS La CNT en la revulociòn española, Paris, Ruedo Iberico, 1971

(2) Si veda l'opera di V. RICHARDS, Insegnamenti della Rivoluzione Spagnola. Pistoia, Vallera, 1974.

(3) A questo proposito è indispensabile consultare G. LEVAL, Espagne Libertaire, Paris, Editions de la Tête de Feuillers, 1971; e F. MINTZ, L'autogestion dans l'Espagne révolutionnaire, Paris, Bélibaste, 1970.

(4) Cfr. M. NETTLAU, La Premiére Internationale en Spagne (1868-1888), Dordrecht Holland, 1971: A. LORENZO. El proletariado militante, Toulouse, Editorial del movimento libertario español CNT en Francia, 1946.

(5) Per una ricostruzione dell'ambiente, dei sentimenti e del clima spirituale e politico del movimento anarchico spagnolo, di come cioè fu inteso e praticato dai suoi militanti si veda per esempio G. BRENAN, Storia della Spagna 1874-1936, Torino, Einaudi, 1970, pp. 128-192.

(6) Basti pensare ai metodi organizzativi adottati dalla F.A.I. dopo il Plenum dei Comitati Regionali tenutosi a Valenza nel luglio del 1937. Al posto del gruppo di affinità sorgeva il gruppo geografico, per distretto e sobborgo. Questa chiara involuzione parapartitica portò come risultato immediato ad un aumento considerevole dei suoi aderenti; lo stesso discorso, per un altro verso, si può fare per la C.N.T. che riuscì nel giro di due anni, grazie alla sua politica "collaborazionista", quasi a triplicare i suoi scritti: da un milione circa a due milioni e mezzo. Cfr. J. PEIRATS , La C.N.T. en la..., Tomo 2, pp.241-256; V. RICHARDS, Insegnamenti della Rivoluzione..., p. 37.

(7) Cfr. a questo proposito M. SIGNORINO, Il massacro di Barcellona, Milano, Fratelli Fabbri Editori, 1973.

(8) Non bisogna dimenticare che nei primi giorni della rivoluzione "tutto ciò che rimaneva nominalmente nelle mani del Governo Centrale era la riserva aurea, la seconda, in ordine di entità, del mondo: 2.259 milioni di pesetas oro. Nessun tentativo fece la C.N.T. per impadronirsene. Si ripetette l'errore dei rivoluzionari al tempo della Comune di Parigi, i quali rispettarono la proprietà delle Banche "A cominciare dal 20 luglio, scrive Santillan, mettemmo delle guardie improvvisate nelle banche, ai depositi di sicurezza e alle agenzie di pegno ". Come avrebbe dovuto essere riconoscente agli anarchici, il Governo Centrale per la loro svista, o vista corta! E come usarono abilmente l'oro per combattere (dopo) le forze rivoluzionarie". V. RICHARDS, Insegnamenti della Rivoluzione..., pp. 27-28. Come si sa 500 tonnellate di questo oro finì poi in Russia per ricompensare la "solidarietà internazionalista" dello stalinismo.