Rivista Anarchica Online
L'anarchismo iberico tra guerra e rivoluzione
di Mirko Roberti
La grande lezione storica del 1936-'39. Il rapporto fra avanguardia rivoluzionaria e masse popolari,
fra movimento specifico e organizzazione sindacale,
il problema delle alleanze tattiche e strategiche sia di natura sociale che ideologica, i problemi posti al
processo
dalle contingenze immediate: questi alcuni dei nodi che il movimento anarchico spagnolo si è
trovato a dover
affrontare e risolvere nel corso della rivoluzione, stroncata dal franchismo e pugnalata alle spalle dallo
stalinismo.
A distanza di quarant'anni l'esperienza storica della Rivoluzione Spagnola
non ha ancora trovato, dal punto di
vista dell'anarchismo, un discorso critico che riassuma teoricamente tutta la tematica inerente alla
ricchezza della
sua complessità quantitativa e qualitativa. Sebbene vi sia a questo proposito una grande e varia
letteratura, a
cominciare dalla monumentale e fondamentale opera di Peirats (1), i problemi posti dalla Rivoluzione
Spagnola
sono ancora in parte irrisolti salvo alcune risposte soddisfacenti peraltro estremamente critiche
(2). Questa incompiutezza storiografica non trova la sua spiegazione solo nei tanti motivi di carattere
tecnico-contingentale - come, per esempio, la mancanza di una completa documentazione sulle
collettività (3), oppure
l'impossibilità per ora di accedere agli archivi della C.N.T.-F.A.I. depositati all'Istituto di Storia
Sociale di
Amsterdam - ma anche dal fatto che la ha Rivoluzione Spagnola, portando a compimento alcuni nodi
storici di
carattere generale, trascende i confini spazio-temporali del suo avvenimento. Essa infatti si pone, a nostro
avviso,
come quell'esperienza che ha riassunto e concretizzato tutti i maggiori problemi teorici e ideologici, tattici
e
strategici, posti e maturati dal movimento complessivo degli sfruttati dell'epoca moderna, vale adire quei
problemi
che trovarono nella Prima Internazionale la loro iniziale formulazione. Per questo motivo essa
rappresenta un modello generale concreto che ha contemporaneamente verificato ed
espresso, nella sua drammatica sequenza, da una parte tutta la tensione eroica, passionale e scientifica
dell'auto-emancipazione popolare, dall'altra tutte le molteplici ed eterogenee risorse della
controrivoluzione segnate dalla
comune e universale matrice autoritaria. Tenendo presenti queste premesse appare evidente la
modestia del nostro discorso che è teso qui solo a indicare
una traccia metodologica generale che enuclei i temi fondamentali e i loro rapporti con la
continuità storica
accennata. Abbiamo detto sopra che alcuni problemi presenti sin dalla Prima Internazionale e
maturati nel corso della storia
del movimento operaio, hanno trovato la loro completa verifica pratica nella Rivoluzione Spagnola. Essa
pertanto
ha espresso, nella sua particolare concretizzazione, tutti i nodi problematici propri della
lotta generale degli
sfruttati: il rapporto fra avanguardia rivoluzionaria e masse popolari, fra movimento specifico e
organizzazione
sindacale, il problema delle alleanze tattiche e strategiche sia di natura sociale che ideologica, e quindi
il
confronto inevitabile con il movimento marxista-leninista, i termini imprescindibili posti dalle contingenze
immediate (quelli tecnico-militari della guerra) paralleli e dipendenti rispetto a quelli posti
dalla Rivoluzione
Sociale, le implicazioni e la verifica della reale portata dell'internazionalismo proletario, la dimensione
creativa
dell'autogestione e i tentativi pluralistici della sua costruzione, questi ed altri temi e problemi sono qui tutti
ricondotti al centro unificatore del rapporto generale fra fini e mezzi. A questi problemi di carattere
generale va aggiunto il quadro propriamente particolare della Rivoluzione
Spagnola. Non bisogna infatti dimenticare che essa si innesta in un paese dove l'anarchismo è,
per un complesso
di fattori storici riassunti "istituzionalmente" nella sua organizzazione sindacale (la C.N.T.), un
movimento di
massa con una tradizione storica profondamente radicata nella vita popolare e quindi partecipe di tutte
le
sequenze della sua lotta, delle avanzate e degli arretramenti del movimento operaio e contadino, del
movimento
complessivo cioè delle classi inferiori iberiche (4). Ora, se assumiamo il punto di vista
proprio dell'anarchismo nel senso di riconoscere ed affermare che esso
esprime, rappresenta e difende a tutti livelli, più di qualsiasi altro movimento rivoluzionario, le
tendenze
universalmente emancipatrici delle classi inferiori, si deve dire che qui assistiamo, per la prima volta in
modo
quasi compiuto nel corso della storia umana, al gigantesco tentativo collettivo di auto-emancipazione
popolare.
Gigantesco per la convergenza collettiva e obiettivamente constatabile degli sforzi comuni
per la prima volta
in modo quasi compiuto perché questa tensione era ispirata e orientata ideologicamente
e quindi interiorizzata
in modo consapevole. Tale consapevolezza praticata per decenni secondo schemi e valori comunitari
(5), difesa e sviluppata sul terreno
della lotta quotidiana, costituisce la caratteristica propria dell'anarchismo spagnolo e quindi, di riflesso,
la
caratteristica propria della rivoluzione iniziata il 19 luglio 1936. Infatti la versione iberica esprimendo
a livelli di massa i caratteri peculiari dell'anarchismo - tramite le sue
organizzazioni - ci pone di fronte ad una situazione storica estremamente complessa:
contemporaneamente al
suo sviluppo quantitativo (diffusione ed estensione della F.A.I.-C.N.T., aumento vertiginoso dei suoi
aderenti),
assistiamo paradossalmente ad un immiserimento qualitativo dei suoi tratti, delle sue tendenze e delle sue
aspirazioni universali (6). In altri termini man mano che le organizzazioni anarchiche crescono
e si estendono
durante il processo rivoluzionario, si immiseriscono e si restringono - quasi proporzionalmente - i loro
rapporti
con i valori universali dell'anarchismo sia di natura etica che scientifica: la partecipazione di alcuni
"anarchici"
al governo o la resa di fronte alle manovre controrivoluzionarie dei comunisti nelle giornate di maggio
del '37 a
Barcellona (7), non rappresentano che gli esempi più clamorosi, perché più noti,
della generale condotta suicida
delle organizzazioni F.A.I.-C.N.T. rispetto alle possibilità operative aperte dalla forza storica
dell'anarchismo
spagnolo (8). Questo progressivo abbandono del patrimonio teorico-ideologico universalmente
accettato, praticato e sviluppato
dal movimento anarchico internazionale, fa emergere e spiega la contraddizione fra i due aspetti
dell'universalità
sopra accennata. Tale contraddizione, quella quantitativa della diffusione ed estensione delle
organizzazioni
storiche, e quella qualitativa dell'impoverimento del sapere e dei valori rivoluzionari dell'anarchismo,
costituisce
l'oggetto di una analisi che, per la sua importanza, supera gli ambiti contingenti dell'avvenimento
spagnolo. La sua dimensione è tale da suggerirci alcune interpretazioni che spieghino per
esteso il generale rapporto del
problema fra fini e mezzi, qui, nella Rivoluzione Spagnola, riassunto e concretizzato globalmente nella
falsa
scelta strategica fra guerra e rivoluzione, fra fronte popolare e autonomia libertaria, fra antifascismo e
antiautoritarismo. L'aver scelto e praticato progressivamente tutti i primi termini di questo dilemma
(guerra, fronte
popolare, antifascismo) a scapito dei secondi (rivoluzione, autonomia libertaria, antiautoritarismo), l'aver
accettato
passivamente la realtà storica così come essa contingentemente appariva,
e non avere invece praticato quella
possibile del progetto anarchico, e quindi non aver compreso che proprio quest'ultima -
quella della possibilità
rivoluzionaria - appunto perché universalmente tale, comprendeva, spiegava,
ricreava la realtà storica secondo
i tempi delle scadenze rivoluzionarie, l'aver insomma sostituito all'universalità antistorica
perché rivoluzionaria
dell'anarchismo, la sfavorevole contingenza storica. Di contro a riaffermare tutti secondi termini di
questa drammatica contrapposizione, a riaffermare cioè tutto il
patrimonio teorico-ideologico dell'anarchismo, praticandolo nella realtà storica del momento,
rimane la tenace,
complessa e articolata collettività anarchica popolare: le decine, le centinaia, le migliaia di
anonimi militanti che
al fronte come nelle collettività creano, costruiscono e ricostruiscono giorno dopo giorno, fra
mille difficoltà
tecniche e materiali, fra il sistematico sabotaggio dei controrivoluzionari comunisti, fra l'attacco
nazi-fascista il
tradimento di buona parte della sinistra legalitaria, circondati da tutte le parti dalle eterogenee forze della
contro
rivoluzione qui obiettivamente confluenti perché segnate dalla comune e universale matrice
autoritaria, creano,
costruiscono e ricostruiscono dicevamo, la più grande, tragica e concreta testimonianza del
riscatto umano
dell'emancipazione integrale: è il momento più alto raggiunto dall'uomo nel corso
della sua millenaria lotta
per la libertà e l'eguaglianza universale. La creatività autogestionaria della
Catalogna, le collettività
dell'Aragona e del Levante, il popolo in armi, la guerra rivoluzionaria, la pratica del comunismo
libertario, la
ricchezza e la pluralità degli esperimenti libertari, la forza contagiosa e straordinaria
dell'abnegazione e delle
esempio, la realizzazione immediata delle condizioni possibili e quindi il
tentativo di forzare il passaggio dai
tempi storici ai tempi rivoluzionari: ecco la grandezza del movimento anarchico spagnolo. La
contrapposizione all'interno del movimento anarchico spagnolo dei due momenti, quello dell'accettazione
inerte dei tempi storici è quello opposto del tentativo di praticare fino in fondo
quelli rivoluzionari, l'obiettiva
frattura fra "dirigenze anarchiche" e masse popolari o, in termini più precisi, fra gli ambiti e le
strutture
organizzative della C.N.T.-F.A.I. e l'autonomia e la creatività libertaria, testimoniano la
capacità di quest'ultimo
di rappresentare per intero, qui drammaticamente proiettata in una dimensione titanica,
l'universalità storica dei
problemi rivoluzionari di ogni ordine e grado, vale adire dell'emancipazione integrale dell'uomo:
l'anarchismo
spagnolo esprimendo il meglio e il peggio dell'anarchismo ha per intero la possibilità di verificare
e valutare se
stesso tramite questa sua esperienza.
Questo vuol dire che la complessità della Rivoluzione Spagnola può esser
interpretata e spiegata per intero, per
quel tanto che interessa dal punto di vista dell'anarchismo - vale a dire dal punto di vista
dell'emancipazione
universale - tramite l'anarchismo stesso. Questa capacità comprensiva da parte
dell'anarchismo va dimostrata storicamente assumendo per intero il suo
punto di vista già accennato sopra: il presupposto scontato che esso esprima, rappresenti e
difenda a tutti livelli,
più di qualsiasi altro movimento rivoluzionario, le tendenze universalmente emancipatrici delle
classi inferiori.
In questo senso la possibilità analitica e valutativa di verificare se stesso si svolge tramite il
confronto con la sua
versione, esperienza ed espressione spagnola, che significa qui la facoltà, in sede di riflessione
teorica, di scindere
i suoi postulati "universali" dalle loro concretizzazione storiche "particolari", la possibilità
insomma da parte
dell'anarchismo tout court di giudicare quello spagnolo e con esso la
rivoluzione del '36-'39. Ora, il postulato fondamentale dell'anarchismo è dato dalla
valutazione che ciò che decide innanzitutto la
destinazione storica (nel senso di avvicinamento o di allontanamento verso la libertà e
l'uguaglianza) di una classe
o di un movimento sociale è l'adozione e la pratica di una serie di mezzi di per se stessi
più o meno libertari o
autoritari che sono, in un certo senso, indifferenti rispetto al soggetto storico sfruttato che li usa. Quando
gli
anarchici cent'anni fa prevedevano, per esempio, che lo Stato socialista sarebbe rimasto
prima di tutto uno Stato,
ovvero che il primo termine era strutturalmente indipendente rispetto alla sovrapposizione storica del
secondo
e che quindi in ultima analisi ogni autorità è tale ed esiste (se sussistono
certe strutture) autonomamente dal
soggetto storico che l'ha impersona, dicevano e dimostravano l'impossibilità di superare e
distruggere le
disuguaglianze e lo sfruttamento da parte di qualsiasi classe sociale o movimento
ideologico, se questi ultimi
usavano mezzi autoritari. Gli anarchici al governo in Spagna hanno dimostrato questo: neppure loro,
gli anarchici, con il loro programma
ideologico possono cambiare la natura del governo; la militarizzazione in Spagna ha dimostrato questo:
neppure
la presenza e la partecipazione degli anarchici a tale irreggimentazione possono fermare la pietrificazione
autoritaria di questo processo; la pratica in Spagna del fronte popolare al posto della lotta antiautoritaria
ha
dimostrato questo: che le forze reazionarie e controrivoluzionarie non si valutano per la loro ispirazione
ideologica o per la loro espressione sociale, ma dall'universale matrice autoritaria che le segna
irrimediabilmente
oltre le loro particolari vicende storiche (che differenza c'era fra un attacco fascista o un attacco
comunista alle
collettività e alla soppressione fisica dei suoi membri?); la scelta in Spagna della guerra al posto
della rivoluzione
ha dimostrato questo: che ogni guerra anche se combattuta da anarchici è prima
di tutto un fatto oggettivamente
autoritario (e la guerra infatti fu persa appunto perché non si fece fino in fondo la rivoluzione);
l'organizzazione
parapartitica di ispirazione arscinovista adottata dalla F.A.I. dopo il '37 in Spagna ha dimostrato questo:
che
un'organizzazione tendenzialmente autoritaria o equivocamente libertaria anche se fatta e praticata da
anarchici
rimane anzi tutto un'organizzazione non anarchica e che pertanto nessuna crescita quantitativa
può compensare
la perdita qualitativa dell'autentica forza rivoluzionaria; l'abbandono parziale e progressivo delle
elementari verità
anarchiche sul rapporto mezzi-fine ha dimostrato infine proprio questo: che neppure gli anarchici
possono
travisare la scienza della libertà da loro stessi costruita.
Mirko Roberti
NOTE
(1) Cfr. J.PEIRATS La CNT en la revulociòn española, Paris, Ruedo
Iberico, 1971
(2) Si veda l'opera di V. RICHARDS, Insegnamenti della Rivoluzione Spagnola.
Pistoia, Vallera, 1974.
(3) A questo proposito è indispensabile consultare G. LEVAL, Espagne
Libertaire, Paris, Editions de la Tête
de Feuillers, 1971; e F. MINTZ, L'autogestion dans l'Espagne révolutionnaire,
Paris, Bélibaste, 1970.
(4) Cfr. M. NETTLAU, La Premiére Internationale en Spagne (1868-1888),
Dordrecht Holland, 1971: A.
LORENZO. El proletariado militante, Toulouse, Editorial del movimento libertario
español CNT en Francia,
1946.
(5) Per una ricostruzione dell'ambiente, dei sentimenti e del clima spirituale e politico del movimento
anarchico
spagnolo, di come cioè fu inteso e praticato dai suoi militanti si veda per esempio G. BRENAN,
Storia della
Spagna 1874-1936, Torino, Einaudi, 1970, pp. 128-192.
(6) Basti pensare ai metodi organizzativi adottati dalla F.A.I. dopo il Plenum dei Comitati Regionali
tenutosi a
Valenza nel luglio del 1937. Al posto del gruppo di affinità sorgeva il gruppo geografico, per
distretto e sobborgo.
Questa chiara involuzione parapartitica portò come risultato immediato ad un aumento
considerevole dei suoi
aderenti; lo stesso discorso, per un altro verso, si può fare per la C.N.T. che riuscì nel
giro di due anni, grazie alla
sua politica "collaborazionista", quasi a triplicare i suoi scritti: da un milione circa a due milioni e mezzo.
Cfr.
J. PEIRATS , La C.N.T. en la..., Tomo 2, pp.241-256; V. RICHARDS, Insegnamenti della
Rivoluzione..., p. 37.
(7) Cfr. a questo proposito M. SIGNORINO, Il massacro di Barcellona, Milano,
Fratelli Fabbri Editori, 1973.
(8) Non bisogna dimenticare che nei primi giorni della rivoluzione "tutto ciò che rimaneva
nominalmente nelle
mani del Governo Centrale era la riserva aurea, la seconda, in ordine di entità, del mondo: 2.259
milioni di
pesetas oro. Nessun tentativo fece la C.N.T. per impadronirsene. Si ripetette l'errore dei rivoluzionari
al tempo
della Comune di Parigi, i quali rispettarono la proprietà delle Banche "A cominciare dal 20 luglio,
scrive
Santillan, mettemmo delle guardie improvvisate nelle banche, ai depositi di sicurezza e alle agenzie di
pegno ".
Come avrebbe dovuto essere riconoscente agli anarchici, il Governo Centrale per la loro svista, o vista
corta! E
come usarono abilmente l'oro per combattere (dopo) le forze rivoluzionarie". V. RICHARDS,
Insegnamenti della
Rivoluzione..., pp. 27-28. Come si sa 500 tonnellate di questo oro finì poi in Russia per
ricompensare la
"solidarietà internazionalista" dello stalinismo.
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