Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 38
aprile 1975


Rivista Anarchica Online

I burocrati contro l'autonomia
di Gianni C.

La federazione milanese CGIL-CISL-UIL ha proposto l'espulsione dai Consigli di Fabbrica di tutti i lavoratori non iscritti al sindacato - Il "compagno" Lama si è detto d'accordo.

Risale ormai a più di 3 anni fa quel famoso Convegno di Firenze (novembre 1971) delle tre confederazioni sindacali CGIL-CISL-UIL, che sancì ufficialmente l'intenzione di giungere, prima o poi, alla fusione delle tre confederazioni un unico sindacato unitario dei lavoratori. In quella sede, anzi, si era precisato che il processo di unificazione sindacale avrebbe dovuto essere quanto mai breve, in modo da raggiungere l'obiettivo proposto entro... il 1975 al massimo. Alcune categorie sindacali (innanzi tutti i metalmeccanici, quindi gli edili ed altre ancora), sulla scia delle decisioni fiorentine, hanno già da un pezzo realizzato al loro interno questa unità: ma a livello confederale il discorso è diverso, molto diverso.
Mentre i sindacalisti della CGIL sono tutti favorevoli a realizzare l'unità sindacale, solo una maggioranza di quelli della CISL e addirittura una minoranza di quelli della UIL sono d'accordo. Intendiamoci bene: oggi come oggi nessun sindacalista oserebbe mai dire di essere contro l'unità CGIL-CISL-UIL, ma di fatto si sa che dietro alle resistenze ed agli apparenti dubbi dei sindacalisti socialdemocratici, repubblicani e democristiani si nascondono precisi calcoli politici tendenti a rinviare sine die la realizzazione dei deliberati di Firenze.
Da una parte, dunque, comunisti e socialisti premono per accelerare i tempi, dall'altra lo schieramento moderato ostacola il disegno unitario. In quest'ottica, l'unità sindacale mi sembra in buona misura una manovra ispirata da socialisti e comunisti per premere sulla DC e favorire - in un modo o nell'altro - il compromesso storico.
Per rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono alla creazione del sindacato unitario, il comitato direttivo della Federazione milanese CGIL-CISL-UIL ha elaborato ed approvato recentemente delle "proposte" da sottoporre al dibattito "nelle sue strutture di base ed intermedie (Consigli dei Delegati e Consigli Unitari di Zona) e nelle Assemblee aziendali dei lavoratori". Si tratta di un lungo documento che è stato stampato e distribuito per ora solo agli addetti ai lavori: delegati di reparto e di zona. Nelle sue linee generali il documento si rifà naturalmente alle posizioni favorevoli alla realizzazione dell'unità fra CGIL, CISL e UIL: ciò che lo contraddistingue e che l'ha reso oggetto di acceso dibattito - non solo a Milano - sono le proposte pratiche "per il superamento del patto federativo e per un rapido e concreto avanzamento dell'unità sindacale organica". Vediamone almeno una, la più illuminante.
Dopo aver criticato i metodi finora adottati per eleggere i membri del Consiglio stesso (compresa l'elezione diretta a livello di reparto o di azienda) e alfine di "realizzare un Consiglio dei delegati pienamente rappresentativo che sia la struttura di base del nuovo sindacato unitario", si precisa che: "hanno diritto al voto tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato, appartenenti al gruppo, o all'area omogenea. Il lavoratore è letto in un organismo che è istanza di base del sindacato, qualora non lo fosse, ha il dovere di essere iscritto al sindacato stesso".
Dunque, ecco la sublime concezione "democratica" che ispira i dirigenti confederali milanesi: tutti possono essere elettori ed eletti (viva la democrazia!), ma tutti gli eletti devono essere iscritti o iscriversi immediatamente al sindacato! Mi soffermo su questa proposta sindacale perché francamente credo che riassuma in sé tutta la concezione organizzativa dei burocrati sindacali: si tratta di un esplicito passo in avanti verso lo strozzamento della libertà sindacale sul posto di lavoro, verso il boicottaggio istituzionale delle lotte autonome dei lavoratori.
Quando infatti una simile proposta passerà (e purtroppo vi è più di un motivo per temere che non sarà respinta), tutti quei lavoratori "autonomi" che attualmente sono membri del Consiglio di Fabbrica, eletti dai loro compagni indipendentemente dalla loro iscrizione al sindacato, saranno costretti ad andarsene ed a lasciare il "posto" a coloro che - in buona o in mala fede - accetteranno senza discutere il diktat dei burocrati sindacali.
Mi si potrebbe obiettare che già oggi i Consigli di Fabbrica (o dei delegati, che dir si voglia) sono saldamente in mano al sindacato, che se ne serve a suo piacimento dandosi oltretutto una copertura a sinistra. Certo, sono d'accordo ed anche nella tavola rotonda su "Consigli di Fabbrica ed autonomia operaia" (vedi A 34) mi sono espresso in tal senso. Ma è innegabile che anche quei pochi (e pur ancora esistenti) spazi ancora lasciati alla presenza autonoma dei lavoratori si chiuderanno definitivamente una volta approvate le proposte del comitato direttivo della Federazione milanese.
Si consideri poi che lo stesso Lama, segretario generale (comunista) della CGIL, nella sua intervista al Corriere della Sera (13 aprile) si è dichiarato d'accordo con le proposte succitate. Il disegno politico dei vertici sindacali si delinea così in tutta la sua organicità: i burocrati milanesi vengono usati dai loro dirigenti nazionali come "teste di turco" in vista dell'attuazione, a livello nazionale, del loro monopolio istituzionalizzato sui lavoratori.
A tutto ciò noi rivoluzionari dobbiamo opporci nel modo più deciso - non c'è dubbio. Ma come?
Innanzitutto combattendo senza incertezze e contro la ristrutturazione liberticida dei vertici sindacali, spiegando ai lavoratori il perché della nostra posizione di intransigente difesa dell'autonomia dei lavoratori. È necessario poi cercare di rilanciare, sui singoli posti di lavoro, le lotte extra-sindacali, al di fuori e contro le pretese egemoniche dei sindacati partitici. In definitiva, tenere viva e, quando possibile, intensificare l'azione diretta, che cent'anni di lotte operaie e contadine hanno dimostrato essere l'unico metodo efficace a disposizione dei lavoratori, per la difesa dei nostri interessi e soprattutto per la rivoluzione sociale.

Gianni C.
(delegato di reparto della SEA - Linate)