Rivista Anarchica Online
I burocrati contro l'autonomia
di Gianni C.
La federazione milanese CGIL-CISL-UIL ha proposto l'espulsione dai Consigli di Fabbrica di tutti i
lavoratori
non iscritti al sindacato - Il "compagno" Lama si è detto d'accordo.
Risale ormai a più di 3 anni fa quel famoso Convegno di Firenze
(novembre 1971) delle tre confederazioni
sindacali CGIL-CISL-UIL, che sancì ufficialmente l'intenzione di giungere, prima o poi, alla
fusione delle tre
confederazioni un unico sindacato unitario dei lavoratori. In quella sede, anzi, si era precisato che il
processo di
unificazione sindacale avrebbe dovuto essere quanto mai breve, in modo da raggiungere l'obiettivo
proposto
entro... il 1975 al massimo. Alcune categorie sindacali (innanzi tutti i metalmeccanici, quindi gli edili ed
altre
ancora), sulla scia delle decisioni fiorentine, hanno già da un pezzo realizzato al loro interno
questa unità: ma
a livello confederale il discorso è diverso, molto diverso. Mentre i sindacalisti della CGIL
sono tutti favorevoli a realizzare l'unità sindacale, solo una maggioranza di quelli
della CISL e addirittura una minoranza di quelli della UIL sono d'accordo. Intendiamoci bene: oggi come
oggi
nessun sindacalista oserebbe mai dire di essere contro l'unità CGIL-CISL-UIL, ma di fatto si sa
che dietro alle
resistenze ed agli apparenti dubbi dei sindacalisti socialdemocratici, repubblicani e democristiani si
nascondono
precisi calcoli politici tendenti a rinviare sine die la realizzazione dei deliberati
di Firenze. Da una parte, dunque, comunisti e socialisti premono per accelerare i tempi, dall'altra lo
schieramento moderato
ostacola il disegno unitario. In quest'ottica, l'unità sindacale mi sembra in buona misura una
manovra ispirata da
socialisti e comunisti per premere sulla DC e favorire - in un modo o nell'altro - il compromesso
storico. Per rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono alla creazione del sindacato unitario,
il comitato direttivo
della Federazione milanese CGIL-CISL-UIL ha elaborato ed approvato recentemente delle "proposte"
da
sottoporre al dibattito "nelle sue strutture di base ed intermedie (Consigli dei Delegati e Consigli Unitari
di Zona)
e nelle Assemblee aziendali dei lavoratori". Si tratta di un lungo documento che è stato stampato
e distribuito per
ora solo agli addetti ai lavori: delegati di reparto e di zona. Nelle sue linee generali il documento si
rifà
naturalmente alle posizioni favorevoli alla realizzazione dell'unità fra CGIL, CISL e UIL:
ciò che lo
contraddistingue e che l'ha reso oggetto di acceso dibattito - non solo a Milano - sono le proposte
pratiche "per
il superamento del patto federativo e per un rapido e concreto avanzamento dell'unità sindacale
organica".
Vediamone almeno una, la più illuminante. Dopo aver criticato i metodi finora adottati per
eleggere i membri del Consiglio stesso (compresa l'elezione diretta
a livello di reparto o di azienda) e alfine di "realizzare un Consiglio dei delegati pienamente
rappresentativo
che sia la struttura di base del nuovo sindacato unitario", si precisa che: "hanno diritto al
voto tutti i
lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato, appartenenti al gruppo, o all'area omogenea. Il lavoratore
è
letto in un organismo che è istanza di base del sindacato, qualora non lo fosse, ha il
dovere di essere iscritto
al sindacato stesso". Dunque, ecco la sublime concezione "democratica" che ispira i dirigenti
confederali milanesi: tutti possono essere
elettori ed eletti (viva la democrazia!), ma tutti gli eletti devono essere iscritti o iscriversi immediatamente
al
sindacato! Mi soffermo su questa proposta sindacale perché francamente credo che riassuma in
sé tutta la
concezione organizzativa dei burocrati sindacali: si tratta di un esplicito passo in avanti verso lo
strozzamento
della libertà sindacale sul posto di lavoro, verso il boicottaggio istituzionale delle lotte autonome
dei lavoratori. Quando infatti una simile proposta passerà (e purtroppo vi è
più di un motivo per temere che non sarà respinta),
tutti quei lavoratori "autonomi" che attualmente sono membri del Consiglio di Fabbrica, eletti dai loro
compagni
indipendentemente dalla loro iscrizione al sindacato, saranno costretti ad andarsene ed a lasciare il
"posto" a
coloro che - in buona o in mala fede - accetteranno senza discutere il diktat dei burocrati
sindacali. Mi si potrebbe obiettare che già oggi i Consigli di Fabbrica (o dei delegati, che dir
si voglia) sono saldamente in
mano al sindacato, che se ne serve a suo piacimento dandosi oltretutto una copertura a sinistra. Certo,
sono
d'accordo ed anche nella tavola rotonda su "Consigli di Fabbrica ed autonomia operaia" (vedi A 34) mi
sono
espresso in tal senso. Ma è innegabile che anche quei pochi (e pur ancora esistenti) spazi ancora
lasciati alla
presenza autonoma dei lavoratori si chiuderanno definitivamente una volta approvate le proposte del
comitato
direttivo della Federazione milanese. Si consideri poi che lo stesso Lama, segretario generale
(comunista) della CGIL, nella sua intervista al Corriere
della Sera (13 aprile) si è dichiarato d'accordo con le proposte succitate. Il disegno politico
dei vertici sindacali
si delinea così in tutta la sua organicità: i burocrati milanesi vengono usati dai loro
dirigenti nazionali come "teste
di turco" in vista dell'attuazione, a livello nazionale, del loro monopolio istituzionalizzato sui
lavoratori. A tutto ciò noi rivoluzionari dobbiamo opporci nel modo più deciso -
non c'è dubbio. Ma come? Innanzitutto combattendo senza incertezze e contro la
ristrutturazione liberticida dei vertici sindacali, spiegando
ai lavoratori il perché della nostra posizione di intransigente difesa dell'autonomia dei lavoratori.
È necessario
poi cercare di rilanciare, sui singoli posti di lavoro, le lotte extra-sindacali, al di fuori e contro le pretese
egemoniche dei sindacati partitici. In definitiva, tenere viva e, quando possibile, intensificare l'azione
diretta, che
cent'anni di lotte operaie e contadine hanno dimostrato essere l'unico metodo efficace a disposizione dei
lavoratori, per la difesa dei nostri interessi e soprattutto per la rivoluzione sociale.
Gianni C. (delegato di reparto della SEA - Linate)
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