Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 38
aprile 1975


Rivista Anarchica Online

Social-nazionalismo alla portoghese
di E. C.

La "rivoluzione" e i capitani

In Portogallo la marcia stabilizzatrice impressa dai militari all'economia prosegue imperterrita. A quasi un anno dalla "rivoluzione" militare (al momento in cui scriviamo, stanno per tenersi le elezioni del 25 aprile) la struttura portante dell'economia portoghese è ormai saldamente nelle mani del Movimento delle Forze Armate (M.F.A.): banche, industrie, giornali "indipendenti" sono, più o meno istituzionalmente, nelle sue mani.
Alla progressiva statalizzazione della sfera economica corrisponde la persistente centralizzazione di quella politica. Al di là delle continue dichiarazioni di democraticità e dell'uso martellante di una fraseologia rivoluzionaria, infatti il M.F.A. ha di fatto instaurato una sua dittatura, "attenuata", solo in parte, dalla (relativa) libertà di associazione, di stampa, ecc... Tant'è vero che, nel comunicare la data delle elezioni, i militari hanno chiaramente spiegato il valore di consultazione da loro attribuito al voto: in ogni caso - hanno ribadito - per almeno altri tre anni il M.F.A. intende restare ai vertici dello Stato (quindi, anche dall'economia).
Ciò che sta accadendo in Portogallo è un fenomeno decisamente nuovo in Europa. Nel nostro continente, infatti, i militari sono sempre stati reazionari o tuttalpiù conservatori, per cui questa dittatura militare di sinistra ("alla peruviana") non può che lasciare sconcertati i commentatori politici. A ben guardare, però, la situazione nuova creatasi in Portogallo ha molte e plausibili spiegazioni.
Innanzitutto è bene ricordare che il Portogallo è per questi aspetti (economici, sociologici, ecc.) quasi terzomondista. Un paese che necessita di entrare in una fase di desarrollo, così come molti Paesi dell'America Latina.
Inoltre i militari che guidano oggi il paese si sono formati nella guerra coloniale contro i movimenti di liberazione africana e lo scontro-incontro con questi ha innescato in loro un processo di maturazione politica che li ha portati al colpo di Stato del 25 aprile dell'anno scorso. Per di più durante la guerra coloniale hanno imparato a conoscere e anche ad apprezzare i movimenti guerriglieri terzomondisti e si è sviluppato un processo imitativo: quello che andava bene per la Guinea poteva essere trapiantato anche in Portogallo, e così è stato. I militari hanno compreso che solo loro possedevano la forza per imprimere un corso nuovo alla storia del loro Paese e per porre fine ad una guerra così costosa di mezzi e di vite umane, condotta principalmente a favore di società multinazionali e di una ristrettissima élite portoghese.
Le recenti nazionalizzazioni esprimono l'esigenza dei nuovi padroni di eliminare le basi portanti del grande capitalismo portoghese e di condurre il paese verso una sorta di social-nazionalismo. I militari sono sicuramente anticapitalisti sia per linea politica sia per collocazione sociologica e per ceto di provenienza. Furono proprio i due dittatori portoghesi (Salazar prima e Caetano poi) a facilitare l'ingresso nell'Accademia Militare dei giovani della piccola e media borghesia (a volte anche della classe operaia) per compensare la crisi di "vocazione militare" dei rampolli dell'alta borghesia e dell'aristocrazia. A ciò furono spinti dalle necessità della guerra coloniale, ma è stato un passo molto incauto, perché all'interno dell'esercito queste nuove leve hanno instaurato un dibattito che ha poi dato i suoi frutti.
Le reazioni in Italia di fronte ai recenti sviluppi della situazione portoghese risentono tutte di smaccata demagogia pre-elettorale (il 15 giugno è vicino!). I democristiani, dopo aver accettato in passato le dittature fasciste di Salazar e Caetano, si scandalizzano oggi perché i militari hanno impedito ai loro colleghi di Lisbona la partecipazione alle elezioni. Le sinistre, pur con diversi accenti, esaltano le realizzazioni "socialiste" in Portogallo, pur non potendo - i comunisti in Particolare - nascondere la loro contrarietà di fronte alla dura politica anti-D.C. dei militari al potere a Lisbona. Fin qui nulla di strano, ognuno recita la sua parte.
La posizione apparentemente meno comprensibile, però, l'hanno assunta gli extraparlamentari che si sono schierati al fianco dei militari portoghesi in un modo completamente acritico, nonostante che i loro nuovi idoli abbiano messo fuori legge movimenti politici a loro strettamente affini. Nessuna condanna all'operato dei militari portoghesi e uscita sulle colonne dei giornali extraparlamentari italiani. Perfino la politica sindacale propugnata dal M.F.A. e dai comunisti, tendente alla costituzione di un sindacato unico (di Stato), ha trovato validi oppositori nei fautori marxisti dell'extra-sindacalismo nostrano.
Dunque, mentre a Lisbona alcuni raggruppamenti extra-parlamentare di sinistra sono "legalmente" perseguitati e tutte le lotte autonome del proletariato sono considerate come "manovre controrivoluzionarie", qui in Italia l'estrema sinistra marxista preferisce tacere (salvo secondarie eccezioni). Curiosa concezione dell'internazionalismo proletario!
Tutti, dunque, agitano il problema portoghese secondo loro schemi precostituiti e secondo interessi contingenti, ma nessuno si preoccupa di quello che veramente accade in Portogallo: l'importante è "utilizzare" bene il caso.
E i militari portoghesi, tra critiche e osanna, proseguono per la loro strada: anticapitalista, social-nazionalista, autoritaria. Così agendo accelerano il trapasso del Portogallo da una dittatura ormai superata dalla storia ad una dittatura moderna, efficientista, aperta al mondo esterno e "di sinistra". Dittatura, comunque, non certo rivoluzione.

E. C.