Rivista Anarchica Online
I dipendenti che comandano
I quarantamila dirigenti industriali italiani hanno un nuovo contratto di
lavoro. La cosa in sè non dovrebbe
interessarci molto, se non per rilevare i maggiori privilegi, non solo economici e corporativi, che i
managers sono
riusciti ad ottenere con questo nuovo accordo. Ma c'è invece un aspetto (solo apparentemente
contraddittorio)
di cui ci preme parlare. I dirigenti hanno ottenuto il riconoscimento di "lavoratori subordinati", ma nel
contempo
hanno espresso la volontà di partecipare con maggiori diritti e con più ampie
possibilità alle scelte aziendali, alla
compartecipazione dell'impresa. Si sta quindi istituzionalizzando una nuova figura: il dipendente
che decide. I
dirigenti italiani, mentre vogliono distinguersi dal capitalista-imprenditore (e giustamente perché
in effetti
capitalisti non sono), vogliono anche che le massime cariche nell'azienda vengano a loro affidate e
vengano
rimossi gli ostacoli, tradizionali e clientelari, che si frappongono ad una loro massiccia entrata nei Consigli
d'Amministrazione. L'avvento del potere tecno-burocratico in Italia sta oggi cercando una sua
codificazione
statutaria e legale. Un passo del nuovo contratto è estremamente significativo: dopo aver
stabilito il concetto del dirigente quale
lavoratore dipendente, si definisce il manager come colui che svolge "un ruolo
caratterizzato da un elevato grado
di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplica le sue funzioni al fine
di promuovere, coordinare
e gestire la realizzazione degli obiettivi dell'impresa". La spartizione dell'economia è
già sufficientemente tratteggiata: agli azionisti i dividendi (quando ci sono), ai
managers alti stipendi (sicuri) e il potere sull'azienda.
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