Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 37
marzo 1975


Rivista Anarchica Online

Trent'anni dopo
di A.D.S.

"Prendi il caso di Camillo Crociani (ex presidente della Finmare, ora presidente e amministratore delegato della Finmeccanica, uno dei pilastri dell'IRI). C'è chi dice sia molto amico di Rumor e Andreotti... Pensi che, durante la repubblica sociale, faceva l'ufficiale delle SS italiane". ("il Mondo", 27 marzo 1975, pag. 76).
Trent'anni dopo la "Liberazione"... Prendiamo un altro caso. Mentre il signor Crociani faceva carriera nell'IRI, il partigiano anarchico Belgrado Pedrini marciva nelle galere della repubblica nata dalla resistenza e solo trent'anni dopo la "liberazione", poche settimane fa, ne usciva. Trent'anni dopo la "Liberazione"... il MSI, un partito che si richiama esplicitamente al fascismo, è sovvenzionato dallo stato (quattro miliardi all'anno) ed i suoi esponenti parlano al popolo italiano attraverso lo schermo televisivo di stato. L'anarchico Marini viene condannato a dodici anni di galera per essersi difeso da una aggressione fascista: lo condanna un tribunale della repubblica nata dalla resistenza, con un processo in cui il P.M. non nasconde le sue simpatie per le "vittime" fasciste ed insulta l'imputato, all'unisono con un branco di avvocati fascisti guidati dall'ex ministro della "giustizia" di Mussolini. Trent'anni dopo...
Potremmo continuare all'infinito con questo gioco di "contrappunto" esemplare. Ma non ci interessa molto. Non ci interessa dimostrare che, oggi, mentre si apprestano le celebrazioni ufficiali della "Liberazione", può essere più facile e comodo e utile e rispettabile essere fascisti che antifascisti. Ciò che, come rivoluzionari, come anarchici, rinfacciamo al potere non è il tradimento della resistenza, il tradimento dell'antifascismo, perché quella resistenza quell'antifascismo che noi (gli anarchici, i rivoluzionari) abbiamo vissuto come parte di una più generale lotta per l'emancipazione sociale non ha nulla a che vedere con la loro resistenza, con il loro antifascismo (dei democristiani, dei monarchici, dei social-democratici, dei liberali, dei burocrati - non della base - socialisti e comunisti, in una parola dei commemoratori ufficiali della "liberazione"). Essi, gli uomini del potere, gli uomini del centro-sinistra, del centro-destra, del compromesso storico non hanno tradito i nostri ideali, gli ideali di liberazione degli sfruttati e degli oppressi, perché non li hanno mai condivisi. Per i commentatori ufficiali della "liberazione" il 25 aprile non è stato un inebriante (e illusorio) episodio verso la rivoluzione, ma solo una trasformazione necessaria nelle forme del potere (ed una parziale sostituzione dei suoi gestori) nella sostanziale continuità del potere stesso.
Dal nostro punto di vista, dal punto di vista di chi vedeva nel fascismo solo una forma particolarmente brutale e odiosa del nemico contro-rivoluzionario, è tutto sommato solo irritante, ma non sostanzialmente importante, che alla presidenza della Finmeccanica sieda il signor Crociani ex-SS. La nostra lotta di allora e la nostra lotta di oggi non mirava a mettere i socialdemocratici o i comunisti a sedere nelle poltrone del potere e del privilegio.. Se allora prendemmo il fucile, se domani lo riprenderemo sarà pera eliminare il potere ed il privilegio.
Nel trentennale della "liberazione", se c'è qualcosa che valga la pena di essere detto è purtroppo forse solo questo: che in trent'anni, da quei giorni entusiasmanti il cammino verso la liberazione vera dei lavoratori non è progredito di un passo, che il 25 aprile del '45 non ha segnato una prima tappa di quel cammino, ma il suo punto più avanzato a partire dal quale la lotta e la coscienza e la volontà rivoluzionaria degli sfruttati sono regredite e nuove forme di sfruttamento e nuove istituzioni del potere si sono consolidate.
Ecco perché l'antifascismo è ancora un tema capace di mobilitare emotivamente tanti lavoratori. Perché nella memoria di chi ha vissuto quei momenti e nell'immagine dei giovani che non li hanno vissuti, esso resta legato a quelle lotte; a quei momenti in cui il nemico (da troppi identificato - per calcolo o per ingenuità - con il fascismo) sembrava colpito a morte ed il popolo degli sfruttati sembrava (ed in parte lo era) vittorioso. Ma ecco anche perché oggi noi ci rifiutiamo di unirci al coro degli antifascisti di stato. Non solo e non tanto perché essi impudicamente dividono scranni a Montecitorio, finanziamenti e schermi televisivi con i fascisti. Perché, piuttosto, i principali nemici degli oppressi e degli sfruttati sono oggi loro, gli antifascisti di regime che in nome dell'antifascismo sfruttano, opprimono, comandano, incarcerano, uccidono, ingannano, rubano; in nome dell'antifascismo scagliano anatemi sui rivoluzionari che accomunano calunniosamente ai fascisti con la formula degli opposti estremismi (o con quella, più recente e "sinistrorsa", della provocazione oggettiva e delle trame nere che sottostanno ad ogni episodio extra-istituzionale di ribellione).
L'antifascismo di regime è solo un alibi che copre vergognose connivenze, saldate dalla pratica e dal culto del potere e dall'odio contro-rivoluzionario, che scavalcano la distinzione, sempre più formale e sempre meno sostanziale tra governo e opposizione, tra democristiani e comunisti. Una rete di connivenze che, di fatto, da trent'anni costituisce il disgustoso humus su cui cresce il compromesso storico. È allora? Difendere ad oltranza quella purezza di ideali che l'antifascismo migliore (ma non tutto) ha avuto cinquanta, quaranta, trent'anni fa, dalle insultanti cerimonie ufficiali? Legittimo, certo, e forse doveroso. Ma, di nuovo, non è questo l'essenziale, sia perché la nostra voce (quella dell'antifascismo rivoluzionario) è troppo esigua a fronte della banda dei tromboni di regime, sia perché questo rischia di essere un atteggiamento da "reduci" e non da "combattenti".
È allora? Allora riconoscere che l'antifascismo, oggi, non può essere una discriminante politica valida, né un aspetto fondamentale della lotta sociale. Riconoscere che il fascismo in senso stretto (cioè gli squallidi nostalgici, i mazzieri prezzolati, i pazzi bombardieri) non costituisce altro che uno strumento secondario del potere, usato in funzione di intimidazione e di provocazione para-poliziesca. Usato anche come falso obiettivo di lotta, come diversivo e come ricatto psicologico.
Dunque, è giusto e necessario, togliere la voglia ai fascisti di provocare e pestare, con energiche risposte esemplari; difendersi dalle aggressioni con la durezza necessaria; ricordare ai fascisti che il discorso con loro è stato chiuso definitivamente trent'anni fa. Certo. Ma, soprattutto, è necessario ricordarci e testimoniare con le parole e con le azioni che siamo anti-fascisti come siamo anti-tante-altre-cose. Anti tutto ciò che contraddice e si oppone all'uguaglianza ed alla libertà. Antifascisti di regime compresi.

A.D.S.