Rivista Anarchica Online
Lo spettro del S.A.B.
di Umberto Monte
La nascita e le prime lotte del Sindacato Autonomo di Base nella sede milanese della RAI-TV - Rabbia
ed
impotenza delle burocrazie sindacali aziendali - Centinaia di dimissioni dai sindacati col rifiuto di pagare
le
quote-capestro - Intervista con un militante del S.A.B.: dal rifiuto del sindacalismo partitico alla
costruzione
dell'alternativa libertaria
Da cinque mesi burocrati dei sindacati "ufficiali" della sede milanese della
RAI non dormono sonni tranquilli.
Il loro incubo si chiama S.A.B.: Sindacato Autonomo di Base. Abbiamo seguito con interesse il nascere
e
l'evolversi di questo esperimento. Dapprima, lo confessiamo, eravamo un po' scettici, consci come siamo
delle
difficoltà che ovunque incontrano i nostri compagni militanti quando nei loro posti di lavoro
tentano di "aprire
gli occhi" ai lavoratori abituati da sempre a "delegare" le loro lotte ai sindacati. Ma, man mano che i mesi
passavano e i compagni impegnati in questa iniziativa ci descrivevano la sua evoluzione, il nostro
interesse
aumentava. Ora pur senza indulgere a euforici trionfalismi, dobbiamo prendere atto che il S.A.B. ha
svolto e sta
svolgendo un ruolo molto interessante nel mondo del lavoro. Non dimentichiamo che autogestire oggi
le proprie
lotte in fabbrica deve essere il primo valido passo per autogestire la società di domani. Vale di
più un esempio
pratico positivo che cento "conferenze" teoriche. Dimostrare ai lavoratori che si può fare a meno
di "dirigenti" di
qualsiasi tipo è la migliore propaganda delle nostre idee. Dimostrare ai lavoratori che
"autogestendo" le loro lotte
possono ottenere molto di più che "delegando" ai burocrati la trattativa, è un primo
grande passo verso la loro
vera emancipazione. Non ci illudiamo che sull'esempio del S.A.B. l'anarcosindacalismo possa risorgere
rapidamente. Oggi, oltre nemici tradizionali - padroni e fascisti - i lavoratori anarchici hanno contro di
loro
anche i riformisti e partitisti. E proprio in questi ultimi, come vedremo più avanti, i lavoratori del
S.A.B. hanno
avuto ed hanno i più accesi nemici. Diciamo subito che il S.A.B. della RAI milanese ha
potuto nascere per una serie di circostanze concomitanti.
Innanzitutto per le pesantissime sperequazioni salariali: su 1500 dipendenti, la RAI di Milano ha qualche
centinaio di autentici "paria" pagati con salari di fame. A questi si debbono aggiungere i dipendenti del
bar e della
mensa e quei lavoratori addetti alla manutenzione e alle pulizie che pur prestando la loro opera a tempo
pieno
alla RAI sono dipendenti di "imprese" esterne, cioè di "mercanti di braccia". Di fronte a queste
pesanti ingiustizie
si pone all'acquiescenza dei sindacalisti "ufficiali" che qui hanno toccato il fondo di ogni bassezza:
servilismo,
clientelismo e carrierismo sono le loro "doti" più accentuate. Altro fattore, che citiamo per
ultimo (ma non è affatto il più trascurabile) è l'esistenza tra i dipendenti della RAI
di Milano di alcuni militanti anarchici con le idee chiare e di parecchi simpatizzanti. Insistiamo sul fatto
delle idee
chiare perché, senza una buona base teorica pur con tutta la buona volontà si finisce
(come in un circolo vizioso)
per creare contro l'"apparato" un nuovo "apparato". L'esempio dei CUB ne è la conferma! Per
propagandare
un'idea, bisogna averla ben chiara. A un militante del S.A.B., abbiamo chiesto di riassumerci le sue
esperienze e di esporci le sue idee. Dopo cinque mesi, vedo che non hai perso la "carica". Il S.A.B.
dunque funziona. Quante aderenti avete? Una ventina. Venti aderenti soli su 1500
dipendenti. Non sono un può pochi? Credevo fossero molti di più data la risonanza
che il S.A.B. sta avendo. A noi non interessa il numero degli
aderenti. Quello che importa è che siamo riusciti a sensibilizzare i lavoratori
della RAI. Molti non hanno più accettato
l'iscrizione alle tre federazioni "ufficiali". Abbiamo avuto un largo consenso tra i lavoratori peggio pagati
e la simpatia per le posizioni libertarie anche da settori della base della CISL e dello SNATER (un
sindacato
autonomo di tecnici, non "giallo" ma neppure rivoluzionario, che ha il difetto di essere malato di
verticismo,
sia pure in misura minore della CGIL e della UIL). Nel volantino in cui annunciate la vostra
costituzione, non parlate mai di anarchia o di anarcosindacalismo. Come
mai? Quello che conta sono contenuti e non le etichette. Contro l'anarchia esistono ancora
molti pregiudizi. Noi
dimostriamo, con i fatti, che le nostre teorie funzionano. D'altro canto è notorio che molti dei
componenti
del S.A.B. sono anarchici o simpatizzanti. Non tutti sanno però che compito
della anarchico non è quello di fare proselitismo, ma di diffondere le
proprie idee. Non molti sanno che noi non vogliamo essere "alla testa" del movimento operaio, ma
"dentro"
il movimento operaio. Troppi hanno dimenticato che l'emancipazione dei lavoratori non può che
essere opera
dei lavoratori stessi. Come si esprime la vostra azione? Con interventi in
assemblea, con volontà di lotta che riusciamo a trasmettere. Una assemblea, ad esempio,
è sfociata in una condanna dei vertici e nella riaffermazione della sovranità
dell'assemblea: si sono decisi,
contro il parere dei burocrati-pompieri, scioperi di reparto autodeterminati che hanno sconvolto la
produzione e le trasmissione da Milano. I consensi sono molto larghi e certi concetti sono ormai entrati
nei
cervelli: democrazia diretta, azione diretta, autogestione della lotta, differenza tra sindacalismo partitico
e sindacalismo autonomo di base. Mi pare che, soprattutto considerando le difficili esperienze
di molti compagni in altre aziende, il vostro sia un
risultato incoraggiante. Non deve certo essere stato facile. Tutt'altro. L'iniziativa, per noi
è stata ed è difficile. Insulti, minacce, intimidazioni provocazioni sono cose
di tutti i giorni. La reazione dei burocrati della CGIL e del PCI e di tutti sindacalisti carrieristi
compromessi
con l'azienda è stata rabbiosa. Teoricamente il nostro isolamento è totale. Ma
fortunatamente sentiamo la
solidarietà della base e siamo continuamente all'attacco. Qual è la vostra
difficoltà maggiore? Lo statuto dei lavoratori! L'articolo 19 infatti condiziona la
presenza sul luogo di lavoro di una
rappresentanza sindacale all'appartenenza a una delle tre confederazioni o dei sindacati firmatari dei
contratti. Senza questa limitazione avremmo certo avuto molte più adesioni. È la "legge"
che impedisce alla
base di creare qualcosa di nuovo e di alternativo ai sindacati "tricolori" o gialli. Ma su questo punto
abbiamo deciso di dare battaglia anche per via legale, impugnando per incostituzionalità l'articolo
19. Noi
comunque continuiamo la nostra azione mettendo manifesti, diffondendo volantini e intervenendo nelle
assemblee. Direzione e sindacati fanno a gara nello strappare i nostri manifesti, ma ogni volta noi li
denunciamo ai lavoratori con altri manifesti. Direzione e sindacati sperano che ci esauriamo. Secondo
loro
l'essersi messi fuori dalla legalità è un suicidio. I comunisti sono in prima fila a definirci
"provocatori". Essi
temono coscientemente l'anarcosindacalismo. Abbiamo avuto informazione che perfino Scheda (alto
"papavero" della CGIL) si è interessato a noi, ha strapazzato i suoi tirapiedi nell'azienda e ha loro
intimato
di "liquidarci" entro un mese. Ma come faranno? Se nella base c'è una vera volontà di
lotta nessuno può
fermarla. Bisognerebbe che il vostro esempio fosse seguito in altre aziende, che altri
compagni facessero come voi. Se
nascessero tanti S.A.B., potrebbero federarsi e avere veramente un grosso peso. Credi che sia
possibile? Questo è anche il nostro obiettivo a lungo termine. Purtroppo i nostri appelli
a compagni che lavorano in
altre aziende sono finora caduti nel vuoto. Sì ciancia di "autonomia operaia", ma di concreto non
si fa molto.
So che è molto difficile, ce ne siamo resi conto sulla nostra pelle. Ma finché non si esce
dal guscio non si
ottiene nulla: solo belle parole. Se dobbiamo aspettare che i tempi siano maturi per la rivoluzione siamo
freschi. Cominciamo a fare oggi quello che si può fare oggi: organizziamoci autonomamente per
difenderci
in prima persona dai padroni e dallo stato. Il rifiuto della delega deve partire dal rifiuto di pagare i
contributi ai sindacati tricolori. È inutile imprecare contro la burocrazia se si contribuisce a farla
funzionare. Il sindacalismo anarchico, non può che sorgere dalla distruzione del sindacalismo
partitico. La
convivenza, il compromesso sono impossibili: loro vogliono comandare, noi siamo contro
l'autorità; loro
vogliono dirigere la base e noi vogliamo che la base si diriga da sé; loro vogliono rafforzare lo
stato e noi
vogliamo abolirlo. Loro parlano di antifascismo, noi parliamo di anti
autoritarismo. Insomma non si può camminare insieme. Se si vuole iniziare
un nuovo sindacalismo bisogna distruggere
quello vecchio. Un'impresa pazzesca? Io dico di no. Io credo che oggi come oggi l'anarcosindacalismo
sia
un mezzo indispensabile per colpire al cuore il sistema. È anche una verifica le nostre idee sono
realizzabili,
se sono capite e accettate dalle masse. Io, sulla base dell'esperienza del S.A.B. dico
di sì. L'indifferenza all'autorità è generale. Ma se siamo costretti
ad accettare l'autorità dello stato e dei padroni perché questi hanno strumenti concreti
di repressione,
possiamo ripudiare subito l'autorità dei burocrati, un'autorità che viene loro conferita
dalla base che li ha
delegati o per complesso di inferiorità o per inganno o per pigrizia. Quanto tu dice
è vero, ma devi ammettere che un conto è fare dell'anarcosindacalismo in una azienda
IRI, un altro
conto è farlo in una azienda privata. Quello che tu e gli altri compagni della RAI siete riusciti a
fare, hanno già
tentato di farlo in passato altri compagni e ne sono usciti con le ossa rotte... Ammetto che sia
più facile creare un S.A.B. in una azienda IRI, che in una azienda privata. Ma cominciamo
a fare i S.A.B. dove è più facile, il resto verrà da solo... Bisogna anche
riconoscere che l'alternativa
autoritarismo-libertarismo è forse più facilmente comprensibile in aziende e in ambienti
socialmente più
istruiti che non nei luoghi di lavoro abrutito, nei quali la critica libertaria al socialismo autoritario
può
apparire ironica a chi vive in condizioni bestiali. Ma non è del tutto vero, si pensi alle
realizzazioni di
Carrara. Gli anarcosindacalisti carraresi non hanno forse dato in passato un esempio clamoroso di
sindacalismo autogestito? In ogni caso non sì può teorizzare la
inazione. Occorre agire e ragionare sui fatti. Noi stiamo "facendo i
fatti", costi quel che costi.
Umberto Monte
Contro i burocrati
L'attività e le esperienze del Sindacato autonomo di base della RAI-TV di Milano sono
documentate in 18
volantini ciclostilati finora distribuiti. Il primo volantino firmato da "un gruppo di lavoratori RAI"
è dell'8 ottobre 1974. In esso non si parla ancora del
nuovo sindacato, ma è tuttavia un interessante precedente. Vi si denuncia infatti una manovra
mistificatrice dei
sindacati i quali hanno lanciato lo slogan "Difendiamo il Parlamento dal golpe". In questi
documenti i nostri
compagni denunciano la falsità dell'obiettivo sottolineando l'inutilità e la nocività
del parlamento. Sottolineano
inoltre il fatto che dalla bacheca della RAI-TV destinata a testimonianze dell'antifascismo due sindacalisti
(Bassi
e Gasparotto) hanno tolto un foglio contenente un appello agli antifascisti per far uscire dalla galera il
valoroso
partigiano anarchico Belgrado Pedrini. Due giorni dopo il "gruppo d'iniziativa" getta le basi del
nuovo sindacato con un volantino dal titolo "Uscita dalle
federazioni sindacali partitiche e formazione di una sezione sindacale autonoma di base". Il
volantino è un
pesante attacco alle federazioni sindacali della RAI-TV divenute incontrollabili dai lavoratori a causa della
loro
stretta dipendenza dai partiti che controllano l'azienda stessa. Il documento denuncia anche che le
federazioni
"sono governate da funzionari stipendiati dall'azienda a tempo pieno con mansioni di sindacalisti,
che ne
fanno uno strumento di controllo aziendale sui lavoratori (un esempio è Giachi della CISL,
assunto per...
tutelare gli interessi dei burocrati) e restano non solo sordi alle critiche e agli incitamenti di base, ma
fanno
continua opera di pompieraggio." Il 16 ottobre esce il "Comunicato del S.A.B. n.1" col quale
si annuncia la costituzione del sindacato. Oltre ad
enunciare i principi fondamentali del S.A.B. che pubblichiamo a parte, il ciclostilato denuncia il grave
sabotaggio
compiuto dai sindacalisti dell'azienda i quali hanno indotto la gerente del locale, che era stato affittato per
la
riunione costitutiva del S.A.B., a revocarne la concessione. Il S.A.B.quindi, ancor prima di nascere
era già perseguitato dai sindacati partitici. Il comunicato conclude con
un duro attacco ai sindacati che vogliono difendere il monopolio della RAI-TV. Il tema del
monopolio è ripreso nel comunicato successivo, datato 21 ottobre. In esso il gruppo iniziativa
del
S.A.B. smaschera il ricatto dei sindacati che sostengono "o difendono il monopolio o ci rimettiamo il
posto di
lavoro." "I sindacati - replica il S.A.B. - si schierano in difesa del monopolio in
buona compagnia: tutti i
partiti di governo più gli aspiranti alla "torta". Le riforme che loro propongono lieviterebbero
ancor di più
il mostro burocratico". Lo stesso documento affronta un altro impegno qualificante: la lotta al
lavoro
straordinario "uno strumento di corruzione che umilia la personalità dei lavoratori
ponendoli al livello morale
della burocrazia" e termina chiarendo ai lavoratori che "non il monopolio ci garantisce il
diritto al lavoro, ma
l'azione autonoma e diretta dei lavoratori". I comunicati del S.A.B., nonostante le
intimidazioni e le provocazioni, continuano a ritmo incalzante. Il 23
ottobre si denuncia l'andamento di un'assemblea risoltasi con una "incoerente passerella di
politicanti". Due
giorni dopo un altro comunicato risponde alle manovre pompieristiche dei sindacati ufficiali i quali si
autoproclamano unici depositari "legali" del diritto di indire uno sciopero. Il S.A.B. giustamente sostiene
e
dimostra che lo sciopero autogestito è pienamente legittimo: "lo sciopero da tutta la
giurisprudenza è definito
come astensione dal lavoro. Non occorre che l'astensione sia globale, plenaria, totalitaria; ben può
essere
parziale, limitata, presa anche da pochissimi lavoratori, purché più di uno
(...). L'utilizzazione del diritto di sciopero finora, tranne nella 1969, è stata "delegata"
ai sindacati. È
un'inveterata abitudine di avere sempre un capo ed ubbidire a qualcuno: la deformazione mentale del
dipendente. Mentre "autogestendo" gli scioperi del 1969 abbiamo piegato la direzione, "delegando" i
sindacati stiamo dissanguandoci in un inutile stillicidio". Il comunicato successivo, del 29
ottobre, è una chiare e dura risposta all'accusa di provocazione rivolta dalla
"Cellula RAI-TV del PCI" alla S.A.B. Vi si ribadiscono i principi del S.A.B. e le denunce al sindacalismo
partitico burocratico. Coraggiosamente il S.A.B non manca di citare chiari esempi: "Tutti sanno
della mobilità
delle carriere: da sindacalisti si può diventare dirigenti aziendali; gli esempi non mancano (vedi
Fiorenzoli,
ex segretario della FULS-CISL ed oggi capo della delegazione aziendale, sostituito da Giachi,
funzionario
sindacale assunto dall'azienda per... fare il sindacalista)". Il 19 novembre un altro comunicato
S.A.B. risponde
a un ennesimo attacco dei dirigenti sindacali e dei dirigenti aziendali RAI-TV i quali viste vane minacce
e
provocazioni sono passati alle calunnie e chiedono dove il S.A.B. si procuri i soldi per stampare i suoi
ciclostilati.
"I nostri conti sono presto fatti - risponde il S.A.B.- Per comperare la carte e
l'inchiostro e le matrici i soldi
li tiriamo fuori di tasca nostra, perché c'è ancora chi ha la soddisfazione di spendere
qualche soldarello per
il piacere di dire la verità". Nei mesi successivi i comunicati del S.A.B. si susseguono:
attaccano la cogestione sindacale, difendono i diritti
dei lavoratori, sostengono le tesi dell'autogestione e dell'azione diretta. Rispondono colpo su colpo alle
provocazioni e agli attacchi della direzione dei sindacati partitici. Ogni manifesto strappato viene sostituito
da uno
nuovo. Ogni sopruso viene denunciato.
|
I principi del Sindacato autonomo di base della RAI-TV di
Milano, approvati durante la riunione
costitutiva sono i seguenti:
1. Perseguire la solidarietà fra i lavoratori di ogni ramo o industria. Uno per
tutti, tutti per uno. 2. Essere autonomi da ogni forza che non siano i
lavoratori stessi. 3. Battersi per l'emancipazione proletaria integrale,
cioè non per sostituire un padrone ad un altro, ma
per giungere all'autogestione. 4. Propugnare l'autonomia e la
responsabilità del lavoratore, sottraendolo alla condizione di
automa. 5. Propugnare l'uguaglianza economica e normativa dei
lavoratori. 6. Federarsi liberamente con sindacati
analoghi. 7. Combattere il burocratismo e il gerarchismo, a cominciare
dalla propria organizzazione, con la
parità degli affiliati, con la rotazione degli incarichi, con l'eleggibilità e la
revocabilità del portavoce. |
|