Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 37
marzo 1975


Rivista Anarchica Online

Lo spettro del S.A.B.
di Umberto Monte

La nascita e le prime lotte del Sindacato Autonomo di Base nella sede milanese della RAI-TV - Rabbia ed impotenza delle burocrazie sindacali aziendali - Centinaia di dimissioni dai sindacati col rifiuto di pagare le quote-capestro - Intervista con un militante del S.A.B.: dal rifiuto del sindacalismo partitico alla costruzione dell'alternativa libertaria

Da cinque mesi burocrati dei sindacati "ufficiali" della sede milanese della RAI non dormono sonni tranquilli. Il loro incubo si chiama S.A.B.: Sindacato Autonomo di Base. Abbiamo seguito con interesse il nascere e l'evolversi di questo esperimento. Dapprima, lo confessiamo, eravamo un po' scettici, consci come siamo delle difficoltà che ovunque incontrano i nostri compagni militanti quando nei loro posti di lavoro tentano di "aprire gli occhi" ai lavoratori abituati da sempre a "delegare" le loro lotte ai sindacati. Ma, man mano che i mesi passavano e i compagni impegnati in questa iniziativa ci descrivevano la sua evoluzione, il nostro interesse aumentava. Ora pur senza indulgere a euforici trionfalismi, dobbiamo prendere atto che il S.A.B. ha svolto e sta svolgendo un ruolo molto interessante nel mondo del lavoro. Non dimentichiamo che autogestire oggi le proprie lotte in fabbrica deve essere il primo valido passo per autogestire la società di domani. Vale di più un esempio pratico positivo che cento "conferenze" teoriche. Dimostrare ai lavoratori che si può fare a meno di "dirigenti" di qualsiasi tipo è la migliore propaganda delle nostre idee. Dimostrare ai lavoratori che "autogestendo" le loro lotte possono ottenere molto di più che "delegando" ai burocrati la trattativa, è un primo grande passo verso la loro vera emancipazione. Non ci illudiamo che sull'esempio del S.A.B. l'anarcosindacalismo possa risorgere rapidamente. Oggi, oltre nemici tradizionali - padroni e fascisti - i lavoratori anarchici hanno contro di loro anche i riformisti e partitisti. E proprio in questi ultimi, come vedremo più avanti, i lavoratori del S.A.B. hanno avuto ed hanno i più accesi nemici.
Diciamo subito che il S.A.B. della RAI milanese ha potuto nascere per una serie di circostanze concomitanti. Innanzitutto per le pesantissime sperequazioni salariali: su 1500 dipendenti, la RAI di Milano ha qualche centinaio di autentici "paria" pagati con salari di fame. A questi si debbono aggiungere i dipendenti del bar e della mensa e quei lavoratori addetti alla manutenzione e alle pulizie che pur prestando la loro opera a tempo pieno alla RAI sono dipendenti di "imprese" esterne, cioè di "mercanti di braccia". Di fronte a queste pesanti ingiustizie si pone all'acquiescenza dei sindacalisti "ufficiali" che qui hanno toccato il fondo di ogni bassezza: servilismo, clientelismo e carrierismo sono le loro "doti" più accentuate.
Altro fattore, che citiamo per ultimo (ma non è affatto il più trascurabile) è l'esistenza tra i dipendenti della RAI di Milano di alcuni militanti anarchici con le idee chiare e di parecchi simpatizzanti. Insistiamo sul fatto delle idee chiare perché, senza una buona base teorica pur con tutta la buona volontà si finisce (come in un circolo vizioso) per creare contro l'"apparato" un nuovo "apparato". L'esempio dei CUB ne è la conferma! Per propagandare un'idea, bisogna averla ben chiara.
A un militante del S.A.B., abbiamo chiesto di riassumerci le sue esperienze e di esporci le sue idee.
Dopo cinque mesi, vedo che non hai perso la "carica". Il S.A.B. dunque funziona. Quante aderenti avete?
Una ventina.
Venti aderenti soli su 1500 dipendenti. Non sono un può pochi? Credevo fossero molti di più data la risonanza che il S.A.B. sta avendo.
A noi non interessa il numero degli aderenti.
Quello che importa è che siamo riusciti a sensibilizzare i lavoratori della RAI. Molti non hanno più accettato l'iscrizione alle tre federazioni "ufficiali". Abbiamo avuto un largo consenso tra i lavoratori peggio pagati e la simpatia per le posizioni libertarie anche da settori della base della CISL e dello SNATER (un sindacato autonomo di tecnici, non "giallo" ma neppure rivoluzionario, che ha il difetto di essere malato di verticismo, sia pure in misura minore della CGIL e della UIL).
Nel volantino in cui annunciate la vostra costituzione, non parlate mai di anarchia o di anarcosindacalismo. Come mai?
Quello che conta sono contenuti e non le etichette. Contro l'anarchia esistono ancora molti pregiudizi. Noi dimostriamo, con i fatti, che le nostre teorie funzionano. D'altro canto è notorio che molti dei componenti del S.A.B. sono anarchici o simpatizzanti.
Non tutti sanno però che compito della anarchico non è quello di fare proselitismo, ma di diffondere le proprie idee. Non molti sanno che noi non vogliamo essere "alla testa" del movimento operaio, ma "dentro" il movimento operaio. Troppi hanno dimenticato che l'emancipazione dei lavoratori non può che essere opera dei lavoratori stessi.
Come si esprime la vostra azione?
Con interventi in assemblea, con volontà di lotta che riusciamo a trasmettere. Una assemblea, ad esempio, è sfociata in una condanna dei vertici e nella riaffermazione della sovranità dell'assemblea: si sono decisi, contro il parere dei burocrati-pompieri, scioperi di reparto autodeterminati che hanno sconvolto la produzione e le trasmissione da Milano. I consensi sono molto larghi e certi concetti sono ormai entrati nei cervelli: democrazia diretta, azione diretta, autogestione della lotta, differenza tra sindacalismo partitico e sindacalismo autonomo di base.
Mi pare che, soprattutto considerando le difficili esperienze di molti compagni in altre aziende, il vostro sia un risultato incoraggiante. Non deve certo essere stato facile.
Tutt'altro. L'iniziativa, per noi è stata ed è difficile. Insulti, minacce, intimidazioni provocazioni sono cose di tutti i giorni. La reazione dei burocrati della CGIL e del PCI e di tutti sindacalisti carrieristi compromessi con l'azienda è stata rabbiosa. Teoricamente il nostro isolamento è totale. Ma fortunatamente sentiamo la solidarietà della base e siamo continuamente all'attacco.
Qual è la vostra difficoltà maggiore?
Lo statuto dei lavoratori! L'articolo 19 infatti condiziona la presenza sul luogo di lavoro di una rappresentanza sindacale all'appartenenza a una delle tre confederazioni o dei sindacati firmatari dei contratti. Senza questa limitazione avremmo certo avuto molte più adesioni. È la "legge" che impedisce alla base di creare qualcosa di nuovo e di alternativo ai sindacati "tricolori" o gialli. Ma su questo punto abbiamo deciso di dare battaglia anche per via legale, impugnando per incostituzionalità l'articolo 19. Noi comunque continuiamo la nostra azione mettendo manifesti, diffondendo volantini e intervenendo nelle assemblee. Direzione e sindacati fanno a gara nello strappare i nostri manifesti, ma ogni volta noi li denunciamo ai lavoratori con altri manifesti. Direzione e sindacati sperano che ci esauriamo. Secondo loro l'essersi messi fuori dalla legalità è un suicidio. I comunisti sono in prima fila a definirci "provocatori". Essi temono coscientemente l'anarcosindacalismo. Abbiamo avuto informazione che perfino Scheda (alto "papavero" della CGIL) si è interessato a noi, ha strapazzato i suoi tirapiedi nell'azienda e ha loro intimato di "liquidarci" entro un mese. Ma come faranno? Se nella base c'è una vera volontà di lotta nessuno può fermarla.
Bisognerebbe che il vostro esempio fosse seguito in altre aziende, che altri compagni facessero come voi. Se nascessero tanti S.A.B., potrebbero federarsi e avere veramente un grosso peso. Credi che sia possibile?
Questo è anche il nostro obiettivo a lungo termine. Purtroppo i nostri appelli a compagni che lavorano in altre aziende sono finora caduti nel vuoto. Sì ciancia di "autonomia operaia", ma di concreto non si fa molto. So che è molto difficile, ce ne siamo resi conto sulla nostra pelle. Ma finché non si esce dal guscio non si ottiene nulla: solo belle parole. Se dobbiamo aspettare che i tempi siano maturi per la rivoluzione siamo freschi. Cominciamo a fare oggi quello che si può fare oggi: organizziamoci autonomamente per difenderci in prima persona dai padroni e dallo stato. Il rifiuto della delega deve partire dal rifiuto di pagare i contributi ai sindacati tricolori. È inutile imprecare contro la burocrazia se si contribuisce a farla funzionare. Il sindacalismo anarchico, non può che sorgere dalla distruzione del sindacalismo partitico. La convivenza, il compromesso sono impossibili: loro vogliono comandare, noi siamo contro l'autorità; loro vogliono dirigere la base e noi vogliamo che la base si diriga da sé; loro vogliono rafforzare lo stato e noi vogliamo abolirlo. Loro parlano di antifascismo, noi parliamo di anti autoritarismo.
Insomma non si può camminare insieme. Se si vuole iniziare un nuovo sindacalismo bisogna distruggere quello vecchio. Un'impresa pazzesca? Io dico di no. Io credo che oggi come oggi l'anarcosindacalismo sia un mezzo indispensabile per colpire al cuore il sistema. È anche una verifica le nostre idee sono realizzabili, se sono capite e accettate dalle masse.
Io, sulla base dell'esperienza del S.A.B. dico di sì. L'indifferenza all'autorità è generale. Ma se siamo costretti ad accettare l'autorità dello stato e dei padroni perché questi hanno strumenti concreti di repressione, possiamo ripudiare subito l'autorità dei burocrati, un'autorità che viene loro conferita dalla base che li ha delegati o per complesso di inferiorità o per inganno o per pigrizia.
Quanto tu dice è vero, ma devi ammettere che un conto è fare dell'anarcosindacalismo in una azienda IRI, un altro conto è farlo in una azienda privata. Quello che tu e gli altri compagni della RAI siete riusciti a fare, hanno già tentato di farlo in passato altri compagni e ne sono usciti con le ossa rotte...
Ammetto che sia più facile creare un S.A.B. in una azienda IRI, che in una azienda privata. Ma cominciamo a fare i S.A.B. dove è più facile, il resto verrà da solo... Bisogna anche riconoscere che l'alternativa autoritarismo-libertarismo è forse più facilmente comprensibile in aziende e in ambienti socialmente più istruiti che non nei luoghi di lavoro abrutito, nei quali la critica libertaria al socialismo autoritario può apparire ironica a chi vive in condizioni bestiali. Ma non è del tutto vero, si pensi alle realizzazioni di Carrara. Gli anarcosindacalisti carraresi non hanno forse dato in passato un esempio clamoroso di sindacalismo autogestito?
In ogni caso non sì può teorizzare la inazione. Occorre agire e ragionare sui fatti. Noi stiamo "facendo i fatti", costi quel che costi.

Umberto Monte

Contro i burocrati

L'attività e le esperienze del Sindacato autonomo di base della RAI-TV di Milano sono documentate in 18 volantini ciclostilati finora distribuiti.
Il primo volantino firmato da "un gruppo di lavoratori RAI" è dell'8 ottobre 1974. In esso non si parla ancora del nuovo sindacato, ma è tuttavia un interessante precedente. Vi si denuncia infatti una manovra mistificatrice dei sindacati i quali hanno lanciato lo slogan "Difendiamo il Parlamento dal golpe". In questi documenti i nostri compagni denunciano la falsità dell'obiettivo sottolineando l'inutilità e la nocività del parlamento. Sottolineano inoltre il fatto che dalla bacheca della RAI-TV destinata a testimonianze dell'antifascismo due sindacalisti (Bassi e Gasparotto) hanno tolto un foglio contenente un appello agli antifascisti per far uscire dalla galera il valoroso partigiano anarchico Belgrado Pedrini.
Due giorni dopo il "gruppo d'iniziativa" getta le basi del nuovo sindacato con un volantino dal titolo "Uscita dalle federazioni sindacali partitiche e formazione di una sezione sindacale autonoma di base". Il volantino è un pesante attacco alle federazioni sindacali della RAI-TV divenute incontrollabili dai lavoratori a causa della loro stretta dipendenza dai partiti che controllano l'azienda stessa. Il documento denuncia anche che le federazioni "sono governate da funzionari stipendiati dall'azienda a tempo pieno con mansioni di sindacalisti, che ne fanno uno strumento di controllo aziendale sui lavoratori (un esempio è Giachi della CISL, assunto per... tutelare gli interessi dei burocrati) e restano non solo sordi alle critiche e agli incitamenti di base, ma fanno continua opera di pompieraggio."
Il 16 ottobre esce il "Comunicato del S.A.B. n.1" col quale si annuncia la costituzione del sindacato. Oltre ad enunciare i principi fondamentali del S.A.B. che pubblichiamo a parte, il ciclostilato denuncia il grave sabotaggio compiuto dai sindacalisti dell'azienda i quali hanno indotto la gerente del locale, che era stato affittato per la riunione costitutiva del S.A.B., a revocarne la concessione.
Il S.A.B.quindi, ancor prima di nascere era già perseguitato dai sindacati partitici. Il comunicato conclude con un duro attacco ai sindacati che vogliono difendere il monopolio della RAI-TV.
Il tema del monopolio è ripreso nel comunicato successivo, datato 21 ottobre. In esso il gruppo iniziativa del S.A.B. smaschera il ricatto dei sindacati che sostengono "o difendono il monopolio o ci rimettiamo il posto di lavoro." "I sindacati - replica il S.A.B. - si schierano in difesa del monopolio in buona compagnia: tutti i partiti di governo più gli aspiranti alla "torta". Le riforme che loro propongono lieviterebbero ancor di più il mostro burocratico". Lo stesso documento affronta un altro impegno qualificante: la lotta al lavoro straordinario "uno strumento di corruzione che umilia la personalità dei lavoratori ponendoli al livello morale della burocrazia" e termina chiarendo ai lavoratori che "non il monopolio ci garantisce il diritto al lavoro, ma l'azione autonoma e diretta dei lavoratori".
I comunicati del S.A.B., nonostante le intimidazioni e le provocazioni, continuano a ritmo incalzante. Il 23 ottobre si denuncia l'andamento di un'assemblea risoltasi con una "incoerente passerella di politicanti". Due giorni dopo un altro comunicato risponde alle manovre pompieristiche dei sindacati ufficiali i quali si autoproclamano unici depositari "legali" del diritto di indire uno sciopero. Il S.A.B. giustamente sostiene e dimostra che lo sciopero autogestito è pienamente legittimo: "lo sciopero da tutta la giurisprudenza è definito come astensione dal lavoro. Non occorre che l'astensione sia globale, plenaria, totalitaria; ben può essere parziale, limitata, presa anche da pochissimi lavoratori, purché più di uno (...).
L'utilizzazione del diritto di sciopero finora, tranne nella 1969, è stata "delegata" ai sindacati. È un'inveterata abitudine di avere sempre un capo ed ubbidire a qualcuno: la deformazione mentale del dipendente. Mentre "autogestendo" gli scioperi del 1969 abbiamo piegato la direzione, "delegando" i sindacati stiamo dissanguandoci in un inutile stillicidio".
Il comunicato successivo, del 29 ottobre, è una chiare e dura risposta all'accusa di provocazione rivolta dalla "Cellula RAI-TV del PCI" alla S.A.B. Vi si ribadiscono i principi del S.A.B. e le denunce al sindacalismo partitico burocratico. Coraggiosamente il S.A.B non manca di citare chiari esempi: "Tutti sanno della mobilità delle carriere: da sindacalisti si può diventare dirigenti aziendali; gli esempi non mancano (vedi Fiorenzoli, ex segretario della FULS-CISL ed oggi capo della delegazione aziendale, sostituito da Giachi, funzionario sindacale assunto dall'azienda per... fare il sindacalista)". Il 19 novembre un altro comunicato S.A.B. risponde a un ennesimo attacco dei dirigenti sindacali e dei dirigenti aziendali RAI-TV i quali viste vane minacce e provocazioni sono passati alle calunnie e chiedono dove il S.A.B. si procuri i soldi per stampare i suoi ciclostilati. "I nostri conti sono presto fatti - risponde il S.A.B.- Per comperare la carte e l'inchiostro e le matrici i soldi li tiriamo fuori di tasca nostra, perché c'è ancora chi ha la soddisfazione di spendere qualche soldarello per il piacere di dire la verità".
Nei mesi successivi i comunicati del S.A.B. si susseguono: attaccano la cogestione sindacale, difendono i diritti dei lavoratori, sostengono le tesi dell'autogestione e dell'azione diretta. Rispondono colpo su colpo alle provocazioni e agli attacchi della direzione dei sindacati partitici. Ogni manifesto strappato viene sostituito da uno nuovo. Ogni sopruso viene denunciato.


I principi del Sindacato autonomo di base della RAI-TV di Milano, approvati durante la riunione costitutiva sono i seguenti:
1. Perseguire la solidarietà fra i lavoratori di ogni ramo o industria. Uno per tutti, tutti per uno.
2. Essere autonomi da ogni forza che non siano i lavoratori stessi.
3. Battersi per l'emancipazione proletaria integrale, cioè non per sostituire un padrone ad un altro, ma per giungere all'autogestione.
4. Propugnare l'autonomia e la responsabilità del lavoratore, sottraendolo alla condizione di automa.
5. Propugnare l'uguaglianza economica e normativa dei lavoratori.
6. Federarsi liberamente con sindacati analoghi.
7. Combattere il burocratismo e il gerarchismo, a cominciare dalla propria organizzazione, con la parità degli affiliati, con la rotazione degli incarichi, con l'eleggibilità e la revocabilità del portavoce.