Rivista Anarchica Online
Foto di gruppo con Sindona
di Emilio Cipriano
Il "mago" è caduto. La magistratura ha emesso mandato di cattura
contro Michele Sindona, mago della finanza
italiana e italo-americana. I piccoli risparmiatori (ma soprattutto i grandi speculatori) che vedevano in lui
un
novello "uomo della provvidenza" piangono oggi calde lacrime intrise da biglietti da centomila perduti,
per loro,
dall'astro della finanza. Come tutti gli scandali che allietano questo nostro paese, anche quello legato
al finanziere siculo è sicuramente
destinato a silenzi imbarazzanti (ma non troppo) dei notabili parlamentari, allo sdegnoso smentire e
all'inevitabile
insabbiatura. Anche se questa testa cadrà il regime sarà salvo e le cronache registreranno
solo la disfatta di
Sindona e del suo stato maggiore mentre i nostri governanti continueranno i loro sonni tranquilli. Ma
nonostante
le smentite, le omissioni, i silenzi che faranno da corollario a questa sporca faccenda, siamo convinti che
l'affaire
Sindona è soprattutto uno scandalo di regime nel quale è coinvolta gran parte dei
rappresentanti del potere
politico ed economico del paese. Vediamo i fatti. La stella di Sindona si è offuscata quando
la magistratura ha spiccato contro di lui mandato di
cattura per irregolarità in bilancio, illecita distribuzione di utili e bancarotta fraudolenta. Ma gli
illeciti attribuitigli
sono solo la parte emergente dell'iceberg, perchè le azioni illegali di Sindona sono
di ben altra portata e vanno
ben più in là di un bilancio falso e di una bancarotta. Il "picciotto finanziere"
è una figura emblematica del potere economico, politico e religioso italiano. Tramite lui
agivano i capitali del signor Montini (e non erano trenta denari, ma miliardi) che trescando e speculando
impoverivano gli italiani (sicuramente per salvare le loro anime distogliendoli dai beni terreni). Con
parte dei profitti derivati dalle speculazioni Sindona teneva a libro paga i maggiorenti della D.C. (da quelli
di destra a quelli di sinistra) e passava inoltre alle casse del partito cattolico la rilevante somma di 750
milioni
al mese. I notabili D.C., da Fanfani a Donat-Cattin, da Gullotti a Micheli (segretario amministrativo), da
Rumor
ad Andreotti hanno subito smentito le rivelazioni fatte da Carlo Bordoni (ex braccio destro di Sindona,
oggi
latitante) dichiarando non solo di non aver mai ricevuto bustarelle da Sindona, ma neppure di conoscerlo.
E chi
ci crede? L'impero Sindona si sta sfasciando e dalle crepe a falle apertesi si sprigiona un tanfo
irresistibile. La causa recente che ha iniziato la disfatta di Sindona si è verificata quando gli
è stata rifiutata l'autorizzazione
ad aumentare il capitale della Finambro a 160 miliardi; con quei soldi il "picciotto" pensava a tappare i
buchi
aperti nelle sue banche e nelle sue aziende. Si parla di qualcosa come quattrocento miliardi spariti nei
meandri
delle società "svizzere" di Sindona. Il gioco non gli è riuscito per l'opposizione del
management finanziario
pubblico, con in testa Cuccia, presidente della Mediobanca (I.R.I.) e la Banca Commerciale (anch'essa
I.R.I.);
così con il passare delle settimane e dei mesi buona parte dei suoi intrighi è venuta allo
scoperto. Il quadro è
tutt'altro che edificante. Sindona assurge alla ribalta della finanza italiana quando, nel 1967, rileva una
grossa
quota della Banca Privata Finanziaria di Milano, un istituto che riceve la copertura finanziaria dalla
Continental
Illinois Bank di Cicero che amministra i capitali della mafia italo-americana Cosa Nostra. Divenuto
vice-presidente della Privata Finanziaria, Sindona concede prestiti alle aziende in difficoltà
costringendole poi alla
vendita per sanare i debiti. Queste aziende vengono poi rivendute (dopo un risanamento finanziario) q
gruppi
italo-americani mafiosi. Nel frattempo, tramite Massimo Spada, Sindona entra in relazione con il
Vaticano ed
effettua colossali speculazioni a favore del governatore di S. Pietro. La sua azione a favore della mafia
e del
Vaticano non passa inosservata a Jhon Volpe, ambasciatore in Italia degli U.S.A. gli conferisce
onorificenze per
ricompensarlo dei buoni servigi. Sindona, comunque, non finanzia solo la D.C., ma anche la destra
golpista per
favorire una maggiore sudditanza politica oltre che economica verso gli U.S.A. Il quadro a questo
punto è quasi completo, il finanziere siciliano è stato soprattutto un abile strumento di
capitalisti speculatori, di coloro cioè che intendono l'economia come pura speculazione, che
agiscono più sulle
differenze dei cambi che sulla produzione di merci, che giocano in borsa e che vorrebbero un regime
forte legato
alla destra. A tutto questo hanno risposto con efficacia (anche se tardiva) i suoi antagonisti,
cioè gli alti dignitari delle
burocrazie statali e dei grandi oligopoli nazionali che non potevano accettare di vedersi esautorare da un
finanziere troppo scopertamente spregiudicato e legato a Cosa Nostra. Così insieme alla messa
sotto accusa della
destra golpista è venuta la rivincita contro Sindona, le aziende del parastato vogliono ritornare
ad essere le
maggiori finanziatrici della classe politica italiana e per questo Sindona è stato bloccato e poi
incriminato. La Malfa, nel rifiutare l'aumento di capitale della Finambro, non ha fatto un'azione
moralizzatrice contro la
corruzione e la speculazione ma ha agito a favore dei suoi alleati dell'I.R.I. e della F.I.A.T., aiutando nel
contempo i suoi sostenitori a sbarazzarsi di un concorrente divenuto troppo pericoloso per gli attuali
equilibri
di potere. Caduto Sindona il panorama non cambierà di molto; il vero volto del regime
italiano fatto di corruzione,
clientelismo, speculazione non si modificherà nella sostanza, cambieranno i suonatori, ma la
musica sarà sempre
la stessa.
Emilio Cipriano
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