Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 33
novembre 1974


Rivista Anarchica Online

Foto di gruppo con Sindona
di Emilio Cipriano

Il "mago" è caduto. La magistratura ha emesso mandato di cattura contro Michele Sindona, mago della finanza italiana e italo-americana. I piccoli risparmiatori (ma soprattutto i grandi speculatori) che vedevano in lui un novello "uomo della provvidenza" piangono oggi calde lacrime intrise da biglietti da centomila perduti, per loro, dall'astro della finanza.
Come tutti gli scandali che allietano questo nostro paese, anche quello legato al finanziere siculo è sicuramente destinato a silenzi imbarazzanti (ma non troppo) dei notabili parlamentari, allo sdegnoso smentire e all'inevitabile insabbiatura. Anche se questa testa cadrà il regime sarà salvo e le cronache registreranno solo la disfatta di Sindona e del suo stato maggiore mentre i nostri governanti continueranno i loro sonni tranquilli. Ma nonostante le smentite, le omissioni, i silenzi che faranno da corollario a questa sporca faccenda, siamo convinti che l'affaire Sindona è soprattutto uno scandalo di regime nel quale è coinvolta gran parte dei rappresentanti del potere politico ed economico del paese.
Vediamo i fatti. La stella di Sindona si è offuscata quando la magistratura ha spiccato contro di lui mandato di cattura per irregolarità in bilancio, illecita distribuzione di utili e bancarotta fraudolenta. Ma gli illeciti attribuitigli sono solo la parte emergente dell'iceberg, perchè le azioni illegali di Sindona sono di ben altra portata e vanno ben più in là di un bilancio falso e di una bancarotta.
Il "picciotto finanziere" è una figura emblematica del potere economico, politico e religioso italiano. Tramite lui agivano i capitali del signor Montini (e non erano trenta denari, ma miliardi) che trescando e speculando impoverivano gli italiani (sicuramente per salvare le loro anime distogliendoli dai beni terreni).
Con parte dei profitti derivati dalle speculazioni Sindona teneva a libro paga i maggiorenti della D.C. (da quelli di destra a quelli di sinistra) e passava inoltre alle casse del partito cattolico la rilevante somma di 750 milioni al mese. I notabili D.C., da Fanfani a Donat-Cattin, da Gullotti a Micheli (segretario amministrativo), da Rumor ad Andreotti hanno subito smentito le rivelazioni fatte da Carlo Bordoni (ex braccio destro di Sindona, oggi latitante) dichiarando non solo di non aver mai ricevuto bustarelle da Sindona, ma neppure di conoscerlo. E chi ci crede?
L'impero Sindona si sta sfasciando e dalle crepe a falle apertesi si sprigiona un tanfo irresistibile.
La causa recente che ha iniziato la disfatta di Sindona si è verificata quando gli è stata rifiutata l'autorizzazione ad aumentare il capitale della Finambro a 160 miliardi; con quei soldi il "picciotto" pensava a tappare i buchi aperti nelle sue banche e nelle sue aziende. Si parla di qualcosa come quattrocento miliardi spariti nei meandri delle società "svizzere" di Sindona. Il gioco non gli è riuscito per l'opposizione del management finanziario pubblico, con in testa Cuccia, presidente della Mediobanca (I.R.I.) e la Banca Commerciale (anch'essa I.R.I.); così con il passare delle settimane e dei mesi buona parte dei suoi intrighi è venuta allo scoperto. Il quadro è tutt'altro che edificante. Sindona assurge alla ribalta della finanza italiana quando, nel 1967, rileva una grossa quota della Banca Privata Finanziaria di Milano, un istituto che riceve la copertura finanziaria dalla Continental Illinois Bank di Cicero che amministra i capitali della mafia italo-americana Cosa Nostra. Divenuto vice-presidente della Privata Finanziaria, Sindona concede prestiti alle aziende in difficoltà costringendole poi alla vendita per sanare i debiti. Queste aziende vengono poi rivendute (dopo un risanamento finanziario) q gruppi italo-americani mafiosi. Nel frattempo, tramite Massimo Spada, Sindona entra in relazione con il Vaticano ed effettua colossali speculazioni a favore del governatore di S. Pietro. La sua azione a favore della mafia e del Vaticano non passa inosservata a Jhon Volpe, ambasciatore in Italia degli U.S.A. gli conferisce onorificenze per ricompensarlo dei buoni servigi. Sindona, comunque, non finanzia solo la D.C., ma anche la destra golpista per favorire una maggiore sudditanza politica oltre che economica verso gli U.S.A.
Il quadro a questo punto è quasi completo, il finanziere siciliano è stato soprattutto un abile strumento di capitalisti speculatori, di coloro cioè che intendono l'economia come pura speculazione, che agiscono più sulle differenze dei cambi che sulla produzione di merci, che giocano in borsa e che vorrebbero un regime forte legato alla destra.
A tutto questo hanno risposto con efficacia (anche se tardiva) i suoi antagonisti, cioè gli alti dignitari delle burocrazie statali e dei grandi oligopoli nazionali che non potevano accettare di vedersi esautorare da un finanziere troppo scopertamente spregiudicato e legato a Cosa Nostra. Così insieme alla messa sotto accusa della destra golpista è venuta la rivincita contro Sindona, le aziende del parastato vogliono ritornare ad essere le maggiori finanziatrici della classe politica italiana e per questo Sindona è stato bloccato e poi incriminato.
La Malfa, nel rifiutare l'aumento di capitale della Finambro, non ha fatto un'azione moralizzatrice contro la corruzione e la speculazione ma ha agito a favore dei suoi alleati dell'I.R.I. e della F.I.A.T., aiutando nel contempo i suoi sostenitori a sbarazzarsi di un concorrente divenuto troppo pericoloso per gli attuali equilibri di potere.
Caduto Sindona il panorama non cambierà di molto; il vero volto del regime italiano fatto di corruzione, clientelismo, speculazione non si modificherà nella sostanza, cambieranno i suonatori, ma la musica sarà sempre la stessa.

Emilio Cipriano