Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 32
ottobre 1974


Rivista Anarchica Online

Il bue felice di Giscard
di S. Parane

Riformismo, equilibrismo e conservazione

Se la fraseologia utilizzata dalle diverse formazioni politiche non accenna a cambiare, se il presidente Giscard d'Estaing continua a proporsi come un liberale e se la sinistra in tutte le sue sfumature continua ad autodefinirsi la portavoce delle classi sfruttate, la natura dei problemi della società francese non potrà essere spiegata attraverso le formule tradizionali. Inflazione galoppante, deficit sempre più accentuato della bilancia dei pagamenti, strutture di distribuzione di tipo arcaico, agricoltura non remunerativa, fanno sì che l'intera compagine dei partiti - dall'estrema destra all'estrema sinistra, ha ammesso che questi estremi siano ancora riconoscibili - sia condannata a definire, a breve termine, dei programmi in cui le misure economiche prenderanno il sopravvento sulle misure generali ad uso elettorale. Sempre più chiaramente diventa evidente che il potere politico e le varie componenti che le esercitano o sperano di esercitarlo in futuro, non riescono a dominare i meccanismi economici che regolano la società. La Presidenza e il governo tentano invano di contenere l'inflazione sia perché il suo carattere galoppante minaccia di provocare la catastrofe sia perché i suoi vantaggi sono giudicati essenziali nella misura in cui essa sia controllata.
L'inflazione permette allo Stato di ottenere denaro dai cittadini ad un valore di 100 e di rimborsarlo al valore di 85. L'inflazione favorisce i proprietari di beni reali, è la speranza dei compratori a credito; per contro essa scontenta tutti coloro che vivono di redditi fissi, e che generalmente votano per i partiti della cosiddetta destra...
Gli agricoltori si trovano in una situazione che si direbbe propria del terzo mondo, vale a dire che essi sono costretti ad acquistare prodotti industriali sempre più costosi, mentre il valore della loro produzione tende a ad un generale ribasso. Solo il protezionismo degli stati altamente industrializzati, ma che hanno vasti strati di popolazione agricola fa sì che la comunità europea riesca, e con difficoltà, a far sopravvivere queste categorie attraverso il meccanismo delle sovvenzioni.
Per la maggior parte dei problemi il sistema politico parlamentare sembra uno strumento di gestione di un'economia che funziona in modo autonomo e che è sottomessa a regole extranazionali. Con l'aggravante che il sistema politico, per continuare a funzionare, si autolimita nel prendere disposizioni rigide, poiché dipende dalle diverse clientele che costituiscono il suo elettorato. Così accade che i tecnocrati o gli esperti governativi possono consigliare o prendere delle decisioni vincolanti, ma queste si ridurranno a nulla o a ben poca cosa a causa di emendamenti o di decreti di applicazione, poiché i piccoli commercianti o i viti cultori o qualsiasi altro gruppo di pressione mugugnano e l'avvicinarsi di scadenze elettorali vieta qualsiasi severità da parte delle organizzazioni politiche che non dispongono di una base elettorale sicura.
Lo stesso dicasi per l'opposizione sempre al limite della vittoria, che cerca disperatamente di riunire le categorie di insoddisfatti, anche se in contrasto tra loro: salariati-consumatori alleati agli intermediari-sfruttatori.
Questa evidente contraddizione porta in sé la condanna della democrazia parlamentare nella misura in cui le difficoltà economiche e i deficit finanziari impediranno le decisioni a favore di singole categorie. I gollisti, i centristi, gli indipendenti, i comunisti, i socialisti lo sanno. Quello che essi non vogliano ammettere è che la natura e il senso delle battaglie politiche sono condannate all'evoluzione di una società mezza capitalistica e mezzo tecnoburocratica, che è la società di oggi. Anche all'interno dei partiti, i gruppi di economisti, di esperti finanziari, di organizzatori di tutti i generi, di elementi usciti dalle grandi scuole di amministrazione, sono coscienti di utilizzare delle parole che suscitano ancora vecchi riflessi ma che non corrispondono più né alla realtà di oggi, né a un futuro prevedibile, né alle intenzioni degli stati maggiori.
Se è necessario spiegare ai militanti di base, o alle folle elettorali che la differenza tra un "reazionarie" come il Jacques Chirac e un "rivoluzionario" come François Mitterand si limita al due tre per cento in più o in meno nella distribuzione dei crediti o alla nazionalizzazione di tre o quattro imprese di dimensioni nazionali, è evidente che le sonorità propagandistiche perderebbero molto del loro fascino.
Più grave è il fatto che di fronte a tutto ciò, la classe operaia - e le sue cosidette organizzazioni rappresentative non propongano (o non si sognano) alcuna politica propria. Esse si limitano a portare avanti delle rivendicazioni che non possono essere ottenute se non nella misura in cui si persegue l'immobilismo della società attuale, illudendosi che l'espansione economica non incontri alcun ostacolo e che lo sviluppo industriale si infinito. Il loro peso porta all'ottenimento di una parte dei profitti dello sviluppo, ma esse non mettono in discussione l'essenza stessa dell'economia alla quale sono assoggettate. La battaglia alla quale partecipano le forze politiche, i gruppi padronali e le confederazioni sindacali ha per obiettivo, fino ad ora, la divisione dei frutti dello sviluppo, da un lato, e la divisione degli oneri dello sviluppo, dall'altro. Se i partiti di sinistra e la maggior parte dei sindacati conservano la fiamma socialista è solo per rischiarare un avvenire in cui lo stato sarà il sempre più potente padrone rispetto ai proprietari ed agli imprenditori privati.
La volontà rivoluzionaria di origine operaia è quasi completamente scomparsa, almeno a livello dei partiti e dei sindacati, i quali dicono di esprimere la volontà dei lavoratori. Dare la colpa alle dirigenze e ai burocrati non può spiegare un fenomeno così profondo. Quando tutte le federazioni sindacali dei trasporti e dell'industria aeronautica esigono - allineati con i gruppi padronali interessati - che sia mantenuta la fabbricazione dell'aereo supersonico Concorde, il cui costo è di diversi miliardi di nuovi franchi, esse corrispondono effettivamente alla mentalità degli operai e impiegati delle fabbriche di aviazione. Quando il transatlantico di gran lusso France - anch'esso costato miliardi e miliardi di vecchi franchi - viene disarmato perché lo sperpero è troppo evidente, l'equipaggio e i sindacati dei marittimi protestano e proclamano uno sciopero. Nessuna organizzazione sindacale sembra stupirsi o disgustarsi nel constatare che una parte importante delle esportazioni francesi è costituita dalla vendita di materiale bellico. È compito degli "altri", dello stato, del governo, di risolvere la situazione in modo che l'impiego, i salari siano garantiti. Così la classe operaia perde ogni velleità di azione e ammette di essere una clientela tra le altre.
Una delle trattative più importanti che si sta svolgendo nella C.N.P.F. (la centrale padronale) e le diverse confederazioni (C.G.T. comunista, Force Ouvriere riformista, C.F.D.T. recentemente impegnata nel gioco politico della sinistra) riguarda le garanzie di indennizzo e di sperequazione a favore dei salariati di imprese che devono chiudere per ragioni economiche. Le controparti sono d'accordo, salvo su un punto: i sindacati esigono che il reimpiego sia garantito prima che l'impresa chiuda, mentre i padroni stimano che essi non possono assumersi questa responsabilità, essendo questo il compito di un regime che garantisce delle indennità di licenziamento, delle indennità di disoccupazione delle modalità di riconversione, degli uffici di riassunzione. Vale a dire che a quel punto la condizione del lavoratore salariato si è avvicinata notevolmente a quella del funzionario dei servizi pubblici, e che l'orientamento della politica delle centrali sindacali si basa sul perpetuarsi dell'economia, così come essa funziona attualmente.
È in questa atmosfera, in cui si percepisce a volte il panico, mentre ufficialmente i "responsabili" fanno finta di credere alle virtù dell'espansione eterna, che si tracciano o sono tentate, le manovre politiche. Gli indipendenti, che beneficiano dei vantaggi del potere presidenziale, hanno raccolto centristi e un gran numero di gollisti intorno a sé. Anche se questo non impedisce loro di prepararsi a portare via qualche seggio ai loro alleati dell'U.D.R., alle prossime elezioni, in modo da stabilire un certo equilibrio nella maggioranza. Da parte dei gollisti, malgrado la loro rapida decadenza - o proprio per questo - l'amarezza e i rancori hanno lasciato il passo a una certa complicità con il nuovo regime, complicità favorita da sovvenzioni ufficiose che permettono alla macchina del loro partito di continuare a funzionare. Sono proprio loro l'oggetto di vistosi e chiassosi appelli da parte del Partito Comunista che scopre in essi dei preziosi partigiani della grande politica gollista, quella che trattava con freddezza gli Stati Uniti e propendeva verso l'intesa coi Paesi dell'Est. Intesa che non è da escludere a termine, e in determinate situazioni internazionali, ma che, oggi, non ha grandi possibilità di sbocchi reali perché labilità di manovra del P.C. non può nulla contro la dura realtà. Socialmente e politicamente, il partito di George Marchais è diventato una organizzazione di tipo socialdemocratico: basi municipali, basi sindacali, gran parlare di "lotta di classe" e riformismo pratico. Curiosamente a mantenere l'unità del partito è la fedeltà verso la politica estera sovietica, è la vecchia disciplina moscovita per tutto quello che di rilevante accade nel gioco internazionale. Senza questa dipendenza, lo scoppio di un organizzazione dove le adesioni ad essa dipendono da un'infinità di interessi particolari e da una vaga e poco costosa simpatia per il "progresso sociale", sarebbe inevitabile e rapida. Ma l'insieme dei quadri comunisti è perfettamente cosciente di questo apparente paradosso.
Non va certo meglio dal lato socialista, in cui coesistono numerose tendenze che contribuiscono a fare del partito un magma piuttosto che una organizzazione unita. È significativo che i suoi militanti siano in gran maggioranza dei "colletti bianchi" e che il loro reclutamento avvenga soprattutto nel settore dei "quadri". A grandi linee, si può definirlo come il partito della piccola e media nuova borghesia salariata.
Sul piano della politica internazionale, i punti di vista divergono, sebbene l'attuale intesa Washington-Mosca non sia fatta per sottolineare le opposizioni o precipitare le rotture.
Benché sia azzardato pronosticare quello che succederà domani, dato l'interrogativo che pone il destino dell'economia mondiale, tuttavia si può ipotizzare - mettendo da parte tutta la fraseologia propagandistica - che una crisi industriale e finanziaria aperta (non è ancora il caso di oggi) troverebbe in Francia gli elementi necessari alla creazione di una "unione nazionale", alla quale parteciperebbe la maggior parte dei partiti e che fornirebbe il rifugio protettore all'azione di una tecnoburocrazia cosciente delle sue funzioni postcapitalistiche, con l'aiuto eventuale del P.C., se questa unione nazionale mantenesse l'equivoco della neutralità o del gioco dell'altalena, e se, come molti indizi fanno credere, l'Unione Sovietica stimasse di aver bisogno dell'occidente per assicurare il suo sviluppo economico.
Tutte grigie prospettive che non possono certo provocare l'entusiasmo. Cosicché si assiste, e si assisterà senza dubbio sempre più, alla proliferazione di gruppi e movimenti marginali, alcuni a carattere religioso, che non stanno al gioco e che cercano altre ragioni per vivere e sperare, delle ragioni che non siano quelle del bue felice.

S. Parane