Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 3 nr. 25
novembre 1973 - dicembre 1973


Rivista Anarchica Online

Cile come Vietnam?
di L. P. D.

Le prospettive della lotta armata contro la dittatura militare

A distanza di mesi dal golpe dei militari cattolici-integralisti cileni è forse possibile avere una visione più chiara della situazione, senza assurdi ottimismi (vedere lo slogan di Lotta Continua: "Il Cile è un nuovo Vietnam") e senza ingiustificati pessimismi ("è tutto finito, non c'è niente da fare, ecc."). Mi sembra interessante mettere a fuoco alcuni punti, dando per scontata una conoscenza generale media (attraverso giornali quotidiani e riviste, TV, radio, ecc.) dell'evolversi della situazione cilena fino al tragico epilogo dell'11 settembre scorso e degli avvenimenti che hanno seguito questa data.
Com'è noto, il Cile è geograficamente un paese che si estende in lunghezza, da Arica (frontiera con il Perù) al Cabo de Hornos, nella Tierra del Fuego, ci sono ben quattromila chilometri, che diventano cinquemilacinquecento se calcolati su strade carrozzabili. Il nord è praticamente un deserto, molto caldo all'interno, dove si trovano le miniere di rame, meno soffocante lungo la costa, tuttavia sempre caldo tropicale. Al centro del paese, dove si trovano Santiago e Valparaiso, c'è un clima abbastanza simile a quello del centro Italia, con un inverno meno rigido. Verso Valdivia e Puerto Montt, ancora più a sud, troviamo un clima piovoso, ma non troppo rigido. Nel sud del paese, fino a Punta Arenas, Porvenir, Darwin, si entra in una zona spaventosa: venti gradi sotto zero per due mesi all'anno, dieci gradi sotto zero per altri quattro e freddo per i rimanenti mesi, un freddo umido, pessimo per la salute.
Questi rilievi a che servono? Ci aiutano a capire l'assurdità di certe affermazioni fatte da molte persone e molti giornali italiani. Esempio più lampante: "La resistenza si organizza al sud". Con quel clima, nonostante le strade inesistenti e la rarità degli abitanti, è chiaro che un esercito è avvantaggiato in ogni caso: è al riparo, ben riscaldato ed equipaggiato, i carri armati leggeri vanno anche sulla neve, i militari hanno la possibilità di rientrare ogni sera alle basi, costruite in modo adatto per il clima. Al contrario il partigiano non potrebbe sopravvivere senza ripari per la notte (non esistono case isolate e ormai distrutte sono le capanne dei cercatori d'oro), inoltre le armi si rovinano con l'umidità e non troverebbe facilmente il cibo. In abitati di poche migliaia o centinaia di persone non potrebbe nemmeno nascondersi né entrare con sicurezza.
Alla stessa maniera sbaglia chi scrive di "resistenza andina". Le Ande in Cile toccano i seimila metri di altezza, e predominano immensi altipiani sui tremila-quattromila metri. La guerrilla peruana del 1961-1965 (MIR peruviano, Illari Chasqui, ELN, Tierra o muerte, Hugo Blanco) ha dimostrato che non è possibile organizzare la lotta partigiana al di sopra dei mille e cinquecento metri di altezza e che la zona ottimale per organizzarsi bene, anche dal punto di vista dei rifornimenti, e del cibo, è al di sopra dei cinquecento metri e al di sotto dei mille. La possibilità di guerra partigiana è quindi limitata ai margini montani e soprattutto alle zone collinari che vanno dal mare alla cordigliera. Diverso discorso va fatto per la Sierra dei Atacama e tutto il Tarapacà, al nord, perché pur essendo alto, è in zona molto calda. In questo altopiano vi è però l'ostacolo del deserto e dell'assoluta mancanza di acqua e di riparo.
In effetti le notizie che continuano ad arrivare segnalano che la guerrilla extra-urbana (quella urbana, pur limitata, fiorisce ovunque) è più che altro limitata a tre zone. A nord nella valle del fiume Loa, sopra Tocopilla, e nella zona collinare di Carmen Alto, vicino ad Antofogasta. Al centro, nel Coquimbo, nel Talca, nel Linares, sempre in zona collinare. Sempre al centro del paese, ma più a sud, sono segnalati nuclei nel Cautin e nella Valdivia, dove si trova la regione dei laghi e dove ci sono molte foreste verso i 700 metri di altitudine.
Pare quindi che ci si trovi di fronte ad un impasse, nel quale nessuna delle due parti in lotta riesce a vincere del tutto, anche se una, i militari, è in enorme vantaggio sull'altra. Dato il suo svantaggio e la sua disorganizzazione iniziali, e data anche la natura del paese, la guerrilla non può conquistare totalmente una vasta zona, dove impiantarsi stabilmente ed organizzare le proprie strutture, lontano da minacce nemiche. Se si spingesse a sud, la guerrilla si troverebbe con scarsissime possibilità di movimento e nello stesso tempo offrirebbe ai militari di portare attacchi navali improvvisi ai pochissimi centri abitati. È impossibile, almeno per ora, parlare in termini di un "nuovo Vietnam". Né l'Argentina ha intenzione di fungere da Vietnam del Nord per un'eventuale (ma improbabile) zona liberata cilena. Nello stesso tempo, date le difficoltà dei trasporti rapidi e la loro esposizione a possibili attacchi partigiani, l'esercito non può ancora "pacificare" del tutto il paese. Anzi a giudicare dal ripristino, avvenuto in ottobre e durato due settimane del coprifuoco alle 20 della sera nelle grandi città, non riesce a domare neppure la guerrilla urbana.
I gorilas sono ad un così basso livello intellettuale e critico che tutto hanno fatto per spingere il popolo a non arrendersi completamente. Le migliaia di lavoratori e militanti massacrati, le torture di massa, gli stadi e i sotterranei trasformati, per due mesi, in un lager, i dirigenti di sinistra spediti alle Isole Juan Fernandez, gli esponenti del MIR fucilati senza processo, le molte migliaia di rivoluzionari non cileni (boliviani, uruguaiani, brasiliani, guatemaltechi, paraguaiani) consegnati alle polizie dei paesi dai quali erano scappati, oppure ammazzati a freddo. Tutti questi sono elementi che non possono non spingere molti (che forse avrebbero consegnato le armi, se non altro per paura) a resistere fino alla morte, tanto non hanno nulla da perdere combattendo. Né la sorte dei prigionieri può peggiorare a causa dell'intensificarsi della guerrilla: le loro speranze di pronta libertà sono scarse in ogni caso. Il decreto con il quale, il cattolicissimo Pinochet, ha affidato l'incarico di dirigere le indagini, gli interrogatori e la raccolta di elementi sui prigionieri per la "zona centro" al leader nazista di "Patria y Libertad", Roberto Thieme, non può certo spingere molte persone ad aver voglia di farsi arrestare senza colpo ferire.
Né la fucilazione a Valdivia del "Comandante Pepe" (José Gregorio Iendo), a Puente Alto di José Eusebio Rodriguez, la cattura di Roger Luis Laugery de Carvalho, la fucilazione a Santiago di Pepe Santiago "El Chico", possono per ora significare la fine totale della possibilità della guerrilla, pur avendo peggiorate le prospettive di una organizzazione valida, da parte dei partigiani. Fra gli altri non si hanno notizie sulla cattura del "Comandante Micky" (che era stato dato per morto insieme a Rodriguez, notizia poi smentita) e di altre figure importanti del MIR, soprattutto i "giovani turchi" che stavano soppiantando da qualche anno la "vecchia guardia" guevarista.
L'arresto di Luis Corvalan e di altri dirigenti del Partito Comunista Cileno dice poco ai fini della guerrilla, il PC-Ch., partito che ha sempre mescolato un bieco stalinismo con uno spiccato riformismo filo-cattolico, non ha mai avuto, al contrario dei socialisti, una base proletaria, ma piccolo-borghese.
Che prospettive ci sono, quindi? A mio avviso l'unica realistica è una prosecuzione nel tempo, per anni, dell'attuale situazione: guerrilla limitata e non decisiva in alcune zone extraurbane e nelle principali città, resistenza passiva operaia e contadina. A più lunga scadenza la situazione può cambiare. La piccola borghesia cattolica, che ha così aspramente combattuto il governo di UP, può restare delusa anche dalla Giunta militare. La DC può esplodere nelle proprie contraddizioni, ed in questa situazione potrebbero tornare utili più stretti collegamenti internazionali (con il Perù e l'Argentina, dove vi sono gruppi rivoluzionari forti ed abbastanza ricchi finanziariamente, alcuni con complicità molto in alto) per permettere un ampliamento della lotta partigiana. Un'altra soluzione potrebbe essere provocata da pressioni degli U.S.A. verso la Giunta perché abbandoni il potere e lasci il posto a un governo civile, democristiano. In tal caso, o la DC fa una dittatura di partito e prosegue quindi la guerrilla, o da elezioni sufficientemente libere rinasce una situazione simile a quella degli anni sessanta. In entrambi i casi però non si vede nel breve e nel medio periodo un rovesciamento della situazione attuale verso una soluzione rivoluzionaria.

L. P. D.

La rivoluzione preventiva

Il 29 giugno, il colonnello di fanteria Roberto Souper tentava un golpe contro il governo Allende. Il golpe falliva grazie all'aiuto dato ad Allende dal generale Carlo Prats. Il giorno dopo, 30 giugno, alcuni esponenti del M.I.R. presentavano un documento-proposta ad Allende.
Il presidente dichiarava "inaccettabili e poco realistiche" le proposte e dichiarava di voler procedere lungo la strada della legalità. Gli avvenimenti poi, si sa, precipitavano. Il 3 luglio c'era il rimpasto del governo e ne uscivano i militari, il 26 luglio cominciava lo sciopero dei trasporti e una serie inaudita di assassinii politici commessi dai fascisti di "Patria y Libertad".
Il 9 agosto c'era un nuovo rimpasto governativo ed entravano di nuovo i militari, il 22 agosto il parlamento cileno dichiarava che il governo si era messo sul piano illegale violando la costituzione (la DC aveva voluto quest'ultimo attacco contro Allende).
Il 23 il generale Prats dava le dimissioni dal governo e dall'esercito, aprendo la via ai golpisti. Il 28 agosto nasceva il nuovo governo con tre militari.
Infine l'11 settembre si scatenava il golpe e veniva ucciso Allende. I fatti dimostravano tragicamente quant'era "realista" chi si accingeva a controbattere un golpe militare con l'arma della dialettica e del legalitarismo ad oltranza.
"Il golpe di ora è fallito", diceva più o meno il documento del M.I.R., "ma non è certo l'ultimo. Alla fine i golpisti troveranno il momento e le complicità giuste e vinceranno. C'è un solo modo per portare avanti il socialismo in Cile: trasformare il programma riformista in un programma rivoluzionario".
Seguivani i sette punti delle proposte:
1) Il governo distribuisca al più presto cari armati leggeri, autoblinde, mitragliatrici, bazooka, anticarro, antiaeree e altro armamento più leggero al M.I.R., al P.S.Ch. e al P.C.Ch.
2) I militanti di sinistra procederanno all'arresto immediato di tutti gli ufficiali dell'esercito, della marina, dell'aviazione, dei corpi speciali e dei carabineros, nonché dei leader reazionari, democristiani e fascisti, dei finanzieri e dei capitalisti. Il governo promulghi lo scioglimento delle Forze Armate e di polizia, distribuisca le armi ai lavoratori e dia le caserme ai baraccati. Vengano troncati i rapporti diplomatici con gli U.S.A., il Brasile, l'Uruguay, la Bolivia, il Guatemala, la Spagna, il Portogallo.
3) Vengano sequestrate nelle banche la valuta, i preziosi e i depositi in moneta nazionale; le banche e gli istituti finanziari vengano chiusi.
4) Venga collettivizzato il commercio all'ingrosso e al dettaglio, vengano aboliti i trasporti privati e sequestrate le autovetture e i camion privati. Le fabbriche e i campi vengano affidati all'autogestione locale, con opportuni controlli.
5) Con la valuta estera sequestrata si acquistino in Argentina e in Perù derrate alimentari e beni di consumo di prima necessità, bastanti per sei mesi, che verranno accantonati. Abolita la moneta, ogni lavoratore, o membro della famiglia a suo carico, ed ogni pensionato o povero venga munito di una tessera a valore unitario per gli acquisti di beni necessari.
6) Il governo dovrà successivamente, entro un mese, sciogliere se stesso e il parlamento. Verrà creata un'assemblea di delegati dei partiti e organizzazioni di sinistra e dei sindacati, da rinnovarsi ogni sei mesi. Tra i membri dell'assemblea verrà scelto un organismo di coordinamento politico-economico-militare da rinnovarsi alla stessa scadenza dell'assemblea.
7) Nessun risarcimento verrà dato a enti o persone, cileni o stranieri, espropriati. Nessun esproprio potrà colpire case abitate dai proprietari in proporzione di una persona per stanza.

Il documento concludeva affermando che l'accettazione di questo piano da parte del governo di Unidad Popular era l'unica possibilità rimasta a "coloro che vogliono condurre il Cile verso il socialismo e la libertà".

L.

Il M.I.R.

Il M.I.R. (Movimento de Izquierda Revolucionaria, movimento di sinistra rivoluzionaria) cileno venne fondato nel 1961 (e non nel 1964 o '65, come hanno scritto giornali e riviste), dopo una serie numerosa di incontri, assemblee, congressi cui parteciparono come osservatori dirigenti del M.I.R. peruviano (come Luis de la Puente Uceda e Bejar Rivera). Alla fondazione parteciparono socialisti e comunisti insoddisfatti dei rispettivi partiti, gruppetti di marxisti (ad esempio "La Batalla", il "Cuarta Internacional Chilena", "Vanguardia Revolucionaria") di varia eresia (trotzkisti, bukarinisti, i primi filocinesi, ecc.), ed anche alcuni giovani anarchici.

Sin dall'inizio il M.I.R. volle essere una organizzazione armata. Nel 1963 cominciarono le "tomas" (occupazioni di terre). Dal 1964 il M.I.R. si creò basi tra i disoccupati ed i sottoccupati delle callampas (bidonvilles) suburbane di Santiago, Valparaiso, ecc., pur rimanendo formato in prevalenza da intellettuali e studenti universitari. Nello stesso anno il M.I.R. teorizza la tattica del doble tiro, con l'appoggio elettorale ai partiti di Unidad Popular (svolgendo anche servizio di guardie del corpo ai candidati di U.P. nei loro spostamenti elettorali). Mentre i rapporti con il partito socialista (P.S.Ch) e soprattutto con la sua ala sinistra si manterranno buoni fino al golpe, quelli con il partito comunista (P.C.Ch) si guasteranno presto ed i militanti del M.I.R. saranno frequentemente accusati d'essere dei provocatori, degli agenti della CIA, ecc.

Fino al '67 prevale nettamente nel M.I.R. una linea politica grosso modo "guevarista". Dopo l'uccisione del "Che", una corrente composita, formata da trotzkisti, cristiani-rivoluzionari e libertari, si rafforza continuamente. La leadership, comunque, continua a rimanere ai maoisti ed ai guevaristi, ma lo scontro tra le varie tendenze determina decisioni, dichiarazioni pubbliche e azioni diverse o addirittura contraddittorie.

Nel 1967-68, per iniziativa di militanti libertari del M.I.R., vengono create alcune comuni di lavoro. Le principali sono la "Tunku" e la "Asspa Sumay" (entrambe agricole) presso Sillahuay e Suku (nella provincia di Tarapacà, al nord) e la "Pedro Kropotkin" (legname e falegnameria) presso il lago di Loja (nella provincia di Bio-Bio, nel centro-sud). Uno dei fondatori di quest'ultima, Eustaquio Valls, è stato fucilato il secondo giorno del golpe.

Alle elezioni del 1970, com'è noto, il M.I.R. continua con la politica di appoggio libero ad Unidad Popular e, dopo la vittoria di Allende, un buon numero di dirigenti del M.I.R. collaborano con il governo, in via ufficiale od ufficiosa, con incarichi a vari livelli. Nel contempo però, per la tattica del doble tiro, il M.I.R. continua ad armarsi e a stimolare od appoggiare occupazioni di terre, case, fabbriche, rimanendo un'organizzazione semi-legale. Uno degli ultimi episodi della politica contraddittoria del M.I.R. e del suo rapporto ambivalente con il governo di U.P. è la proposta fatta da alcuni esponenti dell'ala trotskista ad Allende il 30 giugno scorso, per una "rivoluzione preventiva", che riportiamo in queste pagine.

Questa nota redazionale sul M.I.R. è stata compilata sulla base di informazioni tra loro non omogenee, incomplete ed in parte contraddittorie, soprattutto per quanto riguarda la "presa" del M.I.R. tra proletari e sottoproletari e l'importanza quantitativa e qualitativa della presenza libertaria nel M.I.R.