Rivista Anarchica Online
Cile come Vietnam?
di L. P. D.
Le prospettive della lotta armata contro la dittatura militare
A distanza di mesi dal golpe dei militari cattolici-integralisti
cileni è forse possibile avere una visione più
chiara della situazione, senza assurdi ottimismi (vedere lo slogan di Lotta Continua: "Il Cile è
un nuovo
Vietnam") e senza ingiustificati pessimismi ("è tutto finito, non c'è niente da fare, ecc.").
Mi sembra
interessante mettere a fuoco alcuni punti, dando per scontata una conoscenza generale media (attraverso
giornali quotidiani e riviste, TV, radio, ecc.) dell'evolversi della situazione cilena fino al tragico epilogo
dell'11 settembre scorso e degli avvenimenti che hanno seguito questa data. Com'è noto,
il Cile è geograficamente un paese che si estende in lunghezza, da Arica (frontiera con il
Perù) al Cabo de Hornos, nella Tierra del Fuego, ci sono ben quattromila chilometri, che
diventano
cinquemilacinquecento se calcolati su strade carrozzabili. Il nord è praticamente un deserto,
molto caldo
all'interno, dove si trovano le miniere di rame, meno soffocante lungo la costa, tuttavia sempre caldo
tropicale. Al centro del paese, dove si trovano Santiago e Valparaiso, c'è un clima abbastanza
simile a
quello del centro Italia, con un inverno meno rigido. Verso Valdivia e Puerto Montt, ancora più
a sud,
troviamo un clima piovoso, ma non troppo rigido. Nel sud del paese, fino a Punta Arenas, Porvenir,
Darwin, si entra in una zona spaventosa: venti gradi sotto zero per due mesi all'anno, dieci gradi sotto
zero per altri quattro e freddo per i rimanenti mesi, un freddo umido, pessimo per la salute. Questi
rilievi a che servono? Ci aiutano a capire l'assurdità di certe affermazioni fatte da molte persone
e molti giornali italiani. Esempio più lampante: "La resistenza si organizza al sud". Con quel
clima,
nonostante le strade inesistenti e la rarità degli abitanti, è chiaro che un esercito
è avvantaggiato in ogni
caso: è al riparo, ben riscaldato ed equipaggiato, i carri armati leggeri vanno anche sulla neve,
i militari
hanno la possibilità di rientrare ogni sera alle basi, costruite in modo adatto per il clima. Al
contrario il
partigiano non potrebbe sopravvivere senza ripari per la notte (non esistono case isolate e ormai
distrutte
sono le capanne dei cercatori d'oro), inoltre le armi si rovinano con l'umidità e non troverebbe
facilmente
il cibo. In abitati di poche migliaia o centinaia di persone non potrebbe nemmeno nascondersi né
entrare
con sicurezza. Alla stessa maniera sbaglia chi scrive di "resistenza andina". Le Ande in Cile toccano
i seimila metri di
altezza, e predominano immensi altipiani sui tremila-quattromila metri. La guerrilla
peruana del 1961-1965 (MIR peruviano, Illari Chasqui, ELN, Tierra o muerte,
Hugo Blanco) ha dimostrato che non è
possibile organizzare la lotta partigiana al di sopra dei mille e cinquecento metri di altezza e che la zona
ottimale per organizzarsi bene, anche dal punto di vista dei rifornimenti, e del cibo, è al di sopra
dei
cinquecento metri e al di sotto dei mille. La possibilità di guerra partigiana è quindi
limitata ai margini
montani e soprattutto alle zone collinari che vanno dal mare alla cordigliera. Diverso discorso va fatto
per la Sierra dei Atacama e tutto il Tarapacà, al nord, perché pur essendo alto, è
in zona molto calda.
In questo altopiano vi è però l'ostacolo del deserto e dell'assoluta mancanza di acqua
e di riparo. In effetti le notizie che continuano ad arrivare segnalano che la guerrilla
extra-urbana (quella urbana,
pur limitata, fiorisce ovunque) è più che altro limitata a tre zone. A nord nella valle del
fiume Loa, sopra
Tocopilla, e nella zona collinare di Carmen Alto, vicino ad Antofogasta. Al centro, nel Coquimbo, nel
Talca, nel Linares, sempre in zona collinare. Sempre al centro del paese, ma più a sud, sono
segnalati
nuclei nel Cautin e nella Valdivia, dove si trova la regione dei laghi e dove ci sono molte foreste verso
i 700 metri di altitudine. Pare quindi che ci si trovi di fronte ad un impasse, nel quale
nessuna delle due parti in lotta riesce a
vincere del tutto, anche se una, i militari, è in enorme vantaggio sull'altra. Dato il suo svantaggio
e la sua
disorganizzazione iniziali, e data anche la natura del paese, la guerrilla non può
conquistare totalmente
una vasta zona, dove impiantarsi stabilmente ed organizzare le proprie strutture, lontano da minacce
nemiche. Se si spingesse a sud, la guerrilla si troverebbe con scarsissime possibilità
di movimento e nello
stesso tempo offrirebbe ai militari di portare attacchi navali improvvisi ai pochissimi centri abitati.
È
impossibile, almeno per ora, parlare in termini di un "nuovo Vietnam". Né l'Argentina ha
intenzione di
fungere da Vietnam del Nord per un'eventuale (ma improbabile) zona liberata cilena. Nello stesso
tempo,
date le difficoltà dei trasporti rapidi e la loro esposizione a possibili attacchi partigiani, l'esercito
non può
ancora "pacificare" del tutto il paese. Anzi a giudicare dal ripristino, avvenuto in ottobre e durato due
settimane del coprifuoco alle 20 della sera nelle grandi città, non riesce a domare neppure
la guerrilla
urbana. I gorilas sono ad un così basso livello intellettuale e critico che tutto
hanno fatto per spingere il popolo
a non arrendersi completamente. Le migliaia di lavoratori e militanti massacrati, le torture di massa, gli
stadi e i sotterranei trasformati, per due mesi, in un lager, i dirigenti di sinistra spediti alle Isole Juan
Fernandez, gli esponenti del MIR fucilati senza processo, le molte migliaia di rivoluzionari non cileni
(boliviani, uruguaiani, brasiliani, guatemaltechi, paraguaiani) consegnati alle polizie dei paesi dai quali
erano scappati, oppure ammazzati a freddo. Tutti questi sono elementi che non possono non spingere
molti (che forse avrebbero consegnato le armi, se non altro per paura) a resistere fino alla morte, tanto
non hanno nulla da perdere combattendo. Né la sorte dei prigionieri può peggiorare a
causa
dell'intensificarsi della guerrilla: le loro speranze di pronta libertà sono scarse in
ogni caso. Il decreto
con il quale, il cattolicissimo Pinochet, ha affidato l'incarico di dirigere le indagini, gli interrogatori e la
raccolta di elementi sui prigionieri per la "zona centro" al leader nazista di "Patria y
Libertad", Roberto
Thieme, non può certo spingere molte persone ad aver voglia di farsi arrestare senza colpo
ferire. Né la fucilazione a Valdivia del "Comandante Pepe" (José Gregorio Iendo),
a Puente Alto di José
Eusebio Rodriguez, la cattura di Roger Luis Laugery de Carvalho, la fucilazione a Santiago di Pepe
Santiago "El Chico", possono per ora significare la fine totale della possibilità della
guerrilla, pur avendo
peggiorate le prospettive di una organizzazione valida, da parte dei partigiani. Fra gli altri non si hanno
notizie sulla cattura del "Comandante Micky" (che era stato dato per morto insieme a Rodriguez, notizia
poi smentita) e di altre figure importanti del MIR, soprattutto i "giovani turchi" che stavano
soppiantando da qualche anno la "vecchia guardia" guevarista. L'arresto di Luis Corvalan e di altri
dirigenti del Partito Comunista Cileno dice poco ai fini della
guerrilla, il PC-Ch., partito che ha sempre mescolato un bieco stalinismo con uno spiccato
riformismo
filo-cattolico, non ha mai avuto, al contrario dei socialisti, una base proletaria, ma
piccolo-borghese. Che prospettive ci sono, quindi? A mio avviso l'unica realistica è una
prosecuzione nel tempo, per anni,
dell'attuale situazione: guerrilla limitata e non decisiva in alcune zone extraurbane e nelle
principali città,
resistenza passiva operaia e contadina. A più lunga scadenza la situazione può cambiare.
La piccola
borghesia cattolica, che ha così aspramente combattuto il governo di UP, può restare
delusa anche dalla
Giunta militare. La DC può esplodere nelle proprie contraddizioni, ed in questa situazione
potrebbero
tornare utili più stretti collegamenti internazionali (con il Perù e l'Argentina, dove vi
sono gruppi
rivoluzionari forti ed abbastanza ricchi finanziariamente, alcuni con complicità molto in alto)
per
permettere un ampliamento della lotta partigiana. Un'altra soluzione potrebbe essere provocata da
pressioni degli U.S.A. verso la Giunta perché abbandoni il potere e lasci il posto a un governo
civile,
democristiano. In tal caso, o la DC fa una dittatura di partito e prosegue quindi la
guerrilla, o da elezioni
sufficientemente libere rinasce una situazione simile a quella degli anni sessanta. In entrambi i casi
però
non si vede nel breve e nel medio periodo un rovesciamento della situazione attuale verso una soluzione
rivoluzionaria.
L. P. D.
La rivoluzione preventiva
Il 29 giugno, il colonnello di fanteria Roberto Souper tentava un golpe
contro il governo Allende. Il
golpe falliva grazie all'aiuto dato ad Allende dal generale Carlo Prats. Il giorno dopo, 30
giugno, alcuni
esponenti del M.I.R. presentavano un documento-proposta ad Allende. Il presidente dichiarava
"inaccettabili e poco realistiche" le proposte e dichiarava di voler procedere
lungo la strada della legalità. Gli avvenimenti poi, si sa, precipitavano. Il 3 luglio c'era il
rimpasto del
governo e ne uscivano i militari, il 26 luglio cominciava lo sciopero dei trasporti e una serie inaudita di
assassinii politici commessi dai fascisti di "Patria y Libertad". Il 9 agosto c'era un nuovo rimpasto
governativo ed entravano di nuovo i militari, il 22 agosto il
parlamento cileno dichiarava che il governo si era messo sul piano illegale violando la costituzione (la
DC aveva voluto quest'ultimo attacco contro Allende). Il 23 il generale Prats dava le dimissioni dal
governo e dall'esercito, aprendo la via ai golpisti. Il 28
agosto nasceva il nuovo governo con tre militari. Infine l'11 settembre si scatenava il
golpe e veniva ucciso Allende. I fatti dimostravano tragicamente
quant'era "realista" chi si accingeva a controbattere un golpe militare con
l'arma della dialettica e del
legalitarismo ad oltranza. "Il golpe di ora è fallito", diceva più o meno
il documento del M.I.R., "ma non è certo l'ultimo. Alla
fine i golpisti troveranno il momento e le complicità giuste e vinceranno. C'è un solo
modo per portare
avanti il socialismo in Cile: trasformare il programma riformista in un programma
rivoluzionario". Seguivani i sette punti delle proposte: 1) Il governo
distribuisca al più presto cari armati leggeri, autoblinde, mitragliatrici, bazooka,
anticarro, antiaeree e altro armamento più leggero al M.I.R., al P.S.Ch. e al
P.C.Ch. 2) I militanti di sinistra procederanno all'arresto immediato di
tutti gli ufficiali dell'esercito, della
marina, dell'aviazione, dei corpi speciali e dei carabineros, nonché dei leader reazionari,
democristiani e fascisti, dei finanzieri e dei capitalisti. Il governo promulghi lo scioglimento delle
Forze Armate e di polizia, distribuisca le armi ai lavoratori e dia le caserme ai baraccati. Vengano
troncati i rapporti diplomatici con gli U.S.A., il Brasile, l'Uruguay, la Bolivia, il Guatemala, la
Spagna, il Portogallo. 3) Vengano sequestrate nelle banche la valuta, i
preziosi e i depositi in moneta nazionale; le
banche e gli istituti finanziari vengano chiusi. 4) Venga collettivizzato
il commercio all'ingrosso e al dettaglio, vengano aboliti i trasporti privati
e sequestrate le autovetture e i camion privati. Le fabbriche e i campi vengano affidati
all'autogestione locale, con opportuni controlli. 5) Con la valuta estera
sequestrata si acquistino in Argentina e in Perù derrate alimentari e beni
di consumo di prima necessità, bastanti per sei mesi, che verranno accantonati. Abolita la
moneta, ogni lavoratore, o membro della famiglia a suo carico, ed ogni pensionato o povero venga
munito di una tessera a valore unitario per gli acquisti di beni
necessari. 6) Il governo dovrà successivamente, entro un mese,
sciogliere se stesso e il parlamento. Verrà
creata un'assemblea di delegati dei partiti e organizzazioni di sinistra e dei sindacati, da
rinnovarsi ogni sei mesi. Tra i membri dell'assemblea verrà scelto un organismo di
coordinamento
politico-economico-militare da rinnovarsi alla stessa scadenza
dell'assemblea. 7) Nessun risarcimento verrà dato a enti o
persone, cileni o stranieri, espropriati. Nessun
esproprio potrà colpire case abitate dai proprietari in proporzione di una persona per
stanza.
Il documento concludeva affermando che l'accettazione di questo piano da parte del governo di
Unidad
Popular era l'unica possibilità rimasta a "coloro che vogliono condurre il Cile verso il
socialismo e la
libertà".
L.
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Il M.I.R.
Il M.I.R. (Movimento de Izquierda Revolucionaria, movimento di sinistra rivoluzionaria) cileno
venne
fondato nel 1961 (e non nel 1964 o '65, come hanno scritto giornali e riviste), dopo una serie numerosa
di incontri, assemblee, congressi cui parteciparono come osservatori dirigenti del M.I.R. peruviano
(come Luis de la Puente Uceda e Bejar Rivera). Alla fondazione parteciparono socialisti e comunisti
insoddisfatti dei rispettivi partiti, gruppetti di marxisti (ad esempio "La Batalla", il "Cuarta Internacional
Chilena", "Vanguardia Revolucionaria") di varia eresia (trotzkisti, bukarinisti, i primi filocinesi, ecc.),
ed anche alcuni giovani anarchici.
Sin dall'inizio il M.I.R. volle essere una organizzazione armata. Nel 1963 cominciarono le
"tomas"
(occupazioni di terre). Dal 1964 il M.I.R. si creò basi tra i disoccupati ed i sottoccupati
delle callampas
(bidonvilles) suburbane di Santiago, Valparaiso, ecc., pur rimanendo formato in prevalenza da
intellettuali e studenti universitari. Nello stesso anno il M.I.R. teorizza la tattica del doble
tiro, con
l'appoggio elettorale ai partiti di Unidad Popular (svolgendo anche servizio di guardie del corpo ai
candidati di U.P. nei loro spostamenti elettorali). Mentre i rapporti con il partito socialista (P.S.Ch) e
soprattutto con la sua ala sinistra si manterranno buoni fino al golpe, quelli
con il partito comunista
(P.C.Ch) si guasteranno presto ed i militanti del M.I.R. saranno frequentemente accusati d'essere dei
provocatori, degli agenti della CIA, ecc.
Fino al '67 prevale nettamente nel M.I.R. una linea politica grosso modo "guevarista". Dopo
l'uccisione
del "Che", una corrente composita, formata da trotzkisti, cristiani-rivoluzionari e libertari, si rafforza
continuamente. La leadership, comunque, continua a rimanere ai maoisti ed
ai guevaristi, ma lo scontro
tra le varie tendenze determina decisioni, dichiarazioni pubbliche e azioni diverse o addirittura
contraddittorie.
Nel 1967-68, per iniziativa di militanti libertari del M.I.R., vengono create alcune comuni di lavoro.
Le
principali sono la "Tunku" e la "Asspa Sumay" (entrambe agricole) presso Sillahuay e Suku (nella
provincia di Tarapacà, al nord) e la "Pedro Kropotkin" (legname e falegnameria) presso il lago
di Loja
(nella provincia di Bio-Bio, nel centro-sud). Uno dei fondatori di quest'ultima, Eustaquio Valls,
è stato
fucilato il secondo giorno del golpe.
Alle elezioni del 1970, com'è noto, il M.I.R. continua con la politica di appoggio libero ad
Unidad
Popular e, dopo la vittoria di Allende, un buon numero di dirigenti del M.I.R. collaborano con il
governo, in via ufficiale od ufficiosa, con incarichi a vari livelli. Nel contempo però, per la tattica
del
doble tiro, il M.I.R. continua ad armarsi e a stimolare od appoggiare occupazioni di terre,
case,
fabbriche, rimanendo un'organizzazione semi-legale. Uno degli ultimi episodi della politica
contraddittoria del M.I.R. e del suo rapporto ambivalente con il governo di U.P. è la proposta
fatta da
alcuni esponenti dell'ala trotskista ad Allende il 30 giugno scorso, per una "rivoluzione preventiva", che
riportiamo in queste pagine.
Questa nota redazionale sul M.I.R. è stata compilata sulla base di informazioni tra
loro non omogenee,
incomplete ed in parte contraddittorie, soprattutto per quanto riguarda la "presa" del M.I.R. tra
proletari e sottoproletari e l'importanza quantitativa e qualitativa della presenza libertaria nel
M.I.R.
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