Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 3 nr. 22
giugno 1973


Rivista Anarchica Online

Centro-sinistra, centro-destra sempre quella è la minestra
La Redazione

"Un partito di centro che guarda a sinistra". La vecchia definizione della DC data a suo tempo dal defunto Alcide De Gasperi è stata più volte ripetuta durante il recente congresso democristiano di Roma. Non si è trattato di un congresso qualsiasi, e la DC ne ha approfittato per girare la testa da destra a sinistra: un calcetto a Malagodi ed ai suoi colleghi del PLI, ed ecco nuovamente la DC pronta ad offrire le sue grazie ai socialisti del PSI, con l'abilità di una consumata meretrice par sua.
La DC ha seppellito senza grandi cerimonie il centro-destra, e come un vecchio prestigiatore ha tirato fuori dal cilindro nientepopodimeno che... la formula di centro-sinistra, sorprendendo i bambini (e solo loro). Sorprendendo cioè tutti quelli (ed erano tanti) che credevano che il centro-sinistra fosse morto per sempre; molti di loro, anzi, pur sbraitando contro il centro-destra dell'odiato Andreotti, dentro di sé (forse) gli auguravano lunga vita, convinti che il passo successivo sarebbe stato il regime dei colonnelli.
L'involuzione fascista, "la fascistizzazione dello stato", possono essere arrestate solo da violente manifestazioni di popolo, gridavano i "rivoluzionari" della sinistra extra-parlamentare, e allora... dagli all'odiato Andreotti.
Andreotti, si diceva è un servo dei padroni (e come potrebbe non esserlo un presidente del consiglio?) ed è peggio del suo predecessore Colombo (padron Colombo fame e piombo). E così, quando il governo Andreotti ha cominciato a vacillare in parlamento, per poi miseramente crollare, tutto ciò è stato attribuito alle vicende (contrattuali) di alcune categorie di lavoratori allora in lotta.
Come si può credere che siano state le squallide "settimane rosse" anti-DC organizzate da un gruppuscolo neo-stalinista, o gli infuocati articoli o le invenzioni giornalistiche di Lotta Continua, o la generale frenesia antiandreottiana, che aveva contagiato un po' tutti i settori della sinistra extra-parlamentare, a far vacillare e poi crollare l'odiato Andreotti?
Si è trattato invece di una "normale" manovra politica, necessaria per ridare credibilità a sinistra ad un regime che, con la precedente formula di centro-destra, si era ben coperto a destra.
Noi avevamo ragione quando, quasi soli nel deserto (deserto del buon senso e dell'onestà) all'indomani delle elezioni del maggio '72, quando già era in cantiere il governo Andreotti, scrivevamo: "Governo di centro, centro-sinistra, 'pentarchia' (neologismo), monocolore, consultazioni, programmi...".
Al di là del fumo una sola cosa pare certa: ogni politica governativa oggi, qualsiasi sia la formula partitica, non può che far perno sul "ristabilimento dell'ordine", di quell'ordine dei padroni senza il quale non si esce dalla crisi, senza il quale non si fanno le riforme, senza il quale i padroni (capitalisti e burocrati) non stanno tranquilli... (cfr. La ricreazione è finita, A 13)". Dopo qualche mese, quando Andreotti aveva dimostrato di essere sì repressivo, ma non più di quanto era funzionalmente necessario ai padroni (e di quel che avevamo previsto), in contrasto con le grida impaurite e catastrofiche di tanti "rivoluzionari", riprendevano ed approfondivano la nostra analisi: "Da un lato si tratta di ottenere la collaborazione dei sindacati, aiutandoli a conservare e ad accrescere il loro prestigio tra i lavoratori (e conseguentemente il controllo della conflittualità). Dall'altro il governo deve ritrovare la fiducia dei capitalisti, necessaria alla ripresa degli investimenti stagnanti. Entro queste direttrici "obbligate", non resta a nostro avviso molto spazio di differenziazione pratica alle varie formule governative. In effetti noi, onestamente, non riusciamo ad identificare dei chiari tratti distintivi del governo Andreotti "di centro" da quelli "di centro-sinistra" ed ancor meno riusciamo ad immaginare come un nuovo centro-sinistra potrebbe fare una politica diversa da quella di Andreotti". (cfr. Andreotti come gli altri, A 15).
Ora, dunque, il governo Andreotti non è più (amen!). Al momento in cui scriviamo presidente del consiglio designato è Mariano Rumor, ministro degli interni nel governo Andreotti (ed anche all'epoca della strage di stato), un uomo legato a doppio filo ai vertici della repressione poliziesca (di cui anzi è, formalmente, il capo) ed agli intrighi che partono dalla sacra bottega (cioè, dal vaticano). Ma la figura centrale nell'attuale operazione di passaggio (indolore) dal centro-destra al centro-sinistra è una vecchia volpe della politica italiana, a suo tempo professore di mistica fascista all'Università Cattolica di Milano, ed ora massimo custode della "matrice antifascista e popolare della DC ultima versione", superficialmente unita come non mai in vista del rilancio del centro-sinistra. Si tratta del "famigerato fanfascista" Amintore Fanfani, che deludendo nel contempo i suoi fedelissimi (ex-camerati) e ammiratori ed i suoi acerrimi nemici (quegli extra-parlamentari che vedevano in lui il massimo esponente della reazione neo-fascista della DC) si è volto a sinistra, cercando di ottenere l'appoggio più o meno mascherato dei socialisti del PSI, dei sindacati e (perché no?) del PCI.
Il ritorno del centro-sinistra, se da una parte conferma quanto avevamo detto riguardo alla sostanziale simiglianza delle politiche dei governi che si stanno succedendo, tende d'altra parte a risolvere quei problemi che l'odiato Andreotti non era riuscito a risolvere, anche perché la presenza al governo dei liberali e l'assenza dei socialisti indispettivano ed insospettivano i sindacati ed il PCI. Ed è fin troppo chiaro che oggi, senza il tacito appoggio (anche solo parziale) di questi ultimi, nessun governo può stabilmente governare: e ciò spiega il perché, fino a poco tempo fa, della necessità di limitare il diritto di sciopero anche contro la volontà dei sindacati, si sia recentemente convertito al centro-sinistra, e cerchi ora di far passare il suo progetto liberticida con l'appoggio dei sindacati, che, per bocca del segretario confederale della CGIL Luciano Lama, si sono dichiarati disposti alla "autoregolamentazione" degli scioperi, cioè al pompieraggio ed al crumiraggio istituzionalizzati.
Nessuna lacrima è stata versata per i liberali, e non saremo certo noi a farlo. Ci basta sottolineare che la loro presenza è stata utile per ridare fiducia soprattutto ai piccoli e medi imprenditori in un momento particolarmente delicato, soprattutto nel loro settore. Ora è però l'appoggio ben più sostanzioso e determinante del movimento sindacale (e, genericamente, di sinistra) che si cerca di ottenere, ed è naturale che Malagodi ed i suoi accoliti siano liquidati in fretta e senza onore. Tanto nessuno dovrebbe dubitare che il PLI resterà sempre lì, ad aspettare di essere richiamato in servizio (al servizio dei padroni).
Lo stesso ex-segretario della DC Arnaldo Forlani, vittima insieme con Andreotti dell'attuale "svolta a sinistra" della DC, ha spiegato recentemente che il centro-destra con i liberali è stata un'esperienza indispensabile per arginare la crescente insofferenza qualunquista e reazionaria contro il vecchio centro-sinistra, insofferenza che inevitabilmente sbocca nel MSI.
Contrariamente agli extra-parlamentari, che sono abituati a vedere la realtà attraverso il prisma dei propri slogans e che di conseguenza credono che ogni cambio di governo comporti un radicale mutamento della linea politica dei padroni, noi crediamo fermamente che il futuro governo di centro-sinistra, a parte alcuni aspetti perlopiù marginali, non cambierà l'attuale indirizzo politico-sociale del regime: la minestra è sempre la stessa.