Rivista Anarchica Online
Una pace sporca per una guerra sporca
La Redazione
La "sporca guerra" del Vietnam è finita. E questo è
comunque un bene, perché migliaia di bombe più
non distruggono uomini e cose giorno dopo giorno. È comunque un bene perché
ricaccia al loro paese
flotta, esercito e aviazione statunitensi, indicando come la volontà di un piccolo gruppo possa
opporsi
allo strapotere di un gigante economico e militare e, se non vincere, perlomeno non cedere (il che
è già
forse vittoria, data la sproporzione di forze). Al di là di questo però (che non
è poco) c'è anche chi saluta nella pace una vittoria
rivoluzionaria e
questo è falso o illusorio. Si tratta molto più semplicemente di una pace che
accantona una guerra divenuta scomoda per
l'economia americana (e per le sue prospettive di sviluppo mercantile nei Paesi "socialisti") e che
rischiava di portare a livelli poco controllabili il malcontento all'interno degli USA. Con questa pace i
grandi tre gendarmi mondiali (USA, URSS, Cina) possono evitare un punto di divergenza ed operare
con mani più libere, mentre permane una convergenza, per opposti motivi, tra USA e Cina sul
progetto
di mantenere il Vietnam diviso. Gli USA per non perdere definitivamente una base di ingerenza nel
sudest, la Cina per il timore che un Vietnam unito divenga un centro di influenza filosovietico anche per
il Laos e la Thailandia, dati i più stretti accordi dei dirigenti nordvietnamiti con quelli
moscoviti. In questo quadro quali probabilità di successo ha la tanto sbandierata lotta
rivoluzionaria del popolo
vietnamita? Il Nord Vietnam non è quella culla della rivoluzione sociale che molti, troppi,
amano credere e
propagandare. I dirigenti comunisti sono una classe dominante che tiene assoggettato il popolo
come fanno tutti i
padroni di questo mondo. A suo favore ha giocato il clima particolare creato dalla guerra che ha
ritardato una presa di coscienza sulla situazione interna di sfruttamento, causa il pericolo esterno
rappresentato dagli eserciti americani e sudvietnamiti. È bene ricordare che l'alone di
leggenda con cui amano circondarsi i dirigenti nordvietnamiti in
contrapposizione ad una fama (meritata s'intende) di brutalità dei fascisti di Saigon è
quanto meno
un'offesa al sangue dei tanti nordvietnamiti massacrati per ordine del "buon"
Ho-Ci-Min. Basterà ricordare l'eliminazione quasi completa dei membri del partito
trotskista, definiti agenti
dell'imperialismo capitalista. I Vietcong possono essere paragonati, con molta aderenza, ai partigiani
italiani della seconda guerra mondiale: un coacervo di forze variamente configurate dai comunisti ai
cattolici ai buddisti ai semplici dissidenti del regime apertamente fascista di Thieu. Ora, questa
coalizione è sì antifascista ma non certamente rivoluzionaria e di un antifascismo che
non
gli impedisce di partecipare al "Consiglio nazionale di concordia e riconciliazione" con i gerarchi fascisti
di Saigon. Del governo di Saigon c'è ben poco da aggiungere al fatto che è una
cricca militare, reazionaria e
sanguinaria sostenuta dall'ancor più criminale governo di Washington. La sporca guerra ha
lasciato il posto ad una sporca pace. E la rivoluzione sociale deve ancora
cominciare.
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