Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 3 nr. 18
febbraio 1973


Rivista Anarchica Online

Una pace sporca per una guerra sporca
La Redazione

La "sporca guerra" del Vietnam è finita. E questo è comunque un bene, perché migliaia di bombe più non distruggono uomini e cose giorno dopo giorno. È comunque un bene perché ricaccia al loro paese flotta, esercito e aviazione statunitensi, indicando come la volontà di un piccolo gruppo possa opporsi allo strapotere di un gigante economico e militare e, se non vincere, perlomeno non cedere (il che è già forse vittoria, data la sproporzione di forze).
Al di là di questo però (che non è poco) c'è anche chi saluta nella pace una vittoria rivoluzionaria e questo è falso o illusorio.
Si tratta molto più semplicemente di una pace che accantona una guerra divenuta scomoda per l'economia americana (e per le sue prospettive di sviluppo mercantile nei Paesi "socialisti") e che rischiava di portare a livelli poco controllabili il malcontento all'interno degli USA. Con questa pace i grandi tre gendarmi mondiali (USA, URSS, Cina) possono evitare un punto di divergenza ed operare con mani più libere, mentre permane una convergenza, per opposti motivi, tra USA e Cina sul progetto di mantenere il Vietnam diviso. Gli USA per non perdere definitivamente una base di ingerenza nel sudest, la Cina per il timore che un Vietnam unito divenga un centro di influenza filosovietico anche per il Laos e la Thailandia, dati i più stretti accordi dei dirigenti nordvietnamiti con quelli moscoviti.
In questo quadro quali probabilità di successo ha la tanto sbandierata lotta rivoluzionaria del popolo vietnamita?
Il Nord Vietnam non è quella culla della rivoluzione sociale che molti, troppi, amano credere e propagandare.
I dirigenti comunisti sono una classe dominante che tiene assoggettato il popolo come fanno tutti i padroni di questo mondo. A suo favore ha giocato il clima particolare creato dalla guerra che ha ritardato una presa di coscienza sulla situazione interna di sfruttamento, causa il pericolo esterno rappresentato dagli eserciti americani e sudvietnamiti.
È bene ricordare che l'alone di leggenda con cui amano circondarsi i dirigenti nordvietnamiti in contrapposizione ad una fama (meritata s'intende) di brutalità dei fascisti di Saigon è quanto meno un'offesa al sangue dei tanti nordvietnamiti massacrati per ordine del "buon" Ho-Ci-Min.
Basterà ricordare l'eliminazione quasi completa dei membri del partito trotskista, definiti agenti dell'imperialismo capitalista. I Vietcong possono essere paragonati, con molta aderenza, ai partigiani italiani della seconda guerra mondiale: un coacervo di forze variamente configurate dai comunisti ai cattolici ai buddisti ai semplici dissidenti del regime apertamente fascista di Thieu.
Ora, questa coalizione è sì antifascista ma non certamente rivoluzionaria e di un antifascismo che non gli impedisce di partecipare al "Consiglio nazionale di concordia e riconciliazione" con i gerarchi fascisti di Saigon.
Del governo di Saigon c'è ben poco da aggiungere al fatto che è una cricca militare, reazionaria e sanguinaria sostenuta dall'ancor più criminale governo di Washington.
La sporca guerra ha lasciato il posto ad una sporca pace. E la rivoluzione sociale deve ancora cominciare.