Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 11
marzo 1972


Rivista Anarchica Online

Signornò
di A. M. L.

L'obiezione politica di gruppo come mezzo di lotta rivoluzionaria.

A Roma il 20 febbraio in Piazza Navona si è svolta una manifestazione nazionale anti-militarista in sostegno di un gruppo di obiettori di coscienza, che hanno presentato in questa occasione la dichiarazione collettiva di cui riportiamo quasi integralmente il testo.

Dichiarazione collettiva di obiezione di coscienza di:
Roberto Cicciomessere (Roma), Alberto Gardin (Padova), Valerio Minella (Bologna), Alerino Peila (Torino), Gianni Rosa (Torino), Franco Suriano (Roma), Alberto Trevisan (Padova).
"Ovunque, in ogni momento della vita sociale, si tentano di imporre come valori fondamentali e pregiudiziali, nella famiglia, nella scuola, nella fabbrica, negli uffici, nella organizzazione del cosiddetto tempo libero, ordine e autorità.
Per mantenere questo tipo d'"ordine costituito" il potere si serve di una serie di strutture e strumenti che sono o apertamente violenti e repressivi (polizia, magistratura, ricatto sul lavoro, ecc.) o che tendono a creare un consenso attraverso il condizionamento ideologico, e l'imposizione di modelli di comportamento funzionali alla logica del profitto (famiglia, scuola, chiesa, partiti, strumenti di informazione, esercito, ecc.).
Così strutture economiche e politiche che sono presentate come necessarie e permanenti per l'organizzazione sociale, ci vengono proposte e imposte come se fossero "al di sopra delle parti": sono invece utilizzate per la conservazione del sistema.
Per imporre all'uomo questa "civiltà" l'esercito è strumento fondamentale.

Non serve per la difesa della "patria"
Infatti l'ipotesi di impiego dell'esercito italiano per la cosiddetta difesa dalle minacce esterne non è realistica per questi motivi:
1) la divisione del mondo in blocchi contrapposti e l'inserimento dell'Italia nella NATO fa sì che la difesa, ovvero la paternalistica protezione in funzione degli interessi delle grandi potenze economiche, dei paesi coperti dall'alleanza militare sia affidata non già agli eserciti nazionali ma per intero alla macchina bellica della potenza guida ovvero per l'Italia agli Stati Uniti;
2) gli eserciti tradizionali, le forze armate italiane, non sono preparate ad affrontare una guerra moderna: l'evolversi della tecnologia militare con il conseguente aumento vertiginoso del costo per armamenti, l'esigenza delle grosse industrie belliche di produrre continuamente materiale sempre più moderno e di possedere mercati ai quali imporre il surplus della produzione consente solo alle potenze guida il mantenimento di un esercito adeguato alle esigenze della guerra moderna.

Serve per la repressione
Per questi motivi agli eserciti tradizionali è affidato, nell'ambito delle alleanze militari - politico - economiche, il compito della conservazione dello status quo, dell'addestramento per un impiego in azioni di antiguerriglia: in questo senso l'esercito assolve compiti che è giusto definire di polizia.

È addestrato per la controguerriglia e per il controllo politico
L'esercito italiano dispone quindi di un moderno armamento anti insurrezionale (armi leggere, carri armati, aerei per l'attacco a bassa quota, elicotteri) di corpi speciali (parà, lagunari, battaglione S. Marco) e "armi" (carabinieri, P.S.) particolarmente addestrati alla controguerriglia (le "battute" che si svolgono secondo i più moderni canoni di questo tipo di "guerra" in Sardegna alla caccia dei banditi che per queste ragioni vengono inventati o costruiti servono proprio in questa prospettiva), di una struttura diffusa capillarmente nel territorio nazionale, con concentrazioni e caserme in particolare nelle grandi città e nelle fasce di sviluppo economico, di un enorme servizio di informazione e schedatura assolutamente incontrollato e incontrollabile (SIFAR ora SID), di grossi stanziamenti per le armi di terra e in particolare per i Carabinieri (306 miliardi per il '72), ha così la possibilità di controllo su una grossa fetta della popolazione attiva (300 mila giovani ogni anno) che può almeno essere immobilizzata in caserma, completamente all'oscuro di quello che dovesse accadere al di fuori.

Come sacca di disoccupazione
Inoltre l'occupazione periodica e continua di una così larga parte della popolazione attiva fa sì che il servizio militare sia una valvola di sicurezza per il sistema, una sacca di disoccupazione. Se infatti questa massa di giovani non venisse arruolata andrebbe ad ingrossare le fila dei disoccupati e quindi aumenterebbe sensibilmente la pressione sociale, con conseguenze non trascurabili sulla stabilità del sistema stesso.

Come strumento di crumiraggio
Tra i compiti dell'esercito va ricordata la sua funzione anti sciopero. Esso, sia per il numero che per la specializzazione degli uomini di cui dispone (servizio comunicazioni telefoniche e telegrafiche; genio ferrovieri; servizio sanitario; servizio trasporto pubblico) ha la possibilità di far funzionare con una certa regolarità importanti servizi sociali in occasione di scioperi generali, venendo così a incidere negativamente sulla capacità contrattuale dei lavoratori, tra la più completa indifferenza dei sindacati.
Inoltre bisogna tenere presente la funzione "educativa" che l'esercito esplica nei confronti dei giovani di leva. Nei manuali in distribuzione alle reclute si parla di "formazione spirituale e psicologica", ma questo in pratica si esprime con una totale negazione dei valori quali libertà, uguaglianza, giustizia sociale, cosa che conduce all'indifferenza, alla passività e alla rinuncia di ogni decisione personale.

Attraverso il lavaggio del cervello per educare alla obbedienza cieca
Infatti sotto le armi non si parla di politica, non si può fare sciopero, è reato avanzare proteste collettive, le punizioni si scontano anche se ingiuste, non esiste libertà di informazione e di religione, in sintesi non sono nemmeno rispettati moltissimi articoli della costituzione.
Così l'ambiente sotto la naja educa al qualunquismo, al rispetto dell'autorità superiore, qualunque essa sia: questo processo di spersonalizzazione si rivela con una vera e propria tecnica di lavaggio del cervello.
In questo modo i giovani, tornati alla vita civile, abituati al signorsì della caserma continueranno ad obbedire passivamente al "signor direttore", al "signor capufficio", al "signor preside", al "monsignor vescovo" ecc. divenendo dei buoni servi del sistema.

È un furto ai danni del popolo
Altro problema di grande portata sono le spese militari che nel corso di 5 anni hanno avuto un incremento di oltre 581 miliardi di lire, arrivando al bilancio previsto per il 1972 di 1.891 miliardi (circa il 15% del bilancio nazionale) al quale si dovrebbero aggiungere altre voci che non vi sono comprese, una delle quali quella riguardante il nostro contributo alla NATO, di cui si sa ben poco.
Questa notevolissima somma di denaro, oltre ad essere improduttiva per le masse popolari, che d'altra parte la sostengono sulla loro pelle, e che invece hanno bisogno di opere e servizi sociali non ancora assicurati, costituisce una occasione di sicuri guadagni per ristretti gruppi capitalisti.

L'utopia riformista della "sinistra"
Ma in occasione di questa nostra scelta, di questa azione politica che sempre più numerosi stiamo portando avanti e promuovendo, dobbiamo precisare altri problemi che coinvolgono specificamente la situazione italiana, il nostro esercito, i nostri partiti, la nostra condizione di militanti. Le forze democratiche e popolari non fanno, da un ventennio, che ripetere vanamente d'essere favorevoli all'utopia di un esercito democratico e repubblicano, alla sua riforma, senza ottenere altro che l'evidente rafforzamento del suo carattere autoritario, delle tentazioni e delle espressioni militariste, della "degenerazione" antipopolare del suo operato. Ben presto, di fronte alla cecità dell'l'attuale classe dirigente "democratica" le stesse gerarchie militari o i partiti che in parlamento esprimono l'ideologia militarista, forniranno proposte di miglioramento, di modernizzazione, anche "democratizzazione" delle forze armate perfettamente funzionali al ruolo che un esercito efficiente ha nella società.

Lotta di base per una legge che apra nuovi spazi di intervento pubblico
Non marginale è la volontà di imporre al Parlamento - che, ancora una volta sordo alle esigenze della società civile, non ha acquisito neppure quelle leggi che la socialdemocrazia, in tutto il mondo, da tempo ha fatto proprie -, l'approvazione di una legge che effettivamente riconosca il diritto civile all'obiezione di coscienza. Il progetto che è stato approvato dal Senato e che solo la mobilitazione dei gruppi antimilitaristi ha impedito che venisse definitivamente acquisita dalla Camera, è una legge truffa, vergognosa per i partiti della sinistra che, con il loro silenzio, l'hanno sostanzialmente avallata, una legge che serve esclusivamente, per riconoscere e punire severamente il reato di obiezione di coscienza. L'obiettivo di una legge che riconosca per tutti e per ogni motivo l'obiezione di coscienza, che non preveda commissioni di accertamento, che sottragga alla giurisdizione militare l'obiettore che compie il servizio civile, che sancisca la detrazione delle spese del servizio civile dal bilancio della difesa, è quanto un antimilitarista, oggi, deve anche proporsi per l'acquisizione di strumenti che favoriscano la crescita del movimento e di nuovi spazi di intervento politico. Questo primo obiettivo potrà naturalmente essere raggiunto non con patteggiamenti di vertice, ma con una lotta di base, autogestita, portata avanti con strumenti libertari.

Altre forme di lotta all'esercito
Ma anche altri modi e altre forme devono competere alla lotta antimilitarista: la proposta che con il nostro rifiuto di oggi facciamo a tutti i giovani che sono costretti ad avallare l'esistenza dell'esercito, non può e non vuole fermarsi al solo appoggio di quanto stiamo facendo e alla semplice testimonianza di una volontà politica.
Deve essere l'inizio di una mobilitazione popolare di sempre più numerosi compagni in tutte le forme attuabili contro una società che sempre più si sta militarizzando.

Obiezione di coscienza di massa come proposta di lotta alle strutture autoritarie
Oggi siamo ancora in pochi, domani dobbiamo essere in molti ad obiettare all'esercito, a rifiutare il signorsì, per meglio combattere e rifiutare l'ordine e l'autorità che in ogni momento della vita i potenti vorrebbero imporci come valori, come riflessi condizionati per meglio negarci il diritto alla felicità, alla possibilità di costruire una società fondata sull'uomo per l'uomo, senza sfruttati e sfruttatori".

Questo è il secondo caso di obiezione collettiva all'Esercito; per quella dello scorso anno erano stati condannati e incarcerati 7 "obiettori politici". Con queste due obiezioni collettive è stato compiuto un salto qualitativo rispetto alle motivazioni etico-religiose prevalenti sin ora (anticipazioni di questo salto qualitativo si sono avute negli anni scorsi, con alcune obiezioni politiche singole come quella dell'anarchico Della Savia che nel 1965 motivò in termini nettamente rivoluzionari il suo rifiuto di indossare la divisa).
L'Esercito fino ad ora era considerato unicamente come centro di violenza, scuola di assassinio, principale presupposto della guerra, ecc.; ora con le due ultime dichiarazioni si sta verificando la necessità di affrontare il problema "Esercito" con un'analisi che ne faccia emergere le implicazioni socio-economiche.
L'obiezione di coscienza non è più fine a se stessa. Ma rappresenta uno dei tanti momenti della lotta di classe; infatti l'obiettivo non è più solo una legge che legalizzi l'o.d.c. ma le prospettive si allargano alla ricerca della costruzione della società libertaria. Ora se anche rileviamo una sostanziale unità di vedute sull'analisi della funzione che l'Esercito esplica (repressione, contro-guerriglia, sacca di disoccupazione, crumiraggio, lavaggio del cervello, ecc.) sentiamo tuttavia la carenza di questa analisi che, secondo noi, dovrebbe essere orientata in senso più strettamente socio-economico per definire realmente la funzione dell'esercito nella società di sfruttamento. Sia per la carenza delle analisi sia per il retaggio della precedente tradizione legalistica sostenuta dai vecchi obiettori, sia per la mancanza di un apporto di massa alla lotta anti-militarista, la posizione degli obiettori è criticabile. Cioè secondo noi, l'obiezione dovrebbero liberarsi da tutte le utopie legalitarie (credere che il riconoscimento di una legge di sull'o.d.c. sia il primo passo verso l'eliminazione dell'esercito e che il servizio civile non rappresenti una razionalizzazione dello stato) per proiettarsi in una dimensione di rifiuto totale delle istituzioni.
Tuttavia riconosciamo che attualmente non esiste una reale base politica di massa che consenta di portare l'o.d.c. verso una piattaforma di lotta più avanzata, e perciò riteniamo che in questo momento sia importante appoggiare anche questa forma di rifiuto, tenendone presente i limiti.
Speriamo con questo articolo di aprire un dibattito per ottenere dei contributi critici e per sviluppare l'analisi del problema.

A. M. L.