Rivista Anarchica Online
Le elezioni anticipate
La redazione
Contrariamente a quanto pareva più probabile (cioè
più congruo alla situazione economico-politica) non
c'è stata la ricostituzione del governo di centro-sinistra e, nell'impossibilità di una
maggioranza
alternativa politicamente accettabile, è stato formato un governo democristiano di minoranza
e lo
scioglimento anticipato del parlamento. Avevano dunque ragione i "pessimisti" che vedevano
nell'elezione di Leone la sanzione del fallimento della strategia delle riforme e la morte della
formulazione
di centro-sinistra? Non lo crediamo. La nostra opinione non è mutata da un mese a questa
parte: le "riforme" sono
necessarie alla crescita del sistema. Il superamento della stasi economica e più ancora lo
sviluppo sono
impossibili senza la programmazione, cioè senza una razionale ridistribuzione delle risorse
produttive
e la programmazione non è possibile senza una certa "pace sociale". Questa pace sociale oggi,
in Italia,
è inimmaginabile senza l'eliminazione dei più stridenti squilibri settoriali e geografici,
senza l'attenuazione
delle più accentuate ingiustizie e delle più intollerabili carenze sociali: in una parola,
senza le "riforme"
(una soluzione "fascista" al problema della pace sociale è, allo stato attuale, a nostro avviso
quasi
altrettanto improbabile della rivoluzione ed il paventarne la realizzazione è infantilismo politico
o
fumisteria strumentale). Il centro-sinistra dunque, non tanto come formula partitica quanto come
sistema di scelte economiche
e politiche, appare sempre la soluzione più probabile. Lo continuano a ripetere, pur con diverse
sfumature, tutti i partiti interessati, lo lascia intendere il PCI (seppure nella prospettiva degli "equilibri
più avanzati" cioè della sua partecipazione al potere), lo fa credere soprattutto
l'obbiettiva impossibilità
di altre soluzioni "funzionali al capitale avanzato", come direbbero i marxisti. Il "monocolore d'affari"
né è, paradossalmente, una prova. E allora perché la crisi? Per rimescolare
le carte, per risolvere problemi interni ai partiti, alla DC
soprattutto, microcosmo rappresentativo delle contraddizioni della classe padronale. Queste elezioni
non sanciranno una "inversione di tendenza", una "svolta a destra". Il tanto paventato
passaggio di voti dalla DC al MSI, se si manterrà nei limiti prevedibili di pochi punti percentuali
non fa
che rendere più omogenea, sulla linea di centro-sinistra, la rappresentanza parlamentare DC.
Tutto il
rispolverato moderatismo democristiano serve per l'appunto per limitare ad un minimo "fisiologico"
questa migrazione di voti piccolo-borghesi. Queste elezioni, nonostante l'atmosfera di
eccezionalità di
cui si vuole artificialmente circondarle, non hanno (.........) a quelle che le hanno precedute in questo
dopoguerra. Certo, può darsi che ci sbagliamo nel sottovalutare queste elezioni. Lo si
potrebbe credere soprattutto
considerando la grande importanza che i neo-rivoluzionari della sinistra extra-parlamentare sembrano
attribuirvi. Tutti, più o meno dichiaratamente, andranno a votare nonostante il loro disprezzo
per le
istituzioni borghesi: chi voterà per il Manifesto (che dopo un ostentato travaglio ha preso la
decisione -
che tutti s'aspettavano - di presentarsi alle elezioni), chi per il PCI, chi per il PSIUP... tutti motivando
la "scelta tattica" con la eccezionalità del momento. Forse sbagliamo noi. Noi comunque,
eccezionali o meno che siano queste elezioni, non voteremo affatto,
questo è certo. Né scheda "rossa", né scheda" rosa".
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