Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 10
febbraio 1972


Rivista Anarchica Online

Cronache sovversive
a cura della Redazione

Cineserie
Strappiamo, per i nostri lettori, alcune perle (rosse) dal settimanale sinofilo "Servire il popolo", rosso diadema del proletariato italiano.
"Il compagno Segretario Nazionale (Aldo Brandirali, fondatore e capo carismatico dell'Unione Comunisti Italiani Marxisti Leninisti, n.d.r.) è la medicina che guarisce il nostro Paese dal cancro borghese."
"Sapere che ci dirigono questi cinque compagni, (l'Ufficio Politico della summenzionata U.C.I., n.d.r.) che fra loro vi è tanto amore e tanta unità, è come sapere che nell'inverno abbiamo sempre garantito in casa il fuoco del camino acceso".
"... il compagno Angelo Arvati (membro del suddetto Ufficio Politico, n.d.r.) sceso dal palco è stato portato in trionfo per centinaia di metri".
"... e il giorno dell'insurrezione, in prima fila davanti a questo grande popolo, ci sarà il massimo edificatore di questo grande fronte unito dei lavoratori, il grande compagno Aldo Brandirali. Lunga, lunga vita al compagno Aldo Brandirali!".

Controinformazione in Carnia
Il 6-1-'72 i gruppi anarchici del Friuli Venezia Giulia hanno organizzato in un paesetto della Carnia una manifestazione di controinformazione sulla strage di stato e l'assassinio di Pinelli e per la liberazione dei compagni ancora in carcere. Il paese (Prato Carnico) è stato scelto perché situato nella Val Pesarina, valle di antiche tradizioni anarchiche nella quale esistono ancora numerose cooperative e stalle comuni autogestite, nonostante la loro completa distruzione durante il ventennio fascista. La data della manifestazione è stata scelta in un momento in cui le persone in età lavorativa erano presenti nel luogo, in quanto, a causa della depressione economica di tutta la zona, gran parte della popolazione è costretta ad emigrare all'estero (soprattutto in Svizzera e in Francia). Nei tre giorni precedenti la manifestazione è stata svolta una propaganda capillare in tutte le valli attigue. Abbiamo messo manifesti e volantini in tutti i paesi ed il nostro volantino è stato accolto con molto interesse dai compagni del luogo coi quali abbiamo preso contatto. Alla manifestazione, che si è svolta alla casa del popolo del paese, casa costruita agli inizi del secolo da compagni anarchici e dal partito socialista del tempo, tuttora gestita con la collaborazione degli anarchici, hanno preso parte più di un centinaio di persone (nonostante le difficoltà di trasporto e il veto di partecipazione del PSI ai suoi iscritti).
Dopo l'introduzione di un compagno di Prato Carnico, sono stati sviluppati i seguenti argomenti:
I) gli inganni della stampa e della propaganda borghese;
II) il ruolo repressivo della polizia e della magistratura;
III) il potere economico responsabile della strage;
IV) violenza statale e legittima difesa degli sfruttati.

Il gioco della guerriglia
Alla fine di novembre è stata effettuata nella Sicilia Orientale un'esercitazione militare di CONTROGUERRIGLIA cui hanno partecipato, oltre la marina, l'esercito e l'aviazione, molti altri corpi che non dipendono dal ministero della difesa: guardie di finanza, P.S. e carabinieri.
Il nemico era rappresentato da un nucleo di paracadutisti sabotatatori-incursori. Le azioni più significative sono state condotte lungo una zona costiera della Sicilia. Gli scopi di questa esercitazione erano: addestramento per azioni di controguerriglia, attivare una rete informativa, un servizio di vigilanza e polizia costiera, assicurare pronti interventi di installazione di basi aeree e navali. Il "nemico" invece doveva: bombardare, condurre attacchi anfibi e di sabotaggio ed attività di guerriglia.
Questa esercitazione, durata 48 ore su un'area di 630 kmq, con largo uso di uomini e di mezzi, e con la "segretezza" compatibile con l'impiego di militare di leva, pare la prima del genere. Pare siano state constatate: 1) l'incapacità dei comandi di tradurre in pratica i piani di difesa contro la guerriglia; 2) la disponibilità al dissenso da parte dei soldati nei confronti degli ordini più assurdi; 3) la grande preparazione tecnica riscontrata nel "nemico" (i paracadutisti sabotatatori-incursori) proporzionale alla immaturità ed infantilismo di questi elementi (professionisti della guerra cioè "firmaioli"). Siamo certi che altre seguiranno perché con la sistemazione "pacifica" delle grandi potenze, con il ridursi (per fortuna) dell'ipotesi di una guerra mondiale, si va facendo sempre meno frequente l'uso della guerriglia come guerra localizzata da parte degli stati oltre che dai rivoluzionari e, parallelamente, si va facendo necessario (Vietnam insegna) l'impiego dell'esercito in funzione di polizia (nazionale ed internazionale) anti-guerriglia.
L'ultima "nota curiosa": l'esercitazione ha avuto il suo punto focale all'interno di una tenuta di Junio Valerio Borghese.

Aniasi con la Esse lunga
Milano, 25 dicembre. - In occasione delle feste natalizie l'Amministrazione Comunale, con una lettera firmata dal sindaco Aldo Aniasi e dal vice-sindaco Andrea Borruso, ha inviato ad un numero imprecisato di bisognose famiglie milanesi un buono di L. 5.000 valido per l'acquisto di merce in uno dei magazzini Standa (del gruppo Rinascente).
Un compagno operaio, di Gratosoglio, con 7 figli a carico, ha così risposto all'iniziativa del sindaco.
"Ill. Signor Sindaco Aniasi,
ho ricevuto, in occasione del natale, la sua lettera di auguri con allegato il buono di L. 5.000 da spendersi alla Standa. Mi deve scusare ma, pur ringraziandola per gli auguri, non la posso ringraziare per il buono, anzi, le rimando il buono stesso per una questione di dignità personale.
Lei, signor Aniasi, per sua fortuna e certo non per suo merito non ha mai provato cosa vuol dire essere povero, non che per questo io la invidi, perché si invidiano le doti morali e non quelle pecuniarie; dico bene? Resta comunque il fatto che il presentarmi alla Standa con quel buono sarebbe un dichiarare pubblicamente le mie condizioni di povero... di assistito il che le assicuro, non è certo piacevole anche se la povertà non è una colpa.
Io non sono un socialista (del PSI) ma credo che certe sfumature, tutt'altro che secondarie ma indici di un metodo, dovrebbero essere chiare a qualsiasi socialista.
Alla Standa, poi, la roba costa piuttosto cara (lo dica, lo dica al suo signor fratello che è dirigente della Rinascente che con la Standa e la stessa cosa) ed io mi verrei a ritrovare con 5.000 lire diciamo... piuttosto corte in barba a tutte le ESSE LUNGHE di questo mondo.
La prego di non volermene per queste mie parole ma, oggi come oggi, perfino gli indiani rifiutano certe forme caritative, immaginiamoci io che sono italiano come lei.
Distinti saluti".
segue firma

Nicolò Turcinovich
Genova, 2 gennaio. - Con un corteo preceduto dalla bandiera anarchica portata da un gruppo di giovani con larga partecipazione di compagni della Liguria, amici e compagni di lavoro, si sono svolti i funerali del compagno Turcinovich.
Parlare di Nicolò Turcinovich, anarchico e rivoluzionario, significa rievocare tutta l'epoca anarchica spagnola, dal 1931 al 1939, e la resistenza antifascista nel genovesato, fino alla caduta del fascismo, da lui intensamente vissute giorno dopo giorno.
La sua avventurosa odissea di antifascista ebbe inizio nel 1928, quando, appena sedicenne, imbarcatosi come mozzo in una nave della compagnia di navigazione Cosolich, venne provocato da un fascista e ne seguì un pugilato a bordo. Sbarcato a Buenos Aires, decise di non rientrare nell'Italia fascista ed entrò a far parte del movimento anarchico argentino, ma ben presto la nostalgia dell'azione lo spinse ad imbarcarsi clandestinamente per l'Europa.
Rifugiatosi a Parigi, si unì agli altri compagni fuoriusciti e la sua attività antifascista e anarchica venne subito segnalata dalla polizia. Espulso dalla Francia, nel maggio 1931, segue i compagni spagnoli che rientrano in Spagna, dopo sette anni di esilio dalla dittatura di Primo de Rivera, dove cacciata la monarchia era stata proclamata la repubblica.
Durante uno sciopero a Barcellona, nel settembre 1931, venne arrestato e condannato per resistenza a pubblico ufficiale. Fu solo nel 1933, grazie ad un'amnistia generale, che ottenne la libertà e, con essa, l'espulsione dal territorio spagnolo. Arrestato nuovamente e condannato a 4 mesi di carcere, venne accompagnato dalla polizia alla frontiera portoghese, dove lo si attendeva per essere condotto in Italia. Accortosi della manovra, riuscì a fuggire e a rifugiarsi a Siviglia.
Dopo i moti di Casas Viejas, nell'ottobre 1934, che furono seguiti da una feroce repressione, braccato dalla polizia aiutata dalla polizia consolare italiana, dovette lasciare la Spagna, rifugiandosi prima a Tangeri, poi ad Algeri e Orano, ma perseguitato anche in quelle città, rientrò nel 1935 in Spagna, nella regione di Valenza, presso i compagni spagnoli.
Al momento della sollevazione fascista contro la repubblica, 19 luglio 1936, Turcinovich corre a Barcellona, si unisce a Camillo Berneri ed ai suoi compagni italiani e, per incarico ricevuto dalla Federazione Anarchica Iberica, fa parte della Colonna Francisco Ascaso, alla quale sarà di prezioso aiuto (testimonianze di Umberto Calosso e di Carlo Rosselli) nei collegamenti e nelle operazioni belliche sul fronte Aragonese di Huesca, finché, nel gennaio 1937, è chiamato dalla Federazione Regionale dei Contadini di Valenza per adempiervi compiti affidatigli dalla C.N.T., che porta avanti, col metodo che prenderà poi la qualifica di autogestione, le più efficienti Collettività Agricole Libertarie - unitamente a quelle di Aragona e di Catalogna - e vi rimane sino alla fine della guerra, marzo 1939.
Chiuso nella morsa fascista nel porto di Alicante, riuscì a scappare ed a raggiungere Madrid, dove venne arrestato il 19 marzo 1941 e consegnato alle autorità fasciste che lo deportarono in Italia. Condannato nel settembre a 5 anni di confino politico all'isola di Ventotene, venne liberato nel settembre 1943. Raggiunse subito il movimento partigiano nell'Istria, suo paese nativo, ma, perseguitato dalle autorità politiche jugoslave, dovette rifugiarsi a Genova.
Nel genovesato, assieme a Marcello Bianconi, Emilio Grassini, Pietro Caviglia, Pasquale Binazzi, Alfonso Failla e molti altri anarchici, animatori tenaci delle azioni che la storia ricorda col nome di "Lotta cospirativa per il movimento di liberazione", che si contraddistinse per spirito di sacrificio e coerenza anarchica e rivoluzionaria, Turcinovich mise la sua preziosa esperienza spagnola a profitto di tutta la Resistenza del genovesato e mantenne i collegamenti tra le formazioni partigiane anarchiche e quelle degli altri movimenti antifascisti.
Senza la benché minima sosta, con la ripresa delle attività del movimento anarchico, Nicolò Turcinovich, ha partecipato a tutti i nostri Congressi e Convegni, ha gestito per numerosi anni la Libreria della F.A.I. superando difficoltà immense e incrementandola della sua appassionata e generosa attività, è stato l'animatore della Federazione Anarchica Ligure ed uno dei più attivi componenti la C. di C. della F.A.L. e della F.A.I..
In memoria di questa figura modesta di anarchico e di rivoluzionario, ma grande nella sua semplicità, noi, suoi compagni giovani e anziani, prendiamo l'impegno di lottare per affrettare l'avvento del terzo momento rivoluzionario al quale Nicolò Turcinovich, dopo i momenti storici del 1936 spagnolo e del 1945 italiano, ha largamente contribuito. Perché solo in questo modo potremo onorare la sua memoria.

Mutua cardinalizia
Da "Il Giorno" del 13 gennaio:
"I cardinali di Curia e tutti quelli residenti a Roma, fruiranno di una cassa mutua malattie e potranno essere ricoverati in cliniche "convenzionate" o comunque ottenere il rimborso delle spese mediche e ospedaliere.
All'assistenza specialistica e ambulatoriale si aggiungerà, per i cardinali, un tipo di ricovero in clinica con trattamento di riguardo; i porporati dovrebbero avere una stanza singola, di prima classe, con telefono e aria condizionata a completo carico della mutua (F.A.S. Fondo Assistenza Sanitaria)".
A quando gli assegni familiari?

Il primo della classe rifiuta il suo ruolo
S. Remo (Imperia). "Clamorosa protesta" è stato definito dai giornali borghesi il gesto compiuto da Luciano Moro, compagno del gruppo anarchico Sanremese. Il "fattaccio" consiste in questo: Luciano, quindici anni, liceale, primo della classe, alla consegna delle pagelle ha rifiutato i bellissimi voti che gli erano stati assegnati, respingendo il voto come strumento di selezione meritocratica. Decidendo di rifiutare ogni voto superiore al sei, il compagno fa rilevare che a quella "vetta" chiunque potrebbe arrivare, basterebbe che gli insegnanti si adoperassero a fare imparare, anziché limitarsi a valutare. È fin troppo ovvio che i figli di una famiglia colta e con i soldi necessari per pagarsi le lezioni private, sono avvantaggiati rispetto ai figli di chi, grazie a questa società, ricco non è, e neppure "colto". La decisione è stata riportata su un volantino distribuito nel corso di una manifestazione a cui hanno partecipato alcuni istituti sanremesi. L'iniziativa è maturata in una serie di riunioni in cui è stata analizzata la struttura della scuola, classista e discriminatoria, come giustamente deve essere una fucina destinata a sfornare dirigenti. Come afferma il compagno, "il successo (anche nella scuola) è determinato dall'insuccesso altrui, mentre è scientificamente provato che ogni ragazzo ha in sé le capacità per completare il normale ciclo di studi senza eccessive difficoltà.
Nel documento stilato dai compagni sanremesi, si sottolinea che "il compito della scuola è selezionare le persone da impiegare nell'industria con mansioni qualificate" e poiché non si riuscirà "ad assorbire totalmente il numero dei laureati sempre crescente a causa della lotta per il diritto allo studio da parte dei figli dei proletari, coloro che conseguiranno una bassa votazione resteranno disoccupati o si adatteranno a fare lavori dequalificati". Perciò in questo momento il voto unico è un obiettivo reale da raggiungere per attaccare la meritocrazia.

Obiettori politici
È in costante aumento il numero dei giovani che si rifiutano di indossare la divisa militare per motivi politici. È l'obiezione come "azione esemplare" di pubblico rifiuto delle strutture autoritarie, della violenza al servizio dello stato, come testimonianza attiva di antimilitarismo.
Dopo l'obiezione di gruppo dello scorso anno, i movimenti pacifisti hanno preannunciato per la prossima chiamata alle armi (febbraio) un'altra sostanziosa obiezione collettiva, che vorrebbe prefigurare una futura (quando?) obiezione "di massa". Intanto continuano le testimonianze individuali, nel silenzio quasi assoluto della stampa.
A Godiasco, presso Voghera (Pavia) è stato arrestato nella notte tra il 13 e il 14 gennaio, Giuseppe Amari, 20 anni, per diserzione di coscienza (o meglio, secondo la prassi militare che non prevede il reato di o.d.c., per "rifiuto d'obbedienza"). L'Amari è stato tradotto nelle carceri militari di Peschiera. Il gruppo pacifista di Voghera ha diffuso un volantino che, dopo aver informato i concittadini del gesto dell'Amari e delle sue motivazioni, conclude dicendo "l'obiezione di coscienza e la battaglia antimilitarista non sono più solo una testimonianza morale, ma lotta politica, lotta di classe, riscossa e redenzione di deboli e sfruttati".

Mitra e lupara mandato di comparizione
Visti gli atti del procedimento a carico di Franco Trincale... imputato del reato di cui agli art. 81 cpv e 290 cpv CP per avere, con più azioni esecutive dello stesso disegno criminoso, vilipeso le Forze di Polizia, affermando pubblicamente, in Livorno il 30-7-1970 e in Rosignano Solvay il 6-8-1970, che in Sicilia il mitra ha sostituito la "lupara" e i poliziotti i mafiosi nella esecuzione dell'incarico di ammazzare la gente per conto dei grossi padroni agrari, ed inoltre in Rosignano Solvay il 6-8-1970, terminando una "ballata" con la seguente strofa: "parlar di libertà come potete / voi che la libertà crociffiggete / e gli assassini di Avola lasciate / in libertà coi mitra per le strade"... ordiniamo agli ufficiali giudiziari di citare il suddetto a comparire personalmente avanti di Noi nel nostro Ufficio... il giorno 24-1-1972.

I metallurgici venezuelani riscoprono lo sciopero selvaggio
Ufficialmente definito "conflitto operaio-padronale", lo sciopero siderurgico ha scosso la società venezuelana. Uscito dagli schemi social-riformisti, questo sciopero ha costretto a smascherarsi la politica statale come baluardo dei privilegi delle "caste superiori".
Eppure il più alto grado di combattività e scienza proletaria lo ha mostrato solo una parte, e non grossa, della totalità dei lavoratori. La SIDOR (Siderurgica dell'Orinoco) è un'impresa statale che ha il monopolio della siderurgia nel paese: la più importante impresa dell'economia nazionale.
La SIDOR con la "Petroquimica", dovrebbe fornire le materie prime per le future industrie pesanti, anelate dalla "borghesia indipendente" oggi al governo; il piano è favorito anche dal Partito Comunista Venezuelano, d'osservanza moscovita.
Insomma: chimica e siderurgia come fornitori autarchici dello sviluppo: obiettivo primordiale dello Stato impresario a metà, attualmente molto interessato agli esperimenti italiani (due incontri tra Rumor e Caldera nel giro d'un anno).
Quella dei lavoratori della SIDOR è una massa dalla fisionomia eterogenea. Provengono da diverse parti del Venezuela, spinti dalla miseria spaventosa di tutto ciò che non è i "quartieri bene" di Caracas. Sono indios, meticci, negri, mutilati, bianchi, asiatici: molti sono "servi della gleba" sfuggiti a un padrone feudale. La loro miseria, economica e culturale, è a un grado disperato.
Esiste un notevole intervento dei partiti conservatori e dei parlamentari "di sinistra", con annesse mafie sindacali, in quanto questi lavoratori rappresentano una massa notevole di voti. Il sindacato siderurgico, lì come nel resto del paese, è immobilista e immobilizzato. Democristiani, liberali e socialdemocratici hanno ciascuno un rappresentante nella direzione sindacale; anche il Partito Comunista ne ha uno, contrattato con i socialdemocratici.
Unico obiettivo alla scadenza dei contratti è un insignificante aumento, niente altro.
La quota sindacale viene trattenuta dall'impresa sul salario, e versata ai burocrati sindacali anche se l'operaio non è iscritto a nessun sindacato. Il sindacato è famoso per la sua politica collaborazionista; all'assemblea iniziale della SIDOR i rappresentanti centrali furono "catturati" da quelli locali, cosicché la decisione dello sciopero a oltranza è stata presa senza che i burocrati potessero opporsi ("moralmente" e fisicamente impediti a farlo).
I vertici sindacali, passando sulla testa dei lavoratori, trattavano coi padroni aumenti miserabili e nessun cambiamento normativo e lavorativo (dieci ore di lavoro a più di 40 °C e con un'umidità spaventosa, in cambio della "pace sociale", tanto necessaria al governo clericale). I pochi filocinesi dell'ala sinistra sindacale cercano d'incanalare il conflitto con parole d'ordine tipo "Sindacato rojo!", "El pais al servicio del pueblo!" etc. e tentano una manifestazione coi ritratti di Mao, apparato incomprensibile ai lavoratori o perché analfabeti (85%) o perché indios, estranei a questo tipo di cultura; quanto alla piccola parte politicizzata, fin dall'inizio aveva dichiarato di essere "negatrice del sindacato perché reazionario".
Lo sciopero selvaggio è così proseguito per due settimane, nonostante i tentativi di pompieraggio; alla fine i "sindacati" sono riusciti a farlo finire, ma gli operai avevano ottenuto dieci volte di più che con la precedente lotta "legale" gestita dalla burocrazia sindacale.
Soprattutto gli operai hanno compreso di poter lottare da soli e di poter ottenere di più uscendo dalle regole del gioco stabilite dai borghesi e accettate dai sindacati. Hanno scoperto, per la prima volta in trent'anni, l'azione diretta e lo sciopero selvaggio.
La mancanza di organizzazioni rivoluzionarie (necessarie, ma necessariamente antistatali e libertarie, e aperte a ogni tendenza ed istanza, purché rivoluzionaria e socialista) ha facilitato il "recupero" di questa lotta in Venezuela. Ma era la prima: attendiamo la seconda.