Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 10
febbraio 1972


Rivista Anarchica Online

I padroni delle parole

Cari compagni,
ho seguito attentamente sulla vostra rivista, la discussione sulla "scienza dei padroni"...
... Sono perfettamente d'accordo con R. Brosio... Il sapere sviluppato entro istituti posseduti in esclusiva da una classe, rimane sempre un sapere di classe; la scienza rimane idealistica, formalistica, sterile: essa rimane rivolta contro gli interessi di coloro che non ne sono in possesso. È un sapere che nei suoi momenti, sociale, storico, economico, giuridico, tecnico non può essere che in funzione degli interessi di chi lo possiede, della classe che lo possiede, come unico e geloso proprietario.
Tutti devono lavorare manualmente, tutti devono studiare - dicono gli anarchici. Il sapere, CREATO DAL LAVORO DI TUTTI GLI UOMINI, deve ANCHE essere ORGANIZZATO, SAPUTO da tutti gli uomini, deve essere patrimonio comune, non di pochi privilegiati che lo organizzano e lo elaborano secondo i fini propri e della propria classe.
Solo questo è parlare rivoluzionario e scientifico. È QUESTO CHE RENDE IRRICONCILIABILI ANARCHISMO E AUTORITÀ.
Oggi nelle università del mondo definito borghese o del mondo socialista, in questi castelli medievali del privilegio, impera l'idealismo, il formalismo e la teologia esattamente come sempre: formalismo e dialettica di comodo che hanno la pretesa di determinare la scientificità o meno di ogni ramo del sapere e di ogni affermazione, ma che in realtà vengono applicati al fine di rendere tutto incomprensibile a coloro che non fanno parte dei privilegiati in possesso dei mezzi intellettuali, alla grande massa degli esclusi.
È in questi castelli della contraddizione e dell'idealismo che viene creata la scienza giuridica, sociologica, economica ecc.; scienze in cui tutto ciò che è qualcosa viene trasformato in parola ed in comodo strumento di questi padroni delle parole, servi essi stessi del potere.
Gli anarchici lottano con e per la fiducia nella ragione. Lottano contro le parole vuote ed incomprensibili, contro le parole prive di contenuto reale. Avversano la scienza borghese allo stesso modo che la società borghese: essa non è ragione come non è ragione tutto ciò che implica contraddizione, essa non è che un miserabile sforzo di conciliare lo sfruttamento con l'incredulità che oppone la ragione degli sfruttati (conciliare la libertà e l'uguaglianza di cui sempre parlano borghesi e piccoli borghesi, con eserciti, polizie, padroni e dittatori).
Solo il sapere creato DA TUTTI GLI UOMINI, ORGANIZZATO DA TUTTI ARRIVERÀ AL PUNTO IN CUI FORMA REALE DELLE ASPIRAZIONI DI OGNI UOMO E FORMA DELLA SOCIETÀ SARANNO LA STESSA COSA. ALLORA TERMINERÀ L'ACCADEMIA E NASCERÀ LA SCIENZA...

L. G.

Caro Brosio,
ho letto con interesse la tua risposta a Guido Montana e ad Emilio Celiandro: "La scienza dei padroni", in "A", n.8, novembre 1971. Non desidero considerare globalmente una polemica che non ho seguito nelle sue prime battute e che va così dilatandosi da perdere i precedenti contorni per assumere la dimensione di un discorso sulla scienza. Ritengo opportune, però, alcune precisazioni.
- Il mito della scienza "pura" (se per tale intendiamo la scienza che procede per linee di sviluppo interne senza porsi obiettivi estranei a sé) non nasce "oggi" con la sostituzione delle cosidette élites economiche da parte delle élites tecnoburocratiche (aggiungo a questo punto che non concordo completamente con la tesi che identifica la classe dirigente con la classe dominante). La scienza come "sapere neutrale" è un modello storico legato alle vicende della Rivoluzione Francese (o meglio alle vicende postrivoluzionarie); alla crisi della cultura illuminista, nel cui ambito la scienza era fortemente finalizzata ed aveva il compito di contribuire alla razionalizzazione della realtà; all'affermarsi della specializzazione in campo scientifico con la conseguente perdita di interessi generali. La tentazione dello scienziato alla scienza "neutrale" e quindi al disimpegno politico, al rifiuto di ogni responsabilità culturale, nasce dalla frattura, verificatasi agli inizi dell'800, tra la cultura umanistica e la cultura scientifica. La tendenza a separare le scienze umane dallo studio della natura favorisce il venir meno di quell'impegno, comune a filosofi e scienziati illuministi, di intervenire sulla realtà. Ma il relativo distacco tra scienze teoriche e scienze applicate (isolato è il caso della Francia, dove le esigenze del Governo Rivoluzionario prima e delle guerre napoleoniche poi stimolarono una tecnologia nata e guidata dalla scienza teorica) non poneva immediatamente il problema della utilizzazione dei risultati scientifici. Problema che acquistò un peso rilevante nella seconda metà del secolo, quando le scoperte scientifiche manifestarono chiaramente la loro incidenza determinante sul potenziamento dell'industria, dei trasporti e delle comunicazioni. A questo punto, lo scienziato "puro", a cui erano venuti a mancare un quadro generale della realtà e una problematica filosofica, culturale e sociale, sfruttando la tesi comtiana della nobiltà della scienza e della "ancillarità" della tecnica, approfondì la cesura tra la ricerca scientifica e l'utilizzazione dei risultati della ricerca, isolandosi nel proprio Olimpo di purezza teorica e disinteressandosi (spesso apparentemente) dei modi in cui i dati scientifici trovavano applicazione. Con la conseguenza che i risultati scientifici giocarono a favore dei paesi "sviluppati", e quindi dell'imperialismo, entrando a far parte dei fattori della corsa alla produzione e agli armamenti.
Mi fermo a questa breve analisi, perché il discorso rischierebbe di proseguire eccessivamente. Mi preme però sottolineare la storicità del mito della scienza "pura" (mito non riducibile alla dimensione attuale); storicità che è, se non altro, garanzia di una possibilità di intervento (rivoluzionario) che spezzi determinati meccanismi, individuando le cause storiche e opponendo loro opportuni rimedi. In questo caso, uno dei rimedi possibili è il ritorno all'unità del sapere, il superamento delle due culture.
- Mi sembra arrischiato sostenere che "i borghesi non avevano il mito della scienza, perché avevano quello del denaro". Certamente i borghesi (di quale periodo?) delle epoche precedenti alla nostra non avevano né potevano avere il nostro mito della scienza. Ma nella misura in cui ogni epoca ha il proprio concetto di scienza (è quanto sostieni e concordo), ha anche il proprio mito della scienza. Non importano direttamente i contenuti della scienza (cioè, se sono dati che possono essere definiti scientifici secondo la nostra ottica), né quale scienza specifica sia privilegiata. Il mito della scienza, come conoscenza certa di determinati fenomeni, oggetti ecc. accompagna sempre, con maggiore o minore emergenza, la storia dell'uomo. Al limite, anche nelle antiche società tecnocratiche (Mesopotamia) o nello stesso Medioevo cristiano, dove la scienza si identificava con la conoscenza della divinità, esisteva un mito della scienza. Non esisteva invece il mito della tecnica, a cui il nostro mito della scienza è strettamente collegato, nelle epoche in cui la tecnica non era una occupazione dominante, non interveniva direttamente e in misura massiccia a vantaggio della produzione, come avviene con la Rivoluzione industriale. Un esempio per concludere. Il processo di fusione dei vari rami dell'industria tessile, corrispondenti alle fasi della produzione (cardatura, filatura, tessitura) ha luogo soltanto quando la disponibilità di una fonte di energia centralizzata, stabile, autonoma (la macchina a vapore di Watt a moto rotatorio) permette di concentrare le differenti operazioni, via via meccanizzate, in un unico edificio. La cosiddetta "unione del vapore e del cotone" è premessa indispensabile per la realizzazione delle grandi fabbriche tessili, simbolo del capitalismo ottocentesco.
- Quanto all'affermazione che la scienza dai primi del Novecento in poi sia quasi esclusivamente scienza applicata, ogni buona storia della scienza può dimostrare che è perlomeno avventata, a meno che la matematica, la logica, la fisica teorica ecc. non vengano escluse dal novero delle scienze.
- Per riportare una notizia di cronaca, posso dire che al recente Convegno di Storia della Scienza, tenuto a Pisa dal 29 novembre al 4 dicembre, il problema della "neutralità" della scienza è stato uno dei più dibattuti e i risultati immediati sono stati abbastanza confortanti. Rimando comunque alla pubblicazione degli Atti del Congresso.

Maurizio A.