Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 10
febbraio 1972


Rivista Anarchica Online

Leone: una sconfitta tattica
a cura della Redazione

... E così, con buona pace degli antifascisti i "rappresentanti del popolo italiano" non hanno eletto alla "suprema carica dello stato" Sua Nanità levatrice temutissima di colpi di stato e di altre diavolerie reazionarie ed in cambio, con una bella maggioranza di centro destra, ci hanno regalato Leone.

Avevamo vista come improbabile (non impossibile, perché nulla è impossibile nel mondo dei professionisti della politica) l'elezione di Fanfani, perché uomo di ambizioni troppo scoperte, di trascorsi politici troppo sporchi, di antipatie troppo accese. L'elezione di Leone invece ci ha in un primo momento stupiti. Meglio, non ci ha stupiti la scelta della persona (politicamente abbastanza insignificante) quanto la composizione dello schieramento vincente che ci è parso troppo scopertamente squalificante e, a prima vista, troppo umiliante per la sinistra (dalle frange sinistrorse della DC al PCI).

Noi eravamo e siamo convinti che, nonostante l'apparenza e nonostante il gran parlare di slittamento a destra, la politica italiana sia destinata a spostarsi progressivamente a sinistra sino a comprendere il PCI nell'area governativa. Siamo convinti che questa sia un'evoluzione necessaria perché richiesta oggettivamente dallo sviluppo economico ed insieme dalla situazione politica italiana. Infatti la sopravvivenza e più ancora lo sviluppo del "sistema" sono legati ad una programmazione sempre più estesa, minuziosa ed efficiente dell'economia. Ciò presuppone un crescente intervento anche diretto dello stato (tipico delle ideologie che "confondono" la statalizzazione con la socializzazione) ed un crescente controllo sui lavoratori, sulla loro combattività e sulla loro produttività. Poiché in Italia il movimento operaio è controllato dalle tre centrali sindacali (in via di unificazione), e poiché sui sindacati italiani è forte e ineliminabile l'influsso quasi egemone del PCI, senza la collaborazione del PCI è inconcepibile in Italia quella relativa "pace sociale" (cioè la riduzione della "conflittualità operaia" entro limiti accettabili dal sistema o addirittura utili per il suo sviluppo) senza la quale non è possibile una programmazione effettiva.
Ecco perché riteniamo che, per quanti fremiti reazionari scuotano bottegai, impiegati, agrari e piccoli imprenditori, un reale slittamento a destra sia improbabile. Per questo ci siamo stupiti, per un attimo, al vedere eletto un presidente senza l'approvazione del PCI, anzi apparentemente emarginandolo. Ci siamo stupiti perché (c.f.r. a 9, L'antifascismo) riteniamo la scelta del capo di stato un episodio non determinante ma indicativo degli equilibri di potere all'interno della classe dominante ed un presidente di centro-destra apparentemente indicava un'inversione di tendenza.

Ci siamo stupiti ma non ci siamo sognati di attribuire all'elezione di Leone quei significati di catastrofica svolta a destra che ci eravamo già rifiutati di attribuire all'eventuale elezione di Fanfani. Infatti al di sopra di questo episodio, la sostanza della vita politica è rimasta immutata: Colombo, come era previsto e com'è tradizione, ha dato le dimissioni, ma verosimilmente lo seguirà un altro governo di centro-sinistra con la stessa politica economica.
E allora perché questo episodio? Innanzitutto non bisogna dimenticare che momentanei ed a volte solo apparenti arresti ed arretramenti non contraddicono una linea di tendenza oggettivamente determinata. Nel caso specifico l'arretramento è legato alle contraddizioni interne della DC. La DC è stata infatti con le sue lacerazioni la protagonista dell'episodio elezioni presidenziali. La DC, come è noto, più che un partito è una federazione di partiti, un microcosmo in cui sono rappresentati tutti i livelli di sviluppo economico e tutte le conseguenti scelte politiche del padronato italiano. All'interno della DC, pertanto, si riproduce anche la lotta fra i diversi gruppi di potere, fra riformisti e reazionari, fra sinistra e destra e l'unità della DC è sempre un miracolo di compromessi, un delicatissimo equilibrio di interessi la cui unica matrice comune è la conservazione del potere.
Nell'elezione presidenziale, le resistenze della destra democristiana ad una candidatura scopertamente di sinistra hanno portato al lunghissimo impasse ed infine al compromesso unitario di un candidato neutro. Questi, ponendosi di fatto come alternativa al candidato delle sinistre è stato volentieri votato dai moderati del PRI e del PSDI ed ancora più volentieri dai liberali e dai missini.

Una sconfitta, per la sinistra, episodica e non indicativa d'altro che delle contraddizioni democristiane (cioè padronali). Una sconfitta non solo episodica ma anche tatticamente accettata dalla sinistra che ha evitato infatti di proporre o sostenere candidature alternative possibili di centro-sinistra (un Moro, ad esempio) che avrebbe evitato quasi certamente una maggioranza di centro-destra ma rischiato insanabili e non volute fratture interne alla DC. Una sconfitta tattica, dunque, che ha paradossalmente portato più vantaggi che svantaggi alla politica di centro-sinistra ed in particolare alla DC ed al PCI.

Infatti il grosso problema della DC era ed è la fuga a destra della parte più idiotamente retriva del suo elettorato, che le contesta il dialogo con i comunisti: quale migliore colpo propagandistico per fermare l'emorragia a destra, che l'elezione di un presidente non sospettabile di filo-comunismo, attraverso una maggioranza di centro-destra? D'altro canto il PCI si trova alle prese con un problema simmetrico di contestazione da sinistra, accusato dagli extra-parlamentari (e sospettato anche da parte della sua base) di tiepidezza rinunciataria, di cedimenti nei confronti della DC: quale migliore risposta propagandistica a quelle accuse (e a quei sospetti) che un "fermo blocco di sinistra" con PSI, PSIUP e Manifesto?

Bisogna tener presente che né alla DC può interessare la collaborazione di un PCI privo di prestigio fra i lavoratori (e quindi non in grado di controllarli) né al PCI interessa la DC troppo indebolita da una emorragia di voti a destra. All'appuntamento storico, DC e PCI devono arrivare forti e prestigiosi, altrimenti la loro collaborazione sarebbe improponibile o fallimentare. Date le resistenze che nei due partiti e fra i loro elettori esistono a questo incontro apparentemente contro natura, la marcia di avvicinamento deve essere cauta, deve accettare delle soste di recupero. Come l'elezione di Leone.