Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 8
novembre 1971 - dicembre 1971


Rivista Anarchica Online

Londra 1871
di Mirko Roberti

Cento anni fa, con la "conferenza di Londra", iniziava l'attacco dell'ala autoritaria marxista al programma emancipatore egualitario della prima internazionale

Dal 1864 al 1869 la Prima Internazionale veniva sviluppando un programma teorico-pratico sempre più aderente alle aspirazioni delle classi oppresse di tutto il mondo. In questi cinque anni infatti, alle originarie federazioni inglese, francese e tedesca, avevano via via aderito le federazioni belga, svizzera, spagnola, olandese e italiana. Questa generale e rapida espansione era stata principalmente dovuta al "modo" in cui le federazioni avevano condotto la propaganda e l'agitazione. Il principio di una larga autonomia, sia per le singole federazioni che per i gruppi, e la pratica diretta nella lotta da parte degli sfruttati, avevano portato nel giro di pochi anni a sviluppare un movimento che da europeo cominciava a diventare mondiale (già nel 1867 associazioni di operai americani erano in contatto con l'associazione internazionale dei lavoratori). Questo sviluppo, del resto, rifletteva bene, cioè vale adire in modo "giusto", le elementari tendenze degli sfruttati a liberarsi da ogni oppressione e il programma teorico ne era in fondo uno specchio fedele dove diceva "Considerando che l'emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori medesimi; che gli sforzi dei lavoratori onde conquistare la loro emancipazione non debbono tendere a fondare nuovi privilegi, ma a stabilire dei diritti e dei doveri uguali per tutti e ad annientare la dominazione di ogni classe ecc.... che, per conseguenza, l'emancipazione economica degli operai è il grande scopo, a cui ogni movimento deve essere subordinato come mezzo... per queste ragioni: i sottoscritti membri del Consiglio ecc.... (1)". Era evidente che tutta questa premessa teorica implicava nei mezzi pratici un comportamento adeguato al fine. Si sviluppava implicitamente così una concezione ampiamente libertaria ed egualitaria. Questa schematica enunciazione trovava successive conferme nei congressi che l'Internazionale annualmente organizzava. Il Congresso di Bruxelles nel 1868 cominciava a concepire anche i mezzi materiali necessari all'emancipazione, non solo economica ma integrale, umana. È estremamente importante notare come queste elaborazioni teoriche fossero conformi alla crescita sempre più gigantesca dell'Internazionale di quegli anni, e questo proprio grazie al "modo" in cui l'Internazionale si era sviluppata; "modo" come dicevamo sopra basato sulla assoluta autonomia di ogni lotta di liberazione popolare legata alla situazione storica particolare. Ciò significava che gli sfruttati non solo gestivano in prima persona le lotte, ma sviluppavano e risolvevano i problemi teorici che queste stesse lotte ponevano. Con la pratica dell'autonomia per i gruppi e le federazioni, si sviluppava insomma una tendenza reale verso quella che ora viene chiamata "autonomia proletaria".

La divisione del lavoro e l'istruzione integrale
Il Congresso di Bruxelles nel 1868 fra le altre questioni (2), in merito al problema dell'istruzione integrale e della divisione del lavoro, si espresse con un documento che qui riporteremo nelle sue parti più significative. "La questione dell'Istruzione e della Divisione del lavoro in direttivo ed esecutivo, risolta nel modo radicale che intendiamo, ha per conseguenza la soluzione di tutte le altre che agitano l'epoca nostra... Il cesarismo, la chiesa e la borghesia, (leggi l'epoca romana, l'epoca medievale, l'epoca capitalistica n.d.r.) sono i risultati di una istruzione monopolizzata a profitto di un piccolo numero di privilegiati; istruzione che fa d'essi in realtà una razza superiore, forte, agli occhi della quale la direzione della massa ignorante sembra naturale cosa legittima, giusta, inevitabile. Che l'istruzione scientifica sia data a tutti ed a tutti i gradi, e, per la forza delle cose, l'abuso sotto tutte le forme, politico, religioso, finanziario, ecc., cesserà... I rapporti economici modificati, tutte le riforme insomma che non troveranno il loro completamento nell'istruzione integrale e generale di tutti, non impediranno che il soldato, il devoto, il povero ritornino, sotto altre forme forse, ma in fondo sarà sempre lo stesso: l'ineguaglianza sociale. Nel secolo XVII l'era delle rivoluzioni incomincia; moralmente un passo innanzi è fatto nella via del progresso, ma l'istruzione non essendo generalizzata per tutti, tutto resta pressappoco nello stesso caso, il fondo delle cose sussiste, solo la forma cambia: il prete prende un'altra uniforme, un altro nome, il sermone scientifico sostituisce la messa, e il devoto rimane... Nell'ultimo secolo la feudalità baronale muore sul patibolo, ma l'istruzione non essendo accessibile a tutti, la feudalità deve necessariamente ritornare, ed è la feudalità finanziaria che sorge più ardente, più vigorosa sulle ceneri della caduta: i servo divenuto libero ma non istruito non fa che cambiar nome, egli oggi si chiama proletario... E ancora l'obbligo dell'istruzione e del lavoro per tutti deve estendersi a tutti i gradi, perché l'insieme delle conoscenze, la scienza, È UN CAPITALE, ANZI IL PIÙ IMPORTANTE, che come tutti gli altri accumulati dalle generazioni estinte deve essere ripartito tra tutti i membri della società, DEVE CIOÈ ESSERE DI PROPRIETÀ COLLETTIVA. È così che potranno svilupparsi le facoltà naturali di tutti gli uomini e rendere impossibile l'abuso degli uni sugli altri... CHE SE SI OPPONE CHE LA RIPARTIZIONE EGUALE DELLA SCIENZA È UN'UTOPIA noi rispondiamo che gli studi superiori mettono in possesso delle conoscenze generali necessarie allo sviluppo di ciascheduno... In grazia del possesso delle conoscenze generali per tutti, le quali non permetteranno l'abuso tra i membri della società, LO SCAMBIO DEI PRODOTTI NON SARÀ POSSIBILE CHE SULLA BASE DELLA EQUIVALENZA DELLE FUNZIONI" (3). Vediamo qui come gli internazionalisti del tempo intuissero, anche se a volte espresso in modo confuso, (dato il grado di sapere del secolo scorso) il fondamentale nodo di ogni società di sfruttamento che consiste appunto nella scala gerarchica delle funzioni sociali e produttive. Ciò vale a dire che ogni società, dalle prime che conosciamo alle presenti, Cina comunista compresa, hanno espresso storicamente una particolare forma di questa fondamentale struttura della organizzazione del lavoro sociale-produttivo. Questa scala gerarchica, dunque, essendo principalmente il risultato della divisione del lavoro in intellettuale-direttivo da una parte, e manuale-esecutivo dall'altra, comporta che ogni individuo sociale può consumare solo la quantità e qualità di quanto la sua funzione sociale-produttiva gli permette di produrre, in un rapporto di scambio regolato appunto dalla scala dei valori che ogni funzione comporta (il confine tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, è chiaro che non è così netto come sembra a prima vista; diciamo che questo confine è lo spazio dentro cui si è mossa tutta la piccola borghesia in questi ultimi cento anni, e da cui sono partite tutte le rivoluzioni portate avanti dalla tecnoburocrazia, cioè con forme diverse: il bolscevismo, il fascismo, il nazismo, il new deal ecc. ecc.
Per ritornare alla divisione del lavoro diremo che ogni classe di produttori consuma solo il genere di prodotti corrispondenti (cibo, vestiario, alloggio, ecc., ecc., cioè l'insieme della vita sociale dell'individuo) e dal momento che tutte le classi dei produttori sono direttamente determinate dalle funzioni sociali-produttive svolte è evidente che svolgere una determinata funzione permette il consumo di una classe di prodotti adeguati. Quindi fintantochè i prodotti rispettivi dovuti alle differenti funzioni avranno valore diverso, è evidente anche che lo scambio degli stessi rifletterà tutta la scala gerarchica delle funzioni sociali produttive e quindi dell'ineguaglianza sociale. Per l'avvio immediato dunque, allo sviluppo dell'uguaglianza materiale fra tutti è necessario integrare le figure del produttore e del consumatore, che ora sono separati appunto da questa divisione gerarchica, in una sola; ciò comporta la pratica all'interno di ogni centro sociale e produttivo di una rotazione per tutti tra gli incarichi con valore uguale, ciò vale a dire per tutti un lavoro intellettuale-direttivo e per tutti un lavoro manuale-esecutivo.
Sviluppando questo programma emancipatore gli internazionalisti antiautoritari definivano i termini materialistici, scientifici e liberatori del concetto anarchico sulla reale abolizione delle classi e cioè l'eliminazione delle differenze nelle funzioni sociali-produttive per raggiungere l'uguaglianza materiale dei consumi tra tutti. (Un anno dopo Bakunin definirà in modo magistrale questo concetto fondamentale dell'emancipazione integrale nei suoi famosi articoli scritti per "l'Egalité") (4).
Questo puntualizzare le strutture sociali-produttive della società socialista libertaria, significava che gli internazionalisti antiautoritari si rendevano conto che non era assolutamente sufficiente la socializzazione dei mezzi di produzione per raggiungere l'uguaglianza materiale e la libertà per tutti. Si ponevano cioè il problema dal punto di vista proprio degli sfruttati, dei lavoratori manuali, nel senso che per essi una rivoluzione che li avesse lasciati nelle rispettive funzioni sociali-produttive precedenti, non avrebbe fatto avanzare di un solo passo la loro marcia verso l'emancipazione. Il problema rivoluzionario e la sua soluzione passano quindi per due momenti inscindibili e cioè il rendere collettiva e sociale sia la struttura dei mezzi di produzione sia la conoscenza intellettuale, scientifica degli stessi. Qualunque discorso oggi sull'autogestione, i consigli operai, e l'anarcosindacalismo che trascurasse queste premesse teoriche e programmatiche è destinato a riproporre nei fatti tutti gli errori accumulati dal movimento operaio in questi cento anni di lotta e quindi implicitamente a ricadere in posizioni controrivoluzionarie.

"Il Congresso di Basilea"
Questo programma tendenzialmente libertario ed ugualitario veniva riconfermato al congresso di Basilea del 1869 dove veniva approvato completamente il socialismo collettivista e veniva respinto il principio autoritario del comunismo statale propugnato dalla frazione marxista. Vennero discusse infatti le questione della "proprietà" e quella della "legislazione diretta", nella quale appunto si nascondevano le mire riformistiche dei sostenitori della cosiddetta "tattica politica". La frazione marxista capeggiata da Liebknect (5), venuto quale delegato al congresso di Eisenach, dove il nuovo partito socialista tedesco da lui diretto s'era definitivamente staccato dai Lassaliani, dichiarò non doversi separare la questione sociale dalla questione politica; che disinteressandosi delle riforme di ordine politico-legislativo, si sarebbe caduti in una tendenza reazionaria, e che pertanto la classe operaia doveva organizzarsi per un intervento articolato nell'attuale legislazione statale.
Gli internazionalisti antiautoritari, che rappresentavano la grande maggioranza risposero per mezzo di Bakunin, il quale, dimostrando come le tendenze democratico-legalitarie marxiste dovessero avere per risultato non l'abolizione dello stato e delle classi sociali, ma la conquista del potere politico da parte di una nuova classe dirigente e quindi il perpetuarsi ab aeternum della disuguaglianza sociale, così concluse: "L'internazionale è e deve essere una società negli stati; essa deve isolarli nelle attuali loro funzioni legislative e reazionarie fino a che non avrà conquistata la coscienza assoluta della sua forza e della sua superiorità. Allora, sulle rovine di quelli sorgerà la nostra società, già preparata così com'è costituita nella organizzazione stessa dell'internazionale." (6). Questo puntualizzare sia il modo sia l'esito finale della Rivoluzione era divenuto necessario, come lo è tuttoggi, in contrapposizione alla favola marxista a proposito della abolizione delle classi, prima con la statalizzazione della vita sociale mediante la dittatura dello stesso partito marxista e poi col suo autodeperimento, sempre spiegato nelle assurde e metafisiche teorie di questi cento anni e sempre negato macroscopicamente dai fatti. (La dialettica marxista essendo in fondo "una scienza delle parole" riesce a recuperare qualsiasi fatto che nega nella pratica le sue premesse teoriche e programmatiche, tanto come la scolastica ha fatto per cinquecento anni durante il Medio Evo).
La sintesi anarchica mezzi-fine vede quindi nel processo rivoluzionario, nel "modo" cioè in cui la lotta liberatoria di tutti gli sfruttati insorge contro ogni oppressione e ogni privilegio, l'inizio della costruzione stessa della società socialista e libertaria. Cinquant'anni prima che il leninismo formulasse in modo ancora più assurdo i due momenti della costruzione socialista, (la conquista del potere politico prima e il suo autodeperimento dopo) gli internazionalisti antiautoritari negavano qualsiasi significato materiale a queste teorie, negavano in nome della scienza e del buon senso, che la dittatura di un branco di banditi intellettuali piccolo-borghesi e candidati burocrati, potesse avere come risultato pratico la scomparsa delle classi e l'uguaglianza e la libertà materiale per tutti. Con la Conferenza di Londra del 1871, convocata arbitrariamente dai marxisti, con l'assenza quasi assoluta di tutti gli antiautoritari (quasi tutti massacrati nella difesa della Comune di Parigi) dove veniva abbandonata completamente la tesi programmatica-teorica del Congresso di Bruxelles, e al suo posto veniva approvata la lotta non dei TUTTI INSIEME, (come dice Cafiero nella sua lettera a Engels) ma quella di una nuova élite che accaparrava per sé le rivendicazioni degli sfruttati, l'avanzata reale dei lavoratori manuali verso la loro completa e totale emancipazione subiva un colpo e una deviazione che sarebbe stata pagata in tutte le rivoluzioni tentate da quel momento e sempre fallite per la presenza appunto di questo cancro dentro il movimento rivoluzionario. Con la Conferenza di Londra del '71 finiva praticamente la Prima Internazionale (7) e iniziava contemporaneamente il sistematico sabotaggio marxista contro il proletariato di tutto il mondo.

Mirko Roberti

(1) Regolamento adottato dopo il meeting di Saint Martin's Hall. Tenuto il 28 settembre 1864. Vedi "Storia dell'Internazionale" di Tullio Martello. Prima edizione 1873, fratelli Salmin, Padova.
(2) Le altre questioni poste dal Congresso furono: quale dovrebbe essere l'attitudine degli operai in caso di guerra tra le potenze europee - degli scioperi, delle società della federazione di resistenza, e della creazione di un consiglio arbitro degli scioperi eventuali - dell'effetto delle macchine sulla situazione ed il salario degli operai - del credito mutuo tra gli operai.
(3) Documento approvato al Congresso di Bruxelles nel 1868. Si trova in "Storia dell'Internazionale" di Tullio Martello, prima edizione 1873.
(4) Vedi Bakunin "Stato e Anarchia e altri scritti" ed. Feltrinelli.
(5) Wilhelm Liebknecht (1826-1900) fondatore assieme ad August Bebel del partito socialdemocratico tedesco.
(6) Per il discorso di Bakunin al Congresso di Basilea, vedi James Guillaume "L'International" documents et souvenirs. Edizioni Stock 1905.
(7) Al Congresso dell'Aia del '72 venivano espulsi tutti gli antiautoritari, e la sede del Consiglio generale veniva trasferita a New York, vivacchiando formalmente ancora due anni.

Critica del programma comunista
L'ultima lettera di Cafiero ad Engels (*)

Mio caro amico
È senza dubbio con grande ritardo, che intraprendo a rispondere alla vostra ultima (29 febbraio - 8 marzo 1872), ma in questo tempo è stato tale, in me, l'avvicendarsi dubbioso dei criteri diversi sulle nostre cose, che non prima di ora ho potuto ottenere, dalla chiara comprensione di un ordine di idee, la certezza di potervi esprimere un giudizio completo e sicuro. Illuminato dal MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA TEDESCO, io ho perfettamente compreso tutto il significato della Risoluzione IX della Conferenza di Londra, che non è da confondersi con quello delle parole, da voi citate, dell'INDIRIZZO AL CONGRESSO DI ROMA. L'INT. NON RESPINGE LA POLITICA ecc. Mettete dietro a queste parole tutto il programma anarchico, come dietro alla Ris. IX il MANIFESTO COMUNISTA, e vedrete come le due espressioni sono state opposte fra loro, quanto la distruzione dello Stato è opposta alla sua costituzione.
Ritenendo il capitale la sorgente di ogni privilegio, oppressione, impostura, ecc. ecc., e convenendo sulla necessità di ridonare il capitale alla collettività, la questione sorge appunto sul MODO come operare questo trasmutamento; e badate, che non solo si tratta di ritornare il CAPITALE alla collettività umana, ma bensì di fare in modo, a che detto CAPITALE non potesse venire mai più sottratto, né in tutto né in parte, alla collettività. È questo il punto dove si determinano le diverse opinioni, i diversi sistemi: ed è questo il punto sul quale la Conferenza di Londra ha avuto il gran torto di voler proclamare un sistema ufficiale. Gli autori del PROGRAMMA COMUNISTA TEDESCO ci dicono, su questo punto, che essi perverranno alla meta mediante la CONQUISTA DEL POTERE POLITICO DA PARTE DEL PROLETARIATO; cioè mediante la conquista di un nuovo Stato, che, secondo quello che voi mi dite, pare dovrà essere abbastanza FORTE, che comincerà anzitutto dall'INSEGNARE A LEGGERE AGLI ANALFABETI, COMBATTERE IL BRIGANTAGGIO E LA CAMORRA ED EDUCARE il popolo, che otterrà poi gradatamente attraverso gli anni l'uso di quel CAPITALE tanto sospirato; mentre lo Stato, compiuta così la grande opera emancipatrice verrebbe mano mano fondendosi in un nuovo Stato sui generis: STATO ECONOMICO con tutta la sua CENTRALIZZAZIONE UNITARIA e le sue ARMATE INDUSTRIALI, massime agricole. (Al primo sollevamento sociale delle nostre popolazioni, io vi propongo di venire con Marx, a proporre ai nostri contadini della Calabria e degli Abruzzi le ARMATE AGRICOLE). Ebbene, mio caro, permettetemi di parlarvi con franchezza. Il vostro PROGRAMMA COMUNISTA è, per me, nella sua parte positiva, una grossa assurdità reazionaria. Io ho in orrore lo Stato al pari della Chiesa, come istituzioni trovate pel privilegio, create da chi voleva assicurarsi l'esclusivo godimento del CAPITALE. IL CAPITALE è là, circondato dallo Stato, dalla Chiesa, e da tutta la magna caterva di istituzioni minori, che da queste principali procedono, destinate ad assicurarne l'esclusivo godimento ai privilegiati. Tutti vogliamo conquistare, o meglio, rivendicare il CAPITALE alla collettività, ed all'uopo si propongono due modi diversi. Gli uni consigliano un colpo di mano sulla rocca principale - lo Stato - caduta la quale in potere dei nostri, la porta del CAPITALE sarà aperta a tutti; mentre gli altri avvisano di ABBATTERE TUTTI INSIEME ogni ostacolo e d'IMPOSSESSARSI COLLETTIVAMENTE, DI FATTO, di quel CAPITALE, che si vuole assicurare per sempre proprietà collettiva. Io sono schierato coi secondi, mio caro, dal momento che, grazie al vostro MANIFESTO COMUNISTA, mi è stato dato di comprendere nettamente la posizione. E voi, buon materialista, come potete essere coi primi? La teoria delle circostanze determinanti, che voi all'occasione sapete così bene sviluppare non giunge a determinare nel vostro spirito il dubbio, sulla natura dell'opera che voi compireste, UNA VOLTA INSEDIATO AL POTERE COSTITUITO?
... In conclusione osserverò che se io potessi trovarmi nell'ordine di idee sviluppato nel MANIFESTO COMUNISTA TEDESCO e tanto chiaramente commentato nella vostra ultima lettera, considerando la mia posizione sociale, non me ne starei a perdere il tempo nell'Internazionale ma con assai più praticismo cercherei di farmi strada sino al Parlamento del Regno d'Italia, come avvocato del proletariato (!)... Accettando il vostro programma comunista, il proletariato italiano non ha che a stringersi compatto attorno allo Stato, che siffattamente incoraggiato non tarderà a proclamare ed attuare la Costituzione dello Stato comunista germanico in tutta l'integrità dei suoi dieci articoli...
Salute

Carlo Cafiero

(* ) Friedrich Engels (1820-1895). Socialista tedesco, caposcuola della corrente autoritaria della Prima Internazionale assieme a Marx, di cui fu amico, collaboratore e finanziatore. Figlio di un industriale e comproprietario con il padre di un cotonificio a Menchester, che diresse personalmente per oltre vent'anni, in bizzarro dualismo con la sua attività di propagandista ed organizzatore rivoluzionario.

Carlo Cafiero (1846-1892). Uno dei pionieri del socialismo italiano. Figlio di una famiglia pugliese nobile e ricchissima, si appassionò alle idee egualitarie e libertarie della Prima Internazionale e ad esse dedicò tutti i suoi beni, la sua vita. Conobbe Engels a Londra e fu da lui incaricato di formare in Italia una sezione fedele alla corrente autoritaria, ma dopo alcuni mesi si incontrò con Bakunin e passò al campo libertario, di cui divenne uno dei più validi esponenti. La lettera qui pubblicata testimonia appunto di questa sua svolta fondamentale.