Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 4
maggio 1971


Rivista Anarchica Online

Anarchici a Carrara
di A.M./P.F.

"La capitale dell'anarchismo italiano": così la stampa di regime ama definire da decenni la città di Carrara, volendo significare che da essa partono le direttive per tutto il movimento anarchico. È superfluo sottolineare che gli anarchici non hanno, né mai hanno avuto, né capi né capitali, ed in questo contesto tutto l'interesse mostrato per la presenza libertaria a Carrara puzza inevitabilmente di superficialità e di presa in giro. Trovandosi di fronte ad una cittadina in cui la presenza anarchica, pur con alti e bassi, è una costante fin dagli inizi del secolo, i pennivendoli della stampa "indipendente" hanno sempre cercato i dati di colore, le macchiette, tutto quanto possa esser utilizzato per presentare oltre mezzo secolo di lotte come un semplice caso folkloristico. Così, si è cercato di collegare la presenza anarchica solo con un innato spirito ribellistico dei carraresi, o addirittura con la loro passione per il vino, e magari per ogni cosa "strana". Ma la realtà è ben diversa.

La giornata lavorativa di 6 ore

Chi, lasciandosi il mare alle spalle, percorra il lungo viale che dalla spiaggia di Marina conduce al centro di Carrara, ha di fronte a sé la vista delle montagne che circondano strettamente la cittadina, e la racchiudono per tre quarti fra verdi pendii su cui sono visibili grandi pareti bianche scavate nelle montagne stesse. Sono queste ultime le famose cave di marmo, che fanno produrre nella provincia di Massa-Carrara circa il 30 per cento di tutto il marmo italiano; e di questo 30 per cento, ben l'85 per cento è estratto nel solo comune di Carrara. Se si pensa che oggi altre fonti di reddito si sono aggiunte a quella tradizionale dell'industria estrattiva, si può meglio comprendere quanto fosse di importanza vitale in epoche passate questa stessa industria. Da decenni, dunque, tutti i giorni centinaia di cavatori si recano in montagna, per compiere un lavoro veramente duro, in cui gli infortuni sul lavoro sono a tutt'oggi molti, sempre troppi. Ed è proprio fra i lavoratori delle cave che la propaganda anarchica ha avuto successo, anche perché è sempre stata accompagnata da dure lotte che hanno inciso in maniera irrevocabile sul lavoro e sulla vita dell'intera popolazione. La conquista della giornata lavorativa alle cave e nelle miniere di Luni, rispettivamente di sei ore e mezza e di sei ore, risale al lontano 1911, e fu resa possibile dalla pratica dell'anarco-sindacalismo e dallo spirito di solidarietà da esso propagato fra i lavoratori. Fu una dura lotta, che mise severamente alla prova tutti i lavoratori del settore, una lotta sostenuta dalla solidarietà contro la provocazione padronale e poliziesca, che fu vinta inesorabilmente dai lavoratori, allora non stornati da falsi obiettivi politici, non confusi da inutili patteggiamenti di vertice, ma unicamente ed unitariamente tesi al raggiungimento dell'obiettivo finale. A chi oggi parla continuamente di una nuova "politica dei trasporti" da parte del governo nell'interesse dei lavoratori, ricordiamo che i cavatori di Carrara da 60 anni hanno ottenuto di considerare il lungo cammino dalla strada asfaltata fino alla cava (il cosiddetto "poggio") come parte integrante dell'orario lavorativo. Anche questo è stato ottenuto grazie al modo semplice e lineare con cui i problemi sono stati prospettati, e dalla pratica della partecipazione diretta che li ha resi realizzabili. I moderni sindacalisti (UIL, CISL, CGIL), per mascherare la loro nullità ed i loro compromessi con i padroni, hanno sempre più bisogno di chiacchiere, di arzigogoli, di parole ed ancora di parole. Invece di lottare per la diminuzione della giornata lavorativa, essi lottano per la "settimana corta", obiettivo che sarebbe encomiabile se, per raggiungerlo, non fosse necessario aumentare... la giornata lavorativa! Il loro gioco è fin troppo evidente: spacciano per conquiste della classe operaia queste volgari operazioni da prestigiatore, e si scagliano rabbiosi contro gli "scioperi illegali", che scalzano la loro autorità contestando le loro capacità ed il loro potere. Le lotte dei cavatori, sempre ispirate all'anarco-sindacalismo, indicano invece una delle vie maestre per combattere concretamente lo sfruttamento, al di là di ogni illusione riformista: la riduzione della giornata lavorativa, a parità di pagamento naturalmente. In questo contesto si colloca la nuova lotta impostata lo scorso anno dall'U.S.I. (Unione Sindacale Italiana) per la giornata lavorativa di cinque ore come conquista inalienabile.

Una lotta nuova

Su questo argomento i lavoratori del marmo di Carrara, aderenti appunto all'U.S.I., hanno stilato un lungo documento, distribuito in tutte le cave, in cui, ricordando i martiri anarchici di Chicago del 1886 propugnatori delle otto ore di lavoro giornaliero (in memoria dei quali fu proclamato giornata di lotta rivoluzionaria il 1° maggio) e le stesse sei ore e mezza conquistate dai cavatori sotto lo stimolo dell'anarco-sindacalista Alberto Meschi, propongono agli altri lavoratori delle cave di fornire un nuovo esempio a tutta la classe lavoratrice italiana, strappando le cinque ore giornaliere.
"È scientificamente e statisticamente provato - si legge nel documento dei compagni dell'U.S.I. - come il primo nemico dell'uomo sia la stanchezza fisica e psichica che impedisce la presa di coscienza del pericolo che attenta alla sua integrità fisica e alla sua vita. La stanchezza impone all'uomo una lentezza dei riflessi, dei movimenti e quel secondo di ritardo che più di una volta si è rivelato fatale per la vita di un cavatore, come per ogni operaio. Le cinque ore lavorative giornaliere, beninteso ad uguale retribuzione giornaliera, si impongono per tenere il passo con le istanze di migliori condizioni di vita che da tutte le parti del mondo si manifestano, sia nell'ambiente del lavoro sia fuori di esso, in modo che ognuno possa godere di un maggior tempo libero per dedicarsi con maggiore partecipazione agli avvenimenti culturali, politici e sociali".
Le lotte dei cavatori, comunque, non si limitano a strappare sempre migliori condizioni di vita e di lavoro per tutti i lavoratori, ma indicano chiaramente l'obiettivo cui si mira: l'autogestione. In verità, prima che Maria Beatrice d'Este attorno al XVIII secolo "furtasse" con il diritto delle armi di agri marmiferi, questi erano di proprietà collettiva, appartenevano cioè a quelle piccole comunità situate sui monti di Carrara, oggi chiamate paesi, dette allora "vicinanze", nelle quali vivevano coloro i quali si dedicavano alla escavazione dei marmi. Al sorgere del movimento operaio in Apuania, infatti il grido lanciato dai sindacalisti anarchici ("Cavatori, le cave sono vostre!") attirò una vastissima eco di adesioni e di consensi particolarmente fra i lavoratori del settore, i quali subito e per istinto compresero che questa parola d'ordine era giusta, e tendeva fra l'altro a ristabilire quel rapporto tra uomini e beni, bruscamente interrotto con il "diritto delle armi" ed avallato legalmente dal diritto positivo.

Carrara, l'ambiente naturale

Così, rendendosi interprete dei diritti dei lavoratori, fermamente convinto che la lotta di tutti giorni debba esser un fatto di elaborazione e partecipazione collettiva, l'anarchismo ha trovato a Carrara in suo "ambiente naturale" per passare dalla teoria alla azione. "Per noi - dice un cavatore - l'affermazione dell'anarchismo a Carrara non ha significato il prevaricare di una forza politica sulle altre, né tantomeno l'invio di un politico in Parlamento piuttosto che di un altro, ha invece significato realmente unità per le realizzazioni di comune interesse; proprio perché non ci siamo curati di guidare, di governare gli uomini, ma ci siamo semplicemente preoccupati di intervenire sulle cose, e di trasformarle a beneficio, con la partecipazione e nell'interesse della classe lavoratrice e della collettività."

A.M./P.F.


Il congresso della F.A.I.

Dal 10 al 12 aprile si è tenuto a Carrara il decimo congresso nazionale della Federazione Anarchica Italiana (F.A.I.), la maggiore organizzazione anarchica dell'l'Italia, che tenne il suo primo congresso nel 1945 nella stessa Carrara. Durante i tre giorni di dibattito in assemblea e nelle commissioni sono emerse diverse valutazioni sia sulla situazione politica generale sia, in particolare, sulla funzionalità degli organi della F.A.I. Il congresso ha incaricato per la prima volta un intero gruppo (e precisamente il gruppo "Buenaventura Durruti" di Firenze) di fungere da Commissione di Corrispondenza, mentre precedentemente tale incaricato era demandato ad alcuni compagni singoli. Alcune modifiche sono state apportate al patto associativo della Federazione, tra cui rilevante (e a nostro avviso discutibile) la creazione di un Consiglio Nazionale, formato da quindici delegati regionali. Il congresso ha inoltre deciso di affidare ai compagni di Roma il compito di rinnovare la veste grafica e l'impostazione generale del settimanale "Umanità Nova" (organo della F.A.I.), che è stato al centro di accese discussioni sia in assemblea sia nell'apposita commissione.
Contrariamente a quanto affermato da tutta la stampa di regime, non vi è stato alcuno scontro fra vecchi e giovani; vi è stato invece un acceso dibattito fra quanti (giovani o vecchi, non ha alcuna importanza), richiamandosi all'esperienza storica, lottano per una affermazione delle idee e del metodo anarchico, e quanti invece credono che alcuni movimenti marx-leninisti (Lotta Continua, Potere Operaio, ecc.) siano realmente vicini alla tematica ed alle lotte libertarie, senza così riuscire a cogliere il significato dell'ormai classico "camaleontismo" leninista, capace di mascherare il proprio volto tirannico dietro a parole d'ordine anarchiche o anarco-sindacaliste.
L'ultimo giorno del Congresso s'è riunita una commissione speciale, cui hanno partecipato, oltre ai rappresentanti della F.A.I., anche compagni dei G.A.F. (Gruppi Anarchici Federati), dei G.I.A. (Gruppi di Iniziativa Anarchica) ed inoltre delegati della Crocenera Anarchica, del Comitato Politico Giuridico di Difesa e del Comitato Pro Vittime Politiche. Tale commissione si è occupata del processo in corso a Milano contro i giovani anarchici e dell'istruttoria per la "strage di stato" (dicembre 1969), per impostare una linea politica ed un piano d'azione che impegnino unitariamente il movimento anarchico, in preparazione del processo "Valpreda" che si prevede per il prossimo autunno.