Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 1
febbraio 1971


Rivista Anarchica Online

Anarchici a trento
di Alberto Toninello

Nascita e sviluppo di un gruppo anarchico nella vandea d'Italia

Il Trentino non ha una tradizione di lotta proletaria. È un paese dominato da secoli dal clero e addormentato in una cultura chiusa, montanara e contadina. Solo negli ultimi decenni sono arrivate a Trento le fabbriche e con le fabbriche gli operai.
L'ultima in ordine di tempo, ma la più importante per la sua ampiezza e per il numero di operai che occupa è la "Ignis", inaugurata l'anno scorso con grande schiamazzo pubblicitario.
Ma un'altra cosa è arrivata insieme alle fabbriche nel Trentino per completare questo piano di aggiornamento neo-capitalistico e modernista: la università. Essa comprende una sola facoltà, quella di Sociologia.
La facoltà di Sociologia era stata creata per preparare gli uomini nuovi della "Democrazia cristiana" e del potere locale e nazionale: uomini al passo con le esigenze e le problematiche neo-capitalistiche, con la necessità di programmazione economica, preparati al nuovo tipo di rapporti con le organizzazioni che controllano la classe operaia e garantiscono al capitale la neutralizzazione della sua spinta rivoluzionaria: i sindacati e i partiti.
Ma le previsioni del potere vengono messe in crisi dalle prime agitazioni degli studenti. La rivoluzione tecnocratica ha bisogno di spazzare via, da una parte, la vecchia borghesia padronale nelle sue componenti conservatrici e riformiste e dall'altra, per fare questo, ha la necessità di collegarsi con la classe dei proletari.
Ogni nuova classe che tenda alla presa del potere ha bisogno di farsi portavoce dei valori dell'intera società. Senza l'appoggio della classe proletaria il Movimento Studentesco, avanguardia della classe tecnocratica che tende alla eliminazione della proprietà privata e all'instaurazione del capitalismo di stato (socialismo di stato) e che trova la sua ideologia nel "leninismo", non può sperare di battere la borghesia.
Ecco allora che dopo le agitazioni e la lotta all'interno dell'università si passa al collegamento con gli strati proletari: "Potere studentesco" diventa "Tutto il potere al popolo". Si teorizza la "proletarizzazione" degli studenti, si identificano studenti e classe operaia e la lotta diventa una sola: in una parola si fanno coincidere tout court gli interessi degli studenti con quelli degli operai. L'operazione non riesce. Il Movimento Studentesco perde la sua base di massa con l'ottenimento degli obiettivi corporativi e riformistici. Senza l'appoggio del proletariato non si può andare più in là. Rimangono i singoli quadri tra i quali ci sono molti sinceri rivoluzionari.
Viene abbandonata l'Università. La pratica ha insegnato che la rivoluzione "degli studenti" non è la rivoluzione del proletariato, anche se ciò non verrà mai capito a livello cosciente ed elaborato nella teoria.
L'ortodossia "marxista-leninista" non fornisce strumenti teorici per elaborare analisi sulle classi che non sia imperniata sul discorso della "proprietà privata" (in via di estinzione nelle sue forme classiche), non avendo mai concepito che possa esistere una società classista che non tragga fondamento dalla proprietà privata ma si basi invece sulla divisione del lavoro in manuale ed intellettuale e sulla detenzione del monopolio delle conoscenze tecniche (Socialismo/Capitalismo di stato).
L'attuale fase di sviluppo delle forze produttive vede, secondo noi, in ascesa verso il potere, la nuova classe "tecnocratica" che tende alla soppressione della borghesia padronale e, con essa, della proprietà privata per cui il problema del potere (cioè dello stato) e della divisione del lavoro, strumenti del dominio e dello sfruttamento della nuova classe, diventano i problemi centrali della rivoluzione proletaria. È chiaro che in ogni caso essa non potrà prescindere dalla eliminazione della proprietà privata.
Noi compagni anarchici durante il boom del Movimento Studentesco, un può per il fatto che eravamo quasi tutti studenti (e spiegherò in seguito cosa voglio dire) e un può per il nostro numero estremamente esiguo non abbiamo avuto la possibilità di incidere significativamente.
All'inizio quando il discorso politico era ancora da costruire nei suoi contorni precisi, ci limitavamo a distribuire qualche raro documento dove prospettavamo una nostra analisi, anche se minimale e carente sul problema della nuova classe la "tecno-burocrazia" e sul problema della divisione del lavoro (di cui l'università è la rappresentazione, la materializzazione) per conquistare, a livello individuale, qualche compagno. Ma eravamo vittime in sostanza della contraddizione di essere degli studenti in lotta contro "gli studenti" e di criticare la divisione del lavoro e il significato dell'università pur senza riuscire ad abbandonarla: ciò ci rendeva pressoché impotenti.
Fu quando diventò chiaro nella pratica il significato dirigenziale e tecnocratico del lavoro che svolgeva quello che, all'interno della struttura organizzativa del Mov. Stud., era il "gruppo fabbriche" ormai resosi completamente autonomo dal resto del movimento che lavorava in università e non svolgeva quindi più di fatto la funzione che si era posto di collegare lotte studentesche e lotte operaie, muovendosi oggettivamente in una logica "leninista", che abbiamo potuto superare d'un tratto tutte le contraddizioni e iniziare con chiarezza e senza tentennamenti un lavoro politico continuativo nelle fabbriche cittadine.
Dovevamo chiarire agli operai che la via della rivoluzione passa attraverso l'autogoverno e l'autonomia del proletariato non solo nei confronti del sindacato e dei partiti, che sono ormai chiaramente istituzioni dello stato borghese, ma anche di tutte le sedicenti avanguardie che pretendono imporre le loro linee strategiche dall'esterno dimostrando di volersi servire delle masse per manovrarle ai fini della presa del potere e dell'instaurazione di una nuova tirannia e di un nuovo sfruttamento: quello della tecnoburocrazia.
Il nostro lavoro ci ha portato a contatto con molti operai e studenti medi e ci ha fatto (cosa cui miravamo soprattutto) "integrare" nell'ambiente proletario trentino all'interno del quale (e non all'interno dell'ambiente universitario facilmente suggestionabile dalle mode culturali e oltretutto estremamente provvisorio e occasionale) ci premeva circolassero le nostre idee e le nostre parole d'ordine.
I nostri legami con questi compagni sono ormai saldi e vanno al di là della riunione politica specifica e programmata.
Avevamo una sede funzionante che mettevamo a disposizione degli operai per le riunioni e degli studenti medi e avevamo creato tutta una serie di collegamenti con gli altri gruppi dell'alta Italia; tutto era culminato poi nella riunione di Genova (novembre 1969) dove nacquero i G.A.F. (Gruppi Anarchici Federati).
La fine del Mov. Stud., attorno al quale si raccoglievano più o meno tutte le forze extraparlamentari, ha dato origine a due fenomeni diversi che sono espressione di una stessa realtà: la fuga nel "dottrinarismo" (lo studio teorico senza la prassi) da una parte e "l'attivismo" (il lavoro pratico, la prassi senza la teoria) dall'altra.
Frutto di questo secondo fenomeno è in movimento "Lotta continua".
Nato appunto dal "fallimento" del Mov. Stud. "Lotta continua" non si è posto il problema della teoria e rappresenta storicamente la continuazione del "lavoro fabbriche" già messo in piedi dal Mov. Stud.
I militanti di L. C., a contatto con la realtà dello scontro di classe, hanno adottato una prassi che, speriamo senza offendere nessuno, possiamo definire "anarco-sindacalista": era la stessa realtà dello scontro di classe che imponeva questa scelta.
A livello teorico però essi non riescono a superare gli strumenti ormai inadeguati (seppure sono mai stati adeguati) del "leninismo" (quasi tutti provengono dai partiti riformisti come PCI, PSIUP ecc.) e facendo la lotta "giorno per giorno" finiscono per assumere posizioni di tipo "luddista" (nel senso moderno) ed ultrasinistre senza che dietro vi sia, neppure lontanamente, nessuna teorizzazione in questo senso vivendo perciò a livello organizzativo, la contraddizione di essere per il partito da una parte (perlomeno in una buona parte dei suoi militanti) e negandolo nella maniera più assoluta nella prassi, dall'altra.
È un movimento che ha ancora molte cose da chiarirsi.
A Trento L. C. Rappresenta l'unica realtà politica organizzata extraparlamentare; conduce lavoro politico abbastanza continuativo soprattutto presso le fabbriche IGNIS e SLOI (fabbrica chimica).
Noi compagni anarchici non siamo organizzati come gruppo autonomo.
In una città piccola come la nostra, con possibilità di intervento assai limitate, non abbiamo ritenuto opportuno creare confusione e divisione all'interno del proletariato presentando davanti alle stesse fabbriche volantini simili con firme diverse.
La linea politica di L. C., per quanto riguarda l'azione da condurre nelle fabbriche, noi riteniamo di poterla condividere e fare nostra, salvo restando le critiche che abbiamo fatto e che restano ancora da fare per quanto riguarda il movimento nel suo complesso.
Questo non significa che noi rinunciamo a condurre il nostro discorso specifico "comunista-anarchico-rivoluzionario" quando si vada al di là delle soluzioni immediate e delle proposte operative e si affrontino discorsi a più largo raggio.
Ci serviamo per questo di conferenze-dibattito (quella più recente è stata quella del compagno spagnolo Miguel Garçia) volantini, manifesti murali, diffusione di opuscoli, libri, stampa nostra ecc.
Molto importante è il lavoro che alcuni compagni hanno fatto e stanno facendo alla SLOI in armonia con L. C. (appoggiandosi cioè organizzativamente ad essa, ma conservando tutta la loro autonomia).
La SLOI è una fabbrica chimica, unica in Italia per l'altissimo grado di nocività del materiale che viene prodotto. Il "piombo tetraetile" che sprigiona vapori dannosissimi agisce direttamente sui centri nervosi.
Quasi tutti gli operai devono essere ricoverati periodicamente in clinica.
Gli effetti di questi gas sono disastrosi e vanno dall'impotenza a spaventosi incubi notturni, alla violenza aggressiva contro i compagni di lavoro e i propri familiari e giungono fino alla demenza permanente.
Alla SLOI sono morti in questi ultimi anni una decina di operai.
Qui lo sfruttamento assume il suo volto più bestiale e non c'è che una risposta da parte dei rivoluzionari: basta! La SLOI deve chiudere.
Allo scopo di organizzare delle forme di lotte efficaci per la chiusura definitiva dello stabilimento dopo l'acquisizione a livello generale, anche cittadino, della inutilità delle contrattazioni con il potere locale che ha frenato sino ad ora la rabbia con promesse mai mantenute, aiutato in questo dal sindacato, è stato promosso recentemente un incontro con la partecipazione di medici, operai della SLOI, cittadini, ecc.
Le relazioni dei medici sono state impressionanti per la mostruosa gravità della situazione. Tra essi c'era il medico della SLOI che si è rifiutato di continuare a lavorare poiché la direzione della fabbrica non gli permetteva di assolvere alle sue funzioni e lo aveva reso del tutto impotente alla azione; egli si è dimesso tempo fa interessando con il suo gesto coraggioso (anche se dal significato evidentemente del tutto platonico) pure "l'opinione pubblica" cittadina sul problema.
Ha parlato un operaio intossicato ancora in convalescenza, denunciando l'assenteismo del sindacato sul problema della nocività e dichiarando che ormai gli operai e erano decisi a difendere in prima persona i propri interessi senza delegare più a nessuno la lotta.
Un sindacalista presente, chiamato direttamente in causa dall'operaio, ha candidamente confessato che il sindacato non era al corrente degli effetti disastrosi dei gas del "piombo tetraetile" e che la cosa lo aveva profondamente turbato (meglio tardi che mai?!).
Ha parlato poi un nostro compagno assumendo una chiara posizione rivoluzionaria, invitando tutti i presenti a cessare di discutere in astratto ed a organizzare delle forme di lotte efficaci ed immediate per la definitiva chiusura della fabbrica.

Alberto Toninello