| In Francia Chirac ha appena festeggiato 
                  il primo anno al potere e stavolta è sicuro di tenerselo 
                  almeno per altri quattro anni. La sinistra socialista era rimasta 
                  al governo per quattordici anni, dal 1981: per la destra adesso 
                  si apre il periodo più lungo di governo da ventanni 
                  a questa parte. Il metodo Chirac, come lo chiamano qui in Francia, 
                  funziona e si vede: il ruolo di Chirac sulla scena internazionale, 
                  in occasione dellultima guerra allIraq, ha fatto 
                  di lui un uomo di sinistra, nel senso che i mezzi di comunicazione 
                  danno a questo termine. Invece Chirac nella sostanza non sta 
                  a sinistra: solo che il suo modo di fare politica rimescola 
                  tutti i termini della politica tradizionale francese.   Viva la democrazia! I cervelloni del presidente hanno prodotto una politica diversa 
                  dalle precedenti. Non che la politica di Chirac si discosti 
                  poi tanto da quella di Mitterrand o, prima di lui, da quella 
                  di Giscard ecc. Possiamo continuare ad analizzare le evoluzioni 
                  del capitalismo e metterci a discutere in modo interminabile 
                  di qualche sfumatura. E se invece noi considerassimo in che 
                  modo Chirac fa politica, non nella sostanza, ma nella forma? 
                  Come se, non riuscendo a risolvere i problemi reali così 
                  facilmente come avevano strombazzato nei programmi elettorali 
                  delle presidenziali dellanno scorso, i gestori dello Stato 
                  si fossero messi a fare politica da unaltra parte, in 
                  uno spazio aperto e sgombro. È lo spazio delle apparenze, 
                  della vaghezza, non quello della menzogna assoluta alla Mitterrand-Jospin, 
                  ma quello dellinganno sottile. Non dimentichiamoci che 
                  Mitterrand aveva mentito promettendo cento e una riforme nel 
                  1981 e portandone a termine una soltanto, labolizione 
                  della pena di morte; aveva mentito per tutto il tempo in cui 
                  era rimasto al potere, e il colmo dellorrore è 
                  forse stato raggiunto con la sua politica nei confronti del 
                  Ruanda, che è stata limmediata causa scatenante 
                  del massacro di più di mezzo milione di persone (si veda 
                  La nuit rwandaise di Jean-Paul Goutteux, pubblicato nel 
                  2001 dalle edizioni lEsprit frappeur, un libro straordinario). 
                  Anche Jospin, da ex trotzkista, mentiva sfrontatamente e a posteriori 
                  sinventava delle scuse. I membri del suo governo offrivano 
                  dimostrazioni di eccelsa stupidità, come Dominique Voynet 
                  in occasione della marea nera della petroliera Erika. Era sempre 
                  tempo di menzogne: tanto le masse si erano dimenticate le promesse
 
                  In questo senso la sua eliminazione  come le figuracce 
                  di Hue, di Chevènement e di Mamère  si possono 
                  considerare vittorie del movimento che ne aveva le tasche piene 
                  di tutte quelle panzane servite in salsa socialdemocratica
 
                  anche se sarebbe stato meglio radicalizzare quel «ne abbiamo 
                  le tasche piene»!
 Chirac non dice bugie vere e proprie. Eletto con l82 per 
                  cento dei voti, dichiara in modo chiaro e netto quello che pensano 
                  e che vogliono i francesi. In un anno la sua popolarità 
                  non si è affatto ridotta: tanti a noi vicini, addirittura 
                  molti nostri compagni, sono andati a depositare la loro scheda 
                  nellurna al ballottaggio, e molti sono contenti della 
                  posizione che ha preso riguardo alla guerra in Iraq. Dopo tutto 
                  egli agisce da altoparlante e proclama davanti al mondo intero, 
                  e soprattutto in faccia a Bush, quello che tutti riescono solo 
                  a sussurrare nel loro angolino. Così facendo, non taglia 
                  forse lerba sotto i piedi a Le Pen, del quale diceva che 
                  «dice ad alta voce quello che tutti pensano in silenzio»? 
                  Il meccanismo è ben lubrificato. Chirac è riuscito 
                  nel difficile compito di presentarsi al di sopra di tutti i 
                  poteri che si scontrano in questa società e nello stesso 
                  tempo a fingersi portavoce degli umili, pur facendo molte meno 
                  promesse di un Mitterrand o di un Jospin. Si pone da arbitro 
                  supremo tra larroganza dei potentati della finanza e la 
                  miseria di chi è escluso dalla spartizione della torta, 
                  tra lo strapotere delle grandi imprese e le giuste rivendicazioni 
                  dei lavoratori. Quando pronuncia un discorso, se non sapessimo 
                  con che personaggio abbiamo a che fare, crederemmo un giorno 
                  di ascoltare un dirigente terzomondista, un altro un filantropo 
                  sinceramente preoccupato dei diritti delle donne o per una nuova 
                  ripresa degli integralismi religiosi, un ecologista, un pacifista, 
                  un buddista magari. Chirac non lascia perdere niente, perché 
                  niente è in contraddizione con la sua politica: si occupa 
                  di tutto, dà retta a tutti e prende addirittura qualche 
                  decisione: per ogni scelta che fa è previsto questo o 
                  quel risvolto sociale ed è questo che spiazza la sua 
                  politica rispetto al terreno sul quale eravamo abituati a vedere 
                  i governanti di un paese come la Francia. Insomma, Chirac è 
                  un demagogo, un populista nel senso latino-americano del termine. 
                  Non è un De Gaulle, proprio no! Assomiglia piuttosto 
                  a un Juan Peron o a un Getulio Vargas, personaggi che per pigrizia 
                  classifichiamo di destra ma che ai loro tempi hanno stretto 
                  alleanze assai solide con le forze popolari, con i sindacati, 
                  anche con i comunisti
 Il loro maggiore successo è 
                  consistito nel disarmare lutopia legando a sé una 
                  massa sufficiente di gruppi o di individui affascinati dalla 
                  speranza che si erano ingegnati di suscitare.
 
  Masse e fascismo 
 Chirac è riuscito a impersonare la democrazia. Ci fa 
                  dimenticare che oggi la realtà della democrazia è 
                  Orwell e la sua Fattoria degli animali: «Siamo 
                  tutti uguali, ma certuni sono più uguali degli altri.» 
                  Predica la democratizzazione della società, ma questa 
                  democratizzazione si riduce a un po più di benessere 
                  fisico e mentale: un benessere ancor meno colpevolizzante. Diceva 
                  Wilhelm Reich: «Le masse vogliono il fascismo», 
                  e questa frase la si capisce dal momento in cui esistono le 
                  masse. In altri termini, dove la società è intesa 
                  come un fenomeno di massa, le masse che la formano possono solo 
                  volere il fascismo, perché la società assicura 
                  loro il benessere proprio in ragione del fatto che questi individui 
                  formano una massa. È un circolo vizioso, perché 
                  le masse si rendono ben conto che è per loro necessario 
                  e sufficiente «fare massa» per conservare i propri 
                  «vantaggi acquisiti» Devono semplicemente dimenticare 
                  i «danni collaterali»: loppressione di altri 
                  gruppi meno «di massa» (cioè meno numerosi 
                  o privi di unideologia di massa come il nazionalismo), 
                  la distruzione degli individui in senso stirneriano, cioè 
                  degli «egoisti» capaci di associarsi su di un piano 
                  di uguaglianza e di fraternità. (
). Chirac non può cambiare i dati di fatto e alcuni parametri 
                  gli scappano sempre più di mano, ma solo in una certa 
                  misura, perché non crediamo che la famiglia Peugeot o 
                  gli eredi Lagardière abbiano più potere di lui, 
                  e lo Stato rimane lunico braccio operativo (fiscale, poliziesco, 
                  militare, quanto meno) del potere o della classe al potere, 
                  anche se questa classe si «globalizza». Così 
                  la strategia di ogni Stato coinvolto nella globalizzazione (e 
                  lo sono tutti!), davanti a una relativa limitazione delle proprie 
                  prerogative regali, consiste nellazzeramento di eventuali 
                  alternative, perché costituirebbero una turbativa per 
                  il buon funzionamento delleconomia e dei mercati finanziari. 
                  Una buona parte del lavoro è già stata compiuta 
                  dai predecessori di Chirac, dal PS ai Verdi, che hanno fatto 
                  vedere che cosa fosse la gauche plurielle (come la definiva 
                  Jospin) e, così, sono riusciti a liquidare in un colpo 
                  solo la speranza di tanti in una sinistra autentica. Ma non 
                  basta. Bisognava dare limpressione che, in ogni caso, 
                  fosse impossibile tutto, tranne la gestione dellesistente. 
                  È questo il colpo magistrale che Chirac sta finalmente 
                  portando a termine. Lui e i suoi ministri sono attivi su tutti 
                  i fronti, dovunque le cosa non funzionano, per dire che cosa 
                  pensa la gente. Non è colpa sua se le riforme procedono 
                  solo a piccoli passi, ma dipende da altri poteri, Bruxelles, 
                  le multinazionali, il Fondo Monetario, la grandine, che sono 
                  decisamente troppo forti. Ma Chirac è lì per limitare 
                  i danni, come era lì per limitarli rispetto a Le Pen, 
                  come è stato presente allONU per limitare i danni 
                  rispetto agli Yankee. È la personificazione dei vantaggi 
                  della democrazia. Grazie a lui noi, le masse, possiamo continuare 
                  a consumare e ad arricchirci a spese di miliardi di esseri umani 
                  ridotti in miseria da questo sistema. È riuscito ad alzare 
                  un velo ben più difficile da lacerare di quello a suo 
                  tempo tessuto dal cinico Mitterrand. (
).
  La pace di Chirac contro la guerra di Bush 
 La guerra, dunque. Chirac riprende una politica dispirazione 
                  gollista, si dice, che un merito ce lha: mette i socialdemocratici 
                  davanti alla propria inettitudine. Ricordiamoci che Mitterrand 
                  non ebbe la volontà di resistere agli Stati Uniti nel 
                  1991 e, peggio ancora, da spregevole individuo qual era inventò 
                  quel concetto di «guerra del diritto» che è 
                  servito per qualche anno a giustificare i peggiori orrori, fino 
                  a trasformarsi in «guerra umanitaria» e oggi in 
                  «guerra preventiva». Non va dimenticato, infatti 
                  che la guerra del diritto presuppone che qualcuno sappia e dica 
                  dove sta il diritto e manca solo un passo per affermare quel 
                  diritto in anticipo
 Tutte queste elucubrazioni socialdemocratiche 
                  sono state riprese allegramente da unimbelle estrema sinistra 
                  e le realtà che esse nascondono sono state comunque aspramente 
                  discusse nelle nostre varie assemblee generali: tutto tempo 
                  guadagnato per i nostri avversari e sprecato per noi! La realtà 
                  è quella di unoppressione mascherata da lotta per 
                  la democrazia, ma noi abbiamo buttato tempo prezioso a discutere 
                  di questo mascheramento, a chiederci se Saddam Hussein fosse 
                  o non fosse un dittatore. In altri secoli di discuteva del sesso 
                  degli angeli, e noi faremmo meglio a non ridere dei nostri avi, 
                  visto che facciamo proprio come loro. I veri interrogativi si 
                  celano dietro la maschera: la democrazia è una dittatura 
                  e far passare Saddam per uno che è più dittatore 
                  di Bush non fa che avallare lincomprensione del fatto 
                  «dittatoriale democratico». Chirac, per giunta, 
                  prende due piccioni con una fava, perché facendo mostra 
                  di opporsi al consorzio Bush-Blair, taglia lerba antiamericana 
                  sotto i piedi dellestrema sinistra francese. Non dimentichiamoci, 
                  ancora una volta, che tenendo testa a Bush egli è riuscito 
                  a legare a sé una buona parte della destra cosiddetta 
                  estrema che non vota Le Pen solo perché si rifiuta di 
                  sottomettersi allo Zio Sam, e si tratta di un numeroso elettorato 
                  da sottrarre al Fronte Nazionale. Per di più, Chirac mette a mal partito la sinistra radical-chic 
                  affascinata dalle tesi di Negri e Hardt. Uno dei propagatori 
                  delle teorie negriane in Francia, Yann Moulier-Boutang, direttore 
                  della rivista «Multitudes» (il concetto di «multitudini» 
                  è al centro del pensiero di Negri-Hardt), ha confessato 
                  su «Libération»: «Chirac, con la sua 
                  presa di posizione [proprio prima della guerra] taglia lerba 
                  sotto i piedi a qualsiasi autentica mobilitazione intellettuale.» 
                  A meno di dare ai termini «mobilitazione» e «intellettuale» 
                  un significato recondito, occorre pur dire che ce ne infischiamo 
                  per un verso della mobilitazione dei cosiddetti intellettuali 
                  e che, per laltro, non ci saremmo mai immaginati che Chirac 
                  facesse il «gollista» perché gli intellettuali, 
                  negriani compresi, non avessero più argomenti in saccoccia. 
                  Soprattutto, comunque, Moulier-Boutang mette bene in luce il 
                  profondo significato di quelle che secondo lui sono le «moltitudini» 
                  che fronteggiano «lImpero»: si tratta di gruppi 
                  di pressione come quello dei disoccupati che rivendicano un 
                  reddito sociale garantito, gruppi ai quali si unisce lo stesso 
                  Moulier-Boutang. Questi gruppi della «moltitudine» 
                  allora, per opporsi alla guerra e a Bush (cioè a coloro 
                  che attualmente dominano questo famoso Impero in modo ottuso 
                  e non dialettico) possono prendere posizioni identiche a quelle 
                  di Chirac. Essere «moltitudine» oggi significa sostenere 
                  Chirac o, per non esprimerci in modo polemico, significa prendere 
                  una posizione identica a quella che prende Chirac contro lattuale 
                  direzione statunitense (antidialettica) dellImpero. In 
                  effetti una posizione di questo tipo, ostile a Bush, esprimerebbe 
                  i «desideri» profondi delle «moltitudini». 
                  Ma qui si mistifica il «desiderio»: il desiderio 
                  di pace espresso nel mondo in marzo e aprile è stato 
                  soprattutto un desiderio di benessere e tranquillità, 
                  e lavorare per mettere fine a questo sistema è cosa ben 
                  diversa da un «desiderio»
 Con Negri e Hardt siamo in tutto e per tutto nel meglio che 
                  la socialdemocrazia ha prodotto, cioè nelle tesi più 
                  difficili da smascherare. Ricordiamoci che la II Internazionale, 
                  nel 1914, aveva finito per mandare i proletari a combattersi 
                  tra loro perché non era stata capace di dare vita a una 
                  posizione rivoluzionaria radicale contro la guerra, contro il 
                  Capitale e contro ogni forma di oppressione e asservimento! 
                  (
).
 
  Lutopia disarmata? 
 In realtà, ben poco cimporta di quello che avviene 
                  tra i ranghi della sinistra radical-chic e autoritaria, che 
                  oramai da tempo non ha niente a che vedere con lutopia 
                  di un mondo senza Stati, senza frontiere, senza moneta, e senza 
                  capitale. Il colpo portato da Chirac, tuttavia, porta più 
                  avanti: ci colpirà se non sapremo rilanciare le nostre 
                  critiche. È questo il caso, per il momento? Ogni volta 
                  che cè un attentato o che Sarkosy, il ministro 
                  dellInterno di Raffarin, si presenta alla televisione 
                  per pontificare, noi gridiamo «al lupo»! Presto 
                  nessuno ci darà più retta
 Tanto meglio, 
                  in un certo senso, perché non abbiamo bisogno né 
                  di adepti né di seguaci. Tuttavia, chi ascolterà 
                  ancora, al di là dei programmi politici rivoluzionari, 
                  la voce dellutopia? Dopo l11 settembre 2001, come 
                  dopo ogni avvenimento un po fuori del comune, il nemico 
                  mostra i muscoli, ma si vede anche la sua debolezza. Quel profluvio 
                  di miliardi per acchiappare qualche maschilista barbuto che 
                  va in giro in ciclomotore non è certo una dimostrazione 
                  di forza, ci vuole ben altro! Porsi il compito di riunire lOccidente 
                  cristiano contro un nemico già alla rovina economica 
                  è una doppia confessione: Bush è stato costretto 
                  a muoversi in grande per far credere a una missione «storica» 
                  e, soprattutto, colpendo lIraq, sperava di far dimenticare 
                  di non essere capace di colpire al-Qaeda e tutte le altre organizzazioni 
                  similari, cioè organizzazioni globali e immagini in negativo 
                  del padrone (al-Qaeda non è che limmagine inversa 
                  e perversa del capitalismo globale, e non è affatto sua 
                  nemica). LOccidente, il Nord, i paesi ricchi, lOCDE sono 
                  alle prese con le loro contraddizioni. Non che il capitalismo 
                  possa crollare da solo, ma deve continuamente inventarsi qualcosa 
                  per non affondare. È questa lunica legge evidente 
                  da cinquantanni in qua. Ora, come si fa a inventare in 
                  un mondo unipolare  è quello che ci vengono a dire 
                  e poco importa se in fondo sia vero o no, è così 
                  che lo si percepisce e questo genera necessariamente contraddizioni, 
                  perché ci sono dei vuoti che vanno riempiti per non cascarci 
                  dentro  come inventare, allora, un nemico indispensabile, 
                  quando quello principale non cè più? Lo 
                  si deve creare ex novo. L11 settembre, come la vicenda 
                  irachena, sono solo momenti della creazione di questa antitesi 
                  all«Impero», questo cacciachiodi che permette 
                  agli odierni governanti e al loro sistema di mantenersi in vita 
                  attirando per reazione nel proprio campo gli avversari delle 
                  religioni retrograde e i cittadini del mondo intero.
 Chirac ci mena per il naso: facendo politica con uno stile da 
                  pubblicitario ci fa credere che ci sia un nemico e ci prende 
                  ogni volta in contropiede, perché il nemico non è 
                  la via diplomatica, ma sono Bush e la guerra, non sono i salariati, 
                  ma i padroni che licenziano, non sono i sostenitori del diritto 
                  di cittadinanza che Chirac adora, ma chi auspica una svolta 
                  autoritaria e così via. Chirac si vuole a sinistra in 
                  apparenza, anzi, dato che il termine sinistra non ha più 
                  nessun senso, si vuole popolare. Demagogo. Oggi la barbarie 
                  non è più Hitler o Stalin, è Chirac: ogni 
                  giorno 35.000 persone muoiono di fame, ma siccome non sono sfruttabili 
                  sui media, e le cause della loro morte mettono in luce le fondamenta 
                  stesse del sistema democratico, nessuno ne parla. Ci sono stati 
                  molti più morti di fame tra il 20 marzo e la metà 
                  di aprile, cioè durante linvasione dellIraq, 
                  che per la guerra stessa. È questa la realtà del 
                  mondo democratico, in cui noi siamo tutti uguali, ma dove alcuni 
                  lo sono molto di più degli altri.
  Jean-Louis Becker e Philippe Godard 30 aprile 2003, anniversario della prima riunione delle 
                  Madres de la Plaza de Mayo in Argentina (1977)
 (Traduzione dal francese di Guido Lagomarsino)
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