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				 pedagogia libertaria 
                  
                Noi della REL 
                  
                reportage di Giulio Spiazzi 
                    
                Si è tenuto a cavallo tra fine maggio e inizio giugno nella comune di Urupia (a Francavilla Fortana, in Puglia) il V convegno della Rete dell'educazione libertaria. Tra l'altro si è fatto il punto sulla situazione delle “scuole libertarie” in Italia. 
Eccone un dettagliato resoconto. 
 
                
                   
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                    |   Gabriella Prati con i Saltafossi di Bologna e Sabrina ex Kiskanu  di Verona fanno il cerchio inaugurale nelle stanze della nuova  realtà educativa di Urupia  | 
                   
                 
                 
                  UUn'intensa e inusuale pioggia battente che presto si trasforma in grandine, sferza i vigneti ottimamente curati, all'ingresso dei terreni della Comune di Urupia a Francavilla Fontana in Salento. Se è vero che ciò che nasce bagnato è anche fortunato, certamente la “due giorni” del Quinto Convegno Nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria svoltasi tra il 31 maggio e il primo giugno, ha tutti i canoni per essere ricordata come un'importante, seminale situazione d'incontro per tutti coloro che operano nell'ambiente educativo libertario della penisola: bambini/e, ragazzi/e, genitori, accompagnatori ma, anche, sostenitori e curiosi. 
Il programma ufficiale, prevede per la giornata di sabato 31 maggio: una visita guidata alla storica comune pugliese, sapientemente organizzata da Agostino, membro delle origini e co-fondatore di Urupia (oggigiorno, la Comune è al suo diciannovesimo “natale” d'attività agricola e sociale); l'assemblea plenaria intitolata “Alle radici teorico e pratiche dell'educazione libertaria” promossa da Francesco Codello; le testimonianze dei protagonisti, ovvero bambine e bambini, ragazze e ragazzi si raccontano, con la partecipazione diretta di Sabrina, ex studentessa del fu “Kiskanu” di Verona (oggi Kether) attualmente frequentante la terza classe di un liceo statale, e di un nutrito gruppo di bambini/e e ragazzi/e della realtà educativa libertaria “I Saltafossi” di Bologna; e per finire, sempre nel pomeriggio di sabato, una tavola rotonda di presentazione, dedicata alle esperienze in atto: Kether (Verona) – I Saltafossi (Bologna) – Mareggen (Genova) – Serendipità (Osimo). In serata, conclude la giornata, una video intervista ad una studentessa della Kapriole di Friburgo, raccolta da Simone Piazza della “Scuola che non c'è” del Montello (Treviso). 
Il ricco calendario degli appuntamenti prosegue la domenica mattina, prima giornata di giugno, con un seguitissimo incontro-dibattito proposto da Henry Readhead, figlio di Zoe Neill, dunque nipote diretto di Alexander Neill, fondatore dell' “icona” educativa Summerhill, su “I diritti dei bambini nel gioco e nell'apprendimento” per proseguire già dal primo pomeriggio, con un insieme di gruppi di lavoro riuniti in seminari auto-gestiti in cui vengono trattate tematiche quali: “esercizi di incidentalità nella piccola scuola libertaria Kether”; “pratiche libertarie nella scuola statale”; “genitori nelle scuole libertarie”; “pratiche di educazione libertaria con bambine e bambini piccoli” tematiche complessivamente sviluppate, confrontate ed aggiornate in un limitrofo e successivo dibattito plenario, consensualmente gestito come chiusura dell'incontro annuale, sulla base di “concetti topici” affiorati nel corso del quinto convegno REL, tra questi: l'incidentalità educante, la libertà operante, l'autonomia, ecc. 
L'assemblea plenaria iniziale viene purtroppo subito privata della preziosissima presenza di Francesco Codello, (”assente giustificato” per motivi di convalescenza post-operatoria), che comunque comunica in tempo ai partecipanti, tutto il suo calore e il suo “invisibile sostegno” all'iniziativa nazionale, fornendo telefonicamente il suo usuale sprone d'incoraggiamento ai relatori. L'apertura dei lavori (una volta fatti, con estrema sensibilità femminile, gli “onori di casa”, da parte della comunarda Thea) s'inoltra quindi meticolosamente, tra i meandri poco conosciuti della storia e dei principi auto-germinanti dell'educazione libertaria, mettendo in luce tutto un patrimonio (per la maggiore reso occulto dalla “Pedagogia ufficiale”), di sentire e di pratiche addirittura secolari, sconosciuto ai più e in specie (cosa su cui sempre riflettere) ai cosiddetti “formatori” dell'età contemporanea, coinvolti, spesso a livello universitario, in corsi pluriennali di acquisizione di titoli ufficiali di diploma o di laurea. 
Per delucidare e mettere a proprio agio i convenuti, l'analisi delle radici teorico pratiche dell'educazione libertaria inizia a ritroso facendo una doverosa “carrellata” sulla contemporaneità del movimento educativo promosso dalla REL, da ormai quasi dieci anni, mettendo in risalto il “fatidico” incontro informale “sorgivo” di primavera del lontano 2007, svoltosi nelle aule in prestito dell'università patavina, con la presenza costituente di Francesco Codello, storico autorevole del pensiero educativo libertario transnazionale, di Elis Fraccaro dell'Ateneo degli Imperfetti di Mestre, di Grazia Honegger Fresco (pedagogista ed erede di Maria Montessori, della quale fu allieva in uno degli ultimi corsi da lei diretti) e di pochi altri convenuti in quel luogo, per dar concretezza ad una idea e a un'azione (quella, appunto, della Rete), non ancora “scesa nei fatti” in Italia. 
                
                   
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                    |   Manifesto del progetto Liber'Aria pugliese  | 
                   
                 
                  Poesia? Utopia? Ingenuità? 
                Prendendo in esame anche il convegno di studio, svoltosi lo scorso anno alla Scighera di Milano (di cui “A” ha ampiamente pubblicato il resoconto sul numero 386 pagg. 39-49 a firma di Maurizio Giannangeli), si è quindi mostrato il cammino che la REL ha compiuto in sei anni di convegni nazionali, promossi proprio per coordinare e unire in “arcipelago” le realtà libertarie che già operano come comunità educative o che vorrebbero mettersi in gioco nei vari contesti territoriali, socio-economici e culturali italiani. Dall'intensa storia, affiorano dunque i primi due incontri nazionali di Verona, svoltisi nella bellissima cornice di Villa Buri sede dell'allora Kiskanu, prima cospicua esperienza di scuola autogestita tramite sperimentazione libertaria (”A” 356 pagg. 47-54), il terzo convegno a Roma, ospitato alla Garbatella (”A” 364 pagg.155-158) dai compagni di cammino Filippo e Giada del gruppo capitolino per l'educazione libertaria, appositamente ideato per dare “voce alla volontà ed alla forza del centro e sud Italia” e, a tal proposito, in Puglia è stata sottolineata l'estrema importanza simbolica che il quinto convegno in sé esprime (nel fatto di essere stato accolto ad Urupia, dunque a sud di Roma), per ciò che concerne i possibili ritorni in materia di simultanea concretizzazione di una progettualità locale che sta' già dando i frutti sperati. 
A settembre infatti ad opera di Thea e delle Comunarde del Salento, prenderà il via l'attività di una comunità educativa dedicata inizialmente al ciclo delle primarie, proprio tra i vigneti e gli oliveti della Comune. Sempre in Puglia, nell'area di Fasano Cisternino, l'associazione Liber'Aria di Giovanni e Porzia, propone inoltre una scuola autogestita di sentire libertario, amplificando finalmente in quelle terre feconde, il vero e proprio “fermento” educativo che da qualche anno esiste in gestazione in svariate altre regioni italiane. A tale riguardo, viene ricordato il quarto incontro nazionale di Rimini del 2012 (che “tirava le fila” delle emergenze educative del centro-nord), “tra spiagge e campeggi”, con la sua vera e propria partecipazione di massa (almeno, per i parametri nostrani) che fece intendere alla REL che il tracciato che, tutti assieme, caparbiamente si stava tratteggiando, iniziava finalmente a coinvolgere attivamente, persone, educatori/ici, famiglie, studenti, adulti, bambini/e e ragazzi/e, in questo piccolo/grande movimento spontaneo, interessato alla crescita personale e collettiva “non-forzata”, “non-autoritaria” dove il ritrovarsi (anche solo per una frazione di tempo limitata come quella di un convegno), è elemento di coesione attiva essenziale, per cercare di capire, per domandarsi in continuazione se e come sia possibile e concretizzabile una auto-educazione non-adultocentrica, incidentale, per la maggiore “integrale”, in luoghi ove si possano vivere costantemente pratiche di democrazia diretta, dunque non delegata e, soprattutto, non-autoritaria. 
Durante l'intervento d'apertura, è stato dunque volutamente rimarcato l'apprezzamento per il “lavoro di tenuta” svolto dalla Comune del Salento in questi loro lunghi anni d'attività pacata e al contempo determinata. L'esperienza pugliese viene indicata quale “faro” ed “esempio di tenacia” di un operare fattivo e fecondante e per ciò che si dimostra essere a tutti gli effetti, pratica di “vita activa” (per ripensare Hannah Arendt) svolta tra le pieghe paludose del moto nevrotico contemporaneo. Una “resistenza” ed una tenacia che pone in rilievo l'impegno prolungato nel tempo, ciò che è forse l'anello che unisce intimamente gli operati e i sentire di realtà (la comune e la “scuola” libertaria) che all'apparenza sembrano essere asimmetriche o addirittura lontane. Ed è invece questa ”dedizione liberante” nell'impegno di un tempo dilatato, difficilissima da mantenere e sempre riorganizzare, che crea i presupposti affinché le persone si mettano in gioco; i gruppi si incontrino e realizzino; i progetti si inerpichino sulle mulattiere della costanza. 
Poesia? Utopia? Ingenuità? Sì, forse tutto questo. Ma è un fatto che, rispetto ai deserti d'azione di dieci anni fa, alcune situazioni progettuali siano andate e stiano andando a consolidarsi nel tempo e nello spazio. Esse sono cresciute, si sono “territorializzate” con coerenza in direzione ostinata e contraria e così ora, non ci troviamo più solo con Kiskanu e poi Kether di Verona e con i Saltafossi di Bologna ma, pure con realtà “cocciute” (usando il termine in senso elogiativo), determinate, quali: Mareggen di Genova, Serendipità di Osimo ma anche la nascente Scuola Ubuntu di Abbiategrasso in Lombardia, e l'area libertaria di Tana Libera Tutti, degli amici Barbara e Bruno Tommasini a Parma e i nascenti laboratori libertari creativi per una non scuola dei Pissacani di Padova, o quelli trevigiani di sotto il Montello di Simone Piazza e della scuola che non c'è, testimonianze viventi che un fermento in questo senso di comprensione e di pratica dell'educazione, esiste or ora, dalla Valtellina alla nascente realtà di Urupia. 
Per chi non si è ancora lanciato dalla rupe dell'azione collettiva, ove è lecito sia il mettere faticosamente le ali, (mai in una condizione definitiva ma sempre precaria) che lo schiantarsi dignitosamente, ciò che comunque incide profondamente nel fare ed essere esperienza è la visione di lungo corso che coinvolge inevitabilmente cammini di studio comune che si snodano nelle età della crescita dei giovani che auto-germogliano il loro futuro. E queste “matrici del tempo altro”, sono costituite dai baratri dei secondi e dei minuti o delle ore quotidiani, ove lo “stare assieme” è incessantemente capillare, puntiforme, avvolto da una tensione dell'esserci che genera la trama di tanti, molteplici racconti sovrapposti; è, in sintesi, la “continuità del presente” che non delega ma che si manifesta nella osservanza ineludibile della partecipazione. 
                
                   
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                    |   Domenica 1 giugno ad Urupia. L'attenta organizzazione  della Comune di Urupia riesce a  rispondere alle esigenze di ognuno  | 
                   
                 
                  Il principio di autorità. Messo in discussione 
                A questo procedere contemporaneo, che potrebbe essere assunto in consapevolezza da chi volesse rimanervi coinvolto, attraverso la reciproca auto-formazione, in un tempo inevitabilmente espanso e a tratti lento, fanno eco nel passato più o meno recente, le lontane radici teoriche e pratiche dell'educazione libertaria. Riprendendo nell'esposizione assembleare, come citazione, un eco di Giampietro Berti proveniente da interventi consumati in seminari d'approfondimento svolti in altri luoghi e contesti, egli, ha affermato con determinazione che ciò che nasce da un percorso di pensiero quale quello dell'anarchismo, con la sua elaborazione “aperta”, ovvero il sentire libertario, ha i “natali” nel continente europeo e, non può essere altrimenti che così, in quanto frutto di una creazione ed evoluzione di una sistematica e radicale messa in discussione razionale del principio d'autorità risolto in tutte le sue forme. 
È logico dunque che il richiamo al tempo, agli eventi ed infine ai valori tutti umani, scaturiti dalla Rivoluzione Francese, trovano (come espresso ampiamente ne La buona educazione di Francesco Codello, testo fondamentale per conoscere i tracciati delle esperienze libertarie in Europa, attuate dalla seconda metà del 1700 fino ad oggi) in pensatori più o meno coevi a quello sconvolgimento storico, quali William Godwin o Pierre Joseph Proudhon, i punti iniziali di riferimento di un procedere libertario, in campo educativo, che da allora informeranno costantemente i successivi sviluppi delle poliedriche diramazioni che l'educazione libertaria sa esprimere. L'assemblea plenaria del quinto convegno della REL ad Urupia, annuisce con consapevolezza d'assieme quando si tocca il tasto del criticare ad ogni occasione d'incontro, nelle sedi delle istituzioni preposte d'autorità all' “istruzione”, lo stato di ignoranza in cui i giovani laureandi si trovano (e vengono tenuti) al cospetto di una lunga teoria di “corpi e pensieri” che hanno agito nei secoli, nell'ambito del fare educativo libertario. Si precisa che idee, personaggi, esperimenti pedagogici che si sono succeduti addirittura dall'antichità ad oggi (in questo caso risulta importante rivedere e sottolineare il prezioso percorso degli Stoici greci e di quelli latini), come si accennava precedentemente, “scompaiono” regolarmente dai manuali consigliati proprio a coloro che dovrebbero diventare i “formatori” della futura scuola italiana. E già il fatto di definire a livello istituzionale elevato (l'università, appunto) “Formazione” il lungo circuito di stretto contatto con bambini/e e ragazzi/e che porta alla crescita integrale della persona, e non “auto-formazione”, la dice lunga sul modello d'approccio tuttora proposto a coloro che desiderano diventare “esperti operatori” in un'arte così complessa e al contempo semplice, umile, quale quella dell'accompagnamento educativo. Anche solo in questo enunciato: “Formazione”, che diventa subdolamente concetto “accettato in automatico”, risiede il “quid decisivo” dell'azione consapevole o meno (consapevole per le istituzioni, meno consapevole per i laureandi) del potere di formare i soggetti. Ecco dunque che, partendo da questa considerazione, già “il pensabile” scaturente dalla critica libertaria sull'educazione, dovrebbe interessarsi all'individuazione del “legame esistente tra educazione e potere” e proporre pensieri e pratiche di risposta concreta per la costruzione di percorsi dediti ad un opposto dello stato di cose generale, ovvero agire nell'ambito di un'educazione alle libertà, con connotazioni radicalmente anti-autoritarie, in una quotidianità ambientale (tutta da progettare e costruire) d'autonomia ed autenticità. 
Gli esperimenti, che, come si accennava prima, con la costanza della tenuta operativa nel tempo, costituiscono la concreta ossatura dell'educazione libertaria, hanno la forza e la capacità di rimettere perennemente in discussione il paradigma tradizionale educativo (trasmissione del sapere = perpetuazione del potere ed esercizio del controllo delle menti) e di smantellare, strada facendo, lo stesso concetto strutturale di “Pedagogia” come scienza che si occupa in toto di teoria dell'educazione. L'apertura di una “via di fuga” (per dirla alla Gilles Deleuze) esprimibile dall'educazione libertaria, crea le condizioni decisive per lo smantellamento di tutto quel processo sclerotizzato e molto spesso repressivo che si è venuto ad accettare più o meno supinamente negli anni: ovvero del dare l'educazione dei bambini/e e ragazzi/e in mano a degli esperti. Ed è forse proprio qui il nodo cruciale di pensiero e della meditazione che gli intervenuti al convegno affrontano: l'educazione deve rimanere, in modo del tutto naturale nel “potere” di coloro che la vivono e la crescono: i giovanissimi e i giovani, appunto, non altri, non “maestri”, non “professori”, non “tecnici e baroni”. 
L'educazione libertaria annulla la divisione e gli “assoluti” disciplinari, vede nel percorso auto-educante (specie se lungo), l'esprimersi fattivo di una profonda azione sociale e politica anti-autoritaria, non adultocentrica, anti-gerarchica e, contemporaneamente e coerentemente a-statica e propositiva. Nel variegato approccio alle modalità di concretizzazione, l'educazione libertaria, lasciando appunto “liberi di essere” chi la interiorizza, contempla sia un modus-operandi in cui “l'altro da me” (il bambino/a ma, anche, per una questione di frequentazione dialogica, l'accompagnatore/ice) si possa sviluppare spontaneamente, in piena libertà di rapporto e di collocazione ambientale; che un approccio situato in esperimenti pedagogici dichiarati, come i progetti delle compagini scolastiche (o comunità educative) libertarie o, come si usa dire all'estero, “democratiche”, sparse in tutto il mondo (a tal riguardo, proprio nel convegno ad Urupia interviene un importante ospite, direttamente da Summerhill, così come, nel precedente incontro nazionale REL di Rimini vennero portate ricche testimonianze dalla voce di frequentatori ed operatori della Kapriole di Friburgo). Si sottolinea dunque che non esiste quindi, quasi ontologicamente, un'unica via all'educazione libertaria ed alla presunta disciplina che si dovrebbe occupare della Teoria della stessa. Ciò che invece persiste e, i partecipanti del convegno ne fanno col lor “esserci”, tutti assieme parte, una ghirlanda di esperienze e di idee che “non riesce a chiudere” il domandare dinamico sui temi basilari dell'educazione alla libertà. 
                
                   
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                    |   Anna di Bologna porta il makramè ad Urupia  | 
                   
                 
                  Il tempo dilatato 
                La felicità settecentesca di William Godwin, il volere contro il sapere di Max Stirner, la socialità e l'apprendistato del grande Joseph Proudhon; l'istruzione integrale di Michail Bakunin ed in specie l'educazione come rivolta e passione; la solidarietà e il panta rei del processo educativo di Petr Kropotkin, diventano nella pratica costruente dell'azione libertaria, dei tratti comuni fondanti che da quei tempi (purtroppo ancor oggi ai più ignoti) in poi hanno messo radici in culture rispettose delle libertà “a tutto tondo” del singolo e che hanno visto nella “società degli individui liberi” l'orizzonte dove erigere modelli e formule di auto-germinazione ed auto-crescita in costante assestamento, nei quali l'educare più che l'istruire, vince la partita dell'auto-formazione del giovane. Nelle scuole così concepite, e Summehill ormai ne è l'incarnazione, non solo storica e attuale ma pure il simbolo e l'espressione dell'immaginifico collettivo, le riunioni, le assemblee, le discussioni fra bambini/e e ragazzi/ ed accompagnatori, sono veri e propri esercizi di democrazia diretta, forieri di comprensione e di interpretazioni decisionali di senso che non solo esprimono l'esperienza del “fare scuola”, ma gettano luce sul possibile intervento del giovane nella società che si prepara ad abitare. 
A ciò si associa una moltitudine di elementi calati nella pratica quali: l'importanza del lavoro e della ricerca di gruppo; i contatti di mutuo appoggio con e tra le famiglie, l'attento accompagnamento di ogni studente, l'aiuto intuitivo maturato nel fare di stretto contatto, quand'esso è richiesto, per il superamento delle difficoltà di percorso; la non obbligatorietà delle materie, e la presenza di tante materie facoltative ed addirittura di alcune materie inventate dagli studenti in ciò che è attuazione dell'apprendimento incidentale nato dalla scoperta improvvisa, dalla accoglienza e misurazione della stessa come indispensabile forza vitale di auto-lettura del mondo; l'assenza della pratica di dominio del giudizio adulto-centrico, del voto, della “bocciatura”, del compito, della “verifica”, della competizione/compenso per stabilire chi è “primo” e chi “secondo”; la non frequentazione del libro di testo unico a favore della consultazione dei libri di testo differenziati e stratificati nello spazio e nel tempo; la facoltà di scegliere lo studio o il gioco, di entrare ed uscire dall'ambiente di lezione a seconda delle proprie esigenze, il seguire o meno un accompagnatore/ice anziché un altro, il decidere in assemblea il tragitto totale della propria comunità educante con votazione consensuale (rispettosa dunque delle minoranze), anche su l'operato di chi deve e può accompagnare agli studi e di chi non ne è ritenuto adatto. 
Un ultimo (in realtà primo per importanza) concetto affrontato, condiviso nell'ascolto dell'assemblea presente ad Urupia, e con ciò “messo in vibrazione”, nell'analisi della comunità educante libertaria, risulta essere quello del tempo o meglio, della sua dilatazione che segue le esigenze delle persone e non quelle del programma, della teoria educativa, del mercato delle menti, dei singoli soggetti e delle collettività. Il tempo dell'educazione libertaria è il tempo dell'incontro, una dimensione che non chiede tempo. 
In questa ultima considerazione d'attenzione, rientrano le esperienze chiamiamole “strutturali”, di Elisée Reclus, del suo apporto ecologico all'idea di educazione, di Lev Tolstoj e della sua vita spesa nella Jasnaja Poljana, di Paul Robin e dell'orfanotrofio di Cempius e di tanti militanti dell'educazione, quali Luigi Fabbri, e Louise Michel, e la sua scuola propositiva, l'Escuela Moderna di Francisco Ferrer, Sebastien Faure con la Vernet, Jeian Wintsch e la scuola di Losanna, e ovviamente Alexander Neill ma, anche in toto, Sands School e gli esperimenti estremi nordamericani, fino alle realtà odierne presenti, oggigiorno da un decennio, nella nostra penisola. Proseguendo tra le tessiture di dialogo del V Convegno REL, si arriva al momento delle testimonianze dirette di chi ha vissuto o vive concretamente l'esperienza dell'educazione libertaria “sulla propria pelle”. Inizia così, all'interno della cornice dell'incontro un proficuo “botta e risposta” con i ragazzi/e delle realtà auto-educative e, inevitabilmente la priorità della resa di comunicazione e di relazione [anche rispetto a questo scritto, n.d.a.] va alle loro parole. 
                
                   
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                    |   Arrivo 
                        ad Urupia  | 
                   
                 
                  Dalla scuola libertaria a quella statale 
                A parlare per prima è una giovane “ex Kiskanu” 
                  di Verona. Sabrina risponde alla classica domanda sul “come 
                  un ragazzo/a che ha frequentato una scuola libertaria, riesce 
                  ad inserirsi in quella statale e se l'esperienza libertaria 
                  crea una sorta di “evoluzione” nell'essere dello 
                  studente”. 
                  La giovane liceale replica: “Il fatto che vi sia o meno 
                  un cambiamento nella coscienza di uno studente libertario che 
                  si trova poi ad affrontare la scuola statale, secondo me, dipende 
                  un po' dai soggetti, dalle persone; può capitare che 
                  ragazzi che non hanno mai fatto un percorso simile al mio (cinque 
                  anni di ambiente scolastico libertario a Verona), possano “reggere” 
                  comodamente l'ingresso alle medie superiori. Ma, per esperienza 
                  ho anche notato che altri, purtroppo, nelle medie inferiori 
                  statali, non sono riusciti a coltivare questo tipo di atteggiamento 
                  e si sono fatti “travolgere” da paure, angosce e 
                  varie sopraffazioni instillate da professori autoritari. Io 
                  personalmente non sono stata abituata così. Fin dalle 
                  elementari, a Kiskanu si auto-imparava ad andare oltre ogni 
                  ostacolo, superando ogni difficoltà. Non esisteva, per 
                  convinzione di percorso, la parola “io non so fare”, 
                  e questo, mi ha rafforzato molto durante il successivo percorso 
                  nelle superiori non libertarie. Ho saputo prendere decisioni 
                  autonome, anche all'interno della mia famiglia; ad esempio ho 
                  scelto un liceo linguistico, ora sono in terza e credo che la 
                  mia attuale consapevolezza sia dovuta soprattutto a questo tipo 
                  di percorso che ho fatto fin da bambina. Chiaramente, come dicevo 
                  prima, anche altre mie compagne che non hanno frequentato una 
                  comunità educativa libertaria sono riuscite a maturare 
                  un approccio alla scelta e al senso dello studio, ma molte altre 
                  no. 
                  Alla domanda su come sia stato il passaggio tra una scuola libertaria 
                  e una radicalmente differente, Sabrina risponde che “è 
                  stata un'esperienza totalmente diversa, perché comunque 
                  si fanno cose diverse e anche l'idea di educazione che informa 
                  tutto è diversa, però, appunto essendo cresciuta 
                  nell'idea libertaria come persona 'abituata ai cambiamenti' 
                  mi sono adattata velocemente e sono riuscita a vivere tranquillamente 
                  questa radicale diversità andando avanti per la mia strada, 
                  magari accelerando un po' il ritmo però, insomma, ce 
                  la sto facendo con estrema serenità.” Alla richiesta 
                  di dare spiegazioni di “questo adattamento” come 
                  ex studentessa libertaria, ai ritmi e alle nuove esigenze di 
                  un percorso chiaramente differente e spesso, purtroppo oppressivo, 
                  Sabrina tranquillamente sottolinea che “nella mia esperienza 
                  di educazione libertaria a Verona, avevo interiorizzato principalmente 
                  l'idea che nessuno può dirci perentoriamente 'cosa e 
                  come dobbiamo fare una cosa' e che dunque 'nessuno può 
                  ostacolare il cammino della nostra volontà di imparare'. 
                  Sui nostri quaderni auto-costruiti, molto spesso gli accompagnatori 
                  ci mettevano di fronte dei passaggi appositamente dettati che 
                  costituivano una sorta di “autorità” che 
                  noi, con la nostra consapevolezza eravamo in grado di “scavalcare” 
                  per poter tenere ferma la nostra decisione individuale nonostante 
                  il “peso della richiesta”. Era una forma di esercizio 
                  che ci è servita a non credere ad un 'insegnamento unico' 
                  o a un 'libro unico' sul quale posare la nostra attenzione definitiva. 
                  Un altro aspetto di questa logica non totalizzante era dato 
                  dal fatto che esisteva la libera decisione individuale di frequentare 
                  o meno le lezioni, e con questo fare, credo proprio che si abitui 
                  il bambino/a e il ragazzo/a ad avere una consapevolezza e una 
                  capacità di autodeterminazione che, dopo poco tempo di 
                  pratica, sfocia nella comprensione tutta personale che una partecipazione 
                  volontaria e non obbligata alle lezioni crea un percorso voluto 
                  di serenità, anche nell'affrontare serenamente eventuali 
                  esami di fine anno, visti nell'ottica di semplici, superabili, 
                  “ostacoli” in grado di essere approcciati senza 
                  ansie e patemi d'animo. Ma questo, appunto, nasce tutto da una 
                  nostra libera scelta di auto-imparare”. “Alla fine”, 
                  continua sicura Sabrina, “tutto questo percorso di attenzione 
                  alle libere scelte mi ha portato a maturare tutta una mia particolare 
                  sensibilità nell'affrontare lo studio. Io ho sempre voluto 
                  partecipare alle lezioni solo ed esclusivamente perché 
                  lo volevo io e non perché ero obbligata a farlo”. 
                  A Sabrina viene anche portata l'esperienza di un gruppo di ragazzi 
                  e ragazze della scuola libertaria Kapriole di Friburgo che sostenevano 
                  che una volta uscite da quel cammino educativo, vivevano le 
                  situazioni successive di sopruso, con uno spirito abbastanza 
                  “battagliero”, nel senso che riferivano che mentre 
                  prima erano abituate a “guardare in faccia un accompagnatore” 
                  e a confrontarsi anche animosamente con lui/lei per trovare 
                  di conseguenza, una soluzione comune poi, evidentemente, una 
                  volta usciti da quell'esperienza, all'università non 
                  era più così. La domanda dunque sollecitava Sabrina 
                  a chiarire 'come vive lei stessa una ingiustizia a livello emotivo 
                  quando in classe un professore compie un sopruso su un coetaneo 
                  di studio'. Sabrina risponde con determinazione: “Innanzitutto, 
                  capisco che l'azione ingiusta è semplicemente guidata 
                  da un altro tipo di pensiero. Considero di conseguenza che essendo 
                  io ora in una scuola statale, non posso dire niente, non ho 
                  un grande spazio di espressione in una struttura simile. I professori 
                  hanno questo potere, i ragazzi/e non vanno oltre a replicare 
                  un comportamento che è stato loro insegnato e capisco 
                  che quell'ambiente è ben diverso rispetto a quello di 
                  una scuola libertaria e che quindi, per me è una questione 
                  di saper bene riconoscere dove ci si trova e di conseguenza 
                  capire che tipi inevitabili di 'adattamento' attuare. Mi rendo 
                  conto che non posso considerare le azioni di questi professori 
                  una 'vera ingiustizia'; semplicemente loro vivono inconsapevolmente 
                  in un ambiente che non può che esprimere questo e probabilmente 
                  non sanno che esistono realtà diverse dalla loro”. 
                  L'interessante scambio di domande e risposte continua con la 
                  richiesta rivolta a Sabrina di sottolineare quali siano gli 
                  elementi della sua precedente esperienza educativa libertaria, 
                  che ha portato o che si possono portare nel suo attuale percorso 
                  nella scuola statale. Sabrina risponde che “sì, 
                  ci sono elementi quali la serenità o la comprensione 
                  viste come idee costruttive per uno studente, che possono essere 
                  condivisi anche con i miei nuovi compagni che non provengono 
                  da cammini analoghi. E poi il fatto che comunque porto in mezzo 
                  a loro un senso di 'scelta corretta/giusta' per me, su ciò 
                  che ho voluto personalmente dalla scuola e questo può 
                  essere d'aiuto per altri”. 
                  Riguardo alle “fatidiche domande” rispetto alle 
                  valutazioni, alle verifiche, ai voti, che in ogni convegno vengono 
                  poste, Sabrina serenamente afferma che “Beh, a onor del 
                  vero, attualmente ogni tanto mi 'perdo' anch'io in questa 'trappola', 
                  perché si è sempre immersi in valutazioni. Provi 
                  dispiacere immediato per i voti negativi ecc., però comunque 
                  quando ripenso al percorso che ho fatto, mi ricollego al punto 
                  che la cosa che 'importa' non è tanto il voto, cioè: 
                  tu non sei il voto, ma quello che realmente conta sei 
                  tu come persona, importa dunque che 'tu hai capito' 
                  quella cosa e lì casca il voto. Per cui, come dicevo, 
                  è sempre dietro l'angolo il fatto di 'studiare per raggiungere 
                  un voto', ma per fortuna, quando questo capita ho anche due 
                  genitori meravigliosi che mi ricordano i principi che ho vissuto 
                  e seguito nell'esperienza diretta libertaria e così ho 
                  modo di ripensare ai punti fermi del mio percorso”. 
                  Alla domanda sul cosa terresti e cosa cambieresti della scuola 
                  libertaria “ora che vivi nella scuola di Stato”, 
                  l'ex studentessa di Kiskanu aggiunge “Non saprei realmente 
                  che cosa cambiare in quanto al Kiskanu mi sono trovata benissimo. 
                  La cosa per me fondamentale è che mi ha fatto crescere 
                  e questa è a tutti gli effetti la cosa più importante”. 
                  A Sabrina viene chiesto anche di illustrare i rapporti tra compagni 
                  prima e dopo l'esperienza libertaria. Sabrina sottolinea che 
                  “Ancora adesso mi sento con alcuni dei mie compagni delle 
                  medie e delle elementari. Con altri si è persa per strada 
                  l'amicizia, ma penso che questo sia naturale; forse c'è 
                  da dire che noi eravamo veramente un 'gruppo, una squadra' e 
                  quindi ci aiutavamo sempre l'uno con l'altro e, anche se c'erano 
                  magari situazioni in cui si litigava, alla fine si trovava sempre 
                  il modo per ricucire il rapporto e 'fare pace'. In effetti, 
                  rispetto ad oggi, c'era senz'altro molta più unione, 
                  sia con gli accompagnatori che tra noi studenti. Ora invece, 
                  nelle scuole superiori vedo e, qui, non fraintendetemi, lo dico 
                  e pur io sono una ragazza, in un liceo linguistico ci sono molte 
                  ragazze e la tendenza è quella di fare molti gruppetti, 
                  a parlar male l'una dell'altra, e mi rendo conto che non c'è 
                  più tra noi questo senso di unione che invece c'era nella 
                  scuola libertaria.” 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Sabrina liceale ex Kiskanu  alla tendopoli di Urupia  | 
                   
                 
                L'esperienza bolognese de “i Saltafossi” 
                Dopo questa esperienza di confronto tra un “prima” 
                  e un “dopo”, tra educazione libertaria ed educazione 
                  statale, viene la volta dell'esposizione delle testimonianze 
                  di chi è ancora totalmente coinvolto nelle pratiche dinamiche 
                  della comunità auto-educante. A parlare è un nutrito 
                  e colorato gruppo di giovanissimi de “i Saltafossi” 
                  di Bologna. Gabriella Prati introduce ai convenuti dell'assemblea 
                  di Urupia i suoi ragazzi/e de “i Saltafossi” di 
                  Bologna. 
                  Prende subito la parola il giovane Samuele, ragazzo loquace, 
                  brillante, per niente a disagio di fronte ad un pubblico per 
                  la maggiore adulto. Samuele 'dà il la' alle presentazioni 
                  e così Alice, Gaia, Alice “grande”, Eleonora, 
                  si espongono al pubblico tranquillizzate, sotto l'ala protettiva 
                  del tenace Samuele. A lui viene subito chiesto da parte di un 
                  giovane 'formatore professionale' di stato, che differenza abbia 
                  incontrato tra la sua passata esperienza nella scuola statale 
                  e quella nella scuola libertaria de “i Saltafossi”. 
                  Samuele risponde sicuro “Beh, delle differenze ci sono, 
                  certo. Sinceramente non ricordo molto della prima elementare 
                  statale, probabilmente...ho rimosso.” 
                  L'affermazione suscita ironia generalizzata e suggerisce subito 
                  ai presenti domande di delucidazione sul “come” 
                  viene svolta una giornata tipo in una scuola libertaria. Samuele 
                  racconta: “Durante la settimana ci sono ogni giorno diverse 
                  materie e ogni dì esse si sviluppano in modo differente. 
                  Così di solito, si arriva a scuola, si fa subito 'il 
                  cerchio' che è una specie di 'benvenuto' che consiste 
                  nel mettersi tutti seduti per terra e, in quel contesto di socializzazione 
                  così creato si dicono varie cose. Ogni volta, c'è 
                  un argomento diverso da discutere. Sono così tanti che 
                  non riesco qui a 'classificarli' tutti, altrimenti ci metterei 
                  un'infinità”. Samuele prosegue: “Lunedì 
                  mattina noi facciamo, sempre in cerchio, l'assemblea dove esponiamo 
                  ciò che non ci piace o 'cosa vorremmo cambiare'. Per 
                  esempio si dice: 'non mi piace che quella materia venga fatta 
                  in quel modo', quindi, di solito, 'ci ragioniamo sopra'. Le 
                  materie le organizziamo molto liberamente; nella scuola statale, 
                  ad esempio, c'è un orario da rispettare e in quell'ora 
                  precisa si fa quella certa materia seduti ai banchi, invece 
                  da noi ci sono due o tre materie nello stesso tempo: per esempio, 
                  di solito c'è matematica dalla terza elementare alla 
                  seconda media; mentre in contemporanea si svolge sempre matematica 
                  in un'altra stanza dalla prima elementare alla seconda elementare 
                  e quindi, ci alterniamo un po' a causa delle esigenze. Se, per 
                  esempio, a quelli di prima elementare gli serve la lavagna, 
                  che ce l'abbiamo solo in una stanza, noi ci spostiamo da un'altra 
                  parte.” 
                  Preoccupato di illustrare bene la situazione ambientale in cui 
                  si svolge l'educazione libertaria, Samuele prosegue “Di 
                  solito, per seguire esigenze di lavoro differenti, svolgiamo 
                  lezioni più avanzate per i bambini della terza elementare 
                  e al contempo organizziamo lavori più 'ridotti nel tono' 
                  per la prima e seconda media e quindi, più o meno ci 
                  si incontra a metà e così di solito riusciamo 
                  a fare tutti bene le stesse cose. Poi, se ogni tanto qualcuno 
                  non capisce qualcosa, ci dividiamo un attimo, pur rimanendo 
                  nella stanza comune e si lavora a gruppetti, o ognuno per conto 
                  proprio, e l'accompagnatrice cerca di venirci incontro col linguaggio 
                  adatto alla circostanza, alla persona singola o al gruppo differenziato, 
                  spiegando il concetto non compreso”. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Il frizzante Samuele portavoce dei giovani  Saltafossi di Bologna intrattiene  brillantemente l'assemblea di Urupia  | 
                   
                 
                Teatro e danza 
                Samuele, fa una pausa, si guarda in giro, e accoglie le domande 
                  rispondendo prontamente: “Io sono di quinta elementare, 
                  ogni anno facciamo gli esami. Infatti in questo periodo sto 
                  preparando i miei 'libri individuali' nei quali tratto argomenti 
                  che ho ricercato con interesse e selezionato durante l'anno. 
                  Questi poi, li esporrò all'esame.” Una richiesta 
                  di spiegazione sul come vengono organizzate le assemblee all'interno 
                  de “I Saltafossi” riporta l'attenzione al cuore 
                  dell'esperienza educativa libertaria. Samuele con sicurezza 
                  risponde: “Di solito, per richiamare 'il cerchio' suoniamo 
                  una piccola campana e, bene o male, sentito il segnale, tutti 
                  accorrono. Magari i 'piccoli' che sono ancora alla materna non 
                  sempre arrivano. Tra di noi, ci si mette d'accordo su chi vuole 
                  prendere le parti del 'mediatore'. Il 'mediatore' è una 
                  persona che può richiamare il silenzio nel 'cerchio', 
                  può dare la parola a qualcuno se vuole parlare, ecc. 
                  Di solito, molti alzano la mano e le accompagnatrici controllano 
                  in un quadernino dove ci scriviamo tutti i nomi di quelli che 
                  hanno già 'mediato', le nuove richieste e poi fanno un 
                  'appello alla rovescia', così da far sì che chi 
                  sente il proprio nome, abbassi subito la mano perché 
                  vuol dire che l'ha già fatto da poco. Questo continua 
                  finché non restano che due o una persona, a seconda se 
                  il numero dei partecipanti all'assemblea è alto o basso. 
                  Il mediatore 'così ottenuto', alla fine, 'dirige il cerchio'. 
                  I mediatori comunque, non parlano sempre loro, parliamo anche 
                  noi partecipanti dell'assemblea ovviamente.” Gli argomenti? 
                  I più disparati. “Di solito, ogni tanto arriva 
                  qualcuno che ha un laboratorio da proporre. Ad esempio, Eleonora 
                  ci ha illustrato un giorno un progetto in cui si prendevano 
                  dei barattoli da riempire con acqua per poi far sciogliere 'artisticamente' 
                  delle tempere che davano colorazioni diverse al liquido. Subito 
                  abbiamo discusso se fare o meno questo laboratorio. In questi 
                  giorni dobbiamo parlare della proposta di Alice 'grande' che 
                  ci suggerisce di fare una pittura sull'acqua, ma non abbiamo 
                  ancora ben compreso di che si tratti. E così via”. 
                  Viene chiesto dal pubblico: “Cosa succede se qualcuno 
                  non partecipa al 'cerchio'?” “Solitamente”, 
                  afferma Samuele, “non vogliono partecipare i 'piccolini' 
                  della materna. Se abbiamo qualcosa di veramente importante da 
                  dire, allora vengono anche loro. Li dobbiamo richiamare più 
                  e più volte ma, alla fine arrivano anche loro. Però, 
                  se un giorno si verifica che qualcuno vuole rimanere fuori a 
                  giocare mentre si fa 'il cerchio', egli può stare tranquillamente 
                  all'aperto a giocare”. 
                  Dal pubblico qualcuno chiede se viene praticato il teatro. Samuele 
                  sospira e risponde: “Lo facevamo. Adesso non più 
                  ma in alternativa danziamo; io non sono molto esperto, perché 
                  non danzo fuori da scuola e non mi piace particolarmente farlo, 
                  ma ad altri appassiona tanto. Di teatro abbiamo scritto 'Il 
                  cavaliere Spada' ed anche 'gli Indiani', racconti questi che 
                  abbiamo creato e scelto di mettere in scena e che, dicevo, soprattutto 
                  per la prima 'opera', l'abbiamo inventata noi, però 'stando 
                  sulle cose normali'; ad esempio nel 'Cavaliere spada' c'è 
                  il tipico cavaliere che combatte il drago, e questo episodio 
                  rimane dunque nell'ambito 'classico' “ e dicendo questo, 
                  tutti i giovani ragazzi de “I Saltafossi” si mettono 
                  a ridere, pensando probabilmente a come sia stato da loro 'interpretato' 
                  questo 'classico'”. 
                  “Poi, facciamo anche cinema” continua Samuele, “che 
                  è diretto da me e da Giovanni, che oggi non è 
                  qui presente e che ha più o meno la stessa età 
                  di Alice 'grande'. Di solito ci inventiamo una storia, facciamo 
                  delle riprese, poi le montiamo e costruiamo alla fine un film 
                  completo. Io e Giovanni, fuori dalla scuola, da soli stiamo 
                  creando un film che si svolge in tre puntate ma, la terza di 
                  essa è divisa in due, dunque complessivamente sono quattro 
                  puntate delle quali due sono già 'uscite' mentre stiamo 
                  lavorando sulla terza. Poi, abbiamo comunque fatto un altro 
                  film con la scuola e, abbiamo preso la storia da un racconto 
                  di un libro che si chiama 'Qua qua attaccati là'. Una 
                  storia di magie, di principesse, di prove, di oche e sposalizi 
                  finali. Comunque stiamo anche montando noi un film che abbiamo 
                  girato non con personaggi veri ma con dei pupazzetti, dei dinosauri 
                  in miniatura e la trama è più o meno come quella 
                  della 'valle incantata', dove questo gruppo di dinosauri è 
                  costretto a migrare in altre valli dalla siccità e ad 
                  affrontare numerosi pericoli. Poi un giorno uscirà e 
                  vedrete pure voi la fine.” I ragazzi de “i Saltafossi” 
                  sorridono con entusiasmo nel raccontare i loro progetti auto-formativi 
                  e si preparano a rispondere ad un'altra domanda che tocca il 
                  tema centrale del valore dell'assemblea nella loro comunità 
                  educante e, della presenza o meno in essa del 'peso' degli adulti. 
                  Samuele, che a detta della giovane comunità romagnola 
                  fa da 'megafono' della collettività, risponde: “la 
                  cosa che non ho ancora capito io, e che l'ho sperimentato qualche 
                  giorno fa nel cerchio, è perché con gli adulti 
                  che sanno 'mostrare il petto', quando ci sono loro, più 
                  o meno tutti stanno in silenzio, vai a capirlo?!? Solo che, 
                  ad esempio quando una nostra accompagnatrice si è spostata 
                  momentaneamente in un altro locale ed ho provato a mediare io, 
                  si è invece scatenata subito una gran confusione. Ma 
                  nonostante questo e pur all'inizio avendo proposto l'assemblea 
                  gli adulti, col tempo ho capito che l'assemblea è un 
                  luogo dove uno può realmente portare le sue esigenze 
                  ed esprimere le proprie opinioni per poter far andare meglio 
                  tutto il gruppo. Poi, l'assemblea non ha un tempo preciso entro 
                  il quale dover per forza decidere, può durare pochi minuti 
                  o varie ore quando tutti hanno qualcosa da dire.” Il giovane 
                  Samuele, 'tenendo banco', completamente a proprio agio davanti 
                  alla platea di Urupia in ascolto, interviene ulteriormente nei 
                  riguardi di una domanda su come vengono risolti i litigi a “i 
                  Saltafossi”. “Ci sono vari casi” esordisce, 
                  “quando il litigio è tra i bambini piccoli, dove, 
                  alla fine, uno di questi si fa male, subito si creano le condizioni 
                  per far sì che i due contendenti si confrontino con le 
                  parole sull'accaduto e si chiarisce la cosa. Però, l'anno 
                  scorso è venuto un bambino di un anno più grande 
                  di me, che, per dirla tutta, non era molto gentile ma invero, 
                  era aggressivo. Io e lui dunque, non andavamo molto d'accordo 
                  e, spesso, quando mi faceva del male, riuscivamo a fermare il 
                  litigio e a chiederci reciprocamente scusa risolvendola tra 
                  di noi e continuando poi a giocare.” Alla domanda “Si 
                  litiga nelle assemblee?” Samuele risponde con delicatezza: 
                  “Dipende da cosa intendi per 'litigio'. Generalmente no. 
                  Ogni tanto capita che non siamo tutti d'accordo su una certa 
                  cosa, e dunque si continui a discutere, però non si 'litiga' 
                  particolarmente”. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Sabato 31 maggio. Si comincia ad entrare nel vivo. Gabriella  a sinistra e Thea introducono gli argomenti del V convegno  | 
                   
                 
                Il libro individuale? 
                Un'altra domanda si focalizza sul tema dell'insegnamento: se, 
                  durante le assemblee esce che gli studenti vogliono imparare 
                  qualcosa che le accompagnatrici non riescono a proporre o che 
                  non conoscono, “ci si avvale di qualche competenza 'esterna' 
                  o vi mettete tutti collettivamente a studiare quella materia 
                  sconosciuta?” Samuele risponde sicuro: “Sì, 
                  ad esempio se scelgo degli argomenti per il mio 'libro individuale' 
                  abbastanza difficili, chiedo a Gabriella o ad altre accompagnatrici 
                  di studiare insieme a me e così si approfondiscono argomenti 
                  ostici tutti assieme. A volte comunque ci rifacciamo anche ad 
                  esperti. Quello che cerchiamo di fare assieme è il 'metodo 
                  della ricerca' e quindi ricerchiamo insieme libri, testi specialistici, 
                  approfondimenti, anche con le famiglie che ovviamente ci aiutano 
                  in questo moto di crescita comune a raggiungere le conoscenze 
                  che abbiamo richiesto.” 
                  Anche a Sabrina, che ora è coinvolta da “esterna” 
                  nelle dinamiche di Kether, viene chiesto se vi è uno 
                  spazio per gli “ex” nel continuo della ricerca dei 
                  saperi, nella comunità educativa che hanno precedentemente 
                  frequentato. Sabrina interviene dicendo che “Sì, 
                  certo, c'è sempre spazio per ritornare alla 'nostra scuola' 
                  e per aiutare chi accompagna con ciò che di 'nuovo' e 
                  aggiornato possiamo noi 'ex' portare dalle nostre attuali esperienze.” 
                  Sempre sulle dinamiche centrali dell'assemblea, Samuele de “i 
                  Saltafossi” racconta che “quando non tutti vogliono 
                  aderire o rimanere in assemblea, perché magari dicono 
                  che è 'noiosa', perché 'si parla molto' e di solito” 
                  aggiunge “questo avviene con i bambini di quattro, cinque 
                  anni, che trovano qualche scusa per rimanere in giardino 'a 
                  prendere una boccata d'aria', si è stabilita una regola 
                  che se questi piccoli rientravano a partecipare, dovevano stare 
                  in assemblea fino alla sua fine, altrimenti sarebbero rimasti 
                  semplicemente fuori per tutto il tempo. Il nostro 'cruccio', 
                  durato molto a lungo, stava nel capire se dovevamo far seguire 
                  realmente qualche 'conseguenza' a queste assenze o se ci sarebbe 
                  effettivamente stata una limitazione per gli altri che vi partecipavano, 
                  cioè se queste azioni limitavano o meno la libertà 
                  d'espressione anche degli altri.” 
                  Invece, una domanda su che cosa è il “libro individuale” 
                  citato da Samuele, viene dallo stesso prontamente risolta: “è 
                  un approfondimento su un certo argomento, utile come supporto 
                  di racconto per quando affrontiamo l'esame di fine anno. È 
                  un concentrato di conoscenze che puoi riferire con capacità 
                  all'esaminatore, nel giorno della prova annuale, proprio quando 
                  lui ha da ascoltare oltre a te, tanti altri studenti. Sulla 
                  base di questo libro, i professori possono poi anche farti delle 
                  domande.” Gabriella Prati precisa ulteriormente l'esposizione 
                  di Samuele: “La scelta dell'argomento è il lavoro 
                  proprio di fine anno nel senso che, a quel punto, dopo aver 
                  fatto cose 'varie ed eventuali', gli studenti cercano in quale 
                  direzione focalizzare l'interesse. Alle volte saltano fuori 
                  delle cose che sono 'totalmente altre' da quello che abbiamo 
                  svolto durante l'anno. Per esempio Eleonora, che non era soddisfatta 
                  degli argomenti che stava ricercando per il suo 'libro individuale', 
                  in quanto troppo 'tradizionali' e collegati ad un normale corso 
                  di studio, ha dedicato il suo approfondimento a 'ciò 
                  che realmente le piaceva fare' cioè 'danzare', e ha fatto 
                  dunque un bel lavoro sulla danza. Vi è stata dunque la 
                  volontà di chi l'accompagnava, di fare 'un passo indietro 
                  progressivo' rispetto a ciò che è l'interesse 
                  dell'adulto riguardo le materie prescritte e dunque, ciò 
                  che ha vinto alla fine, è stata la volontà della 
                  bambina che ha portato effettivamente quello che voleva portare 
                  al suo esame. 
                  Si è partiti dalla proposta mal digerita da Eleonora, 
                  dedicata alla descrizione di un villaggio preistorico (che avrebbe 
                  realizzato solo per 'far contenti' gli insegnanti) e si è 
                  arrivati invece all'espressione di un desiderio reale della 
                  bambina che ha portato appunto un suo vivo interesse: la danza.” 
                  Samuele aggiunge: “la scuola libertaria mi sta dando la 
                  possibilità di soffermarmi e di approfondire, proprio 
                  con il sistema dei 'libri individuali', argomenti che difficilmente 
                  avrei potuto scoprire e studiare attentamente, di mia iniziativa, 
                  se avessi continuato a frequentare la scuola statale. Nel mio 
                  libro, in tecnologia ho potuto capire bene come girano gli ingranaggi 
                  di un meccanismo, i loro rapporti differenziali e così 
                  via. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Ognuno si mette a disposizione per dar una mano  all'organizzazione del convegno ad Urupia  | 
                   
                 
                “Di pratiche, non di metodo” 
                Adesso ad esempio sto studiando il fenomeno dell'elettricità, 
                  non tanto come nasce ma come si sviluppano e variano i suoi 
                  comportamenti a contatto con i materiali. Come si elettrizza 
                  un oggetto, qual'è il concetto dell'atomo ecc. Abbiamo 
                  svolto anche esperimenti sull'elettricità statica e così 
                  via”. L'intervento dei ragazzi appartenenti a comunità 
                  educative libertarie, si conclude con una marea di applausi 
                  nei riguardi delle testimonianze esposte da chi vive quotidianamente 
                  lo studio, come attuazione di un interesse proprio e condiviso, 
                  senza forzature e costrizioni d'autorità. 
                  Gabriella Prati aggiunge, interpellata da una interlocutrice 
                  sul come, chi agisce come accompagnatore libertario, si 'rapporta' 
                  con e ad altre esperienze 'alternative' ma non prettamente libertarie, 
                  come la scuola steineriana, quella montessoriana o le esperienze 
                  di don Milani: “L'educazione e le pratiche libertarie 
                  non sono un metodo. Se dobbiamo rapportarci ad altre situazioni 
                  'alternative', c'è perciò una grossa differenza 
                  da comprendere tra quella che può essere un metodologia 
                  applicabile come nella Montessori o nella scuola Waldorf-Steiner 
                  e sapere quindi che v'è un pensiero a monte di come organizzare 
                  gli spazi, di come organizzare i saperi, sul come relazionarsi 
                  con gli adulti, fra adulti-ragazzi-bambini, e anche una certa 
                  'visione di bambino' in qualche modo espressa, ecc. e quello 
                  che è lavorare direttamente con i giovani; dunque in 
                  questo senso noi libertari parliamo 'di pratiche e non di metodo'.” 
                  Gabriella prosegue rivolta all'interlocutore della platea: “Hai 
                  anche parlato di don Milani e anche lì, siamo nell'ambito 
                  delle pratiche e non nell'ambito del metodo e quindi don Milani, 
                  Mario Lodi e tutta quella che è la tradizione storica 
                  italiana in ambito educativo, e preciso, don Milani è 
                  'fuori dalla storia' mentre Mario Lodi è 'dentro a quella 
                  storia', trattano di 'pratiche' cioè di 'modalità 
                  di relazioni' e di 'modalità di trasmissione di un metodo 
                  di ricerca'. Don Milani, quello che voleva comunicare ai suoi 
                  ragazzi era fondamentalmente un 'metodo' per acquisire, per 
                  'possedere' i saperi in prima persona per poterli poi usare 
                  per i propri diritti e per la propria forza personale. Ma tale 
                  acquisizione di un 'metodo' lo faceva tramite una 'pratica'. 
                  Noi, come educazione libertaria, stiamo facendo un cammino, 
                  stiamo verificando collettivamente le criticità e quanto 
                  possano essere fruttuose e anche fruttifere queste pratiche. 
                  Qualcuno di noi come educatore ha un'esperienza e una storia, 
                  quindi ha assorbito, ha vissuto, è entrato in contatto 
                  con dei metodi di formazione e magari se ne è anche liberato 
                  ma, comunque, in qualche modo queste esperienze hanno 'fatto 
                  cellula', scherzando si può dire, 'biologia'; e così 
                  pure il teatro, la danza, l'aver fatto scuola materna, agito 
                  nel campo della psicologia, filosofia ecc. e tutto questo pregresso 
                  viene inevitabilmente 'messo in gioco quando ci si relaziona', 
                  proprio perché la relazione è al centro della 
                  pratica libertaria, tutto quello che abbiamo vissuto, e siamo, 
                  lo andiamo a mettere in gioco. Noi stiamo cercando in questa 
                  direzione.” Anna, dinamica accompagnatrice de “i 
                  Saltafossi” ulteriormente precisa: “Essendoci un'elaborazione 
                  profonda di un pensiero che poi arriva a un 'metodo', sotto 
                  certi aspetti, con i bambini/e e i ragazzi/e, io personalmente 
                  ho considerato alcune cose interessanti per quel che riguarda 
                  taluni 'strumenti della Montessori'. Dopodiché al di 
                  là del discorso 'metodo o non metodo' sul quale ci troviamo 
                  molto come gruppo accompagnatori, ci possono essere alcune cose 
                  che diventano congeniali nel lavoro con gli studenti, rispetto 
                  a un determinato tipo di percorso, però, questo, sempre 
                  in modo 'strumentale'. Non c'è dunque una 'aderenza' 
                  rispetto ad una 'linearità esecutiva' data da un metodo. 
                  Non c'è una certa 'chiara operatività' che va 
                  a ricalcare un certo tipo di percorso 'già scritto' o 
                  'intoccabile', ma ognuno porta ciò che ha da dare delle 
                  sue particolari esperienze, nella situazione contingente. C'è 
                  quindi sicuramente 'relazione' nella misura in cui uno entra 
                  direttamente in contatto con il fare o con il soggetto d'interesse 
                  che vuole approfondire. Personalmente, dopo aver frequentato 
                  un fecondo ambiente montessoriano ho senz'altro riportato ciò 
                  che poteva, a mio e nostro avviso, essere reinvestito in varie 
                  occasioni nel lavoro che stavamo svolgendo, senza con questo 
                  abbracciare alcun metodo specifico.” 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Si prepara il cibo nella cucina della comune  | 
                   
                 
                “Mio nonno Alexander Neill” 
                Il V convegno della Rete per l'Educazione Libertaria termina 
                  la giornata di sabato con un bella video-testimonianza di Simone 
                  Piazza sulla scuola Kapriole di Friburgo. Ma l'appuntamento 
                  “clou” dell'incontro annuale si svolge nella mattinata 
                  di domenica primo Giugno, con l'intervento dell'ospite internazionale, 
                  Henry Readhead, portavoce della quasi centenaria esperienza 
                  educativa democratica del Suffolk inglese, ovvero: Summerhill. 
                  Henry è un giovane “alla mano”, molto preciso 
                  ed informale, che mette subito a proprio agio la nutrita, eterogenea 
                  platea di ascoltatori presenti ad Urupia. Esordisce auto-presentandosi: 
                  “Mi chiamo Henry Readhead, sono nipote di Alexander Neill, 
                  (educatore di fama mondiale e psicologo dell'età infantile) 
                  e figlio di Zoe, (figlia appunto di Alexander) che è 
                  l'attuale direttrice della ormai famosa scuola di Summerhill. 
                  Il nostro cammino educativo è iniziato nel 1921, fondato 
                  dal nonno Alexander Neill, che purtroppo non ho avuto modo di 
                  conoscere, però ho frequentato la scuola durante tutta 
                  la mia fanciullezza, da quando avevo tre anni fino ai sedici. 
                  Poi sono ritornato a Summerhill quando ho avuto venticinque 
                  anni, e lì mi sono messo ad insegnare. Ora sono teacher 
                  di musica da dodici anni ed attualmente sono pure impegnato 
                  a gestire amministrativamente la scuola. Attualmente mia mamma 
                  Zoe è la dirigente della struttura educativa, mio fratello 
                  maggiore William riveste un ruolo manageriale di seconda ed 
                  io di terza posizione. Mio nonno formulò una specie di 
                  motto: 'Tutti i crimini, l'odio e le guerre possono essere ridotti 
                  ad un unico problema che è l'infelicità'. Egli 
                  credeva che lo sviluppo emotivo e sociale del bambino fosse 
                  più importante degli obiettivi accademici scolastici. 
                  Come detto precedentemente, la scuola venne fondata da mio nonno 
                  nel 1921 con il preciso intento di realizzare questo tipo di 
                  filosofia. La scuola di Summerhill è dunque la più 
                  antica scuola democratica del mondo. É una scuola autogovernata 
                  democraticamente da coloro che la frequentano, bambini ed adulti 
                  con parità di diritti. La “Carta” dei principi 
                  di Summerhill cita: 1) La scuola deve sostenere e mettere a 
                  disposizione scelte ed opportunità che permettano ai 
                  bambini di sviluppare, nei loro tempi e ritmi di crescita, quelli 
                  che sono i loro interessi personali. Summerhill non ha lo scopo 
                  di 'produrre' uno speciale tipo di giovani, attraverso specifici 
                  test di valutazione sulle loro abilità e conoscenze, 
                  ma essa punta a provvedere alla costruzione di un ambiente dove 
                  i bambini possano scoprire ciò che essi sono e che cosa 
                  vogliono diventare. 2) Deve permettere ai bambini di essere 
                  liberi da giudizi e imposizioni. La scuola deve aiutare loro 
                  a raggiungere ciò che maggiormente desiderano e a far 
                  sviluppare in particolare un senso di convinzione nella capacità 
                  di saper raggiungere i propri obiettivi. I bambini dovrebbero 
                  essere liberi dalle pressioni e dalle richieste di fornire performance 
                  per il raggiungimento di standard artificiali di successo, basate 
                  su teorie dominanti sul come 'crescere' un bambino e sul 'come 
                  e cosa insegnargli'. 3) Permettere ai bambini di essere totalmente 
                  liberi e di giocare quanto e come desiderano. Il gioco creativo 
                  e immaginativo è una parte essenziale dello sviluppo 
                  dell'infanzia. 
                  Quindi il gioco spontaneo, quello iniziato autonomamente dal 
                  bambino non dovrebbe essere assolutamente reindirizzato o manipolato 
                  dagli adulti, dunque diretto secondo quello che diventerebbe 
                  'uno strumento dell'apprendere', ma il giocare è un qualche 
                  cosa che appartiene solo ed esclusivamente al bambino. 4) Permettere 
                  ai bambini di sperimentare qualsiasi gradazione di sentire e 
                  di sentimenti, liberi dai giudizi e dall'intervento diretto 
                  di un adulto. La libertà di prendere decisioni, è 
                  sempre collegata alla possibilità di vivere dei rischi 
                  e porta ovviamente anche all'ipotesi di giungere a dei risultati 
                  negativi. Ma, sembra che anche le conseguenze negative dell'esperienza 
                  come la noia, la pressione, lo stress o la rabbia, la delusione 
                  e il fallimento siano anche queste, parti fondamentali per lo 
                  sviluppo individuale. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Giovani ed adulti ascoltano la testimonianza  di Sabrina ex Kiskanu Verona  | 
                   
                 
                Assumersi la propria responsabilità 
                Come ultimo punto, estremamente importante: permettere ai bambini 
                  di vivere in una comunità che li supporti e nei confronti 
                  della quale essi diventino col tempo individualmente responsabili. 
                  Una comunità in cui i bambini hanno la libertà 
                  di essere se stessi ed acquisiscano il potere di cambiare la 
                  vita stessa della comunità, attraverso i processi democratici. 
                  Tutti gli individui creano il loro sistema di valori basato 
                  sulla comunità in cui essi vivono. Summerhill è 
                  una comunità che prende la propria responsabilità 
                  da se stessa. I problemi vengono discussi e risolti apertamente, 
                  in democrazia e grazie alla relazione sociale. Tutti i membri 
                  di questa comunità, sia adulti che bambini, indipendentemente 
                  dall'età, hanno uguale potere di fronte a questo processo 
                  democratico. Alla scuola di Summerhill i giovani hanno la possibilità 
                  di fare ciò che essi scelgono di fare, fin tanto che 
                  non ledono la libertà di altre persone e, questa, è 
                  una pietra miliare della filosofia di Summerhill. Così 
                  ci si può tingere i capelli di color blu o portare i 
                  vestiti capovolti o giocare tutto il giorno oppure spendere 
                  tutto il giorno a studiare matematica. 
                  5) Tutto questo dipende esclusivamente dalla scelta individuale 
                  di ognuno e non va ad infrangere la libertà degli altri. 
                  Ma, per esempio, non si può suonare le percussioni durante 
                  la notte od orinare nella stanza dove si mangia o prendere la 
                  bicicletta di un'altra persona senza aver ricevuto precedentemente 
                  il permesso, perché queste sono fatti che interferiscono 
                  con le libertà degli altri e dunque che condizionano 
                  le altre persone. La comunità di Summerhill è 
                  composta da settantaquattro studenti. Nove di questi ragazzi 
                  non sono residenti, non dormono lì ma frequentano la 
                  scuola durante le ore del giorno. Quattordici persone fanno 
                  parte dello staff tra insegnanti e 'facilitatori' che si occupano 
                  della vita dei ragazzi, degli adolescenti e dei bambini, dunque 
                  al di fuori di quello che è prettamente l'ambito scolastico; 
                  all'interno di questo staff non è incluso il personale 
                  di pulizia o gli addetti alla cucina. Attualmente ci sono anche 
                  nove insegnanti che non vivono a scuola ma vi sopraggiungono 
                  dall'esterno, durante le ore diurne e, prestano il loro servizio 
                  per alcune lezioni specifiche quali calligrafia, lingua cinese, 
                  o violino. La comunità di Summerhill, è governata 
                  attraverso le persone stesse che la abitano. Ciò avviene 
                  tramite due incontri settimanali dove tutto ciò che può 
                  condizionare la vita di Summerhill viene lì discusso 
                  e deciso. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   La sala assembleare di Urupia colma  per ascoltare il nipote di Alexander Neill  | 
                   
                 
                Tempo-lavoro di riparazione 
                In questi incontri, ognuno ha e esercita un diritto di voto 
                  uguale a quello degli altri, per cui adulti e bambini hanno 
                  lo stesso voto e lo stesso diritto di essere ascoltati. Quello 
                  che accade negli 'school meetings' è strettamente connesso 
                  alle questioni della vita quotidiana nella comunità e 
                  genera collettivamente ogni tipo di cambiamento ed è 
                  strettamente collegato alle auto-regole che auto-governano Summerhill. 
                  Uno degli aspetti che vengono discussi in questi incontri, sono 
                  le esposizioni dei casi connessi ai rapporti interpersonali. 
                  Un individuo può citare il nome di un'altra persona con 
                  cui ha avuto un problema di relazione e questo attrito interpersonale 
                  viene discusso all'interno della comunità intera. Così, 
                  per tornare ad esempi pratici, quando un ragazzo ha utilizzato 
                  la bici di un altro, senza aver ricevuto precedentemente il 
                  permesso da questo, tale fatto può essere letto come 
                  un tipico 'problema' che viene portato all'interno del meeting. 
                  Se viene dunque discusso questo caso e se l'assemblea si pronuncia 
                  risolutivamente su di esso, può scaturire la decisione 
                  collettiva del rilascio di una sanzione di cinquanta centesimi 
                  di sterlina, nei confronti di chi ha commesso il fatto. Un altro 
                  esempio, tanto per intenderci sulle dinamiche di auto-governo 
                  nella comunità: se qualcuno getta reiteratamente dell'immondizia 
                  sui pavimenti, questo problema di convivenza sociale viene portato 
                  e discusso all'interno dell'assemblea. Per la risoluzione di 
                  questo tipo di comportamento lesivo delle auto-regole della 
                  comunità, la 'multa' che si deve pagare non è 
                  di carattere pecuniario ma di natura lavorativa. Si tratta di 
                  tempo-lavoro di riparazione che viene prestato a favore della 
                  comunità. A Summerhill la 'fine-multa' che eventualmente 
                  si deve pagare, non è considerata una 'punizione' ma 
                  è il modo con cui la comunità mostra apertamente 
                  la sua disapprovazione nei confronti di certe azioni che sono 
                  già state precedentemente giudicate dannose dalla comunità. 
                  Quindi la 'punizione' viene considerata come una sorta di 'deterrente', 
                  per evitare il ripetersi di situazioni analoghe. Le multe che 
                  vengono così pagate in conseguenza di regole disattese, 
                  sono molto diverse tra loro, non sono solo pecuniarie o collegate 
                  al tempo di lavoro che uno deve prestare, ma possono essere 
                  ogni volta differenti ed 'inventate', sulla base del tipo di 
                  problema che si verifica. Alle volte capita che un osservatore 
                  esterno venuto a visitare Summerhill, non comprenda bene i meccanismi 
                  auto-regolativi della comunità dei ragazzi e magari giudichi 
                  i fatti che stanno capitando, come 'non di vitale importanza' 
                  o 'inappropriati' per essere discussi. Cose del tipo: prendere 
                  in giro insistentemente delle persone con nomignoli denigratori; 
                  utilizzare biciclette altrui senza preventivo permesso; rifiutarsi 
                  di uscire dal letto la mattina quando è il momento di 
                  farlo; possono sembrare episodi futili per un temporaneo osservatore 
                  esterno. Ma per gli 'school meetings' questi episodi sono considerati 
                  di massima importanza, appunto perché queste sono questioni 
                  che vengono direttamente vissute intensamente dai bambini e 
                  dalle bambine, ed infatti, sono principalmente loro che sollevano 
                  queste esigenze di discussione. In questo modo, i ragazzi e 
                  le ragazze imparano da loro stessi cosa vuol dire 'avere dei 
                  diritti' e comprendono attivamente che cosa voglia dire 'infrangere 
                  dei diritti di altri'. “Summerhill è conosciuta 
                  come una Scuola libera”, continua con decisione 
                  e passione Henry Readhead, “ma la sua realtà di 
                  libertà, contempla comunque ben duecento e cinquanta 
                  auto-regole e queste indicazioni sociali governano la vita di 
                  chiunque abiti a Summerhill. Queste auto-norme possono comunque 
                  essere continuamente 'rigettate' o 'ricreate', in ogni istante, 
                  dai componenti della comunità di qualsiasi genere ed 
                  età. Queste auto-regolazioni comunitarie, possono avere 
                  una vita molto breve, oppure durare degli anni e questo dato 
                  è importante, in quanto permette ai bambini di comprendere 
                  le procedure e di sentirsi in possesso della propria scuola, 
                  di appartenere alla comunità che stanno creando. Gli 
                  incontri e la vita di comunità a Summerhill, non sono 
                  percepiti solo ed esclusivamente da un punto di vista di una 
                  'esperienza educativa'; semplicemente, chi vive questa comunità 
                  (bambini/e e adulti/e) lo fa con un senso e una consapevolezza 
                  di partecipare ad una esperienza di coinvolgimento 'piena', 
                  che tocca tutti gli aspetti della vita. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   La banda si infittisce sui tetti di Urupia  | 
                   
                 
                Rispetto, tolleranza, compromesso... 
                A Summerhill si impara il rispetto, la tolleranza, il compromesso, 
                  la comunicazione, la negoziazione, e l'assunzione di responsabilità 
                  per se stessi e per gli altri. La cifra più importante 
                  di tutto ciò, è che uno studente impara tutti 
                  questi elementi di socializzazione, queste abilità, senza 
                  neppure doversi soffermare troppo a pensarci sopra, in quanto 
                  tutto questo semplicemente 'accade' e fa parte della vita quotidiana. 
                  Un altro aspetto molto interessante di tale esperienza integrale 
                  è che i bambini si sentono in essa sicuri, sentono che 
                  essi stanno controllando la loro vita e non altri. E ciò 
                  è fondamentale soprattutto quando si vanno a prendere 
                  in considerazione situazioni quali la prepotenza generalizzata 
                  o il 'bullismo'. Come ben sappiamo, attualmente in tutto il 
                  mondo assistiamo ad un incremento di questo tipo di problema, 
                  un tipo di prevaricazione verso l'altro che si esprime fisicamente, 
                  mentalmente, oppure attraverso l'utilizzo delle tecnologie. 
                  Quando vengono portati all'interno delle assemblee, per essere 
                  discussi, episodi di 'imposizione forzata' che inevitabilmente 
                  si verificano anche nella nostra scuola, questi vengono considerati 
                  come 'casi di piccola prepotenza', come ad esempio il dare ripetutamente 
                  'nomignoli dispregiativi' e, questi tipi di offese, vengono 
                  risolti molto velocemente ed efficacemente proprio parlandone. 
                  Come si è accennato precedentemente, per essi vi è 
                  una piccola multa, come lo scambio di un 'biscotto da te', che 
                  deve essere dato e che poi verrà restituito, oppure l'impiego 
                  in un tipo di lavoro che deve essere fatto, oppure una piccola 
                  multa di tipo economico. Tutto questo dipende dall'offesa che 
                  è stata portata dal 'colpevole'; dal livello di prepotenza 
                  che è stato esercitato inopportunamente sugli altri. 
                  A Summerhill, ogni caso di 'bullismo' viene preso in estrema 
                  considerazione e in sé esso non è intimamente 
                  accettato dalla comunità. Questo fa sì che, ponendo 
                  l'accento sul contenimento della prepotenza, a partire dalle 
                  piccole cose, lo stato di 'bullismo', non riesca a svilupparsi 
                  mai, tra i membri della scuola, ad un livello alto di violenza. 
                  Assieme a questi due incontri settimanali dove converge tutta 
                  la comunità, ci sono altri due momenti d'aggregazione 
                  collettivi che sono svolti per coinvolgere il personale, lo 
                  staff della scuola, come gli house-parents (coloro 
                  che vivono all'interno della scuola per fornire eventuale supporto 
                  extra-scolastico agli studenti residenti) e gli insegnanti veri 
                  e propri. Pure questi meeting vengono svolti seguendo 
                  procedure di democrazia diretta. In tali assemblee, solitamente 
                  gli argomenti discussi, riguardano la rivisitazione collettiva 
                  delle politiche della scuola; come gestiscono il tempo gli insegnanti; 
                  il lavoro degli 'house-parents'; le richieste di nuovi studenti; 
                  la discussione dei particolari di singoli episodi accaduti, 
                  ancora in opera o capitati di recente nella comunità, 
                  o come redigere un'appropriata documentazione o report 
                  riguardante l'attività di singoli bambini/e, sia a livello 
                  di comportamento sociale che a livello degli sviluppi dell'andamento 
                  scolastico. Tali incontri costituiscono a tutti gli effetti 
                  una grande opportunità per gli insegnanti di condividere 
                  informazioni a riguardo di ogni bambino e per avvertire 'come' 
                  ogni bambino 'vive Summerhill', come si evolve la sua 'relazione' 
                  in questa comunità. 
                  Queste informazioni sono molto utili per lo sviluppo aggiornato 
                  della scuola, ma servono anche per dare delle 'prove concrete' 
                  a coloro che compiono le 'ispezioni istituzionali' svolte dall'OFSTED 
                  (Office for Standards in Edcucation - Children's Services and 
                  Skills: è un ufficio preposto dalla Corona al regolare 
                  controllo, in ogni scuola dell'Inghilterra, del mantenimento 
                  degli standards educativi nazionali e delle capacità 
                  d'insegnamento del personale docente. Compie pubbliche valutazioni 
                  delle risultanze delle ispezioni e propone eventuali interventi 
                  di miglioramento in quelle strutture indipendenti che hanno 
                  ottenuto una relazione negativa per l'attività svolta. 
                  Prima del 2005 ogni scuola veniva testata per una settimana 
                  ogni sei anni ma, a partire da settembre del 2005, ogni scuola 
                  è tenuta a fornire una 'auto-valutazione' dei propri 
                  standard educativi e viene sottoposta ad ispezione per due-tre 
                  giorni ogni tre anni. La pubblicazione sul sito della Ofsted 
                  delle valutazioni dei risultati dei controlli, determina una 
                  'classifica' in cui le 'ottime' non vengono più 'visitate' 
                  per cinque anni e le 'inadeguate' subiscono una serie di controlli 
                  senza comunicazione di preavviso n.d.a.) che è un organo 
                  che controlla le scuole e ne valuta l'andamento all'interno 
                  della politica educativa ufficiale del Regno Unito. 
                  A Summerhill, i bambini/e non sono obbligati a partecipare alle 
                  lezioni e questo è il dato che 'spaventa' di più 
                  gli 'esterni' che vengono a visitare la scuola. Infatti, gli 
                  studenti di Summerhill hanno la completa libertà di scegliere 
                  se andare o non andare alle lezioni. Questo significa che un 
                  bambino/a di Summerhill, nel corso di tutta la sua permanenza 
                  nella comunità educativa, potrebbe non aver mai messo 
                  piede all'interno di una classe. Ciò risulta essere però 
                  molto raro, perché tutti i bambini sono portati naturalmente 
                  ad apprendere”. “Solitamente”, sottolinea 
                  nel suo fiume di parole, Henry Readhead, nipote di Alexander 
                  Neill, “nel sistema statale, il divertimento che 
                  è direttamente collegato all'apprendimento, viene 
                  radicalmente 'messo da parte' proprio nella logica che vuole 
                  'che si debba apprendere per obbligatorietà'. Il sistema 
                  convenzionale dell'educazione è basato sul fatto che 
                  si insegna al bambino, mentre invece a Summerhill noi 
                  pensiamo che il bambino si assume la completa responsabilità 
                  per il proprio apprendimento. A Summerhill orari e schemi 
                  di lavoro costruiti comunitariamente, nonché lezioni 
                  completamente strutturate esistono, ma queste sono solo 'messe 
                  a disposizione' dei bambini/e che scelgono indipendentemente 
                  se frequentarle o meno. La maggioranza degli studenti che frequentano 
                  Summerhill, lascia questa scuola con un diploma che permette 
                  loro successivamente di andare a frequentare i college o le 
                  università. Ciò avviene all'età di sedici 
                  anni. Questo diploma conseguito a Summerhill è riconosciuto 
                  da ogni successivo ente educativo su tutto il territorio dell'Inghilterra 
                  e del Galles.” Continua Readhead “La valutazione, 
                  a Summerhill, è un qualcosa che avviene in un clima totalmente 
                  rilassato, tranquillo, questo perché, gli adulti-insegnanti 
                  non hanno aspettative legate al 'curriculum' nei confronti dei 
                  bambini/e, ma il motivo principale per cui si fanno valutazioni 
                  è che queste devono essere un 'qualche cosa' che serve 
                  agli studenti.” 
                  “Dunque che cosa succede quando i ragazzi/e lasciano Summerhill 
                  e concludono qui da noi il loro ciclo scolastico?” chiede 
                  provocatoriamente Henry Readhead, all'attenta platea di Urupia, 
                  subito aggiungendo, sorridendo con sottile ironia britannica, 
                  “non avendo avuto l'obbligatorietà di andare 
                  a lezione?” Il 'manager per gli affari esterni' di Summerhill, 
                  presto si risponde, dopo aver lasciato un attimo di attesa: 
                  “La maggior parte degli ex studenti di Summerhill compiono 
                  studi specifici per poter subito accedere a college o a scuole 
                  con uno standard educativo di alto livello, oppure per andare 
                  all'università. Molte volte gli adulti che giungono per 
                  la prima volta a Summerhill, e immagino pure i nuovi insegnanti, 
                  trovano difficoltà ad accettare che i bambini prendano 
                  decisioni proprie, anche quando queste riguardano essenzialmente 
                  ciò che vuole essere la loro vita. Insegnanti e genitori, 
                  possono anche arrivare a non accettare queste loro 'intime e 
                  autonome prese di coscienza'. Magari una di queste situazioni 
                  si verifica quando un adulto o un insegnante conoscendo un bambino/a, 
                  l'osserva, e 'vede' che questo studente ha dei talenti, ma il 
                  bambino/a decide (in maniera 'bizzarra' per un adulto) di non 
                  seguire completamente quelli che possono essere i suoi talenti 
                  e rincorrere invece altri interessi. A Summerhill, ogni persona 
                  decide di seguire ciò che gli è più congeniale 
                  e, quindi, di affrontare qualsiasi tipo di 'carriera professionale' 
                  che più gli aggrada, senza essere influenzato da chicchessia. 
                  Nessun sistema accademico di apprendimento darà ai propri 
                  studenti la possibilità di diventare un essere umano 
                  che sa amare, che sa far crescere una famiglia o che è 
                  integralmente soddisfatto nei propri bisogni emozionali. La 
                  scuola invece ha bisogno di concentrarsi su quelli che sono 
                  i desideri dei bambini/e e di appoggiare in toto lo sviluppo 
                  delle emozioni che scaturiscono da essi/e, perché questo 
                  è il fattore più importante dell'apprendimento 
                  che ci consente di definirci 'esseri umani'.” “Sfortunatamente” 
                  continua il nipote di Neill, “il nostro sistema scolastico 
                  non si è attrezzato per questo... Gli insegnanti sono 
                  così concentrati nel 'comprimere' le informazioni nelle 
                  teste dei bambini/e che si sono dimenticati la cosa più 
                  importante: la realtà e la vita dell'emozione. Se noi 
                  vogliamo vivere in pace, felicemente con i nostri compagni esseri 
                  umani, la cosa più importante da imparare è lo 
                  sviluppo delle qualità di rapporto collegate alla comunicazione, 
                  alla compassione, all'avere rispetto di se stessi e degli altri, 
                  al saper assumersi responsabilità e al consolidamento 
                  di un buon senso di giustizia. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   La fantastica terra libertaria di Urupia  | 
                   
                 
                Prima la felicità 
                Solo in un secondo momento allora ci si può preoccupare 
                  di 'quello che vorremmo fare da grandi': di diventare politici, 
                  avvocati, scrittori, artisti, artigiani ecc. L'apprendimento, 
                  ripeto, è parte naturale e spontaneo della nostra vita, 
                  se esso viene accompagnato da una radicale possibilità 
                  di scelta. Qualcuno di noi magari diventerà un neurochirurgo, 
                  un matematico, ma altri preferiranno semplicemente coltivare 
                  frutta o diventare falegnami. Tutti noi, nel corso degli anni 
                  mutiamo per quel che concerne le nostre aspirazioni e 
                  i nostri bisogni e il sistema educativo deve riflettere questa 
                  possibilità di continua variazione e non escluderla a 
                  priori. Il modo con cui noi stessi impariamo, 
                  si sviluppa attraverso la pratica della libertà, 
                  la capacità e la possibilità di scegliere e di 
                  fare degli errori. I bambini/e sono perfettamente capaci 
                  di prendere decisioni e d'imparare, anche attraverso quelle 
                  che sono le conseguenze erronee eventuali di questi. Essi hanno 
                  bisogno di tempo per poter giocare ed esprimere 
                  queste necessità di crescita e, soprattutto di essere 
                  felici. Noi adulti, dunque dobbiamo saper costruire questo 
                  ambiente per i giovani studenti. A Summerhill noi crediamo 
                  profondamente che prima arriva la felicità come 
                  sviluppo emozionale dell'essere umano, e poi viene la 
                  scelta riguardante la costruzione del proprio progetto di vita. 
                  Sono già novantatré anni che Summerhill attesta 
                  pubblicamente che 'i bambini/e possano essere considerati a 
                  pieno titolo soggetti degni di fiducia', e che possano dunque 
                  prendere decisioni autonome per ciò che riguarda il loro 
                  futuro e le loro scelte fondamentali di percorso. Quando ai 
                  bambini viene riconosciuto tutto questo, essi crescono con equilibrio 
                  in una atmosfera di entusiasmo generativo per ciò che 
                  fanno, confidano in loro stessi e mantengono viva la curiosità 
                  d'imparare. Ciò che ha pensato e scritto Alexander Neill, 
                  mio nonno, come motto di questa lunga esperienza educativa e 
                  sociale, rimane ad indicazione di quello in cui crediamo: da 
                  Summerhill è meglio che esca << una persona 
                  felice che farà lo spazzino, piuttosto che un nevrotico 
                  futuro Primo Ministro. >> E questo è il sentimento 
                  che ancora echeggia nella Summerhill di oggi.” 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Urupia. La pioggia aiuta i giochi  | 
                   
                 
                Un'impagabile opportunità d'apprendimento 
                Dopo il lungo e intenso intervento di Henry Readhead, il V 
                  Convegno della REL ad Urupia offre la presentazione di ciò 
                  che 'a casa nostra' potrà essere il cammino di una giovane 
                  comunità educante in partenza a settembre, con il nuovo 
                  anno scolastico, proprio dalle terre pugliesi. Ad intervenire 
                  a riguardo è Thea, portavoce del progetto educativo e 
                  comunarda di lunga militanza che, con molta spontaneità 
                  ed umiltà afferma: “Credo che si potrà parlare 
                  di realtà educativa ad Urupia, nel momento in cui questa 
                  effettivamente esisterà. Comunque essa esprimerà 
                  i tratti salienti che fino ad ora abbiamo ascoltato avere comunità 
                  educative vecchie e giovani e che sono risultati evidenti dalle 
                  testimonianze uscite da questa 'due giorni di incontri e laboratori.' 
                  Comunque l'Utopia che si concretizza è sempre presente 
                  ad Urupia. Si può dire che l'idea di un percorso legato 
                  all'educazione, senza nominare la 'scuola' in senso stretto, 
                  nasce anche un po' con la Comune, quindi parliamo ormai di vent'anni 
                  fa. Già nei suoi intenti Urupia aveva quindi quello di 
                  creare un altro tipo di cultura, un altro tipo di relazione 
                  tra le persone sul territorio e di portare all'interno della 
                  Comune un percorso che non fosse connesso solo ed esclusivamente 
                  a quello delle comunarde che ne facevano e che ne fanno parte, 
                  ma anche a tutte quelle realtà, fonti e stimoli che la 
                  Comune poteva incontrare sul suo cammino. 
                  Urupia nasce già come progetto con delle caratterizzazioni 
                  molto specifiche, di cui se ne è parlato in questi giorni 
                  e che vengono anche applicate in molte realtà educative 
                  libertarie, quindi il fatto che noi abbiamo deciso fin da subito, 
                  di rapportarci all'interno della nostra realtà in un 
                  ottica anti-autoritaria, orizzontale, non gerarchica e, basando 
                  tutte le nostre decisioni sul principio del consenso, e praticandolo 
                  fattivamente fin dalla fondazione della Comune, riporta a tanto 
                  di quello che abbiamo sentito durante il V convegno REL.” 
                  Thea, finalmente 'sbloccatasi' dall'emozione iniziale, sottolinea 
                  che “la 'scuola' nello specifico, prende una caratterizzazione 
                  più chiara, più netta, perché comunque 
                  è rivolta non tanto e non solo ai bambini/e che vivono 
                  all'interno della Comune e che sono figli/e delle comunarde, 
                  ma è anche rivolta ed aperta ai bambini/e del territorio. 
                  La nostra idea era quella di partire con la 'Materna'; al momento 
                  ci sono quattro bambini maschi che sono interessati in prima 
                  persona ad affrontare questo tipo di percorso e strada facendo 
                  vedremo come si riuscirà ad attirare l'attenzione di 
                  altre comunità famigliari.” Nell'intervento, Thea 
                  mette in rilievo che il progetto di comunità educante 
                  all'interno della Comune è, nella specificità, 
                  una ulteriore 'apertura ed offerta' al territorio del Salento. 
                  A questo riguardo è importante ricordare che Urupia il 
                  prossimo anno compirà ben venti anni di pratica attiva 
                  in Puglia e che il sostegno che essa ha ricevuto in questi lunghissimi 
                  anni di attività, è arrivato principalmente da 
                  luoghi 'lontani' rispetto alla sua presenza fisica nel sud dell'Italia: 
                  infatti, grosse campagne di sostegno ed aiuto che hanno 'dato 
                  una mano' alla Comune a continuare la propria attività 
                  territoriale, si sono avute nel tempo, sia in Germania che nel 
                  nord Italia. Questo progetto 'nuovo' dunque, sposterebbe l'asse 
                  della solidarietà finalmente nelle terre del meridione, 
                  grazie anche ad una cospicua rete di contatti e relazioni che 
                  la Comune è riuscita a tessere in questo lungo periodo 
                  di attività. Una serie di incontri partiti a febbraio 
                  di quest'anno, con l'intervento di più figure che operano 
                  nell'ambito dell'educazione libertaria e il V Convegno nazionale 
                  svolto proprio all'interno della Comune, sono state perciò 
                  iniziative intelligenti e coerenti d'azione diretta, che consolidano 
                  a livello di testimonianza, la volontà di relazione con 
                  le complessità di percezione ed attuazione di “cammini 
                  altri” nel territorio salentino e pugliese. Il contesto 
                  materiale e storico di Urupia, fatto di campi lavorati, alloggiamenti 
                  collettivi, laboratori e strutture agricole in costante attività, 
                  fornisce ai futuri bambini/e e ragazzi/e che frequenteranno 
                  il cammino di studi auto-formativo, quel 'in più' che 
                  la maggior parte delle altre realtà educanti libertarie 
                  non hanno, cioè il fatto di stare in un ambiente dove 
                  da anni si “vive” integralmente la Comune, con i 
                  suoi ritmi e le sue pratiche sociali e, dunque, tutto ciò 
                  che già esiste e che è stato organizzato con dedizione 
                  nel tempo, non è un qualcosa di “costruito” 
                  appositamente per gli studenti ma è appunto “quotidianità 
                  reale” di una scelta che si è materializzata nell'impegno 
                  costante. E questo fattore, per un giovane che cresce è 
                  un'impagabile opportunità d'apprendimento. 
                 Giulio Spiazzi 
                  giuliospiazzi@gmail.com 
                 
                
                   Intervista ad Agostino Manni della Comune di Urupia 
                 
                  Per contestualizzare maggiormente il V Convegno Nazionale 
                  della REL svoltosi ad Urupia, si è ascoltata la voce 
                  di chi, quasi vent'anni fa', ha messo “mente-anima-corpo” 
                  nell'edificazione della Comune del Salento: Agostino, uno dei 
                  primi fondatori del progetto.  
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Agostino Manni uno dei fondatori di Urupia ascolta  con attenzione Henry Readhead. Un piccolo-grande sogno  che si realizza ad Urupia  | 
                   
                 
                
                  Qual è lo “stato attuale delle cose” 
                  di questa realtà agricola particolare, che ancora oggi 
                  costituisce uno dei principali punti di riferimento locali e 
                  nazionali in materia di “partecipazione attiva” 
                  al “fare libertario”? 
                  “Quello che abbiamo fatto in questi vent'anni è 
                  sinteticamente sperimentabile da tutti attraverso il 'giro' 
                  di visita che facciamo fare agli 'ospiti' che ci vengono a trovare. 
                  Questa 'camminata illustrativa' tra i campi serve per cogliere 
                  come è nato il progetto, per comprendere quali erano 
                  le istanze del 'gruppo fondatrice delle comunarde', che cosa 
                  abbiamo realizzato, quali sono stati e sono i suoi punti problematici, 
                  insomma che cosa è successo in questi venti anni. Da 
                  qui, si capisce come siamo organizzate [Agostino a tal riguardo 
                  usa il 'femminile' n.d.a. ]. 
                  A tal proposito, solitamente porto prima le persone sul tetto 
                  per vedere le “cose in prospettiva” e poi facciamo 
                  un giro nei laboratori o negli impianti, negli spazio socio-culturali, 
                  perché arrivando ad Urupia, oggi uno trova una realtà 
                  'già fatta' ma, non può, non riesce ad immaginare 
                  quale sia stato il percorso di questi venti anni. E questo non 
                  nel senso banale del dire 'quanto lavoro è stato investito', 
                  cosa ovvia e di secondaria importanza ma, nel senso propriamente 
                  politico della prospettiva di come si possa partire, 
                  come ad esempio con il nuovo progetto educativo che nascerà 
                  proprio qui a settembre, con pochissime risorse, con spazi adeguati 
                  e limitrofi alle altre attività, con una raccolta fondi 
                  tutta da inventare, per finire la ristrutturazione dei locali, 
                  con pochi bambini/e e ragazzi/e ma, come ben 'abbiamo imparato' 
                  dalla nostra esperienza, l'importante è partire. 
                  Quando abbiamo iniziato con Urupia vent'anni fa', non conoscevamo 
                  veramente granché di relativo a tutto questo che oggi 
                  si può vedere, non avevamo soldi ma, dalla nostra c'era 
                  il fatto che eravamo pieni di idee, possedevamo, quello 
                  che si dice, un grande entusiasmo.” 
                   
                  Attualmente, Urupia è ancora un “laboratorio 
                  utopico” che si realizza 'cammin facendo'?  
                  “Guarda, come sempre in questi lunghi percorsi, è 
                  una questione di 'alti e bassi' perché, purtroppo e per 
                  fortuna, come quando 'porti l'anarchia nella pratica, nel 
                  quotidiano' e poi ti devi confrontare col 'quotidiano', 
                  vi sono compagni e compagne che hanno scelto e qui ripeto, purtroppo 
                  e per fortuna, di fare la loro politica fuori dal quotidiano. 
                  Anche noi quando siamo arrivati ad Urupia, abbiamo iniziato 
                  da queste terre proprio perché non ci bastava il nostro 
                  far politica senza il quotidiano. Noi eravamo degli 'anarchici 
                  della domenica', nel senso di 'week-end'; cioè 
                  ciò dipendeva dal fatto che noi durante tutta la settimana 
                  lavoravamo sotto padrone, facevamo la spesa al supermercato, 
                  pagavamo l'affitto alla proprietaria della casa e poi... il 
                  sabato e la domenica andavamo in giro a fare le manifestazioni, 
                  al carcere, piuttosto che in piazza, ad attuare occupazioni 
                  ecc. Insomma, ci sentivamo 'anarchici della domenica' cioè 
                  come chi in sintesi dichiara tutta una serie di idee, che poi 
                  però riesce ben poco a trasferire, nella propria vita 
                  quotidiana. Urupia è nata proprio dalla necessità 
                  di superare questa divaricazione, che era diventata per noi 
                  fondatrici e, quasi per tutte le comunarde fondatrici, insopportabile. 
                  Era dunque diventata una priorità imprescindibile dal 
                  punto di vista politico, perché, è incoerente 
                  andare in giro a parlare di Anarchia e poi, quando ti chiedono 
                  'sì, ma come è fatta?' e tu non sai dare 
                  indicazioni... Guardiamo invece ad esempio il campo delle scuole 
                  libertarie: Summerhill, esiste dal 1921, pratica da novantatré 
                  anni... centinaia e centinaia di ragazzi sono passati e continuano 
                  a passare da lì... sono entrati nei mestieri di tutta 
                  la quotidianità, da giovani sono diventati uomini/donne 
                  e ora anziani/e...,il loro motto sullo 'spazzino felice e sul 
                  ministro nevrotico'...insomma per me, è una massima di 
                  vita, è una filosofia, una prospettiva di lungo cammino. 
                  E poi c'è questo dato che si può dire: “Neill 
                  l'ha fatto nel 1921 e oggi qui, arriva suo nipote. Oppure 'lo 
                  hanno fatto nel '36 in Spagna' e poi tre eserciti fascisti e 
                  due democrazie lo hanno represso nel sangue e poi dopo non ci 
                  ha provato più nessuno...Insomma questo per dire che 
                  calare l'anarchia nel quotidiano, ha un altro impatto! Certamente 
                  l'entusiasmo ha bisogno di essere alimentato, per mantenersi 
                  deve appoggiarsi a dei risultati e non ha un andamento lineare, 
                  va' per alti e bassi. Io stesso in questi vent'anni mi sono 
                  chiesto tante volte, come penso, capiti a chi mette in piedi 
                  delle scuole libertarie: 'ma chi me lo ha fatto fare?' Però 
                  ciò è naturale e poi, quando vedi una situazione 
                  del genere, essa ti ripaga di tante difficoltà e di tanta 
                  fatica. Anche perché Urupia è diventata una comune 
                  agricola e noi siamo 'conosciuti' in certi circuiti come 
                  quelli dei 'GAS', il 'critical wine' ecc. per questo, perché 
                  facciamo il vino, l'olio e perché lavoriamo in campagna. 
                  Ma in realtà, quando noi siamo partiti come Comune, non 
                  avevamo la più pallida idea di cosa sarebbe accaduto. 
                  Sapevamo cosa volevamo fare a livello politico ma, non era nelle 
                  nostre intenzioni ad esempio, parlo per me, diventare un 'agricoltore'. 
                  Noi eravamo degli 'animali politici', gente abituata ad organizzare 
                  raduni ecc., non 'avevamo in mano i mestieri'... Solo io e alcuni 
                  altri avevamo a che fare un po' con i cantieri edili e così, 
                  ci immaginavamo di andare a ristrutturare in giro gli edifici 
                  per guadagnare denaro da investire nel progetto. Oppure c'era 
                  chi voleva e sapeva lavorare le ceramiche. 
                  Ma non esisteva a priori l'idea di diventare una comune agricola 
                  come è oggi. Si dava comunque molto spazio alle attività 
                  culturali, attività che in qualche modo avrebbero trasmesso 
                  in maniera diretta un certo tipo di idee e un certo tipo 
                  di messaggio. Insomma, per me vale molto di più questo 
                  lavoro da 'talpa', molto meno evidente, che non si nota, che 
                  gridare in piazza a squarciagola slogan come avevo già 
                  fatto in passato. Dopo quasi vent'anni di Urupia, sappiamo dunque 
                  bene cosa voglia dire 'comunità auto-educante', la cosa 
                  che maggiormente mi commuove è che proprio agli inizi, 
                  nei 'seminari' cioè negli incontri che abbiamo svolto 
                  nei tre anni che precedettero la formazione della Comune, noi 
                  parlavamo di educazione libertaria ma, poi quando siamo arrivati 
                  a mettere le mani nella terra, siamo stati rapiti dai lavori 
                  in campagna, dalle ristrutturazioni delle case, dalla produzione 
                  del cibo. Ci siamo soffermati a prendere decisioni importanti 
                  sul 'come' produrre, sul 'come' trattare il suolo, sul che tipo 
                  di messaggio passare attraverso i nostri prodotti, per cui decisioni 
                  consensuali su cose concrete, sul pane, il vino, l'olio che 
                  politicamente sono il 'miglior volantino' propagandistico da 
                  dare alla gente. Per me e per Gianfranco che è l'unica 
                  persona che ancora vive qua e che ha partecipato proprio a quella 
                  fase propedeutica di formazione di Urupia, tra mille discussioni 
                  e proposte, la scuola libertaria rappresenta un punto di partenza 
                  che è anche un punto d'arrivo e la realizzazione di un 
                  sogno.” 
                 G.S 
                 
                
                   Intervista a Gianfranco Manni della Comune di Urupia 
                 
                  Gianfranco è, assieme ad Agostino, uno dei fondatori 
                  della prima ora della Comune agricola del Salento. Oltre a questo 
                  fatto e al doveroso riconoscimento di tutti gli anni spesi “a 
                  tutto tondo” nella concreta “invenzione e materializzazione 
                  di questa utopia”, Gianfranco, va detto, è anche 
                  uno degli ottimi pizzaioli di Urupia. Dopo il lungo e dedicato 
                  lavoro di ristorazione compiuto per soddisfare i numerosi partecipanti 
                  del V convegno REL, si concede alcune battute per parlare del 
                  passato e delle prospettive future, a ridosso del forno ancora 
                  in funzione. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Gianfranco Manni uno dei fondatori di Urupia  al posto rifornimento pizze. Cuore, sensibilità, impegno costante per continuare a praticare l'Utopia  | 
                   
                 
                
                  “L'inizio prossimo futuro delle attività della 
                  scuola libertaria ad Urupia, è per me, la realizzazione 
                  di un altro sogno, di un'altra utopia. Questo perché 
                  Urupia è nata dal lavoro, dalle idee e dai bisogni di 
                  un gruppo di persone che in un qualche modo voleva creare alternative 
                  al modello sociale dominante e, sappiamo bene che il mondo va 
                  cambiato trasversalmente e non solo in qualche suo aspetto, 
                  del tipo, lavorativo oppure solo della scuola, o rispetto agli 
                  anziani, secondo me, dunque è una questione trasversale, 
                  cioè, bisogna rivedere veramente tutto. Per me dunque 
                  personalmente, le mie idee politiche legate al movimento anarchico, 
                  mi hanno fatto capire da subito che si può partire anche 
                  dall'educazione e dalla scuola. Sai, io ho questa immagine 
                  del 'grembiule' che si usava e che si usa tutt'ora. 
                  Per me, è la 'prima divisa' che ci mettono addosso e, 
                  la divisa, significa autoritarismo oppure omologazione. 
                  La critica a questo stato di cose è la radice di Urupia 
                  e, ciò è stato fin dall'inizio. Da subito, mi 
                  sono quindi preoccupato di lavorare nell'educazione con i bambini/e, 
                  organizzando le prime forme di campeggio estivo della Comune. 
                  I bambini/e fanno parte della società e io vorrei che 
                  anche per loro il mondo fosse migliore e non solo per me. Quando 
                  facevamo i 'seminari' organizzativi del progetto Urupia, dove 
                  si scandagliavano tutta una serie di aspetti della vita di ognuno 
                  di noi, da quello economico a quello lavorativo, all'ambito 
                  relazionale, alla comprensione delle differenze e delle diversità 
                  ecc., naturalmente è uscito il discorso 'scuola'. Già 
                  da allora dunque abbiamo sempre tenuto in considerazione il 
                  fatto che nel progetto 'dove volevamo vivere noi', proprio nel 
                  luogo fisico, ci doveva essere pure un 'laboratorio alternativo 
                  dedicato all'educazione'. “ 
                   
                  Adesso che vi siete “radicati” ad Urupia da 
                  diciannove anni (fatalità la ricorrenza scatta ogni 1° 
                  maggio) in una situazione di continuità d'impegno, calata 
                  nelle difficoltà inevitabili della 'militanza giornaliera', 
                  come verrà secondo te recepita dall'ambiente limitrofo 
                  alla Comune, l'apertura di una “scuola” libertaria? 
                   
                  Secondo me, risulterà essere un 'valore aggiunto' al 
                  progetto stesso e al territorio. Lavorare e stare con i bambini 
                  non significa per forza “insegnare” loro a studiare 
                  o a far fare delle cose. Per me è uno 'scambio' e così 
                  anche per gli adulti sarà un momento di crescita di interrelazione 
                  tra persone diverse anche in età. Ricevere qualcosa da 
                  un bambino/a di cinque, dieci o quindici anni sarà un 
                  momento importantissimo per tanti di noi adulti. Vi saranno 
                  senz'altro momenti intensi di crescita comune per noi e per 
                  chi ci sta' attorno. Parteciperanno senz'altro Matteo e Tobia 
                  i miei due figli di nove e cinque anni che accompagnerò, 
                  come genitore a crescere, seguendo chiaramente delle scelte 
                  di vita principalmente politiche. 
                   
                  E se un giorno venissero qui alcuni bambini/e della scuola 
                  a chiederti di accompagnarli/e a 'fare il pane'? 
                  Gianfranco sorride soddisfatto. “Mi sto' già preparando. 
                  'Accompagnatore fornaio', sarebbe fantastico! “ 
                   
                  Potrebbe essere un elemento prezioso attuabile, di quella 
                  'educazione integrale' auspicata in svariate teorie libertarie... 
                  “Certamente! Nella mia formazione politica dagli anni 
                  '70 e '80, ho sempre contemplato Ivan Illich e Alexander Neill 
                  ed ho sempre pensato che ciò che dicevano e facevano 
                  loro, si poteva prima o poi farlo scendere sul terreno della 
                  pratica anche qui da noi. Per me quindi è una conseguenza 
                  naturale estendere ciò alla nostra comunità educativa.” 
                   
                  Considerando che citi Summerhill, che cosa hai provato 
                  oggi quando hai visto arrivare ad Urupia, proprio il nipote 
                  di Alexander Neill, Henry Readhead? 
                  A Gianfranco gli si illuminano subito gli occhi. “Proprio 
                  ora ho detto a un mio amico che nel 1982 lessi un libro [il 
                  noto: 'I bambini felici di Summerhill' n.d.a.] che parlava di 
                  una scuola in Inghilterra, Summerhill appunto, che mi entusiasmò 
                  a tal punto da regalarlo successivamente a tante altre persone 
                  che via via incontravo e, che parlava appunto delle pratiche 
                  educative libertarie in cui erano coinvolti i bambini e le bambine 
                  di quella scuola. Ebbene, ho appena detto a questo amico con 
                  emozione: 'sai che uno di quei bambini felici è qua?' 
                  Proprio ad Urupia? Per me, qui si sta' chiudendo un cerchio, 
                  anzi, io 'lo lascerei aperto' a dir la verità, però, 
                  tanto per intenderci sono quelle cose che tu le insegui per 
                  una vita e poi, quando meno te l'aspetti, riesci a prenderle 
                  al volo. Sono veramente emozionato, tra l'altro dorme proprio 
                  di fianco a me su nella zona notte... ah, ah, ah”, afferma 
                  Gianfranco sorridente. 
                 G.S. 
                 
                
                   A colloquio con Henry Readhead, nipote di Alexander Neill 
                 
                  Se non erro, tuo nonno Alexander era scozzese? 
                  “Sì. Lui era uno scozzese “doc”, in 
                  tutti i sensi. Io ho solo 'un quarto' del suo sangue”. 
                  Sorride Henry divertito. 
                   
                  A Summerhill, è rimasto qualche 'retaggio' tipicamente 
                  “Scottish”? 
                  “Summerhill è ormai internazionale, e ciò 
                  che di scozzese sopravvive nella nostra comunità educativa 
                  quasi centenaria, riguarda senz'altro il ricordo di mio nonno 
                  Alexander e probabilmente una forte sensibilità sociale 
                  tipica della sua terra natia. Ma in questo momento particolare 
                  della storia del Regno Unito, preferisco non commentare”. 
                  Sottolinea Henry con sottile ironia. 
                   
                  Attualmente come viene vista Summerhill dal contesto educativo 
                  ufficiale, considerando che ha quasi cento anni di attività 
                  alle spalle? La vostra realtà educativa è a tutt'oggi 
                  etichettata come “sperimentale”? 
                  “Sì, ancora oggi Summerhill appartiene alla 'branca 
                  sperimentale' dell'Istruzione del Regno Unito, e quello che 
                  mi sorprende è che essa vi rimarrà così 
                  sancita, per ancora altri cento anni. Spero di no, ma da noi 
                  è difficile cambiare visuale di giudizio. Dal punto di 
                  vista del nostro Governo, l'educazione in genere e per il prossimo 
                  futuro, viene percepita ancora come proiettata 'molto lontana 
                  dal modello educativo attuato a Summerhill'. 
                  Lo stato mira a inserire i giovani in ambienti prettamente accademici, 
                  dove vige la ferrea legge delle 'statistiche'. Credono ancora 
                  negli esami, vogliono che le future persone vengano 'formate' 
                  in modo appunto formale ed accademico proprio perché 
                  non riescono a cambiare prospettiva progettuale. Per il Governo 
                  'educazione accademica' rimane sinonimo di 'sicuro successo' 
                  imprenditoriale. Noi invece pensiamo che sia importante che 
                  ognuno abbia la possibilità di 'trovare felicemente se 
                  stesso in ciò che gli piace fare', che possa prendere 
                  autonomamente le proprie decisioni per quella che sarà 
                  la sua prospettiva di vita, e così la felicità 
                  nelle proprie scelte, per noi costituisce il suo reale 'successo'. 
                  Il fatto di essere molto ricchi, di possedere una grande quantità 
                  di denaro o di avere 'successo in questo tipo di società', 
                  per noi non ha grande importanza. Ecco perché penso che 
                  il nostro stile educativo sia considerato a tutt'oggi dalle 
                  autorità come “molto lontano” da ciò 
                  che vogliono loro. 
                  Una buona cosa per Summerhill è accaduta nel 2000 quando 
                  abbiamo portato a giudizio il Governo perché, quando 
                  vennero precedentemente a 'ispezionare' Summerhill avrebbero 
                  dovuto prima informarsi sulla 'filosofia di Summerhill' e tenerne 
                  dunque conto nelle loro relazioni. A tal proposito erano tenuti 
                  a venire con un professionista capace di comprendere ciò 
                  che avevamo da tanto tempo messo in campo. Una volta ottenuto 
                  questo per decisione del tribunale, l'ispezione venne effettuata 
                  positivamente proprio perché qualcuno conosceva approfonditamente 
                  le nostre pratiche. L'ispezione risultò dunque positiva 
                  perché Summerhill si dimostrò essere quello che 
                  Summerhill in effetti è e non per ciò che il resto 
                  dell'Educazione nel nostro Paese esprime. In questo senso” 
                  aggiunge sorridendo Henry Readhead “non penso che a tutti 
                  gli esaminatori Summerhill sia piaciuta tanto, ed in effetti 
                  al Governo ancora non siamo così ben graditi, ma ora 
                  essi devono pensare bene cosa devono fare prima di venire nuovamente 
                  a 'visitarci'. Comunque, proprio perché l'indirizzo dell'educazione 
                  governativa va tutt'ora in senso opposto a quello di Summerhill, 
                  molta gente ci guarda e ci ricerca proprio come una buona possibilità 
                  educativa 'altra'. Per cui, spero che le 'pressioni' statali 
                  nei nostri confronti, col tempo si attenuino.” 
                   
                  Hai qualche ricordo particolare di tuo nonno Alexander 
                  Neill? 
                  “Ho vissuto al cento per cento i suoi insegnamenti che, 
                  amorevolmente Zoe, sua figlia e mia madre mi ha messo a disposizione 
                  nel corso della mia auto-formazione. Io nacqui nel 1977 ed Alexander 
                  purtroppo morì agli inizi dei '70, così non fece 
                  in tempo a vedermi. All'interno della nostra famiglia, Alexander 
                  viene ricordato come una persona estremamente amorevole, delicata, 
                  dotata di un genio intuitivo assoluto. Dicono che a me siano 
                  'passate' fisicamente le sue mani.” 
                   
                  Da lì forse parte la tua carriera di musicista? 
                  “Probabilmente sì”, afferma Henry sorridendo 
                  “è una buona 'eredità', ma, non riuscirò 
                  mai ad eguagliare le sue doti. Comunque Summerhill, ci insegna 
                  questo: ognuno viva felice ciò che è, ed io sono 
                  contento di quello che sono, nella vita e nel lavoro sono cento 
                  per cento me stesso.” 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Henry Readhead sorride al motto del nonno Alexander Neill  | 
                   
                 
                
                  Qual è la vostra percezione di come venite vissuti 
                  nel Regno Unito o altrove da parte del diversificato movimento 
                  per l'educazione libertaria, considerando appunto la vostra 
                  quasi centenaria militanza? 
                  “Sappiamo di essere stati e di continuare ad essere 'fonte 
                  d'ispirazione' per tanta gente e per tanti gruppi, sia da noi 
                  che nel resto del mondo. Attualmente non abbiamo le forze, per 
                  traghettare ulteriormente le nostre idee e pratiche di 'lotta 
                  educativa' all'esterno di Summerhill; siamo molto assorbiti 
                  nel lavoro che svolgiamo, molto affaticati, ma questo è 
                  normale e mia madre Zoe comincia ad essere anziana e non ha 
                  bisogno di ulteriori 'grane' rispetto a quelle che dobbiamo 
                  continuamente affrontare. Comunque il fatto di fungere ancora 
                  e in maniera continuamente rinnovata, come punto di riferimento 
                  per le scuole libertarie di ogni dove, ci lusinga e ci rafforza 
                  nella 'tenuta' e nel continuare ad essere ciò che siamo. 
                  Attualmente comunque il nostro principale obiettivo è 
                  quello di concentrare tutte le nostre forze su Summerhill. Summerhill 
                  è in cammino da novantatré anni e ci auguriamo 
                  tutti che essa possa proseguire il suo e direi, 'nostro', percorso 
                  educativo per almeno altri cento anni di vita. Per me questo 
                  è sufficientemente importante. Stiamo ancora battagliando 
                  con il Governo della Corona, oppure ci scontriamo con la stampa 
                  e, dunque, siamo sempre sul 'chi vive'. 
                  Capitemi, è difficile che qualcuno di loro venga da noi 
                  a dirci 'oh che bello, state facendo un lavoro eccezionale ed 
                  importante, per cui, forza ragazzi continuate così...'. 
                  È esattamente l'opposto. È molto più facile 
                  sentire 'Oh, Dio, ancora quella spazzatura, continuate con queste 
                  storie di una educazione differente... ecc.' e così 
                  battagliamo in continuazione con tante situazioni. Comunque 
                  io intimamente supporto e comprendo il bisogno di portare l'educazione 
                  libertaria alla gente. Penso che sia realmente una 'grande' 
                  cosa da continuare a fare e, mi piacerebbe avere più 
                  energie per impegnarmi in questo, ma attualmente io e noi stiamo 
                  già combattendo tenacemente, per mantenere in vita Summerhill 
                  e questa 'continuità che fa storia' è già 
                  una forma potente di resistenza.” 
                   
                  Questa 'resistenza' di cui parli potrebbe essere associata 
                  alla storia relativamente breve delle realtà educative 
                  libertarie italiane? 
                  “Assolutamente si! Stare su un territorio, in un contesto 
                  civile e sociale per una decina d'anni, vuol dire già 
                  'fare storia dell'educazione libertaria', e questa è 
                  per me la via migliore da praticare. Se noi battagliamo duramente 
                  con le istituzioni, le sfidiamo, loro, che sono più forti 
                  ed hanno più mezzi, risponderanno con un maggior grado 
                  di durezza. Si tratta dunque di 'continuare ad esistere con 
                  coerenza', evitando il più possibile, quando si può, 
                  scontri frontali eclatanti che non portano altro che alla distruzione 
                  di un percorso e, al contempo risulta necessario testimoniare 
                  nella durata, ciò in cui si crede e per cui ci si impegna 
                  con forte passione. 
                  La filosofia e le vedute educative di Alexander Neill ci insegnano 
                  che quella è la strada che noi vogliamo percorrere. Ma 
                  Summerhill, in quanto organismo in continuo confronto, esprime 
                  pure una propria ulteriore visione educativa 'esportabile in 
                  altri contesti' e, proprio per questo non è un caso che 
                  abbia avuto così tanto successo per ben novantatré 
                  anni. Queste idee piano piano penetrano anche nella società. 
                  Molti problemi dell'educazione di stato e del tipo di società 
                  che abbiamo adesso potrebbero essere risolti proprio attraverso 
                  la pratiche attuate da tempo a Summerhill. Per me, dunque, risulta 
                  estremamente importante continuare a diffondere le idee di Alexander 
                  Neill, estendere i suoi pensieri a riguardo dello sviluppo sociale, 
                  emozionale, mettendo in luce le sue visioni di uguaglianza ed 
                  estrema fiducia nel fare dei bambini/e. Il mio e nostro compito 
                  è così quello di non far recidere a chicchessia 
                  il tenue filo che ci tiene tutti uniti o collegati nel costruire 
                  un altro tipo di educazione e nel continuare coraggiosamente 
                  a rafforzare questo legame, per far vivere nel tempo Summerhill.” 
                 G.S. 
                 
                
                   Altre voci da Osimo a Genova 
                 
                  Mareggen di Genova e Serendipità di Osimo, sono due giovani 
                  realtà aderenti alla Rete nazionale, presenti al V Convegno 
                  REL di Urupia: Mareggen con Mara, è al terzo anno di 
                  percorso con una comunità educativa che attualmente segue 
                  un profilo “itinerante” in spazi (anche pubblici) 
                  fissati periodicamente, mentre Serendipità di Osimo (che 
                  a settembre inizierà anch'essa il cammino della primaria), 
                  con Emily e Veronica, è al secondo anno attivo di percorso 
                  (nella scuola materna) in un contesto “bucolico” 
                  posto sulle aggraziate colline marchigiane. Queste due comunità 
                  educanti, rispondono con la concretezza del fare, al tema dell'incidentalità, 
                  mostrando il loro agire particolare, come incontro autentico 
                  con la realtà quotidiana d'imprevisto, portata dai bambini/e. 
                  Parla Veronica della “Serendipità” di Osimo. 
                  “A tal riguardo (e questo viene anche proprio dal nostro 
                  nome 'Serendipità', ovvero la sensazione che si prova 
                  quando si incontrano cose inaspettate mentre se ne stanno cercando 
                  altre, e che idealmente lo abbiamo sposato nel suo significato 
                  più pregnante, proprio perché i bambini ci insegnano 
                  questo 'accadere'), la nostra scuola è situata in campagna 
                  e, a seguito di quotidiane passeggiate nei boschi e sulle colline, 
                  molti oggetti e molte occasioni di incontro generano incidentalmente 
                  un forte interesse nei bambini/e. Una volta rientrate, noi raccogliamo 
                  tutte queste 'scoperte', come gli scheletri degli insetti, le 
                  'palle di pelo e piume' lasciate dai rapaci dopo la digestione, 
                  e quindi poi, collettivamente le osserviamo, le disegniamo, 
                  vi disquisiamo sopra ecc., si fanno tanti passi in avanti, assieme, 
                  sulla strada dell'auto-apprendimento. 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Veronica (a sinistra) e Emily di Serendipità Osimo  | 
                   
                 
                
                  Abbiamo trovato delle ossa e con queste i bambini/e volevano 
                  costruire uno scheletro completo; ciò ci ha portato anche 
                  ad andare in biblioteca per prendere una serie di testi sul 
                  mondo animale. Pur essendo testi di carattere scientifico è 
                  stato bello vedere l'interesse di questi piccoli studenti di 
                  quattro-cinque anni, tutti all'opera con interesse per costruire 
                  questo scheletro e, alla fine ce l'hanno fatta. Anche la morte 
                  in sé viene dunque affrontata tranquillamente come uno 
                  degli eventi naturali, personali e famigliari della vita, dai 
                  quali si possono trarre insegnamenti costruttivi.” 
                  Mara di Mareggen interviene attraverso la sua esperienza educativa 
                  genovese, collocando l'incontro con l'incidentalità come 
                  una “possibilità di vivere il presente anche nell'assenza 
                  di una progettazione. Io la vedo molto proiettata nei riguardi 
                  di un ambiente 'esterno'. Mareggen nasce tre anni fa ma quest'anno 
                  abbiamo scelto di creare un'esperienza educativa semi-itinerante, 
                  e quindi a tutti gli effetti i bambini/e hanno dei punti di 
                  riferimento con alcune 'strutture' che sono però intrinsecamente 
                  collegate con l'ambiente esterno [ad es. spazi civici nell'area 
                  pedonale del porto di Genova, n.d.a.]. Il viversi quotidianamente 
                  nell'ambiente esterno, dà molte possibilità d'espressione, 
                  di scelta e di libertà, nell'incidentalità. Nel 
                  senso che il bambino/a che esce per strada, non sa che cosa 
                  potrà trovare in essa, in quel momento e in quel giorno 
                  e perciò l'accompagnatore dà molta fiducia al 
                  giovane che auto-apprende e alla sua possibilità di crescere 
                  attraverso la 'scoperta', le sue intime osservazioni. 
                  Il bambino/a 'inciampa' in ciò che sperimenta: vede l'operaio 
                  che lavora, scopre nelle vie del porto una falegnameria ecc. 
                  e da lì nasce proprio l'interesse specifico nell'approfondire 
                  una realtà piuttosto che un'altra. Da questo 'incidente 
                  del qui ed ora' può nascere un lavoro su un sapere che 
                  man mano diventa sempre più strutturato. Ed il bello 
                  è che accompagnando bambini/e diversi/e, non è 
                  riproponibile la medesima cosa successivamente, in quanto varia 
                  a seconda della sensibilità di chi è messo in 
                  gioco dal momento, dalla situazione e dalla scoperta. Se la 
                  scuola tradizionale è basata su una programmazione che 
                  si ripete ogni anno uguale, indipendentemente dal gruppo di 
                  bambini/e presenti, l'incidentalità dà invece 
                  valore a quello che interessa realmente e in quel momento preciso, 
                  al bambino. Essa 'guarda' da che cosa è attirato e anche 
                  alla modalità con cui è attirato. Un'uguale 
                  domanda su un soggetto incontrato può far scaturire interessi 
                  diversi in differenti osservatori e così bambini/e e 
                  accompagnatori sviluppano nella fiducia reciproca, percorsi 
                  individuali oltre che collettivi, ritagliati sulle personalità 
                  e capacità messe in gioco senza giudizi od obblighi di 
                  risposta.” 
                 Giulio Spiazzi 
                  giuliospiazzi@gmail.com 
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