L'etica dalla padella della biologia  alla brace della filosofia  
                 1.  
                  Allorché cerca di concludere qualcosa intorno all'origine 
                  ed all'evoluzione del senso morale, Piero Borzini – in 
                  Diventare umani - dice che esso “deriva da intricate 
                  interazioni tra biologia e cultura”, non certo da “inesplicabili 
                  salti ontologici”, evolvendosi “in modo naturalistico 
                  all'interfaccia tra le capacità cognitive e gli adattamenti 
                  culturali”. 
                   
                  2.  
                  Ormai famoso nella letteratura neurologica è il caso 
                  di Phineas Gage. Minatore americano, venticinquenne, nel 1848 
                  fu vittima di un incidente mentre lavorava ad una ferrovia: 
                  provocò incautamente un'esplosione e la sbarra di ferro 
                  che stava utilizzando gli schizzò in faccia entrandogli 
                  da sotto un occhio e uscendogli dalla zona prefrontale del cervello. 
                  Dopo il primo stordimento e nonostante la ferita, Gage fu in 
                  grado di andare con le proprie gambe fino al medico più 
                  vicino e sopravvisse altri dodici anni. Ce ne sarebbe già 
                  a sufficienza per entrare nella storia, ma, nella storia della 
                  neurologia, il caso è stato oggetto di infinite discussioni 
                  anche per un'altra ragione. Dopo l'incidente, furono rilevate 
                  nel giovane “rilevanti alterazioni del carattere”, 
                  ovvero “modifiche dei tratti psichici” – detto 
                  più esplicitamente: prese a bestemmiare come un carrettiere 
                  (il che, sia detto di passaggio, sarebbe anche comprensibile 
                  per uno che subisce un incidente del genere), divenne violento 
                  e irascibile e, dunque, del tutto inaffidabile. Forte – 
                  di conseguenza – è stata la tentazione dei neurologi 
                  di identificare la zona prefrontale del cervello – quella 
                  squarciata dalla barra di ferro del povero Gage – come 
                  la “sede” delle facoltà morali, la cabina 
                  di regia in cui si decide cos'è bene e cos'è male 
                  scegliendo magari l'uno e non l'altro.
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Phineas Gage con l'asta di metallo  che gli trapassò 
                  il cranio  | 
                   
                 
                
                  3.  
                  Borzini rifugge, dunque, dai facili riduzionismi, evita con 
                  cura di confinare in una zona del cervello una facoltà 
                  fondamentale per la vita sociale come quella del senso morale. 
                  Fa bene, perché le conseguenze politiche della sostituzione 
                  di qualcosa di mentale con qualcosa di fisico sono sempre gravi. 
                   
                  4.  
                  La sottrazione dell'etica all'ambito di competenza del biologo 
                  dovrebbe essere ricompensata meglio di quanto non sia avvenuto 
                  e di quanto, tuttora, avvenga. 
                  Da scettico onesto qual era, in Critica della morale, 
                  il filosofo Giuseppe Rensi finisce con l'affermare che, alla 
                  luce delle “teorie morali che sono andate formulandosi 
                  nel corso della storia della filosofia”, è impossibile 
                  “formulare un principio che possa anche lontanamente vantare 
                  una legittima pretesa alla validità universale”. 
                  Per esempio: “stringi stringi, in fondo alla dottrina 
                  morale di Platone (come in fondo forse a tutte) v'è un 
                  circolo vizioso, derivato necessariamente dall'impossibilità 
                  di dare una determinazione del bene: l'uomo buono è colui 
                  che ha la conoscenza del bene (che sa rivolgere la propria anima 
                  all'idea del Bene, come vuole La Repubblica); e il bene 
                  è ciò che è conosciuto come tale dall'uomo 
                  buono”. 
                   
                  5.  
                  Si ricorderà che sia Mussolini che Hitler – diciamo 
                  in gioventù – hanno avuto i loro guai giudiziari. 
                  Il primo, ancora socialista rivoluzionario, portato in giudizio 
                  nel 1911 non rinuncia alla propria filippica e, ai giudici, 
                  dice: “assolvendomi, soddisferete i miei desideri, restituendomi 
                  al mio lavoro e alla società. Ma condannandomi mi onorerete 
                  perché davanti a voi non siede un malfattore né 
                  un delinquente comune, ma un assertore di ideali, un agitatore 
                  di coscienze, un soldato di una fede che esige il vostro rispetto, 
                  poiché reca in sé il presentimento del futuro 
                  e la grande forza della verità”. 
                  Il secondo, nel 1923, dopo il putsch di Monaco, davanti ai suoi 
                  giudici, pur mettendola giù con minor aulicità, 
                  dice: “Io sono l'unico responsabile, ma non per questo 
                  sono un criminale (...) perché la storia ci assolve”. 
                  Rappresentano una scappatoia pragmatica – pragmaticissima 
                  – al circolo vizioso di Platone. Non ce la fanno a dire 
                  che ciò che è buono lo decido io, ma dicono che 
                  ciò che è buono lo decide la Storia. Inventano 
                  un Senno di Poi assolutizzato e nobilitato – facendo finta 
                  di dimenticare che, comunque, questo Senno di Poi è quello 
                  di chi vincerà – di chi avrà il potere di 
                  scrivere la Storia fino a che, qualcuno, poi, a sua volta, avrà 
                  il potere di riscriverla. 
                   
                  6.  
                  D'altronde, come dice Carl Schmitt “ogni idea politica 
                  prende una certa posizione nei confronti della 'natura' dell'uomo 
                  e presuppone che esso sia 'per natura buono' o 'per natura cattivo', 
                  inevitabile” – per lui che si iscrisse al Partito 
                  Nazionalsocialista tedesco – “è la conclusione: 
                  l'uomo è cattivo e ingannatore”. 
                  Che “il male proviene dall'uomo” sia la tesi preferita 
                  del pensiero destrorso - la tesi in virtù della quale 
                  ogni forma di autoritarismo ed ogni soluzione repressiva diventano 
                  non solo legittime ma doverose – non credo possa ringalluzzire 
                  un granché il versante ideologico opposto o qualsiasi 
                  altro versante. Non è che l'affermazione opposta – 
                  quella che vorrebbe la natura dell'uomo “buona” 
                  – porti a chissà quali soluzioni migliori. Pur 
                  sempre si tratterebbe di valori contro valori, giudizi contro 
                  giudizi, infondati gli uni come gli altri – dichiarazioni 
                  per partito preso. 
                   
                  7.  
                  Il giudizio etico – come qualsiasi altro giudizio – 
                  dipende dall'aver assunto qualcosa – un comportamento 
                  sociale, per esempio - come punto di riferimento, come paradigma 
                  e dall'aver poi confrontato un comportamento successivo con 
                  questo. Se il risultato del confronto è un'uguaglianza 
                  avremo, dunque, il giudizio di “buono” – “bene”, 
                  “giusto”, etc. – e se il risultato è 
                  una differenza avremo il giudizio opposto. Se un'autorità 
                  sociale sufficientemente forte – il Mosé di turno 
                  – fa approvare la Tavola delle Leggi, tutto ciò 
                  che da questa Tavola si discosta in termini di comportamenti 
                  individuali potrà essere considerato “deviante”, 
                  pericoloso per la stabilità dell'ordine sociale. Se, 
                  poi, questa Tavola delle Leggi riesco ad ascriverla ad un'autorità 
                  superiore al Mosè di turno medesimo, meglio, perché 
                  la sua validità non potrà più essere messa 
                  in discussione venendo meno, per esempio, l'autorità 
                  del Mosé di turno. 
                  Assumendo questo punto di vista – riconducendo, cioè, 
                  l'etica ai processi decisionali che l'hanno costituita –, 
                  allora, l'uomo – con buona pace dei filosofi e di tutti 
                  i moralisti – non è né buono né cattivo, 
                  ma viene definito in un modo o nell'altro a seconda che rispetti 
                  o meno i paradigmi dati e presi in considerazione. Una morale 
                  rivoluzionaria dovrebbe prendere le mosse da questa consapevolezza. 
                   
                  8.  
                  Tornando all'evoluzione. I paradigmi cambiano. Cambiano i paradigmi 
                  scientifici come i paradigmi di ordine etico. Solo una concezione 
                  autocontraddittoria della scienza e della morale – quella 
                  che le vorrebbe farsi carico l'una del rappresentare la realtà 
                  e l'altra del rappresentare la verità – può 
                  indurre a pensare che i paradigmi, inscalfibili dall'evoluzione 
                  di natura e cultura, permangano in eterno. 
                  Felice Accame
                  Nota 
                  Il libro di Borzini è pubblicato da Aracne, Roma 2013 
                  e la citazione è a pag. 387. La vicenda di Phineas Gage 
                  può esser letta in tanti libri di storia della neurologia. 
                  Fra questi, cfr. C. Morabito, La cartografia del cervello 
                  (Franco Angeli, Milano 1996). Il libro di Rensi fu pubblicato 
                  da Etna Editrice, Catania 1935. Le citazioni sono rispettivamente 
                  a pag. 43 e pag. 169. Le argomentazioni di Mussolini e Hitler 
                  – che sono, peraltro, in buona compagnia – sono 
                  ricordate da I. Kirkpatrick, Mussolini: Study of a Demagogue, 
                  Odhams London 1964 e citate da Philip Abrams, Sociologia 
                  storica, Il Mulino, Bologna 1983, a pagg. 359-360. La citazione 
                  di Carl Schmitt è tratta da Teologia politica, 
                  in G. Miglio e P. A. Schiera (a cura di), Le categorie del 
                  'politico', Il Mulino, Bologna 1972, pag. 77. La sciocca 
                  banalità del “male” che “proviene dall'uomo” 
                  è un luogo comune diffusissimo non solo nel pensiero 
                  delle destre storiche, ma anche – il che sia detto senza 
                  volerlo distinguere di un granché – in consistenti 
                  porzioni del pensiero cattolico. Per un caso, cfr. J. Donoso 
                  Cortes, Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, 
                  Rusconi, Milano1972, pp. 185-186.  |