  
                  
                  
                 La 
                  democrazia  
                  del sorriso 
                   
                  Si sarebbe potuto definire in 
                  tutto e per tutto un tipo normale se non fosse stato per un 
                  piccolo problema neurologico. Alle notizie drammatiche reagiva 
                  sempre con una sonora risata, tanto più grassa quanto 
                  più grave era la notizia. Terremoti, mali incurabili, 
                  lutti. Nulla faceva eccezione. Qualunque disgrazia muoveva il 
                  suo viso a un irrefrenabile sfogo di ilarità. 
                  “Che ti è successo?” 
                  “Mi è morto il cane...” 
                  “Ah ah...”  
                  Ne ricavò il deserto di contatti umani e due costole 
                  rotte quando l'ultimo amico rimasto gli confidò che sua 
                  moglie lo aveva lasciato per un funambolo polacco. 
                  Era la sua personale tragedia, anche se a vederlo non si sarebbe 
                  detto. Dentro soffriva come un cane, ma, seduto sulla sponda 
                  del letto nelle notti insonni, ci rideva sopra. 
                  Un vicino di casa, psichiatra depresso, non riusciva a spiegarsi 
                  tanto buonumore, soprattutto alla luce dei fatti che da oltre 
                  due anni stavano portando il paese sull'orlo del baratro. Così 
                  decise di andare a trovare il suo dirimpettaio. Per prima cosa 
                  notò che quell'uomo aveva una risata contagiosa e controcorrente, 
                  sicuramente terapeutica, e ne ricavò lo spunto per un 
                  articolo su una rivista specializzata. Poi cominciò a 
                  invitarlo a cena. Quante risate insieme di fronte ai telegiornali 
                  che portavano notizie di stragi, tsunami, incidenti stradali... 
                  “Già”, pensò lo psichiatra non più 
                  depresso. “Perché non considerare questo uomo in 
                  apparenza strambo come una terapia in carne e ossa? Un esempio 
                  da imitare più che un incontro imbarazzante da evitare?” 
                  Scegliendo di divulgare la sua scoperta, lo psichiatra restituì 
                  l'uomo ridanciano alla vita sociale e un mare di soldi al suo 
                  conto corrente. Lo portava in giro per le corsie d'ospedale, 
                  dove la sofferenza dettava legge, e giù risate a valanga. 
                  Poi era la volta dei funerali, e la presenza di quell'ospite 
                  appariva come un invito a esorcizzare il dolore con una sana 
                  risata fuori luogo. 
                  La popolarità dell'uomo crebbe fino a irrompere nella 
                  televisione. Il suo, dicevano esperti di comunicazione e analisti 
                  finanziari, era il giusto modo per tenere testa alla crisi. 
                  Uno stile di vita sfacciatamente ottimista, coraggioso quanto 
                  basta per affrontare i problemi, leggero a sufficienza per risolverli. 
                  Da qui all'ingresso in politica il passo fu breve. Data l'inflazione 
                  di comici tra i partiti, lo psichiatra diventato nel frattempo 
                  consulente modellò per il suo vicino di casa una campagna 
                  elettorale che lo distinse radicalmente dai suoi concorrenti. 
                  Lui non reclamava risate per ragioni di potere. Semplicemente 
                  rideva quando non c'era nulla da ridere, a partire dalle guerre. 
                  Raccolse gli insulti peggiori, ma la sua lista, Il solo che 
                  ride, conquistò un seggio e lui venne eletto. Quando 
                  gli portarono la notizia, fece l'unica cosa all'altezza del 
                  momento. Rise fino alle lacrime. 
                    
                  Paolo Pasi  |